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L’apogeo del potere buwayhide: Rukn e ῾Aḍud al-Dawla

2. Contesto storico

2.2. L’apogeo del potere buwayhide: Rukn e ῾Aḍud al-Dawla

La ricerca di una soluzione al problema della successione fu rimandato fino a quando, nel 949 la morte di ῾Imād al-Dawla, privo di eredi, non fu imminente; ῾Imād nominò dunque il nipote Fanā-Ḫusraw, il futuro ῾Aḍud al-Dawla, successore al trono di

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L’assenza di centralizzazione era una caratteristica tipica dell’amministrazione dei territori di quel periodo: lo stato degli Ḥamdānidi del nord della Mesopotamia era, ad esempio, diviso tra Mosul e Aleppo. E sia nel caso degli Ḥamdānidi, sia in quello dei Buwayhidi, nello stato erano sempre presenti almeno due diversi governanti rivali; cfr. H. Busse, “Iran under the Būyids”, in The Cambridge History of

Iran., pp. 258-259.

165 Il motivo per il quale la sovranità di Mu῾izz al-Dawla fu solo nominale, può essere individuata nel

fatto che il suo ruolo nel Kirmān e nel Ḫūzistān era concepito principalmente per difendere i confini occidentali e orientali della provincia centrale dei Buwayhidi, il Fārs. La stessa conquista dell’Iraq, del resto, fu posta in atto da Mu῾izz senza alcuna istruzione da parte del fratello, che non lo supportò militarmente e si limitò a tollerare la sua iniziativa. Bagdad non fu mai il principale interesse dei Buwayhidi, tanto che Mu῾izz ritornò ad Ahvāz dopo averla conquistata e ῾Imād non la visitò mai; cfr.

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Šīrāz. Egli era il figlio di Rukn al-Dawla ed aveva solo tredici anni quando fu investito di questo titolo.

La disposizione di ῾Imād al-Dawla, unitamente al fatto che la soluzione alternativa di nominare direttamente uno dei suoi fratelli come suo successore nel Fārs, lascia chiaramente intendere come fosse un suo deliberato proposito mantenere la suddivisione dell’Impero Buwayhide in due o più parti ed evitare l’annessione di territori separati. Pare che non abbia dato particolare importanza alla questione del suo successore al titolo di amīr al-umarā῾, sebbene fosse chiaro che, a causa della minorità del nipote, esso sarebbe necessariamente ricaduto sul padre, Rukn al-Dawla. Il giovane Fanā-Ḫusraw, infatti, non fu governatore di una provincia indipendente, ma occupò nel Fārs, rispetto a suo padre, la stessa posizione che precedentemente Mu῾izz al-Dawla aveva occupato rispetto a suo fratello ῾Imād: egli era, in altre parole, il viceré di Rukn al-Dawla, e sulle monete che da quel momento furono coniate nel Fārs, il loro due nomi comparivano insieme. A Bagdad la nuova riorganizzazione dell’Impero Buwayhide venne accettata senza alcuna resistenza, e poco tempo dopo il suo insediamento, il nuovo governatore di Šīrāz venne insignito del titolo onorifico di ῾Aḍud al-Dawla; così come Mu῾izz al-Dawla non ebbe nulla da obbiettare nei confronti della nuova posizione del fratello, ed anzi inviò delle truppe a Šīrāz per facilitare l’insediamento del nipote e dispose di adeguare il conio al nuovo stato di cose.166

Sappiamo che negli anni a venire, il Fārs fu essenzialmente un’oasi di pace: nessuno ne minacciava i confini, nessuna spedizione partì dall’interno di questi. Al contrario, il territorio sotto il diretto controllo di Rukn al-Dawla era costantemente minacciato da ogni parte: dagli Ḥamdānidi di Mosul e dai Sāmānidi, con i quali nel 955-

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Tuttavia sappiamo dai Rusūm dār al-ḫilāfa (L’etichetta della corte del Califfo) di Hilāl al-Ṣābi che inizialmente il Califfo avrebbe inteso conferire il titolo di Tāğ al-Dawla al giovane Fanā-Ḫusraw, e che questa scelta incontrò il disaccordo di Mu῾izz. Possiamo supporre che Mu῾izz abbia intravisto in quella scelta un’anticipazione di un futuro conferimento al nipote della carica di amīr al-umarā᾿, e che sia per questo motivo che vi si oppose. Effettivamente, il nome Tāğ (Corona) aveva una valenza molto diversa rispetto a quella dei nomi conferiti precedentemente agli altri Buwayhidi, basati sul concetto di “pilastro” (῾Imād, Rukn) o di “forza” (Mu῾izz); egli deve aver infatti considerato che alla morte di Rukn al-Dawla, il ruolo di guida dell’Impero Buwayhide avrebbe dovuto passare nelle sue mani, secondo il medesimo principio di anzianità del quale Rukn aveva beneficiato in precedenza; e, nonostante il fatto che Mu῾izz al-Dawla morì mentre il fratello era ancora in vita, e che non ebbe modo di avanzare alcuna rivendicazione verso il titolo di amīr al-umarā᾿, la conoscenza di questo particolare ci permette di capire che in realtà la successione al trono di Šīrāz non avvenne del tutto in assenza di contrasti; anzi, il disaccordo in merito al titolo di ῾Aḍud fu la prima di una serie di circostanze che comportarono il progressivo estraniamento di Bagdad rispetto alle regioni orientali rappresentate da Rayy e da Šīrāz, estraniamento che divenne più evidente in seguito alla morte di Mu῾izz al-Dawla e che sfociò nell’esclusione del ramo di Bagdad dalla successione; cfr. Ibid., p. 263.

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956 fu costretto a firmare dei trattati umilianti che lo obbligavano a pagar loro un tributo; tuttavia, riuscì anche ad ottenere l’indipendenza virtuale del Ḫurāsān, che era rimasto sotto il controllo sāmānide per dodici anni; ciò che gli permise di avanzare verso il Mar Caspio, annettere il Ṭabaristān e il Gurgān come stati tributari.

Nel 967, poco dopo aver preso l’Oman – molto importante per il controllo del Golfo Persico – avvalendosi dell’aiuto militare dell’esercito di ῾Aḍud al-Dawla, Mu῾izz al-Dawla morì durante una campagna contro gli Šāhīnidi. Nello stesso periodo anche il fondatore ḥamdānide dell’emirato di Aleppo, Sayf al-Dawla, morì, e con la sua morte venne a cadere la più importante barriera che difendeva il Califfato dall’offensiva bizantina; l’esercito di Costantinopoli, in questo modo, poté avanzare in Siria. I Buwayhidi furono obbligati ad intervenire, ma il figlio e successore di Mu῾izz al-Dawla, ῾Izz al-Dawla Baḫtiyār, si limitò a costituire un esercito della fede che non ricevette mai l’ordine di avanzare contro l’invasore.167

Seguendo le orme del padre, il quale era troppo impegnato nel cercare di risolvere le tensioni interne tra i Turchi e i Daylamiti168 per occuparsi di quanto stava accadendo alla frontiera bizantina, ῾Izz ignorò il problema dichiarandolo di competenza califfale, tanto che, quando l’esercito Bizantino penetrò in profondità nel nord della Mesopotamia, egli non tornò nemmeno a Bagdad.169 Il prevedibile risultato di questo atteggiamento disfattista fu che l’esercito assemblato precedentemente da ῾Izz per contrastare l’avanzata bizantina divenne il nucleo di un’armata personale nelle mani di Sebük-Tegin, un generale di ῾Izz al-Dawla.

Nel 973 venne alla luce la collusione esistente tra Sebük-Tegin e gli Ḥamdānidi, uniti dalla speranza di rovesciare i Buwayhidi in Iraq: essi marciarono su Bagdad, ed ῾Izz al-Dawla rispose minacciando di confiscare i feudi turchi situati nel Ḫūzistān e destituendo Sebük-Tegin dal suo incarico. Quest’ultimo, in conseguenza del rifiuto di ῾Izz al-Dawla di rinunciare a Bagdad in cambio del dominio stabile dell’Iraq

167 Nel frattempo, ad aggravare lo stato di tensione, i Fāṭimidi invadevano l’Egitto; cfr. Ibid., p. 265. 168

Il tradizionale antagonismo tra le due fazioni era molto più grave a Bagdad che nel resto dell’Impero; per più di un secolo la maggior parte dei mercenari del Califfo furono Turchi, ma in seguito all’affermazione dei Buwayhidi, i Turchi persero progressivamente i loro privilegi. Ad aggravare il contrasto, vi erano anche motivi religiosi: i Daylamiti erano infatti šī῾iti, mentre i Turchi sunniti. Nonostante il fatto che Mu῾izz al-Dawla inizialmente avesse favorito i Daylamiti, in seguito cercò di ridurre la tensione attraverso una politica di compromesso, alla quale cercò di indirizzare anche il figlio: dispose infatti che il suo comandante in capo, Sebük-Tegin, di origine turca, mantenesse l’incarico anche dopo la sua morte e che, in generale, le rivendicazioni turche ricevessero adeguata attenzione; cfr. Ibid.

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meridionale, radunò tutte le forze a lui fedeli e mosse verso Wāṣiṭ, dove il suo nemico si trovava trincerato, per porla sotto assedio.

Se Rukn al-Dawla non avesse deciso di intervenire, incaricando ῾Aḍud al-Dawla di portare i rinforzi a Wāṣiṭ170, ῾Izz al-Dawla avrebbe sicuramente capitolato. I rapporti tra ῾Aḍud al-Dawla ed il cugino erano tesi, tanto che, pur partendo in soccorso della città assediata, ῾Aḍud cercò di protrarre il più a lungo possibile il suo viaggio verso l’Iraq, nella speranza che l’assedio terminasse con una vittoria dell’esercito di Sebük- Tegin e che ῾Izz al-Dawla venisse spodestato. Tuttavia, la resistenza di ῾Izz non venne spezzata, sicché ῾Aḍud fu costretto, con riluttanza, a soccorrerlo e a reinstallarlo a Bagdad.

Nella capitale, un ammutinamento dell’esercito diede ad ῾Aḍud al-Dawla l’occasione che stava aspettando: depose il cugino, assumendo egli stesso il potere. Con questo gesto si attirò la disapprovazione paterna, e fu costretto a ritornare a Šīrāz rinunciando ai suoi propositi e nominando ῾Izz al-Dawla suo viceré e comandante in capo dell’esercito. ῾Izz al-Dawla, tuttavia, era a tal punto sicuro di avere l’appoggio di Rayy che, non appena il cugino ebbe abbandonato la capitale, riprese immediatamente il potere.

A causa di questo episodio i rapporti tra Rukn al-Dawla e suo figlio si erano incrinati, e la stessa successione di ῾Aḍud al-Dawla al titolo di amīr al-umarā᾿ era adesso compromessa. È in questa particolare circostanza che Abū l-Fatḥ ibn al-῾Amīd, visir di Rukn al-Dawla, succeduto al padre Abū l-Faḍl pochi anni, prima agì da mediatore organizzando un incontro tra i due Buwayhidi ad Iṣfahān nel gennaio del 976. In quest’occasione Rukn al-Dawla confermò la successione del figlio, ma a una condizione: il suo dominio su Rayy e Hamadān avrebbe dovuto essere solo indiretto, in attesa che queste due province potessero essere assegnate agli altri suoi due figli, Faḫr al-Dawla e Mu᾿ayyad al-Dawla; entrambi avrebbero dovuto riconoscere il fratello maggiore come amīr al-umarā᾿, e quest’obbligo fu imposto anche a ῾Izz al-Dawla.

170 Dopo aver aiutato Mu῾izz al-Dawla a prendere l’Oman ed essere intervenuto nel Kirmān in un

conflitto con i Banū Ilyās, ῾Aḍud al-Dawla si era garantito il controllo della regione, che non fu direttamente annessa dai Buwayhidi inizialmente, ma fu posta sotto il viceregno nominale dell’infante Abu l-Fawāris, figlio di ῾Aḍud al-Dawla e futuro Šaraf al-Dawla. A quel punto, i confini del Fārs erano maggiormente sicuri e ῾Aḍud al-Dawla poté meglio concentrarsi sulle questioni che riguardavano i domini occidentali; cfr. Ibid., p. 266.

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Quando però nel 976 Rukn al-Dawla morì, ῾Izz al-Dawla rifiutò l’obbedienza al nuovo amīr al-umarā᾿, ricevendo l’approvazione del Califfo verso la sua nuova politica nei confronti delle province orientali, che sancì questa nuova alleanza concedendogli in sposa una delle sue figlie.

῾Aḍud al-Dawla lasciò dunque le operazioni in Oriente nelle mani del fratello Mu᾿ayyad al-Dawla e si preparò alla guerra in Occidente: ῾Izz al-Dawla subì una prima sconfitta nel 977 nel Ḫūzistān, ciò che lo fece ritirare a Wāṣiṭ; una seconda sconfitta la subì poi l’anno seguente a Samarra, quando fu preso prigioniero e messo a morte.171 Da qui, ῾Aḍud procedé per conquistare l’intera Mesopotamia settentrionale: fu lasciato indipendente, sebbene come stato tributario, l’unico dominio degli Ḥamdānidi di Aleppo; alcuni figli di ῾Izz al-Dawla trovarono la salvezza fuggendo verso l’Egitto e chiedendo asilo ai Fāṭimidi; tutti gli altri furono catturati e imprigionati in una fortezza nel Fārs.

Nell’estate del 980 il nuovo assetto dell’Impero Buwayhide era ormai stabilito: si trattava di un dominio più esteso della somma di tutte le province precedentemente governate dai Buwayhidi, che si estendeva dall’Oman al Mar Caspio e dal Kirmān fino ai confini settentrionali della Siria, e la cui capitale era Šīrāz; ad Occidente, dell’antico dominio degli Ḥamdānidi non rimaneva che l’area attorno ad Aleppo che divideva l’Impero Buwayhide da quello Bizantino, ed anch’esso riconosceva l’egemonia dei Buwayhidi; ad Oriente, i Ṣaffāridi del Sīstān erano adesso stati vassalli.

Fu nel Fārs che vennero designati i funzionari che avrebbero dovuto sostituire a Bagdad quelli che lavorarono sotto ῾Izz al-Dawla; questi ultimi, assieme all’aristocrazia ῾alīde, furono banditi dal Fārs. Il giudice supremo della capitale califfale fu esiliato, e fu nominato un successore che d’ora in poi avrebbe soggiornato a Šīrāz e sarebbe stato rappresentato a Bagdad da quattro giudici deputati. Il potere si era adesso trasferito in Oriente. Tuttavia, Bagdad rimaneva per ῾Aḍud al-Dawla un centro ideale per condurre la sua politica estera.

Iniziarono dunque i contatti diplomatici con il Cairo – in particolare riguardo alla politica da tenersi nei confronti dei Qarmati172, alla Guerra Santa contro il comune

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Abū Taġlib fu ucciso poco tempo dopo, mentre cercava di insediarsi in Siria; cfr. Ibid., p. 269.

172 I Qarmati, ovvero i membri di una setta scismatica della Šī῾a ismā῾īlita, avevano dichiarato la loro

ostilità ai Fāṭimidi prima del 969, ed avevano supportato i Buwayhidi nella loro guerra contro ῾Izz al- Dawla; cfr. Ibid., p. 272.

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nemico bizantino, ed infine alla questione della discendenza ῾alīde dei Fāṭimidi173 – e con Bisanzio – con il quale era necessario condurre delle trattative riguardo a un ostaggio di grande interesse per i Bizantini, Bardas Skeros che, dopo aver fallito nel far valere le sue pretese al trono, si era rifugiato nel territorio islamico e si trovava ora confinato nella corte di Bagdad. In generale, nella cauta politica estera di ῾Aḍud al- Dawla si può intravedere una certa riluttanza nell’imbarcarsi in nuove imprese ai confini del suo Impero: se egli ebbe mai ventilato l’idea di inseguire nuove ambizioni, esse furono stroncate dall’incedere della sua malattia, i cui primi sintomi – le fonti parlano di epilessia – si presentarono già durante le sue campagne per soggiogare l’Oriente.