3. Contesto socio-culturale
4.2. L’opera storica
Il Taǧārib al-Umam wa ῾Awāqib al-himam (L’Esperienza delle nazioni e i
seguiti delle alte ambizioni) è l’unica opera storica di Miskawayh; essa è dedicata ad
῾Aḍud al-Dawla, che potrebbe aver espresso il desiderio di leggere una storia universale concepita non come panegirico della famiglia buwayhide, ma come ausilio per
318 Miskawayh, Traité d’Éthique, in part. pp. VII-XXVIII
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perfezionare la sua arte di regnare, e che abbia scelto Miskawayh proprio a causa della vasta cultura storica che sicuramente aveva già avuto modo di dimostrare a corte; si pensa che Miskawayh abbia iniziato a lavorarvi attorno agli anni 992-993 e che l’abbia portata a termine dopo la morte del suo protettore, nel 994. Non è semplice stabilire con esattezza quale sia la parte dell’opera che egli compilò dopo questa data.
Nonostante Miskawayh abbia studiato l’opera di al-Ṭabarī, e nonostante si possano riscontrare molte similitudini tra queste due opere, resta evidente che la storia universale di Miskawayh sia sostanzialmente diversa da quella del suo predecessore: mentre l’opera di Miskawayh è maggiormente concentrata sulle province persiane, quella di al-Ṭabarī tratta principalmente degli avvenimenti della Madīnat al-Salām e dei suoi califfi. Egli, inoltre, non aveva alcun collegamento con la corte degli ῾Abbāsidi e con quelle dei loro visir; al contrario di Miskawayh fu testimone diretto, nonché partecipante attivo, della storia di cui scrisse; a causa dell’interesse di Miskawayh per le questioni amministrative e finanziarie dello stato buwayhide, la sua storia assume un tono politico che quella di al-Ṭabarī non possiede, così come una prospettiva laica che non poteva appartenere ad al-Ṭabarī, la cui opera storica può ben considerarsi un supplemento della sua opera di commento coranico, il Ǧāmi῾ al-Bayān320: mentre quasi ogni pagina del Ta᾿rīḫ lascia intendere la fede del suo autore, Miskawayh sceglie di non trattare la storia religiosa del Profeta né tantomeno di descriverne i miracoli; al contrario, egli conclude la storia relativa a Muḥammad in non più di 14 pagine321, trattando gli avvenimenti come normali episodi storici e politici, contro le 721 pagine di al-Ṭabarī dedicate a una narrazione della vita del Profeta che segue l’usuale metodo dei biografi religiosi; e ancora: mentre Miskawayh non dedica spazio alle leggende pre- diluviane, al-Ṭabarī inizia la sua storia con la versione islamica del racconto della
320 Gli storici arabi possono infatti essere divisi approssimativamente in due gruppi principali: [1] gli
storici appartenenti alla classe religiosa – ovvero i muḥaddiṯ (tradizionisti) e i faqīh (giuristi) – da una parte e [2] quelli appartenenti alla classe dei letterati laici (gli adīb e i kātib) dall’altra. Il primo gruppo è composto da tutti quegli autori la cui attività principale era legata alla raccolta e alla trasmissione degli
aḥādīṯ e che sono poi giunti a scrivere opere storiche come attività collaterale; nelle loro opere la storia
dell’espansione islamica ha il Corano e la Sunna come fonte principale, ed in effetti per un certo periodo (fino ad al-Balāḏurī) era tramite i tradizionisti e i biografi del Profeta che la storia islamica era conosciuta ai più. Al-Ṭabarī appartiene indubitabilmente a questo gruppo; egli, finché fu in vita, fu noto più come giurista che non come storico; oltre a scrivere un commento al Corano, infatti, fondò anche una sua scuola di giurisprudenza detta Ğarīriyya. Al secondo gruppo, invece, appartengono storici quali Ibn Qutayba (la cui opera storica porta il titolo di Kitāb al-Ma῾ārif), Ya῾qūbī e, ovviamente, Miskawayh; cfr. M.S. Khan “Miskawaih and Arabic Historiography”, Journal of the American Oriental Society, vol. 89, 4, 1969, pp. 710-712.
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Creazione; anche le classi sociali dalle quali i due storici traggono le loro informazioni sono differenti: mentre al-Ṭabarī si rifà agli eruditi del suo tempo (mašā᾿iḫ e ῾ulamā᾿), è tra i funzionari e i cortigiani che Miskawayh trova i testimoni diretti della sua narrazione. Ma, ciò che è la differenza fondamentali tra questi due autori, è la stessa concezione dello storico e del suo compito ad essere diversa: coerentemente con la sua formazione, al-Ṭabarī è infatti convinto che il dovere dello storico consista nel raccogliere e trasmettere le tradizioni ereditate dalle generazioni passate; per Miskawayh, invece, non è sufficiente fermarsi a questo, ma è necessario anche interpretare e spiegare i fatti storici, narrarli in modo ponderato e coerente affinché servano ad esempio per le generazioni attuali e future.322 Miskawayh può considerarsi il primo tra gli autori arabofoni ad aver introdotto questa particolare visione della storia, e di conseguenza anche il primo di una serie di storici di nuova generazione, appartenenti principalmente alla classe dei letterati.323
Ma veniamo adesso ad un’esposizione sommaria del contenuto del Taǧārib al-
Umam: dopo aver lungamente trattato i fatti salienti della vita degli antichi re persiani,
enfatizzandone di volta in volta le doti e le virtù per spiegarne i successi – o i fallimenti – Miskawayh, come abbiamo detto, si limita infatti a dedicare pochissime pagine della sua opera all’enumerazione delle «iniziative e [delle] tattiche propriamente umane dell’Inviato di Dio – a lui la benedizione e il saluto – all’epoca delle sue campagne militari».324 Tale attitudine tesa a rigettare ogni narrazione leggendaria o puramente agiografica si applica, tuttavia, soltanto alla storia islamica, mentre non si estende alla storia dell’India né, specialmente, a quella dell’antica Grecia, probabilmente a causa dello scarno materiale con il quale Miskawayh venne a contatto in merito alla storia queste due nazioni – materiale, si ipotizza, dello stesso tipo di quello edificante utilizzato anche all’interno del il Kitāb al-Ḥikma al-Ḫālida.
In ogni caso, in generale la storia di Miskawayh segue prende come modello quella di al-Ṭabarī per tutta la trattazione del periodo precedente al 917, e diventa mano a mano più precisa, concreta e altresì autonoma e originale a partire da questa data; conformemente alle sue fonti e alle esigenze del suo pubblico, la storia del Califfato si
322
Cfr. Ibid., pp. 711-713.
323 Vedi nota precedente.
324 Miskaway, Tağārib al-Umam, p. 272. La citazione è tratta da M. Arkoun, L’Humanisme Arabe au
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concentra dapprima sul punto di vista della capitale amministrativa, Bagdad, allo stesso modo di al-Ṭabarī; in seguito, invece, l’interesse si focalizza sui governatori buwayhidi e sui loro visir. L’Impero Bizantino, gli Ḥamdānidi e le stesse province più vicini non sono evocati se non nella misura di interlocutori per il governo di Bagdad e di Rayy.
Secondo Arkoun, comunque, appare chiaro che il vero soggetto del Taǧārib al-
Umam sia non tanto la narrazione storica di per sé, quanto una visione etico-politica di
uno spirito votato alla filosofia. Nonostante il fatto che quest’opera rappresenti per noi una fonte insostituibile di informazioni sulla storia politica ed economica della società musulmana del IV secolo dopo l’Egira – specie a causa dello prospettiva critica della quale essa è permeata, e che la contraddistingue nettamente dal resto delle storiografie tipiche del mondo arabo325 – essa resta comunque un’opera che possiede una certa portata filosofica, in particolar modo a causa del più o meno esplicito riferimento costante alla città virtuosa fārābīana326
e alla prospettiva platonica e aristotelica in generale. A un livello più astratto, al di là della cronaca dell’esistenza quotidiana della società, l’opera «traduce le aspirazioni più profonde di un’epoca e di un ambiente. Per lui [Miskawayh] come per i suoi lettori del IV secolo [dell’Egira] è la proiezione dell’idea dell’uomo perfetto sulle esperienze passate che dà un senso al resoconto più o meno convenzionale dei re di Persia. La nozione di insegnamento (῾ibra) che l’uomo razionale deve trarre dalla condotta dei suoi simili attraverso tutte le epoche è presentata all’interno di tutte le opere storiografiche arabe e persiane. Essa si ritrova più generalmente nella vasta letteratura dell’adab che continua ed amplifica un’antica tendenza iraniana».327 Il Taǧārib al-Umam è quindi costituito, allo stesso modo del il
Kitāb al-Ḥikma al-Ḫālida, di illustrazioni concrete tese a esplicare e corroborare il significato profondo delle teorie etiche esposte all’interno del Tahḏīb al-Aḫlāq.
325 Per un confronto tra l’opera storica di Miskawayh con quelle di altri storici arabi (non solo al-Ṭabarī
ma anche Ya῾qūbī, al-Ğahšiyārī, al-Ṣūlī, Ṯābit ibn Sinān, al-Tanūḫī, Ḥamza al-Isfahānī, al-Bīrūnī, al- ῾Utbī, Hilāl al-Ṣābī e Abū Šuğā῾ al-Rūḏrāwarī), cfr. tutto l’articolo di M. S. Khan, “Miskawaih and Arabic Historiography”, pp. 710-730.
326 Mi riferisco in particolar modo alla teoria politica esposta da al-Fārābī nel Kitāb ārā᾿ ahl al-madīna
al-fāḍīla (Libro delle opinioni degli abitanti della città perfetta, o virtuosa). In quest’opera viene infatti
trattato il tema della perfetta forma di associazione politica e vengono discusse le qualità che devono essere possedute da colui che ne è la guida; cfr. C. M. Bonadeo e C. Ferrari, “Al-Fārābī”, in Storia della filosofia dell’Islam medievale, pp. 420-426.
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Del resto, Miskawayh non fa che obbedire a quella concezione unitaria del sapere che è caratteristica del mondo antico e medievale, all’interno di un sistema nel quale è l’etica ad avere il primato e dunque anche a costituire il motivo conduttore.
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