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2.1 «La mia vita intera è cosparsa di parole chiave»: un’avventura linguistica

2.1.5 Un’indagine «corsara»: ragioni e metod

Tenendo conto di queste premesse essenziali, e coniugandole con la riflessione generale elaborata nel capitolo precedente, si può quindi assumere l’esistenza di differenti nuclei lessicali nell’opera di Pasolini, manifestamente legati ai diversi momenti storici della sua attività, e ai relativi contesti socioculturali (coerentemente con la sua figura di intellettuale immerso nella società contemporanea, e non segregato in una «torre d’avorio»136): in particolare, in base all’analisi fin qui condotta, appare prioritario

l’approfondimento della vera e propria rivoluzione lessicale che avrebbe investito il linguaggio pasoliniano negli anni Settanta, esplodendo nel biennio 1974/75.

L’insieme di queste considerazioni si è rivelato essenziale nella progettazione e messa a punto di un’indagine statistica volta a identificare la natura delle cosiddette «parole-chiave» nei differenti periodi di attività dell’autore, oltre che in alcuni settori della sua opera: a tal fine, è apparsa necessaria la composizione di un corpus di testi pasoliniani, strutturato in modo tale che la sua interrogazione permettesse di ottenere da un lato le

135 Sono infatti moltissimi i casi in cui l’autore attribuisce nuovi significati a parole già esistenti: a titolo di esempio, basti ricordare le voci «omologazione» (che per Pasolini significa “uniformazione e adeguamento a un modello culturale o ideologico prevalente”) o «genocidio» (che passa a indicare la “distruzione delle culture particolari di una nazione”).

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attese conferme alle ipotesi preesistenti, dall’altro nuovi dati in grado di integrare e allargare la conoscenza del lessico pasoliniano.

Come primo passo, è stato anzitutto necessario identificare un arco cronologico di riferimento, all’interno del quale selezionare le tipologie di opere utili per un’indagine lessicale. Come si è già visto, un’importante cesura all’interno della produzione pasoliniana è costituita dall’avvento degli anni Sessanta, che segnano, a detta dell’autore stesso, un momento di grave crisi, sia letteraria che linguistica, determinante per l’abbandono (almeno per un decennio) del dialetto come strumento di espressione: dal momento, quindi, che negli anni Sessanta-Settanta l’italiano viene scelto come codice pressoché esclusivo della scrittura autoriale, è risultato quasi inevitabile selezionare come materiale d’indagine la produzione risalente a questo periodo, pur mantenendo una finestra sule opere in italiano degli anni Cinquanta (che ha permesso, oltretutto, di stabilire un utile confronto con i modi linguistici precedenti allo spartiacque di inizio anni Sessanta).

Un’altra necessaria selezione ha naturalmente interessato le tipologie di opere considerate: innanzitutto, sarà utile precisare che la produzione di Pasolini rappresenta in generale un’ardua sfida per una soddisfacente ripartizione tipologica, dal momento che i confini di genere sono assai labili, e l’autore propende piuttosto per un continuo intrecciarsi e mescolarsi della varie categorie: proprio nell’introduzione ai Saggi sulla politica e sulla società, i due curatori Walter Siti e Silvia De Laude sottolineano come sia stato difficile discriminare i saggi di natura politica, pedagogica, sociologica e antropologica da quelli di argomento letterario o linguistico: in realtà, il discorso è assai più esteso, se si considera, ad esempio, come nelle antologie dei dialoghi con i lettori (Le belle bandiere e Il caos) non di rado compaiano poesie, mentre il volume Il sogno del centauro (che racchiude l’intervista concessa da Pasolini a Jean Duflot in due tempi, nel 1969 e nel 1975) non solo comprende la versione integrale del Manifesto per il nuovo teatro del 1968, ma si chiude con un articolo proveniente dalla rubrica che Pasolini teneva in quegli anni sul «Corriere della Sera» (poi pubblicato negli Scritti corsari col titolo Il coito, l’aborto, la falsa tolleranza del potere, il conformismo dei progressisti), e perfino una raccolta di poesie come Trasumanar e organizzar non rispetta affatto i consueti canoni dei testi poetici, ma mescola i generi più svariati, inclusi quelli non letterari (richiesta di lavoro, poesia su commissione, epistola, arringa…). Ciò a dimostrare come Pasolini rivendichi sempre la necessità della pluralità e dell’ibridazione di generi e codici differenti (in ultimo, perfino all’interno della poesia), e addirittura teorizzi l’utilità di «fare della propria testa un mercato di codici concorrenti»137;

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in lui, infatti, non esiste la possibilità di una scelta univoca, ma piuttosto «un coesistere dell’inconciliabile: di arte e di non-arte, di parola artistica e di parola sottomessa a “fini pratici”, di “mistero” e di “progetto”, di “aisthesis” e “noesis”»138.

In ogni caso, pur nella consapevolezza di questa peculiare caratteristica della produzione pasoliniana, una selezione dei testi in base al loro genere è apparsa comunque imprescindibile, al fine di isolare alcune tipologie testuali di particolare interesse sia per il linguaggio utilizzato dall’autore che per il pubblico cui sono indirizzati, e quindi per la maggiore probabilità di circolazione e ricezione di alcune forme linguistiche rispetto ad altre. Così, tenendo conto del fatto che i neologismi pasoliniani sono spesso stati accolti dai linguaggi della saggistica e del giornalismo, da cui talvolta sono poi penetrati nell’uso comune, si è supposto che i settori più fecondi per un’analisi lessicale fossero appunto i numerosissimi saggi e interventi giornalistici pasoliniani, cui si possono accostare anche i dialoghi con i lettori tenuti dall’autore su testate nazionali come «Vie Nuove» o «Tempo»; a questi testi fanno poi da controcanto gli interventi televisivi dell’autore su temi di attualità che, specialmente nel biennio 1974-75, offrono alle tematiche pasoliniane un’amplissima risonanza; infine, dopo una lunga riflessione, si è scelto di inserire nel corpus anche le quattro celebri raccolte poetiche pubblicate fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Settanta,139 per mostrare come, gradualmente, anche nel

lessico della poesia ci sia uno slittamento verso le tematiche socioculturali (e la loro espressione linguistica) così care all’ultimo Pasolini. Nel corpus ha inoltre trovato spazio anche il maggior numero possibile di interviste pasoliniane edite (raccolte in volume), e quindi conosciute al grande pubblico, dal momento che l’intervista resta sempre, per Pasolini, un luogo cruciale dove esprimere, e ribadire, i concetti che più gli stanno a cuore. D’altro canto, per la selezione dei testi utili per un’interrogazione a fini statistici è stato necessario operare tagli dolorosi, e certamente opinabili, in quel mare magnum profondamente interrelato che è l’opera pasoliniana: la prima grande esclusione ha riguardato tutti i testi scritti per il cinema (sceneggiature e soggetti anche per film altrui, idee, proposte tecniche, commenti per documentari) dal momento che il cinema (a maggior ragione nel caso di Pasolini) costituisce un linguaggio peculiare, con propri canoni e propri destinatari, indipendente quindi dalle altre produzioni dell’autore; naturalmente, anche in questo caso, l’esclusione non potrà mai essere assoluta, dal momento che molti saggi o interviste presenti in altre opere contengono riflessioni o progetti per il cinema,

138 C. Benedetti, Pasolini contro Calvino cit., p. 49.

139 Si tratta delle raccolte: Le ceneri di Gramsci (1957), La religione del mio tempo (1961), Poesia in forma di rosa (1964), Trasumanar e organizzar (1971).

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ma si tratta comunque di porzioni testuali inserite in un discorso più ampio e non incentrato prevalentemente sulle opere cinematografiche.

In maniera analoga, si è scelto di escludere anche la produzione destinata al teatro, così come i romanzi e i racconti, fra i quali i più famosi (anteriori alla soglia degli anni Sessanta) presentano una contaminazione dei codici lingua/dialetto, mentre gli ultimi risultano frammentari, incompleti, volutamente lasciati allo stato di abbozzo, come nel caso della Divina Mimesis, (data alle stampe nel 1975 come “documento”) o di Petrolio, programmaticamente «incompiuto» e «interminabile», per cui di difficile leggibilità e di scarsa utilità nella ricerca di un nucleo di parole di tale diffusione da essere passate nell’uso contemporaneo. Sempre tenendo conto della circolazione delle opere presso il pubblico, si sono poi esclusi, per ovvie ragioni, i due volumi delle lettere e, seppur con qualche remora, la raccolta Descrizioni di descrizioni, uscita postuma nel 1979, che raccoglie gli interventi pasoliniani (nella fattispecie, recensioni a opere italiane e straniere), pubblicati sul settimanale «Tempo» fra il 1972 e il 1975: infatti , seppur in questi testi non manchino affondi rivolti alla società contemporanea, il loro campo resta eminentemente quello della critica letteraria, il che non può aver mancato di limitare la loro fruizione da parte del grande pubblico, soprattutto rispetto ai contemporanei scritti «corsari» e «luterani».

Altra difficoltà, posta anche dai curatori dei Meridiani, è stata poi la fissazione del discrimine fra «saggio» e «intervento occasionale», dal momento che molte interviste, nate come colloqui, sono state poi rielaborate da Pasolini o dall’intervistatore, fino a conseguire una veste letteraria (fra di esse, Il sogno del centauro, Pasolini su Pasolini, Polemica politica potere); in questi casi, seguendo la linea dei curatori dei Meridiani, le opere sono state analizzate come testi scritti (come è avvenuto anche per altri volumi che raccolgono interviste sparse dell’autore, ma sempre organizzate e sistemate in forma scritta), mentre fra gli interventi orali sono annoverati esclusivamente quelli televisivi, per la maggior parte dei quali non è stata pubblicata una trascrizione ufficiale (il recupero degli interventi inseriti nel corpus è stato reso possibile dalla preziosa collaborazione del centro Studi-Archivio Pier Paolo Pasolini della Cineteca di Bologna, presso la quale sono conservate le registrazioni superstiti dei programmi televisivi cui Pasolini ha partecipato).

Infine, dal momento che non sarebbero risultati utili ai fini dell’indagine né i materiali inediti né quelli giovanili, anziché utilizzare le edizioni dei Meridiani dei Saggi sulla politica e sulla società e dei Saggi sulla letteratura e sull’arte che, oltre ai testi prescelti per il corpus (saggi, interviste, dialoghi con i lettori, articoli giornalistici), ne contengono altri risalenti ai primi anni di attività dell’autore (il primo volume dei Saggi sulla letteratura e sull’arte si apre

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appunto con i Saggi giovanili risalenti al periodo 1941-1957) oppure inediti (come alcuni testi inclusi nelle Appendici a Empirismo eretico), si è preferito recuperare le singole edizioni in volume delle opere selezionate, anche considerando (nella quasi totalità dei casi) la data di pubblicazione anteriore all’edizione dei Meridiani (entrambe le raccolte dei Saggi risalgono al 1999).