2.1 «La mia vita intera è cosparsa di parole chiave»: un’avventura linguistica
2.2.2 Il mondo della poesia
«Oh, fine pratico della mia poesia! Quando scrivo poesia è per difendermi e lottare, compromettendomi, rinunciando
a ogni antica mia dignità.» Keyword Freq. Keyness Idf Keyword Freq. Keyness Idf
1 sole 195 478.89 0 26 le 768 90.11 0 2 luce 202 417.09 0 27 sangue 36 87.25 0 3 chi 263 280.42 0 28 fresco 21 85.98 0 4 ah 95 274.25 0 29 aria 62 85.74 0 5 cuore 125 239.5 0 30 odore 32 85.58 0 6 D 364 185.14 0 31 ché 36 82.51 0 7 vento 59 181.49 0 32 tuo 66 82.27 0 8 cielo 79 181.17 0 33 oscura 33 80.12 0 9 vita 347 170.14 0 34 pace 49 79.82 0 10 dolore 99 158.82 0 35 mattino 28 76.91 0 11 occhi 115 134.27 0 36 gelo 20 76.47 0 12 amore 149 132.69 0 37 pietà 54 76.47 0 13 dove 189 123.82 0 38 terra 70 75.58 0 14 notte 71 120.7 0 39 ora 196 74.49 0 15 fu 89 119.88 0 40 sui 70 74.44 0 16 omissis 26 116.24 2 41 tu 134 73.93 0 17 mare 62 111.59 0 42 vecchio 91 73.11 0 18 senza 224 109.42 0 43 gioia 47 71.63 0 19 morte 108 108.72 0 44 anime 29 69.51 0 20 oh 41 104.92 1 45 sotto 111 68.19 0 21 strade 52 98.93 0 46 caldi 15 67.06 0 22 ogni 230 92.41 0 47 buio 30 66.78 0 23 fango 32 91.91 0 48 aprile 24 66.22 0.415 24 anima 65 91.21 0 49 ombra 47 65.97 0 25 voi 77 90.49 0 50 petto 25 65.89 0
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Il secondo raggruppamento tipologico riguarda i testi poetici che, analogamente a quelli saggistici, non hanno fornito risultati particolarmente rilevanti ai fini dell’indagine: la keyness più alta viene infatti registrata da voci quali «sole», «cielo», «cuore», «amore» e «dolore», che in realtà sono tipiche del lessico poetico in quanto tale (non solo di quello pasoliniano), così come i binomi «luce»-«ombra», «mattino-notte» e «vita»-«morte»; anche l’alta dispersione di queste voci, che mostrano quasi sempre un idf pari a zero (fanno eccezione solo un paio di parole, «omissis» e «aprile», provenienti quasi esclusivamente da Poesia in forma di rosa), non può che essere attribuita alla loro elevata frequenza nel linguaggio della poesia in generale; non appaiono invece dotate di una diffusione sufficiente da essere registrate dagli indici di frequenza alcune interessanti innovazioni lessicali pasoliniane («Dopostoria», «antropolalico», «mirmicolalico» ecc…)
In generale, il lessico poetico di Pasolini, che a partire da Poesia in forma di rosa appare sempre più contaminato da quello della prosa, non è che un’altra manifestazione della sua volontà di superamento dei vincoli di genere, ottenuto mediante la creazione di una poesia «fortemente discorsiva, dialogica, argomentativa, diaristica, che non poteva non oltrepassare i confini (sempre più limitanti) del verso.»149
In un momento storico, infatti, in cui la poesia italiana, dibattuta fra ermetismo e Neoavanguardia, non sembrava offrirgli uno strumento espressivo soddisfacente, egli non fa che cercare alternative in grado di soddisfare il suo “bisogno di realtà”, trovandole in un primo momento nel dialetto, e successivamente in un impiego della poesia come strumento trasversale di cattura ed espressione dell’irrazionale, che necessariamente deborda oltre i suoi confini di genere, trasformandosi in
un congegno transitivo, una trappola azionata per catturare ed esibire quanto più io e quanta più realtà possibili. […] Lo stile per Pasolini non è mai un’entità organica, un fatto inevitabile. Inevitabili sono semmai gli argomenti, l’urgenza radicale della realtà, la pressione del mondo che si vede. Più che una lingua poetica, ha inventato un modo di fare poesia. Ho scritto così, sembra dire in ogni suo testo, ma avrei potuto dire le stesse cose altrimenti, prenderle per un altro verso, scrivere un’altra poesia.150
La poesia, tradizionalmente intesa, è quindi solo uno dei luoghi dai quali Pasolini interroga la realtà, del tutto affine e contiguo, nella sua percezione, ad altre sedi quali il cinema o i romanzi: più che uno specifico «stile» poetico, quindi, egli incarna e manifesta una concezione poetica della vita e del reale:
Poligrafo, manierista, versatile, polimorfo, dotato di uno stupefacente talento mimetico di forme e linguaggi poetici, si può dire che Pasolini non abbia posseduto un suo modo esclusivo
149 F. La Porta, Pasolini cit., p. 45.
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d’espressione, un suo stile. A meno che non si voglia attribuirglieli tutti. Al tavolo di lavoro qualsiasi schema formale viene assunto strumentalmente per raggiungere quel qualcosa d’altro che ho chiamato vita o realtà, e che la letteratura non è.151
Più probabilmente, allora, il vero tratto distintivo dell’espressione poetica di Pasolini è la sua natura “civile”: come osserva Moravia, infatti, in lui ha sempre operato una sorta di «impegno civile», ossia un impulso che lo spingeva a «uscire dal privato (perché esprimere se stesso, esprimere il reale, può ancora essere una cosa privata)»152 per
avventurarsi concretamente «nella società, nel viver comune, nelle comunità», e agire concretamente al suo interno.
Pasolini fin dall’inizio, e poi sempre, è stato quello che si chiamava una volta un poeta civile. Poeta perché poeta, e civile appunto per questa sua continua volontà di intervenire e modificare le cose, in cui si deve ravvisare forse qualcosa che era legato alla sua emarginazione iniziale, originaria, nativa cioè il bisogno di essere in mezzo agli altri, di essere amato. Ma naturalmente, l’impulso fondamentale era di influire sugli altri, di spingerli in una certa direzione, di illuminarli, di istruirli. […] La grande originalità di Pasolini è stata appunto questa, di essere un poeta civile di sinistra innestato […] sulla poesia moderna decadente europea. […] Pasolini si è trovato con la vocazione, rivoluzionaria da una parte, e civile dall’altra, proprio nel momento del crollo del nostro paese, crollo radicale, catastrofico, senza precedenti. […] Le ceneri di Gramsci è questo, è il pianto del poeta di fronte alla Patria. E questo c’è in tutti i libri di poesia di Pasolini, la pietà verso la patria oppressa e distrutta; cioè un impegno civile che oltrepassa la rappresentazione del reale, e che è l’espressione di un sentimento profondo, come si vede anche negli altri libri di poesia, nei romanzi e nel cinema. Infine Pasolini – sempre per impegno civile – ha dato scandalo pubblicando con molto coraggio una serie di articoli abbastanza famosa sul Corriere della Sera. […] Si può dire solamente una cosa: che a un certo punto il poeta decadente […] pian piano evapora, cede il posto al poeta civile, e il poeta civile all’articolista, al saggista politico.153
Allora, è nell’impegno civile di Pasolini, nel suo amore per la Patria e la comunità civile, nel suo pianto per la sua degradazione e nel suo impegno per tentare di redimerla, che si può ravvisare il più significativo trait d’union fra il poeta, il cineasta, il romanziere e il saggista.
D’altra parte, si ricorderà come ogni volume di poesie di Pasolini segni un diverso momento-chiave nei suoi rapporti con la realtà socioculturale circostante, riprodotta e traslata nel suo universo poetico: se i poemetti «civili» delle Ceneri di Gramsci delimitano la fine delle illusioni degli anni Cinquanta, La religione del mio tempo va di pari passo con l’avvento della civiltà industriale e la conseguente crisi culturale di inizio anni Sessanta, mentre Poesia in forma di rosa registra i «primi atti della Dopostoria»154 mediante una
corrispondente, iniziale decomposizione della struttura poetica e il ripiegamento del poeta sull’autobiografia, e infine Trasumanar e organizzar, apparso dopo un lungo silenzio del poeta, decreta la fine del linguaggio istituzionale della poesia, a causa dello smarrimento
151 Ibidem
152 A. Moravia, Pasolini poeta civile, in AA. VV., Per conoscere Pasolini cit., pp. 7 153 Ivi, pp. 7-8.
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del destinatario/interlocutore del poeta, ormai disperso nella società di massa.155 Pasolini
giunge infatti, con quest’ultima raccolta, a sancire definitivamente l’inutilità della poesia intesa in senso tradizionale,156 ossia la perdita di qualsiasi sua passata giustificazione
ideologica e il conseguente abbandono di ogni pretesa estetica: così, i suoi ultimi componimenti, in quanto costituiti da versi che «accusano, denunciano, imprecano, argomentano direttamente»157 col lettore, rispondono a finalità esclusivamente pratiche,
trasformandosi in mezzi d’interrogazione diretta della realtà.158
L’idea della poesia come azione è sempre stata presente per Pasolini lungo tutto l’arco della sua produzione. […] Ma il primo Pasolini dava a ciò un senso ancora tollerabile per i «cultori della poesia». Invece negli ultimi anni egli imprime al concetto una torsione pericolosa, virulenta, non più conciliabile con l’idea comune di poesia. Per il primo Pasolini la poesia era azione proprio in quanto «espressione», cioè in quanto parola che si sottrae alla sfera della prassi per confinarsi in una sfera a sé (quella che si suole chiamare estetica), dove i nomi e i suoni non hanno altro fine che esprimere la propria musica. Per l’ultimo Pasolini invece l’azione è quella che si fa «nel mondo reale»159.
Così, l’«ultimo Pasolini non crede più che si possa essere poeti stando nel recinto dell’estetico»160, ma che occorra piuttosto «gettare il proprio corpo nella lotta»161, ossia
creare una continuità anche formale con le finalità pratiche del suo discorso saggistico/giornalistico/politico. Le poesie dell’ultimo Pasolini (già, in fase di incubazione, in Poesia in forma di rosa, ma in maniera esplosiva in Trasumanar e organizzar) attingono infatti dalla lingua strumentale, quotidiana, spesso dal linguaggio giornalistico, rinunciando completamente alle rime e alla metrica verbale: i suoi versi diventano «brutti»162, lasciando penetrare nel cuore del linguaggio poetico impurità inaudite, in primis
155 Scriverà Pasolini nel 1975: «Non scrivo più poesie da due o tre anni. […] Perché non scrivo più? Perché ho perduto il destinatario. Non vedo con chi dialogare usando quella sincerità addirittura crudele che è tipica della poesia. Ho creduto per tanti anni che un destinatario delle mie “confessioni” e delle mie “testimonianze” esistesse. Mi sono dunque ora accorto che non esiste. […] Le proprie esagerazioni, i propri eccessi, le proprie idee si esprimono vivendo La poesia richiede che ci sia una società (ossia un ideale destinatario) capace di dialogare con il povero poeta. In Italia una tale società non c’è.» (P.P. Pasolini, Saggi
sulla politica e sulla società cit., p. 856.)
156 «Ma non solo è caduta / la stima per questa poesia / che è della storia piccola del mio tempo/ […] ma per la poesia stessa. Non è essa, dunque, che conta, mai. / Almeno se concepita come poesia. /La lingua dell’azione, della vita che si rappresenta, /è così infinitamente più affascinante!» (P.P. Pasolini, Tutte le poesie cit., p. 1277.
157 C. Benedetti, Pasolini contro Calvino cit., p. 151.
158 «Le azioni della vita saranno solo comunicate, / e saranno esse, la poesia, / perché, ti ripeto, non c’è altra poesia che l’azione reale / (tu tremi solo quando la ritrovi / nei versi, o nelle pagine in prosa, / quando la loro evocazione è perfetta). / Non farò questo con gioia. / Avrò sempre il rimpianto di quella poesia / che è azione essa, nel suo distacco dalle cose, / nella sua musica che non esprime nulla / se non la propria arida e sublime passione per se stessa.» P.P. Pasolini, Poeta delle ceneri, in Id., Tutte le poesie cit., II, pp. 1287-1288. 159 Ivi, pp. 139-140.
160 Ivi, p. 143.
161 P.P. Pasolini, Tutte le poesie cit., p. 1287.
162 «Che cosa sono i “brutti versi” […]? È fin troppo semplice: i brutti versi sono quelli che non bastano da soli a esprimere ciò che l’autore vuole esprimere: cioè in essi le significazioni sono alterate dalle
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«le finalità pratiche, non estetiche, di una parola “performativa”, concepita come azione»163.
Da un lato, quindi, la consueta eterogeneità stilistico-formale pasoliniana si fa sempre più pesante, con continue infiltrazioni dalla lingua della prosa, dall’altro egli rivendica una libertà artistica a tutto tondo, ufficializzando una vera e propria abiura dell’idea tradizionale di poesia, una rinuncia allo stile164 che gli permette di oltrepassare i
tradizionali confini di genere per volgere i suoi testi poetici a modalità non letterarie: «aprendo la propria parola artistica a delle finalità pratiche, egli piazza nel cerchio della scrittura letteraria, come un esplosivo, proprio ciò che le è estraneo per definizione.»165
D’altra parte, se l’ultima raccolta poetica pasoliniana è improntata all’idea di una poesia «inutile», ossia incapace di interpretare e tradurre la realtà con i suoi strumenti remoti e ineffabili, e pertanto ridotta a «materia autodistruttiva»,166 essa non fa che rispecchiare, in
questo suo essere «senza speranza» e al contempo, paradossalmente, un’«esplosione di vitalità»167, i paralleli dilemmi del Pasolini critico e saggista.
Come si è visto, questa è appunto una costante di tutta l’opera (non solo poetica) pasoliniana, il cui motivo fondamentale, ricorrente, risulta essere proprio il «costante interrogarsi di fronte ai fatti più brucianti della società contemporanea»168; se in Trasumanar
e organizzar, con grande evidenza, «trovano uno svolgimento parziale ed ellittico quei temi che, con maggiore rigore, saranno espressi negli ultimi scritti giornalistici di Pasolini»169,
altrettanto si può dire per Poesia in forma di rosa (dove peraltro Pasolini già dichiarava: «quando scrivo poesia / è per difendermi e lottare, / compromettendomi, rinunciando a ogni antica mia dignità»170), i cui versi preannunciano l’avvento di un «nuovo corso della
realtà»171, ossia di una «nuova Preistoria»172 successiva all’affermazione del Neocapitalismo
e di un «Potere» (da notare la forma con la maiuscola, apparsa qui con un decennio di anticipo sugli Scritti corsari) che «va verso il futuro»173; mentre nella Religione del mio tempo il
consignificazioni, e insieme le consignificazioni ottenebrano le significazioni.»; P.P. Pasolini, Empirismo eretico cit., p. 156.
163 C. Benedetti, Pasolini contro Calvino cit., p. 151.
164 Smetto di essere poeta originale / che costa mancanza di / libertà: un sistema stilistico è troppo esclusivo. Adotto /schemi letterari collaudati, per essere più libero. / Naturalmente per ragioni pratiche. (P.P. Pasolini,
Trasumanar e organizzar cit., p. 66.
165 C. Benedetti, Pasolini contro Calvino cit., p. 153.
166 Questa bellissima definizione è di L. Martellini, Ritratto di Pasolini cit., p. 158. 167 P.P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte cit., II, p. 2579.
168 G.C. Ferretti, Pasolini. L’universo orrendo cit., p. 73. 169 G. Ferroni, Il Novecento cit., p. 519.
170 P.P. Pasolini, Poesia in forma di rosa cit., 35. 171 Ivi, p. 191.
172 Ivi, p. 96 e passim. 173 Ivi, p. 191.
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poeta si autoelegge a «testimone contro il proprio tempo»174, lamentando la crisi di valori
socioculturali dei primi anni Sessanta («Non c’è più niente […] di questo mondo umano che io ami. / Tutto mi dà dolore: questa gente […] il suo brulicare intorno a un benessere / illusorio, come un gregge intorno a poche biade»175), nelle Ceneri di Gramsci «il soggetto
intellettuale» già «rappresenta la sua tragedia storica» (Ma io, con il cuore cosciente / di chi soltanto nella storia ha vita, / potrò mai più con pura passione operare, /se so che la nostra storia è finita?176) sullo sfondo, ben più ampio, della vita sociale di un’Italia in cui si
affacciano i primi fermenti di un mutamento epocale.
Queste contaminazioni contenutistiche, presenti in tutti i testi poetici di Pasolini, hanno chiaramente un corrispettivo dal punto di vista della forma: se in Trasumanar e organizzar, per ammissione stessa del poeta, «la rigenerazione lessicale è pressoché totale rispetto ai volumi precedenti»177, e coerente invece con il parallelo rinnovamento
linguistico riscontrabile in altri generi come la saggistica o le interviste, altrettanto si può affermare per gli altri volumi poetici, linguisticamente accostabili ai contemporanei testi in prosa piuttosto che ascrivibili a un gruppo omogeneo: è questa la ragione per cui l’indagine lessicale relativa al genere indica come specifico solo il nucleo più radicato, consuetudinario e astorico del lessico poetico («luce», «amore», «cuore», «dolore»).
Il suo linguaggio si alimenta alle fonti più disparate ed eclettiche, mescidando forme attuali e passate della scrittura: dal giornalismo alla prosa saggistica, dai colori tribunizi dell’intervento politico ai déchets di moduli poetici raccattati spesso da discariche pre-novecentesche. Il prodigio per il quale tali materiali diversi e inerti sono spesso animati da un soffio di autenticità è nell’intensità (paradossale) di quell’io che “dice”.178
Allora, data l’importante presenza, in tutta l’opera poetica di Pasolini, delle infiltrazioni provenienti da altri linguaggi, le innovazioni presenti nel lessico poetico pasoliniano saranno evidenziate più dalla ripartizione cronologica delle sue opere (così strettamente interconnesse nelle diverse fasi della sua attività) che da quella tipologica.
D’altronde, nei testi poetici pasoliniani esistono alcuni termini particolarmente fortunati e rappresentativi della “riscrittura” della realtà operata dall’autore, quali ad esempio «Dopostoria» e «Nuova Preistoria», voci dotate di una peculiare forza metaforica che vedono la luce in Poesia in forma di rosa: esse non possiedono un’alta keyness, anzi mostrano una presenza assai sparuta, talvolta unica («Dopostoria» è presente solo nelle Poesie mondane, mentre «Nuova Preistoria», dopo aver fatto la sua prima comparsa nella
174174 G. Ferroni, Il Novecento cit., p. 519.
175 P.P. Pasolini, La religione del mio tempo cit., p. 99. 176 P.P. Pasolini, Le ceneri di Gramsci cit., p. 63.
177 P.P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte cit., II, p. 2579.
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poesia che dà il titolo al volume, ricorre anche in Pietro II, nel Poema per un verso di Shakespeare, e in Una disperata vitalità, per poi riapparire in una delle Interviste corsare179),
eppure così incisiva ed emblematica da farli eleggere dalla critica a manifesto della concezione storica apocalittica dell’autore, se non di un intero quadro storico-sociale. È proprio questo, in effetti, il grande dono della Parola poetica, quando essa non si abbandona al piacere di tradurre lo sguardo «estatico e ozioso» del poeta o di dar voce alla sua «anima elegiaca», ma «apre violentemente il sipario sul mondo rappresentato», riuscendo, come in una lancinante folgorazione, a dischiudere in poche sillabe «uno squarcio di Apocalisse»180.
Nel caso di alcune «parole poetiche», allora, una bassa frequenza non è necessariamente sinonimo di scarsa incisività, proprio perché la loro eccezionale capacità icastica può far sì che esse si facciano portatrici di immagini significanti dal punto di vista socioculturale (eventualmente migrando in altri generi testuali, di maggior diffusione, come nel caso del celeberrimo «Potere» o delle «belle bandiere», in riferimento ai simboli della fede comunista): d’altra parte, è lo stesso poeta, in un’intervista del 1959, a sottolineare come le innovazioni linguistiche presenti nei testi poetici siano profondamente interconnesse con il contesto sociale:
Le innovazioni linguistiche del poeta […] non si riducono ad attuarsi in un ipotetico isolamento letterario: l’innovazione ha percussioni profonde, fino nel cuore del semantema, e poiché il semantema è un dato collettivo e sociale, oltre che individuale ed estetico, ogni innovazione linguistica non può non essere una innovazione anche nell’istituto sociale181.
Nell’Introduzione alla raccolta dei Meridiani di Tutte le poesie di Pasolini, Fernando Bandini spiega appunto come sia «illegittimo trattare l’opera poetica di Pasolini come un fatto autonomo e concluso in se stesso»182, e questo vale a maggior ragione dal punto di
vista linguistico, poiché l’ansia definitoria, di «espressione totale» della realtà, unita alla pasoliniana «ipertrofia dell’io», fa sì che nei testi poetici si crei un’aspra «miscela di res e verba», un accumulo di tratti squisitamente lirici e «riproduzioni verbalizzate […] dei tratti più bassi e crudi del reale»183; solo nei casi, eccezionali e sublimi, in cui il poeta riesca a
comporre questo ossimoro di fondo, si avranno allora quegli esempi di neologismi poetici che, cristallizzando la realtà storica, si pongono a sigillo di un’intera epoca.
179 «Una orrenda Nuova Preistoria sarà la condizione del neocapitalismo alla fine dell’antropologia classica, ora agonizzante. L’industrializzazione sulla linea neocapitalistica disseccherà il germe della Storia…»; P.P. Pasolini, Interviste corsare cit., p. 64.
180 E. Esposito, Poesia in forma di rosa. Introduzione a P.P. Pasolini, Poesia in forma di rosa cit., pp. V-XI, p. 181 P.P. Pasolini, Interviste corsare cit., p.32.
182 F. Bandini, Il “sogno di una cosa” chiamata poesia. cit., I, p. XV. 183 Ivi, p. XXXIV.
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