V. 2 (Due?) Romanzi allo specchio
V. 3. Ja/Aj/Eye/I: l’autotraduzione e l’identità del personaggio
Se si dovesse individuare il tema centrale di Соглядатай, questo potrebbe forse essere la ricerca dell’identità del protagonista15. Difatti, come nota Jurij Levin, “[м]аниакальное стремление героя глядеть на себя со стороны, глазами других, обусловливает и повествовательную структуру ‘Соглядатая’”16 (Levin 1998: 574). Questa ipotesi è anzitutto corroborata, ad un livello superficiale, dalla trama: la narrazione, infatti, ruota attorno ad un misterioso narratore particolarmente sfortunato e frustrato (dietro il cui abito nero si nasconde la maschera di Akakij Akakievič17), che, oppresso dalla triste realtà che lo circonda, decide di suicidarsi. In congiunzione con la sua morte, si innesta la narrazione postuma: lo spirito inizia dunque una nuova vita di sua invenzione, attribuendo eventi e conoscenze ad un residuo della sua potente fantasia. Nel suo mondo di finzione, il narratore entra in contatto con una famiglia, russa come lui ed emigrata a Berlino in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre; preso dalla curiosità di conoscere meglio queste persone, diventa habitué delle loro serate. Tra tutti i personaggi che si presentano alla casa di via del Pavone, 5, l’individuo che suscita maggior curiosità nel narratore è un certo
14 Trad.: “una piccola signora dal volto roseo e capelli rossi con manine grasse, molto profumata e perennemente ammalata”.
15 In maniera molto suggestiva, Johnson paragonerà poi la ricerca dell’identità del protagonista ad una
quest dal gusto mitologico: “[t]he common French name for the Scarce Copper is ‘argus’ whose eye-like
wing dots evoke the hundred-eyed giant Argus that Hera assigned to watch over Io. The Eye’s narrator is, of course, the eye of the English title and the surreptitious watcher of the Russian original” (1997: 11).
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Smurov, anche lui in apparenza un nuovo frequentatore di questo ristretto circolo. L’interesse del narratore si trasforma ben presto in ossessione: lo scopo della sua ‘esistenza’ diventa infatti la ricerca della vera identità di Smurov, che cerca di carpire attraverso i racconti e i punti di vista degli altri personaggi. L’avventurosa quest dal sapore investigativo, che spesso rivela tratti puramente maniacali, si risolve in seguito ad un climax ascendente, attraverso il quale il lettore arriva a capire che in realtà il narratore è Smurov.
La soluzione dell’enigma, invero, viene sottilmente indicata dall’autore tramite piccoli indizi sparsi sin dalle prime pagine della narrazione. Paragonando la scrittura di Nabokov ad un ologramma, Belpoliti nota in maniera molto pertinente che “tutto è lì, davanti agli occhi di chi legge, tridimensionale, ma al tempo stesso non c’è, è un inganno, un magnifico imbroglio del linguaggio; e come in un ologramma in ogni pagina c’è tutto: l’insieme è contenuto in ogni dettaglio” (Belpoliti 1999: 230).
Al di là della trama, la questione dell’identità del personaggio come nucleo tematico centrale emerge già dal titolo stesso del romanzo, che ha procurato a Nabokov non pochi tormenti dal punto di vista autotraduttivo. Nella Foreword all’edizione americana del 1965 lo scrittore esprime i suoi dubbi:
[t]he Russian title of this little novel is SOGLYADATAY (in traditional transliteration), pronounced phonetically ‘Sugly-dart-eye’, with the accent on the penultimate. It is an ancient military term meaning ‘spy’ or ‘watcher’, neither of which extends as flexibly as the Russian word. After toying with ‘emissary’ and ‘gladiator’, I gave up trying to blend sound and sense, and contented myself with matching the ‘eye’ at the end of the long stalk (Nabokov 2010: I).18
Al paratesto viene dunque demandata una importantissima funzione esplicativa che prelude al lavoro svolto sul tessuto narrativo vero e proprio.
Effettivamente, ‘cоглядатай’ [/sogljadataj/] è un antico termine militare che denota proprio i concetti lucidamente esposti da Nabokov19 ai quali va aggiunto il significato di ‘agente investigativo’. L’elemento della vista e l’atto dello spiare derivano direttamente dalla base lessicale della parola che si compone di un prefisso (‘co-’, ‘so-’), della radice
18 Riguardo questa citazione vale la pena proporre una piccola riflessione sulla parola inglese “stalk”: come sostantivo si riferisce indubbiamente al dettaglio botanico, mentre come verbo, ‘to stalk’, assume il significato di ‘avvicinarsi furtivamente a’, ‘perseguitare’, ‘seguire’, andando in un certo senso a recuperare la dimensione spionistica contenuta nel titolo russo del romanzo.
19 Il Русско-Итальянский Словарь [Dizionario Russo-Italiano, 1972: 786] riporta esattamente i medesimi significati, mostrando inoltre la dicitura tra parentesi “ust.”, ovvero parola o espressione antiquata. La stessa indicazione si trova anche nel Толковый Словарь Русского Языка [Dizionario
Esplicativo di Lingua Russa, 1940, tomo 4, 350] e nel Словарь Русского Языка [Dizionario di Lingua Russa, 1961, tomo 4, 249].
‘гляд’ (‘gljad’’, dal verbo ‘глядеть’, ‘gljadet’’, osservare) e di un suffisso (‘-атай’, ‘- ataj’).20 Pur ammettendo l’impossibilità di rendere in inglese la complessa struttura morfologica e semantica della parola nella flessibile lingua madre, Nabokov propone un’ironica e divertente variante anglicizzata della pronuncia di questo vetusto lemma, “[s]ugly-dart-eye”. Una trascrizione ‘fonetica’ che rivela il tortuoso processo tramite il quale Nabokov è pervenuto alla sua scelta auto-traduttiva. Il prefisso ‘co-’ (‘so-’), fondendosi con metà della radice di ‘гляд’’, ‘gljad’’ (‘гля’, ‘glja’)21 si trasforma in ‘sugly’, che ricorda molto l’aggettivo ‘ugly’ (‘brutto’). Il resto della radice russa, unitamente alla prima parte del suffisso ‘–атай’, ‘-ataj’ (‘ат’, ‘at’) diventa ‘dart’, un termine inglese di senso compiuto che equivale non solo ad un sostantivo (‘freccia’, ‘dardo’), ma anche ad un verbo, non a caso impiegato nell’espressione “to dart a glance at sb/sth” (‘lanciare un’occhiata veloce a qualcuno o qualcosa’), particolarmente calzante quindi al contesto. Infine, il restante ‘ай’, ‘aj’ (foneticamente identico, a livello speculare, al pronome russo di prima persona singolare ‘Я’, ‘Ja’) viene associato, per omofonia, al sostantivo inglese “eye” (occhio), che eredita il significato portato dalla radice russa ‘гляд’’, ‘gljad’. Ma il sostantivo “eye” a sua volta è omofono del pronome di prima persona ‘I’ (‘io’). Si chiude in questo modo il cerchio di assonanze e somiglianze che dominano sia la variante russa che quella, esteriormente meno duttile, inglese (vedi Fig. 1).
Nonostante un’apparente maggiore semplicità morfologica e semantica del titolo inglese, esso conserva il nucleo semantico del breve romanzo, il problema dell’identità e l’elemento dello sguardo; come osserva Sweeney (1999: 257) “[it] neatly expresses the split in his narrator’s psyche between ‘I’ (his self) and ‘eye’ (his acute self- consciousness)”. Lo sdoppiamento del protagonista avviene dunque ad un livello profondo: Smurov diventa al contempo l’osservatore, ma anche l’osservato. Significativamente, Levin sostiene che anche l’occhio, dal punto di vista semiotico, può
20 Словообразовательный Словарь Русского Языка [Dizionario di Lingua Russa della Formazione delle
Parole, 1985, vol. I, 226). È interessante notare un modo di dire legato alla parola соглядатай riportato
nel Толковый Словарь Великорусского Языка [Dizionario Esplicativo della Lingua Russa, 1882, tomo 4, 259): “Соглядатай дорогъ на часъ, а тамъ - не знай нас!” (Trad. It.: “La spia [ci] è cara per un’ora, ma poi chi si è visto si è visto”). Questa vetusta espressione russa si sposa particolarmente bene con il tema centrale del romanzo: il narratore diventa una spia con una certa facilità, ma una volta raggiunti i suoi scopi non impiega molto tempo per ritornare la persona di prima. Anticamente, i соглядатай venivano inviati, anche su ordine dello Zar, in mezzo alla folla, nella quale dovevano mimetizzarsi al fine di carpire informazioni utili. Per confondersi nella massa del popolo, queste spie spesso dovevano ricorrere al travestimento, e cercare di ascoltare con la massima attenzione i punti di vista espressi. Non di rado, al termine della missione, venivano uccisi.
21 Lo scopo principale di Nabokov è quello di ricavare dall’espressione russa un insieme di parole che possa aver senso anche in inglese. Per privilegiare la semantica nella lingua di arrivo, lo scrittore si affida alla fonetica del termine originale: scompone la radice ‘gljad’ ottenendo ‘glja’, utile per la ‘formazione’ della prima parola inglese. Va specificato che ‘glja’, essendo atono in ‘sogljadataj’ (/sə.glȻǺ.'da.təj/), si pronuncia /glȻǺ/. Di qui la perfetta aderenza con la pronuncia di ‘sugly’ (/s' glǺ/), e
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essere considerato uno specchio: “[з]рачок играет здесь - метафорически - роль прозрачного зеркала: в нем видно и отражение [...] и то, что ‘за’ зеркалом; это ‘непостижное сочетанье’ создает своебразную двойную экспозицию”22 (Levin 1998: 568).
Nel testo si trovano frequenti riferimenti a questa situazione ambigua, ad esempio attraverso delicate sfumature oniriche:
[a]fter all, in order to live happily, a man must know now and then a few moments of perfect blankness. Yet I was always exposed, always wide-eyed; even in sleep I did not cease to watch over myself, understanding nothing of my existence, growing crazy at the thought of not being able to stop being aware of myself (Nabokov 2010: 7).
In seguito al suicidio, la consapevolezza di essere spia di se stesso diventa più forte nel narratore, a tal punto da determinare una circostanza decisamente singolare:
Ever since the shot – that shot which, in my opinion, had been fatal – I had observed myself with curiosity instead of sympathy, and my painful past – before the shot – was now foreign to me. This conversation with Weinstock turned out to be the beginning of a new life for me. In respect to myself I was now an onlooker. My belief in the phantomatic nature of my existence entitled me to a certain amusement (Nabokov 2010: 27).
L’atto dell’osservazione si sviluppa nel romanzo su due binari: l’Io narrante che si guarda dall’esterno (a parte diversi accenni, risulta evidente solo nei pressi dell’epilogo), e che scruta gli altri personaggi, in particolare Smurov. L’abilità di Nabokov, come anche Johnson23 ha notato (1995: 131), risiede proprio nel riuscire a mantenere, con un abile gioco tra prima e terza persona singolare, la distanza tra il narratore e Smurov. Tuttavia, la perizia tecnica nella manipolazione del punto di vista ha il merito non solo di mantenere in piedi l’illusione sulla quale poggia l’intero romanzo, ma ne sostiene anche l’architettura.