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VI. 2 1 Knight is absent

VI. 2. Nella fucina dell’autore: il nome in The Original of Laura

Prima di proseguire con l’analisi del Sebastian attraverso la griglia fornita dal modello liquido, vorrei brevemente soffermarmi sull’ultima, incompiuta, opera di Nabokov per mettere in rilievo l’evoluzione che si può riscontrare nella costruzione del personaggio letterario grazie alla scelta onomastica.

12 Trad. It.: “Poiché è vero che qualora esse [le virtù] non siano preesistenti, possono essere create attraverso l’abitudine e la pratica”.

13 Trad. It.: “Nel nome di Sebastian si ha l’impressione di sentire qualcosa di pensato a tavolino […] Man mano che si srotola il sudario, all’interno del quale è avvolta la ‘vera vita’ di Sebastian, la sua essenza e personalità diventano evanescenti, e quando l’ultimo strato viene rimosso, il personaggio principale e più ricercato si riduce completamente in nulla, evaporando... Ed ecco io credo che Nabokov abbia cifrato questo processo nel nome stesso del personaggio, la cui innaturalità si spiega proprio nel fatto che esso deve contenere in sé questa cifra. Le lettere che compongono il nome e cognome ‘Sebastian Knight’ (nell’originale inglese del romanzo) possono essere riorganizzate in modo tale da ottenere ‘Knight is absent’ [...] – e nell’ormai vuoto vassoio per i caratteri tipografici rimane solamente il solitario articolo indefinito ‘a’ – che può esser utilizzato per qualche scopo”.

In seguito alla pubblicazione nel 2009 di The Original of Laura (Dying is fun) l’attenzione dei giornalisti e dei critici si è focalizzata principalmente sulle questioni etiche riguardo all’uscita del manoscritto. Si è quindi parlato del cosiddetto ‘Dmitri's dilemma’, nonché delle difficoltà intrinseche in uno scritto così incompleto. A questo proposito, pare sintomatica l’opinione espressa da Christian Bourge in “Neither form nor function”, una recensione in The Washington Times il 17 Novembre 2009); qui l’autore sostiene che “[t]he history of the narrative, which doesn't even rise to the level of short story in its incomplete form, is arguably more important than the writing itself”14.

In questa sede si ritiene più utile concentrarsi su una dettagliata analisi del testo, non soltanto per un’applicazione del modello liquido di personaggio, ma soprattutto perché ci si trova di fronte alla possibilità più unica che rara di poter entrare nella fucina dell’autore. In The Real Life of Sebastian Knight Nabokov scrive che “the heroes of the book are what can be loosely called 'methods of composition'” (Nabokov 2001: 79); l’importanza di una simile occasione si può comprendere non solo alla luce di questa affermazione, ma soprattutto se si considera un autore come Nabokov che non desiderava la sopravvivenza dei brogliacci all’opera compiuta.

A causa della sua natura frammentaria, è difficile commentare la struttura dello scritto; di conseguenza, risulta impossibile riassumere la presunta trama. Il manoscritto si compone infatti di centotrentotto schede, contrassegnate da numeri e sigle che dovrebbero segnalare l’ordine con il quale leggerle. Questo dato, però, non è una certezza: sappiamo infatti che Nabokov scriveva su questi cartoncini proprio per avere poi una certa facilità nel mischiarli; come risultato, la combinazione avrebbe prodotto linee insolite nello svolgimento degli eventi. Dalla lettura di queste schede si può intuire che ci sono due personaggi principali: Flora e il marito, il dottor Philip Wild. Risulta abbastanza ovvio che i due filoni narrativi principali ruotano attorno a queste due figure; allo stesso modo, attorno a loro si raggruppano anche i personaggi minori. A proposito dei personaggi di quest’opera, Maud Newton15 (2010) sostiene che “[t]he story being unfinished, character development is slight”; una simile considerazione appare errata, soprattutto se si prende in considerazione il sistema dei personaggi, dal quale si può ben intuire la complessità che l’architettura definitiva avrebbe avuto.

Accanto a Flora si situano quelle che potrebbero considerarsi le ‘ombre del suo passato’, e cioè la madre Lanskaya e Adam Lind, un uomo che forse è suo padre, ma che

14http://www.washingtontimes.com/news/2009/nov/17/neither-form-nor-function/.

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sembra essere omosessuale. La paternità di Flora risulta dunque incerta: ad aumentare questo senso di inteterminatezza subentrano anche due ‘patrigni’, Hubert H. Hubert and Mr. Espenshade. Una particolarità che si riscontra è che la donna è circondata da numerose figure femminili, che sembrano svolgere la funzione di specchi: tra queste, ritroviamo Mrs Winny Carr, Montglas de Sancerre, la cameriera Cora e il suo ‘doppio’ Daisy. Una nutrita galleria di personaggi maschili, presumibilmente amanti, completa il quadro: nonostante il matrimonio, infatti, Flora stringe una serie di amicizie con un tale Jules, e persino, a quanto sembra, con il narratore. La vita della protagonista sembra già da queste prime pennellate piuttosto viva. Un discorso diverso andrà invece fatto per il marito, il neurologo sovrappeso Philip Wild. Anche Wild è legato a vario titolo ad altri personaggi, principalmente uomini; anche qui, la loro identità è piuttosto incerta. Alle volte nel manoscritto si trovano solamente i nomi, e non si riesce a determinare con precisione la loro posizione in questo mondo finzionale. Legati a Wild saranno un tale Eric, il dottor Aupert, l’enigmatico A. N. D., i suoi rivali Curson e Croydon, e la sua segretaria Miss Ure (o Sue? Non è chiaro). Nel manoscritto viene inoltre fatta menzione del suo primo amore, Aurora Lee, che in un certo senso chiude il cerchio attorno al sistema dei personaggi poiché sembra assomigliare molto alla moglie Flora, e non solo per un gioco di semplici assonanze.

Benché il materiale contenuto nelle schede sia veramente esiguo, emerge subito un fatto cruciale: il personaggio sembra essere l’indice narrativo allo stato di gestazione più avanzato. Nonostante si tratti di uno stadio di sviluppo ancora piuttosto prematuro, i personaggi paiono particolarmente vividi, e, soprattutto, mostrano quelle caratteristiche peculiari delle altre figure tipicamente nabokoviane.

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Sfogliando le pagine del libro, il lettore percepisce immediatamente che dietro la scelta del nome di Flora si cela un ragionamento particolare. Flora è infatti legata attraverso ad un gioco di specchi ad altri personaggi minori: Laura, Cora, Daisy, Aurora Lee. All’elenco si potrebbe anche aggiungere Montglas De Sancerre [Nabokov 2009, Two 12], per via di una spiccata somiglianza fisica. Come si vedrà, oltre all’evidente affinità dal punto di vista fonetico, tutte queste figure condividono con la protagonista una serie di tratti ben più significativi.

Un interessante caso di rapporto genetico tra Flora e uno dei suoi ‘specchi’ si può rintracciare nel rapporto con la sua serva mulatta Cora. Ad una prima lettura, non sfuggirà l’assonanza tra i due nomi, che inevitabilmente contribuisce ad una

caratterizzazione di tipo artificiale del personaggio. Come già evidenziato nelle precedenti analisi, una scelta onomastica che sottolinea l’artificialità del personaggio lo rende in certa misura ‘anti-mimetico’. Il fatto di condividere un nome molto simile sembra implicare una intercambiabilità tra Flora e Cora, ipotesi che trova puntualmente conferma nel testo. Infatti, nella sua prima apparizione, per errore Cora ritira un mazzo di fiori che in realtà è per Flora (Nabokov 2009: 37, [1.19]); più avanti nel testo (Nabokov 2009: 163, [Wild 3]), diventa chiaro che le due giovani donne sono complici: spesso dormono insieme alle spalle di Philip. Perciò, dal punto di vista della trama, Cora dà l’impressione di riprodurre, rispecchiandole, le azioni di Flora, peraltro in una maniera piuttosto artificiale e teatrale, come viene chiarito nel testo. Cora si comporta infatti in “[a] fishy theatrical way” (37, [1.19]). Approfondendo il discorso onomastico, si scoprirà poi che il binomio Flora-Cora non è affatto nuovo in letteratura: l’associazione tra questi due nomi appare già nell’antichità classica. La dea romana Flora viene infatti menzionata in un’opera incompleta di Publio Ovidio Naso (Ovidio), i Fasti, un poema elegiaco che si propone di spiegare le origini di alcune importanti festività antico romane. Nel presentare la ninfa Flora, divinità associata alla primavera e alla rinascita16, l’autore fonde due tradizioni diverse: quella greca, con la leggenda di χλωρις (Chloris), e quella italica, con la vicenda di Flora. Attraverso la teofania17, una particolare strategia narrativa alla quale Ovidio spesso ricorre, la divinità rivela il suo vero nome, Chloris, modificato in seguito a causa della pronuncia latina che sostituisce l’iniziale ‘C’ con la lettera ‘F’:

Chloris eram, quae Flora vocor: corrupta Latino

nominis est nostri littera Greaca sono.

Una lettura di The Original of Laura attraverso la lente intertestuale fornita dai Fasti di Ovidio consente di collocare il rapporto tra Flora e Cora sotto una nuova luce: se infatti le due donne sembrano essere, al livello superficiale della trama, amiche intime, in realtà vanno più correttamente intese come due facce di un’unica medaglia. Entrambe sono la medesima persona; una però è la ‘variante’ dell’altra. Inoltre, lo scambio consonantico tra le iniziali del nome, ‘C’ e ‘F’, giustificato da Ovidio con motivazioni di natura linguistica, riporta alla mente quel sintomatico scambio S/V che si può ritrovare

16 Si dice infatti che Flora appare nel periodo tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, dunque in un momento di transizione tra l’inverno e la primavera. Di qui, probabilmente, il suo significato di

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in The Real Life of Sebastian Knight. Una simile interpretazione trova conferma nelle letture dell’autore stesso. Come ci dice Boyd (1991: 657), Vladimir aveva letto la traduzione della Divina Commedia in sei volumi a cura di Charles Singleton. Dante Alighieri potrebbe quindi esser stato il tramite attraverso il quale Nabokov è venuto in contatto con Ovidio. Nella commedia, infatti, i riferimenti all’autore latino sono molto frequenti.

Tuttavia, la cultura latina non è l’unica risorsa a disposizione per meglio comprendere la natura del rapporto tra i due personaggi nabokoviani. Si pensi infatti alla mitologia greca, chiamata in causa anche da Ovidio. Nel pantheon antico greco si può infatti trovare la dea Cora (o Kore), meglio nota con il nome di Persefone/Proserpina, divinità convenzionalmente associata all’aldilà. Secondo il mito, Proserpina è una ragazza innocente attratta da Ade, sovrano dell’altro mondo e personificazione del lato oscuro degli uomini. Si aggiungerà poi che la critica è concorde nell’identificare anche Proserpina come una divinità connessa al ciclo della vita e della morte, e dunque alla rinascita. A sua volta, l’esplicitazione di questo legame rende possibile mettere in evidenza quelli che sembrano essere i temi centrali del ‘romanzo’: la rinascita in una nuova forma (dunque, una metamorfosi), attraverso la morte come passaggio obbligato. Se questo tema diventa prominente nella caratterizzazione del marito di Flora, Wild, il mito di Proserpina consente un’ulteriore lettura del testo. La vicenda di questa divinità, infatti, sembra esser perfettamente ripordotta in The Original of Laura, dove Flora viene allontanata fisicamente dalla madre prima da Mr. Hubert H. Hubert, e in seguito dal marito Philip Wild.

Attraverso la scelta onomastica, la tela dei rimandi si infittisce: Hubert H. Hubert, a sua volta, aveva una figlia, Daisy, tragicamente morta in un incidente. Partendo dal dato onomastico, si noterà subito che i nomi Flora e Daisy si riferiscono entrambi alla dimensione botanica; ‘daisy’ in inglese è la margherita, mentre Flora è chiaramente attinente in generale alla flora inteso come regno vegetale, e nello specifico al sostantivo latino ‘flos, floris’, che significa ‘fiore’. Su questi dati, pare verosimile supporre che Flora ‘contiene’ il suo ‘doppio’, Daisy. Aggiungeremo poi che Ovidio ricorda la capacità della ninfa Flora di generare altre divinità a partire dai fiori; è il caso questo della nascita di Marte: sua madre Giunone rimane incinta dopo che Flora/Chloris coglie un raro fiore. Viceversa, Flora è anche capace di trasformare il sangue di un dio (in questo caso Therapnaeo/Giacinto) in una pianta.

Nel corso della narrazione si viene a sapere che “her daughter […] was just like [Flora], same age- twelve-, same eyelashes-darker than the dark blue of the iris, same hair, blondish or rather palomino, and so silky” (Nabokov 2009: 59, [Two 10]). Questo è

soltanto uno dei passi in cui le due ragazze vengono paragonate: si dice infatti che Daisy, in maniera analoga a Flora, “knew the moves” (Nabokov 2009: 69, [Two 15]). Anche le loro madri si assomigliavano: “she was the image of the young actress who had been his wife, and indeed to judge by the photographs she, Madame Lanskaya, did resemble poor Daisy's mother” (Nabokov 2009: 73-75, [Two 17- Two 18]). Questi passi si rivelano particolarmente significativi non solo per mettere a fuoco il rapporto che lega i due personaggi, ma anche per mostrare la maniera in cui attraverso la caratterizzazione di un personaggio minore si può ottenere, in maniera obliqua, quella di un protagonista. Senza la descrizione di Daisy non si saprebbe nulla dell’aspetto fisico di Flora negli anni della pre-adolescenza.

La somiglianza fisica che accomuna Flora e Daisy viene transitivamente condivisa da un altro personaggio secondario nella narrazione, Aurora Lee. Nel testo si possono trovare solamente quattro schede dedicate a questa figura, precisamente negli appunti di Wild. In lei è facile riconoscere la ‘crisalide’ di Flora e Daisy; Aurora Lee è un pallido riflesso, un’ombra del passato di Philip: “[y]our painted pout and cold gaze were, come to think of it, very like the official lips and eyes of Flora, my wayward wife, and your flimsy frock of black silk might have come from her recent wardrobe” (Nabokov 2009: 201, [Aurora 1]). Aurora Lee sembra inoltre essere una scaglia genetica di un personaggio presente nell’immaginario nabokoviano sin dai tempi più remoti. Da un punto di vista intertestuale, non è possibile ignorare la somiglianza tra Hubert H. Hubert, la sua triste storia, e la storia di Aurora Lee, e Lolita. Attraverso un semplice ragionamento derivativo, si può facilmente dimostrare che Aurora Lee è un riflesso del primo amore di Humbert Humbert, Annabel Leigh, che a sua volta è un personaggio ispirato alla Annabel Lee di Poe. Inoltre, una serie di ulteriori dettagli confermano questo parallelo; per esempio, nella scheda [1.9] il reiterato riferimento al mare e alle onde può essere considerato come un indice riferibile a Lolita e a A Kingdom by the Sea di Edgar Allan Poe. A partire da questo spunto, potrebbe essere di notevole interesse per la critica nabokoviana approfondire l’argomento; un’analisi contrastiva di questi personaggi, a livello intertestuale, potrebbe indubbiamente arricchire la conoscenza sia dei personaggi che dei romanzi nei quali sono inseriti. Tuttavia, un simile proposito esula dalla presente ricerca, che invece vuole dimostrare la validità di un modello liquido per l’analisi del personaggli.

Come in un inferno di specchi, l’immagine di Flora si moltiplica negli altri personaggi; tuttavia, dal nome di Cora possono essere tratte ulteriori significative riflessioni, che consentono una generalizzazione del discorso. Cora deriva dal greco Κόρη (korē), che significa giovane donna. Questo elemento può essere messo in relazione alla parola fille

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menzionata nella scheda “Heart (or Loins?): “[t]here is, there was, only one girl in my life, an object of terror and tenderness, an object too, […] I say 'girl' and not woman, not wife nor wench. If I were writing in my first language I would have said 'fille'”(Nabokov 2009: 151, [D 11]). Il senso di indefinitezza implicato dal nome di Cora che, di fatto, può essere una comune ragazza come altre, va ad avvalorare l’ipotesi dell’intercambiabilità dei personaggi, che in questo modo si discostano nettamente da una tipologia di rappresentazione ‘mimetica’.

L’evidente somiglianza tra questi personaggi femminili, ravvisabile a partire da considerazioni sull’onomastica, consente di trarre due importanti conclusioni. Anzitutto, la presumibile intercambiabilità dei personaggi, riscontrabile già in altre opere di Nabokov, complica ulteriormente il gioco del romanzo nel romanzo che, come si vedrà, pare essere una delle strutture narrative. Inoltre, consente di stabilire importanti legami a livello intertestuale, non soltanto con altre opere dello stesso autore, ma su una scala ben più ampia. Si sottolineerà infine il fatto che la protagonista Flora, che sembra essere un segno ‘vuoto’ per via della sua caratterizzazione estremamente frammentaria, sembra riempirsi di significato attraverso il legame che intrattiene con i suoi ‘riflessi’. In questo senso, va infine ricordata la coppia Flora- Laura; l’accostamento di questi due personaggi è fondamentale per comprendere la presunta architettura dell’intero testo. Laura è infatti l’eroina dell’eponimo romanzo My Laura, inserito en abyme nel tessuto narrativo; come si può facilmente intuire, Laura è un personaggio ispirato a Flora. In quest’ultimo scritto nabokoviano, sembra esser portata alle sue estreme conseguenze la sperimentazione sul nome del personaggio. Infatti, per come si presenta oggi il manoscritto, la protagonista femminile Flora pare un guscio vuoto che, similmente a quanto avviene nel primo romanzo inglese di Nabokov, viene riempito in maniera ‘artificiale’ da altri personaggi.