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I. 1 2 Il significato del postmoderno/postmodernismo

I. 2. Postmoderno e strategie narrative: metafiction, mise en abyme

È verosimile sostenere l’ipotesi secondo cui il caos critico che imperversa sulla definizione del fenomeno postmoderno sia causato, fra le varie motivazioni, dal fatto che alcuni procedimenti letterari, generalmente ritenuti elementi costitutivi del postmoderno, facciano in realtà parte di altre tradizioni letterarie, dove venivano ampiamente sfruttati. Mise en abyme, metafinzione, autoreferenzialità, parodia, e molti altri procedimenti simili, hanno avuto una discreta fortuna nel corso dei secoli; per citare un caso clamoroso, basti pensare all’uso estensivo che faceva Shakespeare della metafiction nelle sue opere teatrali, come strumento di disvelamento finale della verità, nonché di messa in evidenza dei principali meccanismi regolatori di quel particolare procedimento narrativo.

In maniera analoga alla metafiction, anche la mise en abyme è una strategia narrativa già utilizzata nel passato ma che sarà ampiamente impiegata nella letteratura del secondo novecento. Per comprendere profondamente il significato di questa figura si può instaurare un paragone tra il modo di scrittura occidentale del romanzo ed una certa tradizione cinese, secondo cui l’arte non è altro che la perfetta imitazione del reale. Secondo la concezione cinese, è necessario che nessun segno distingua l’oggetto naturale da quello artificiale: quest’ultimo non deve suggerire il fatto di essere l’immagine di qualcosa; non deve comunicare la perizia della tecnica o l’impeto creativo che l’ha fatto nascere. Tra l’oggetto artistico e l’originale deve esserci dunque una perfetta identità, come se fossero posti di fronte ad uno specchio. Viceversa, la scrittura romanzesca che utilizza strategie narrative come la mise en abyme o anche la metafiction svolge una funzione contraria: essa ha il compito di mettere la maschera, e al tempo stesso di indicarla.

Utilizzata per la prima volta da André Gide nei suoi diari, la mise en abyme ha lo scopo di attirare l’attenzione del lettore sulla struttura del romanzo, per ricordare che essa è stata consciamente ed artificialmente concepita. A livello pratico, questa figura ricalca perfettamente uno stemma araldico (Fig. 2): l’immagine totale racchiude, in una sua parte, un’immagine identica a se stessa, che a sua volta ne racchiude un’altra e così via, in un gioco di specchi che può ripetersi all’infinito. In una parola: un rispecchiamento dell’opera nell’opera, attraverso uno specchio più o meno deformante.

McHale (1987) riconosce tre criteri per definire una mise en abyme vera e propria: anzitutto, essa si verifica quanto vi è un elemento testuale incastonato all’interno di un primo livello narrativo; parallelamente, un altro elemento testuale è inserito in un secondo livello diegetico. Affinché si verifichi la mise en abyme è necessario che tra i due ci sia una somiglianza, o addirittura un’identità quasi perfetta; in particolare, il secondo elemento dovrà essere una copia miniaturizzata del primo.

Di gusto prettamente strutturalista, il testo di Lucien Dällenbach Le Récit Speculaire. Essai sur la Mise en Abyme (1977) mette in evidenza, in maniera estremamente rigorosa, le tipologie, i significati, e gli utilizzi di questa figura. Nello specifico, Dällenbach propone una schematizzazione regolata su un modello linguistico a tre livelli: ci saranno quindi una mise en abyme dell’enunciato, o finzionale, dell’enunciazione ed infine del codice, o testuale; queste tre figure non vengono considerate come separate, ma operano nel testo in maniera sincronica. Tramite la loro cooperazione, dunque, emerge un livello di significato che altrimenti rimarrebbe nascosto, non percepito dal lettore. Nonostante la sua indubbia importanza, il lavoro di Dällenbach risulta piuttosto datato e decisamente superato in certi suoi punti, come dimostrano anche studi più recenti; mi riferisco, ad esempio, alla ricerca di Luca Berta Oltre la Mise en Abyme: Teoria della Metatestualità in Letteratura e Filosofia (2006).

L’uso da parte di un autore postmoderno della mise en abyme costituisce un nodo cruciale nel rendere possibile quel particolare gioco ad incastro fra i personaggi, dando vita a quelli che Davydov (2004) chiama ‘тексты-матрешки’ [‘testi a matreška]. La mise en abyme e il framing letterario sono stati posti da Brian Stonehill al centro della sua teorizzazione del self-conscious novel, che nel suo omonimo libro (1988) viene presentato come uno dei principali generi del postmoderno. In Metafiction: the Theory and Practice of Selfconscious Fiction (1990) Patricia Waugh aveva esteso la portata e la significatività di questo genere, arrivando a sovrapporlo con il postmoderno stesso nella sua interezza. Altri studi, come Partial Magic (1975) di Robert Alter, Narcissistic Narrative. The Metafictional Paradox (1984) di Linda Hutcheon e Metafiction (1995) a cura di Mark Currie si pongono come obiettivo la disambiguazione del problema, studiando la relazione tra alcuni procedimenti narrativi e il self-conscious novel postmoderno. L’analisi ravvicinata di queste costruzioni letterarie, soprattutto in relazione al concetto di metalessi17, rende dunque necessario

17 Riporto qui la definizione del termine alla quale mi atterrò: “ ‘Any intrusion by the extradiegetic narrator or narratee into the diegetic universe (or by the diegetic characters into a metadiegetic universe, etc) or the inverse’ (Genette, Narrative Discourse, 234-35). Thus, if characters try to escape from or kill the author that created them (Raymond Queneau, The Flight of Icarus, Flann O’Brien, At

recuperare i testi critici e normativi a riguardo, per arrivare a chiarire non soltanto aspetti strettamente connessi alla teoria del personaggio, ma anche alla pratica del postmoderno in generale. In particolare, per lo studio del personaggio nel contesto della presente ricerca è vitale una corretta comprensione della mise en abyme, in quanto spesso le galassie dei personaggi vengono costruite attorno a questo principio. Simili architetture, profondamente radicate nei testi che si andranno ad analizzare, avranno anche una certa ricaduta nella defizione del postmoderno. La mise en abyme sembra infatti essere un procedimento tipico del postmoderno, ma anche in certe opere precedenti svolgerà un ruolo cruciale.

Il problema delle strategie narrative legate ai generi letterari e al postmoderno in realtà è ancor più complesso; il volume di Bertens-Fokkema (1997) propone una sezione dedicata alla funzione del posmoderno come fenomeno rinnovatore e innovatore di alcuni generi, come il western, il detective, l’autobiografia e la science fiction. Nessuna menzione però è fatta sul fantastico18, un importante nesso che è stato invece colto da Remo Ceserani (2010: 19) nel suo commento al racconto “Anywhere out of the World” (1985) di Antonio Tabucchi:

[i]l racconto è anche un esempio di rivisitazione postmoderna del fantastico perché utilizza la modalità comunicativa della conversazione a distanza tramite un giornale e tramite il telefono per istituire un rapporto fra il mondo naturale e quello che si presenta come sovrannaturale. Il telefono agisce da vero oggetto mediatore, che introduce il possibile rapporto fra il protagonista e un fantasma: forse il fantasma di lei che, nel momento culminante del racconto, si manifesta al telefono come presenza silenziosa, poco più di un sospiro.

In molte opere catalogabili sotto l’etichetta instabile di ‘postmoderno’ è difficile non notare il largo impiego di alcune soluzioni proprie del fantastico: oltre al dispositivo elencato da Ceserani, l’oggetto mediatore, si possono anche citare: l’utilizzo di oggetti che alterano o migliorano la vista (basti pensare ai riferimenti presenti in Borges e in Nabokov); oggetti volti alla duplicazione del sé, come gli specchi; l’improvvisa (e credibile) invisibilità del personaggio; la miopia che affligge i personaggi come visione distorta; interventi ‘magici’, inspiegabili, dall’alto (se non ricorrendo al concetto di

intrametalepsis and extrametalepsis and proleptic and analeptic metalepsis. Fludernik identifies four types of metalepsis, which she terms authorial, narratorial, lectorial, and rhetorical. See also Borges’ story, ‘The Circular Ruins’. See Genette 1980, Pier and Schaeffer 2005, Nelles 1997, Fludernik 2003”. Definizione pubblicata su Unnatural Narratology Dictionary online

http://nordisk.au.dk/forskning/forskningscentre/nrl/undictionary/. Pagina consultata il 12/03/2012. 18 Intendo qui il fantastico come genere e non come modo letterario. Per una più ampia discussione, vedi. Ceserani (1996).

autore implicito) che rendono possibili certe azioni; e l’elenco potrebbe continuare. Sembra quindi imprescindibile studiare le narrazioni postmoderne considerando anche l’apporto della letteratura fantastica e dei suoi procedimenti, specialmente nell’ambito della produzione slava, terreno in cui questo legame sembra particolarmente consolidato.