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Le elaborazioni di Bauman e Maffesoli sui differenti ruoli che ogni attore sociale recita secondo le organizzazioni o le tribù che frequenta e di cui fa parte non sono del tutto nuove: già E. Goffman, nel 1959 teorizzava lo svolgersi della vita quotidiana come rappresentazione, che impegna come in un palcoscenico gli attori sociali, i quali nella ‘front region’ recitano indossando una maschera e, al contrario, nella ‘back region’sono se stessi.98

Ma il significato del dualismo di queste due sfere dell’essere muta a partire dalla postmodernità: in quest’epoca l’identità sociale che prima era rappresentazione pubblica di un substrato soggettivo profondamente radicato, fenomeno nel senso più stretto del termine, diviene, esso stesso, noumeno dell’esistenza individuale.

È come se le apparenze degli attori sociali avessero preso il posto degli attori stessi, provando a reificarsi. Ma nelle immagini gli individui appaiono, non sono, poiché la loro immagine non è così profonda da funzionare da identità e rivela la sua fragilità lasciando il posto alle

identificazioni.

Ad essere rappresentato nel palcoscenico non è più il soggetto o l’identità ma è l’apparenza o l’identificazione che, costruita ad hoc da decisioni personali, rappresenta se stessa.

Nello svolgersi della vita quotidiana, chi osserva e permette all’attore sociale di poter essere credibile nelle sue differenti identificazioni è l’Altro. Ciascuno esiste in relazione, nello e solo grazie allo sguardo dell’altro. «Il concetto di autonomia legato alla formula ‘io sono la mia legge’ non funziona più e cede il posto all’eteronomia, secondo cui ‘la mia legge è l’‘altro’».99

L’altro mi costituisce e fa da specchio, attraverso lui l’individuo può riconoscere le sue caratteristiche ed acquisirne consapevolezza.

Il legame sociale postmoderno è spesso costruito non con l’Altro ma con l’immagine che l’Altro intende mostrare di sé e si fonda sulla sua credibilità. A sua volta l’Altro è il referente del resto del corpo sociale e concorre a fondare una società che è fatta di contatti momentanei collegati all’immagine di se stessi che in quel momento si vuole trasmettere.

97 Cfr. Elias N., Die Gesellschaft der individuen, Suhrkamp Verlag, 1987, trad. it. La società degli individui, il Mulino, Bologna, 1990.

98 Cfr. Goffman E., The presentation of self in everyday life, Anchor Books, 1959, trad. it. La vita quotidiana come

rappresentazione, Il Mulino, Bologna, 1969.

L’utilizzo dei new media e la trasformazione della realtà in immagini costituiscono per Jameson i tratti base della postmodernità.100 Per l’Autore il tardo capitalismo, la cui ideologia dominante è rappresentata dalla postmodernità, porta all’affermazione di una società consumistica e di una cultura dello spettacolo che dissolve il senso della realtà e riduce tutto a simulacro ed immagine. Questa cultura, per l’autore, si afferma grazie ai mass media portatori di un’estrema pervasività del mercato.101 In quest’ultima riflessione egli segue il pensiero di Baudrillard, che raffigura la società del consumo come saturata di segni, messaggi ed immagini.102

Tutta la vita quotidiana contemporanea è pervasa dalle immagini: quelle che gli individui intendono mostrare di sé, le immagini televisive, quelle pubblicitarie, quelle cinematografiche e quelle virtuali, veicolate dai media allo scopo di informare o intrattenere e, infine, le immagini della realtà simbolica, diffuse ‘sotto le forme rappresentative dello spettacolo’. In altri termini, si assiste a ciò che Maffesoli chiama esplosione dell’immagine.103

Questa continua diffusione di immagini reali e iperreali produce un fenomeno che, secondo Maffesoli, inverte un percorso antico: se lo sviluppo tecnologico ha avuto come effetto il weberiano ‘disincanto del mondo’, nella postmodernità quello stesso processo conduce ad un ‘reincanto del mondo’, poiché si schiude per l’attore sociale un ‘mondo immaginale’, ovvero un «modo di essere e di pensare pervaso dall’immagine, dall’immaginario, dal simbolico e dall’immateriale».104

Nella postmodernità «la caduta e la disaffezione nei confronti dei diversi attivismi (politico, produttivo, etc…) che hanno caratterizzato la modernità lasciano luogo alla prevalenza di forme di aggregazione sociale e di identità ‘deboli’ quali la moda, l’edonismo, l’immagine e l’estetica».105 Sono l’estetica e dunque il suo processo, l’estetizzazione, sono gli elementi centrali nella cultura contemporanea perché rappresentano il principio su cui si fonda la realtà sociale precaria ed instabile e sono il fattore che permette di individuare le precise strategie di stili di vita che gli individui intendono perseguire.

A partire da questa riflessione si può comprendere il postulato di H. R. Jauss, la ‘estetica della ricezione’,106 che interpreta la moda, l’edonismo, il culto del corpo e la predominanza

100 Cfr. Jameson F., trad. it. Il postmoderno, o la logica culturale del tardo capitalismo, op. cit. 101 Ibidem.

102 Baudrillard J., La societé de consommation, Gallimard, Paris, 1970, trad. it. La società dei consumi: i suoi miti e le

sue strutture, Il Mulino, Bologna, 1976.

103 Maffesoli M., trad. it. Note sulla postmodernità, op.cit., p. 75. 104 Ibidem, p. 58.

105 Maniscalco M. L., Il discorso sociologico sul postmoderno. Introduzione ad un dibattito in Maniscalco M. L. – Mongardini C. (a cura di), Moderno e postmoderno. Crisi di identità di una cultura e ruolo della sociologia, op.cit., p. 16.

106 Cfr. Jauss H. R., Rezeptionsästhetik und literarische kommunikation, 1979, trad. it. Estetica della ricezione e

dell’immagine nelle nuove forme di aggregazione sociale. È in questo senso che «la comunicazione diviene comunione».107

La rappresentazione mediale si svolge non solo tra gli attori sociali, ma anche nei luoghi in cui vengono celebrati la tecnologia, la cultura, l’erotico, il ludico, il consumo, lo sport, la musica, la religione, l’accademia, la politica e la commemorazione che hanno per scopo ‘fermare’ il tempo per tramandare la memoria collettiva. Gli spazi che contengono queste celebrazioni, come musei, Chiese, teatri, etc…, sono zone di incontri ideologici, religiosi e amicali, definiti da Maffesoli hauts

lieux, ‘alti-luoghi’.108

Essi fanno da sfondo e da presupposto ad una catarsi di gruppo e al rito dell’incontro con l’Altro, noto o sconosciuto, che si svolge mediante la condivisione di ideologie e valori, oppure nella mera mostra di sé e del proprio corpo, alla ricerca di attenzioni, di sguardi e di approcci.

Gli eventi collettivi sono considerati da Maffesoli ‘culti’ dionisiaci, in cui gli affetti, i sentimenti, gli eccessi, dirigono gli attori sociali che ne rimangono agiti poiché in loro il «cervello lascia il posto al ventre e ai suoi molteplici appetiti»,109 costituiti dalla ricerca personale della realizzazione del sé e dal raggiungimento della gioia nell’intensità dell’istante presente.

Per questo, il corpo inteso come mezzo di produzione si trasmuta, attraverso le multiple occasioni festive, in un corpo ludico ed innamorato, come un’ondata inarrestabile in cui non si può scorgere individualismo.

Maffesoli, infatti, non concorda con la teoria che vede la società postmoderna pregna di soggettivismo, ma scrive che la vita attuale è segnata dal ‘contrario dell’individualismo’. La sua elaborazione, come egli stesso afferma, nasce dall’osservazione delle aggregazioni che continuamente si ritrovano nella vita sociale, quali gli ‘assembramenti musicali’, le ‘comunioni religiose’, le ‘estasi sportive’, le celebrazioni quotidiane, le giornate di festa legate al consumo celebrate nei nuovi templi contemporanei, ovvero gli ipermercati e i centri commerciali. In questi incontri collettivi, secondo l’Autore, l’individuo perde la propria individualità e si permea ed è permeato nella folla presente.

Tuttavia, proprio il carattere effimero delle aggregazioni personali ben descritte da Maffesoli rende la sua teoria non del tutto condivisibile. La società postmoderna è intrisa, alimentata e inebriata da un profondo individualismo, in cui i labili fili che collegano le persone le une alle altre vengono sciolti serialmente.

107 Maffesoli M., trad. it. Note sulla postmodernità, op.cit., p. 78.

108 Hauts-lieux è un’espressione appartenente alla tradizione religiosa francese, originariamente utilizzata per indicare i luoghi sacri.

Osservando tutti gli avvenimenti portati come esempio dall’Autore è indubbio che essi si svolgono contemporaneamente a tanti simili e che, di conseguenza, la partecipazione all’uno piuttosto che all’altro sia riferibile ad una decisione individuale; un concerto è sì una manifestazione di aggregazione collettiva, ma è una manifestazione scelta dall’individuo in base ai propri gusti e inclinazioni ed è vissuta perché è un’esperienza che concorre a formare la propria biografia. L’evento musicale cui si decide di assistere è quello in cui si produce un certo genere preferito ad altri e la partecipazione è subordinata alla scelta di un preciso artista tra i tanti. Si tratta, dunque, di una scelta individuale, come individuale è il piacere che si prova nel godere delle sue opere o nella condivisione con i presenti. L’individualismo può essere ‘anestetizzato’ dalla collettività, dissolto in esso ma solo per un frammento di esperienza. Nella massa festante l’attore sociale si può sgravare dell’ansia, delle preoccupazioni e delle responsabilità che lo impegnano nella vita quotidiana, alleggerendo il peso della propria esistenza, ma ciò non toglie il carattere altamente individuale dell’esperienza.

Il concetto è applicabile a tutte le altre manifestazioni collettive: nell’evento sportivo la partita si disputa davanti ad una grande platea in cui sembra mancare ogni soggettivismo, ma in realtà ogni tifoso ha comunque deciso di assistervi per supportare la squadra che ha scelto di tifare o lo sport che, tra i tanti, ha scelto di seguire; allo stesso modo, la mostra che si visita al museo è decisa tra le tante esposizioni da poter visitare, il rito religioso cui si partecipa è subordinato alle proprie credenze, etc…

Il ‘perdersi nell’altro’ concettualizzato da Maffesoli è un tema presente negli studi sul rapporto tra l’uomo e la folla, ma si inserisce in un percorso tutto individuale.

Certamente, i partecipanti a questi eventi sono oggi numerosissimi, quasi che la soggettività postmoderna tenda a perdersi tra la folla, facilitata in ciò dalle nuove tecnologie, che permettono di reperire biglietti d’accesso anche a distanze enormi e che consentono di annoverare tra gli spettatori non solo gli astanti ma anche coloro che assistono alla manifestazione da altri luoghi, grazie alle immagini veicolate dai mass media. Secondo Maffesoli, trascorsa la modernità, il cui scopo era dominare il mondo, lasciare su di esso un’impronta umana, nella postmodernità l’individuo si limita a festeggiarlo, in una continua jouissance del presente, legata all’etica dell’istante e all’improduttività.110

Dopo il declino del mito produttivista e delle ideologie progressiste, l’epoca attuale si caratterizzerebbe quindi col passaggio dall’epoca della razionalizzazione e dell’idea meccanica di progresso, all’era dell’immagine, degli affetti e delle emozioni. Altri Autori sottolineano però che le cerimonie televisive, gli eventi e gli spettacoli non possono avere il solo scopo ludico e di ‘perdita

110 Cfr. Maffesoli M., La contemplation du monde. Figures du style communautaire, Le Livre de poche, Paris, 1996, trad. it. La contemplazione del mondo. Figure dello stile comunitario, Costa & Nolan, Genova, 1996.

di sé nell’altro’, propri delle manifestazioni collettive. Esse generano negli individui un senso di occasione festiva in un clima di eccitazione ed effervescenza, ma a livello macrosociale contribuiscono a «creare e ad innalzare il senso del sacro per generare e riaffermare il consenso morale che sostiene i conflitti e la competizione sociale».111

La realtà policroma e multiforme affascina quindi l’attore sociale postmoderno, permettendogli di orientarsi secondo le proprie predisposizioni, gusti e passioni e rendendolo, in contrasto con il passato, un attore più del consumo che della produzione.112

1.7. Giochi di segni. La trasmissione della propria immagine e l’influenza dell’industria culturale