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A. Gide definisce lo slogan «Una formula concisa, facile da ricordare per la sua brevità e capace di colpire l’immaginazione».489

L’atto verbale o speech act si può distinguere in atto illocutorio, ciò che si fa dicendo e in atto perlocutorio, l’effetto che esso provoca nel destinatario; lo slogan è un enunciato di per sé perlocutorio, poiché comporta una sollecitazione ed il suo scopo è far agire. «Il senso di uno slogan non è in ciò che vuol dire, ma in ciò che vuol fare».490

Ricorrendo alla classica distinzione delle funzioni del linguaggio formulata da R. Jakobson,491 si può dunque affermare che lo slogan abbia la caratteristica di assolvere sempre una funzione conativa, pur presentandosi spesso nella forma delle altre funzioni del linguaggio. Il linguaggio pubblicitario si basa dunque sulla funzione conativa dei segni, «che sono organizzati in base alle prevedibili o desiderabili reazioni del destinatario».492

Per attirare l’attenzione del pubblico la pubblicità adotta numerose forme retoriche e sfrutta materiali che provengono da campi semantici d’ogni tipo.

Proprio per tale ragione la lingua della réclame è stata giudicata negativamente da numerosi autori: M. L. Altieri Biagi la definisce un linguaggio ‘venduto’,493 affermando che esso è venduto

innanzitutto dal pubblicitario al produttore e poi perché ha per scopo l’associazione o sostituzione di una suggestione (di bellezza, di virilità, di prestigio o altro) al prodotto per venderlo; per U. Castagnotto esso provoca l’effetto di «indebolire le connotazioni del vocabolo» e produce una sua «scoloritura semantica»;494 G. R. Cardona parla di una ‘lingua artificiale’;495 secondo B. Migliorini si tratta di «una specie di lingua al margine della lingua».496 Per altri Autori invece, tra i quali M. Medici e M. Baldini, può essere definita un fantalinguaggio.497

Per indurre all’azione, lo slogan svolge tre compiti secondari: raccogliere, nel senso di creare un legame tra i destinatari; attirare, poiché lo slogan attira il destinatario, richiama la sua attenzione; infine riassumere, che consiste nel riassumere un contenuto maggiore di quello che invece sembra esprimere, dal momento che spesso non si tratta neppure di una frase, ma di un mero sintagma.

489 Gide A., Journal 1888-1939, Paris, 1948, p. 1269.

490 Reboul O., Le slogan, Complexe, Bruxelles, 1975, trad. it. Lo slogan, Armando, Roma, 1977, p. 20.

491 Cfr. Jakobson R., in Essais de linguistique générale, Paris, Éditions de Minuit, 1963, trad. it. Saggi di linguistica

generale, Feltrinelli, Milano, 1966.

492 Ibidem, p. 195.

493 Altieri Biagi M. L., La lingua non letteraria, in Devoto G. – Altieri Biagi M. L. La lingua italiana. Storia e problemi

attuali, ERI, Torino, 1979, p. 311.

494 Castagnotto U., Semantica della pubblicità, Silva, Firenze, 1970, pp. 13-14. 495 Cardona G. R., La lingua della pubblicità, op. cit., p. 34.

496 Migliorini B., Lingua contemporanea, Sansoni, Firenze, 1963, IV ed., p. 11, Baldini M., Il linguaggio della

pubblicità. Le fantaparole, Armando, Milano, 1996, p. 1.

In questo senso lo slogan è un’affermazione che, in quanto tale, non può essere definita né vera né falsa, ma «è al di là del vero, e dal falso non c’è che un passo».498 Ciò accade perché spesso appare nella forma di un sintagma, che si rivela così un «messaggio senza messaggio»,499 una formula che all’apparenza non possiede contenuto poiché, come osservato, omette tutti gli enunciati che sono le premesse di un discorso, giungendo così ad un fulcro, una sorta di significato

concentrato, che non ammette repliche. Un modo per risolvere la questione di verità o falsità di uno

slogan è stato pronunciato da G. Durandin, il quale sostiene che per spiegare lo slogan si può ricorrere al concetto di ‘verosimiglianza’: «ciò che il pubblico crede è ciò che stima verosimile, ciò che si rifiuta di credere è ciò che stima inverosimile».500 Il criterio della verosimiglianza così formulato sposta il problema sui destinatari dello slogan: la verosimiglianza è valutata in base alla popolazione verso il quale lo slogan è indirizzato e questo dipende dalla ricettività della popolazione, che cambia secondo il proprio vissuto e le norme di giudizio diffuse in essa.501

Affinché persegua il suo principale scopo di indurre all’azione, lo slogan deve possedere alcune caratteristiche, prima tra tutto la brevità. «Nella sua concisione sta il suo potere», afferma O. Reboul,502 ed è proprio la sua sinteticità che permette il conseguimento di molti scopi. Primo tra

questi è l’assenza di dialogo, di dubbio, di libero esame: lo slogan colpisce e dunque talvolta inganna, dal momento che nei confronti della sua laconicità non sono possibili ragionamenti. Il successo dello slogan, infatti, risiede nel fatto che nella sua brevità esso tace ciò che realmente vuole dire: «il destinatario stesso si fa carico del non detto, è lui che si dice quanto lo slogan suggerisce soltanto».503 In altre parole, lo slogan è un’esca.504 La brevità dello slogan, permettendo di facilitarne l’assimilazione ed il ricordo, formula il secondo carattere precipuo dello slogan, la

ripetibilità. Questo concetto è diverso dalla sterile ripetizione di una frase, in quanto la ripetibilità

nasce se lo slogan è gradito al destinatario. Ciò può accadere per diverse ragioni: innanzitutto perché lo slogan possiede un suono piacevole all’udito, mostrando così, afferma C. Bascetta, il suo

498 A tale conclusione è giunto Baudrillard, il quale afferma che la lingua della pubblicità, come quella della propaganda, si situa al di là del vero e del falso. Cfr. Baudrillard J., trad it. Il sistema degli oggetti, op. cit.

499 Reboul O., trad. it. Lo slogan, op. cit., p. 31.

500 Durandin G., Propagande et réclame, in «Le maniement humain», Presses Universitaires de France, Paris, 1956, p. 1168.

501 È possibile ‘rispondere’ ad uno slogan solo se questo non è realmente ‘buono’, perché uno slogan veramente efficace non deve ammettere risposta. Un contro-slogan è infatti una formula che induce a pensare, che riprende alcuni elementi dello slogan originario ritorcendoglieli contro e giungendo ad un significato opposto. Le tattiche per la realizzazione di un contro-slogan sono numerose, la più comune è l’umorismo, che consiste nel ridicolizzare quanto detto nello slogan di attacco. Un esempio celebre riguarda la pubblicità del quotidiano francese L’Oeuvre che nel periodo fra le due Guerre Mondiali era diffuso con lo slogan «Gli imbecilli non leggono L’Oeuvre» al quale i concorrenti replicarono: «La scrivono». Citato in Reboul O., trad. it. Lo slogan, op. cit., p. 139.

502 Ibidem, p. 53. 503 Ibidem, p. 93.

504 Altieri Biagi M. L., La lingua non letteraria, in Devoto G. – Altieri Biagi M. L. La lingua italiana. Storia e problemi

scintillio della forma;505 in secondo luogo perché esso regala un gusto nella ripetizione, una sorta di

lallalismo adulto, giacché colpisce l’immaginazione del destinatario che lo associa ad esperienze

provenienti anche dall’infanzia che suscitano in lui emozioni.

Terza caratteristica che lo slogan possiede è la sommarietà. Per aumentare la sua capacità di persuasione è preferibile conferire allo slogan, al fine anche di renderlo una «brillante scheggia ideologica»,506 una particolare forma stilistica. Nel contempo il suo successo nasce proprio dalla mancanza di un’impronta personale, poiché lo slogan deve essere sommario, deve tendere all’anonimato, deve fondarsi sull’anonimo ‘si dice’, su un mittente nascosto che gli doni una garanzia di obiettività, poiché se manca il nome del mittente e l’obiettivo per il quale è stato formulato, lo slogan risulta più efficace. La suggestione, infatti, nasce inconsciamente dalla

opinione della maggioranza507 ed entra nella mente di chi lo ascolta come l’opinione della

posizione dominante, che in quanto tale è giusta e va seguita.

Collegato alla sommarietà vi è il carattere essenziale dell’autodissimulazione. Lo slogan riuscirà a conseguire il suo fine quanto più riuscirà a nascondere la sua natura, cioè il suo implicito scopo di persuadere e si presenterà come una frase né vera né falsa, ma una frase che piacerà al destinatario perché lo dispenserà dal pensare, perché le sue parole penseranno in sua vece.

Ultima caratteristica dello slogan è la polemicità. Lo slogan si caratterizza per il suo carattere contrario all’ordine esistente, dal fatto che esso animi spesso una discussione priva di obiettività, che alimenti un contrasto. Per questo esso è sempre tendenzioso nelle sue parole ed inoltre dice di più di quello che sembra esprimere realmente.