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Gli effetti dell’impatto esercitato dall’uomo sui sistemi naturali è ormai noto, provato da un’ingente documentazione scientifica e continuamente divulgato dai mezzi di comunicazione di massa che regolarmente aggiornano sull’aumento della soglia di allarme, per orientare la società verso percorsi sostenibili di sviluppo sociale ed economico.

L’industria del turismo è il primo settore nell’economia mondiale del Terzo Millennio, sia per la sua diffusione, sia a causa della dimensione degli interessi economici coinvolti e, come tale determina notevoli effetti sull’ambiente.447

Le conseguenze del turismo, vale a dire le sue esternalità di consumo,448 positive o negative, si ripercuotono sull’ambiente fisico, culturale e sociale dei territori ospitanti. Le esternalità negative prodotte dal turismo consistono nella crescita della produzione dei rifiuti, nell’aumento dei consumi delle risorse primarie, quali l’acqua e l’energia, nella modificazione degli ecosistemi locali, come la perdita della biodiversità, l’inquinamento ambientale, ma anche in esternalità sociali, quali ad esempio l’aumento del lavoro nero e della prostituzione.

Al contrario le esternalità positive riguardano il turismo che consente il recupero dei beni storici e culturali, che valorizza le risorse locali, genera mezzi economici per il raggiungimento di questi obiettivi, favorisce l’incontro tra le diverse culture riconoscendone le diversità, rompe meccanismi interni che frenano le dinamiche di sviluppo e stimola lo spirito di intraprendenza.

L’ambivalenza delle esternalità del turismo, insite nella sua stessa natura, può essere risolta con la realizzazione del turismo sostenibile. Il termine è stato coniato nel 1988 dall’Organizzazione Mondiale del Turismo che ha applicato al settore turistico il concetto di sviluppo sostenibile, ovvero

447 Si calcola che oltre 700 milioni di persone lasciano ogni anno il proprio Paese per raggiungere le varie parti del pianeta, circa 130 milioni lavorano nelle strutture e nei servizi di settore, per un volume di scambi mondiali che supera tutte le altre voci nelle statistiche degli organismi internazionale. L’OMT stima che nel 2020 più di un miliardo di persone girerà il mondo a fini turistici.

448 Le esternalità di consumo possono essere definite come gli effetti, sia vantaggiosi che svantaggiosi, provocati sull’attività di produzione o di consumo di un individuo dall’attività di produzione o di consumo di un altro individuo. A questo proposito, cfr. gli studi di Zamagni S. - D’Adda C., Economia Politica. Teoria dei prezzi, dei mercati e della

distribuzione, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1984 e Brosio G., Economia e finanza pubblica, La Nuova Italia

lo sviluppo che «permette di rispondere ai bisogni delle generazioni attuali senza compromettere i bisogni delle generazioni future».449

Il turismo sostenibile tiene conto dei bisogni dei turisti e delle aree ospitanti preservandone l’integrità culturale, gli equilibri fondamentali della natura e la biodiversità, e tende al miglioramento della qualità della vita della popolazione locale, proteggendone e migliorandone le opportunità per il futuro.450

L’attuazione del turismo sostenibile come principio guida delle attività turistiche permette di ridurre al minimo le esternalità negative e di massimizzare quelle positive, difendendo e valorizzando, in tal modo, le dimensioni culturali, sociali e naturalistiche locali.

Sebbene la definizione di ‘sviluppo sostenibile’ enunciata contenga ottimi intenti, tuttavia a tratti essa appare falsamente limpida. Infatti, il concetto che si mostra estremamente chiaro, ovvero che ogni azione umana sia compiuta all’interno degli equilibri dinamici di un sistema, cela in realtà numerosi fraintendimenti e punti oscuri.

Per primo, occorre osservare che è difficilissimo, se non impossibile, avere la certezza che una qualsivoglia azione possa essere adeguatamente sostenuta dal sistema naturale su cui è compiuta, sia a causa della mancanza oggettiva delle conoscenze, sia per l’indubbia presenza di conseguenze inintenzionali, estremamente difficili, se non impossibili, da prevedere.

Infatti, la complessità del funzionamento dei sistemi naturali fa sì che sia impossibile conoscere a priori le conseguenze di un’azione umana, inserendo i suoi esiti in una relazione consequenziale lineare causa-effetto; inoltre, questa certezza ‘a priori’, oltre ad essere impossibile a realizzarsi, non sarebbe neanche sufficiente, poiché il controllo dovrebbe essere fatto di volta in volta in corso d’opera.451

Bisogna poi osservare che il principio della sostenibilità, se non applicato di volta in volta alle caratteristiche del caso specifico, rischia di rimanere un fondamento astratto cui nel concreto è molto difficile attenersi.

L’ambiguità della definizione di sviluppo sostenibile è stata oggetto di critiche negli stessi anni della sua formulazione, tanto che nel 1991 ne venne elaborata un’altra, nel Rapporto intitolato

449 Tale concetto è stato elaborato nel 1987 dalla World Commission on Environment and Development, (conosciuta anche come Commissione Brundtland), nel rapporto Our Commission Future.

450 L’evoluzione e gli studi relativi a questo concetto hanno portato dalla seconda metà degli anni Novanta alla nascita di una nuova disciplina, la ‘scienza della sostenibilità’ (sustainability science), intendendo con essa l’integrazione e l’applicazione delle scienze del sistema Terra, ottenute soprattutto dalle scienze di impostazione olistica (come l’ecologia, la geologia, la climatologia, l’oceanografia). Queste sono armonizzate con la conoscenza delle interrelazioni umane ricavate dalle scienze umanistiche e sociali, e mirano a valutare, mitigare e minimizzare, sia a livello regionale che mondiale, le conseguenze degli impatti umani sul sistema planetario e sulle società. Cfr. Reitan P.H., in

Sustainability science – and what’s needed beyond science, in «Sustainability: Science, practice, & policy» , 2005, 1(1).

451 Cfr. Bologna G., Manuale della sostenibilità. Idee, concetti, nuove discipline capaci di futuro, Edizioni Ambiente, Milano, 2008.

Caring of the Earth (Prendersi cura della terra, strategia per un vivere sostenibile) redatto dal Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), dalla World Conservation Union (IUCN) e dal Fondo Mondiale per la natura del WWF che recita: «Migliorare la qualità della vita mantenendosi

nei limiti della capacità di carico degli ecosistemi terrestri».

La distinzione tra le due definizioni risiede nella differenza concettuale tra ‘sviluppo sostenibile’ e ‘sostenibilità dello sviluppo’.

La prima espressione si pone in un’ottica antropocentrica e può essere inserita nella logica della shallow ecology.452 Con essa si assegna all’ambiente un ruolo passivo, di mero utilizzo da

parte dell’uomo, ponendo il sistema economico-finanziario in una posizione di priorità rispetto al sistema ‘ecologico-politico’, tanto che, secondo alcuni, in questo caso il termine giusto sarebbe

crescita sostenibile.

La seconda definizione, invece, sottende un’ottica biocentrica, poiché pone il sistema ecologico-politico’ in situazione di priorità e incita alla riduzione dei costumi e ad uno stile di vita caratterizzato dalla sobrietà, ovvero la deep ecology.453 In altri termini, nella prima definizione si parla di sostenibilità debole, nella seconda di sostenibilità forte.

Un’altra critica al concetto proviene da Sen che ha interpretato il concetto di sviluppo sostenibile nell’accezione data nel 1988 secondo l’ottica degli abitanti più poveri del pianeta. Egli si è chiesto quale significato potesse avere per queste popolazioni il concetto di sviluppo sostenibile che, così definito, significherebbe per esse la garanzia di un futuro con una qualità della vita uguale a quella presente.454

Alla luce di queste analisi si comprende appieno che il reale presupposto per la sostenibilità risiede in una cooperazione a livello globale, che garantisca una vita umana dignitosa per tutti gli uomini del pianeta. Parallelamente al concetto di sostenibilità occorre dunque badare al

soddisfacimento dei bisogni individuali di salute e di benessere, di nutrimento e di riparo adeguati, di espressione e di identità culturale.

La relazione tra turismo e ambiente ha carattere circolare, poiché è inscindibile il rapporto tra il turismo e l’ambiente fisico e sociale.

452 Cfr. Naess A., The Shallow and the Deep, Long-Range Ecology Movement: A Summary, in «Inquiry» n. 16, 1973. trad. it., Il movimento ecologico: ecologia superficiale ed ecologia profonda, in M. Tallacchini, Etiche della terra, Vita e Pensiero, Milano, 1998.

453 B. Devall e G. Sessions, fondatori del pensiero che Naess definì nel 1973 ‘ecologia profonda’, sottolineano che acquisire la consapevolezza ecologica nella società odierna è ‘una lama a doppio taglio’, vale a dire che non si può attuare concentrandosi solo su se stessi perché si diventerebbe solitari ‘santi’ dell’ecologia nella massa di peccatori inquinanti. Cfr. Devall B. e Session G., Deep ecology. Living as nature mattered, Peregrine Smith Books, Salt Lake City, 1985, trad. it. Ecologia profonda. Vivere come se la natura fosse importante, Ed. Gruppo Abele, 1989.

L’impatto che la continua crescita quantitativa e qualitativa delle attività umane esercita su tutte le complesse sfere del sistema Terra riflette il periodo storico definito Antropocene.455 Con quest’espressione s’intende il ruolo centrale che l’uomo ricopre nel condizionamento degli equilibri complessivi del pianeta generato, agli inizi dell’Ottocento, dalle tecnologie della Rivoluzione Industriale che resero più agevole lo sfruttamento delle risorse ambientali.

Questo fenomeno stigmatizza che la diffusione della ‘impronta umana’ sulla terra si spinge su gran parte della superficie terrestre456 al punto che, secondo molti scienziati, non esiste alcuna zona della terra che non abbia ricevuto, non solo dal lato propriamente fisico ma anche indirettamente, l’influenza dell’uomo, tanto che è impensabile parlare oggi di luoghi incontaminati. A questo proposito, D. Canestrini osserva come paradossalmente spesso accada che l’esperienza turistica sia raccontata con la cosiddetta ‘sindrome di Armstrong’. Essa si manifesta quando il turista assurge alla veste del ‘primo uomo sulla luna’ ripetendo, in occasione del racconto della vacanza, «sono stato il primo a…», «pensa che non avevano mai visto un…».457

Le società umane sono strettamente interrelate con il loro ambiente biofisico dal quale estraggono risorse naturali e nel quale depositano i loro rifiuti. Tale flusso di energia e di materie prime istituito dall’uomo, che influenza l’ambiente, costituisce il metabolismo sociale.458 Agire sul

funzionamento di questo metabolismo non significa arrestare l’evoluzione del turismo o tentare di bloccarne i processi. La crescita, infatti, vuol dire ‘produrre di più’, invece lo sviluppo significa ‘produrre in altro modo’. Non si tratta quindi di arrestare il turismo, cosa impossibile e neppure auspicabile, ma di arrestare la crescita del sistema turistico, favorendone quella che S. Latouche definisce ‘decrescita’.459

Infatti, a differenza delle attività economiche, nelle quali l’esigenza di uno sviluppo sostenibile è indotta o imposta dall’esterno come limite all’uso delle risorse naturali, «nel turismo la sostenibilità è una ‘esigenza interna’».460

455 Cfr. Crutzen P.J., Geology of Mankind – Nature, 2002; trad. it. Benvenuti nell’Antropocene! Mondadori, Milano, 2005.

456 Nell’anno 2002 E.W. Sanderson e i suoi collaboratori, applicando un ‘indice di influenza umana’ (human influence

index), hanno disegnato un atlante dei cambiamenti della terra di cui l’uomo è stato autore, creando una ‘mappa’ delle

zone da lui influenzate e stabilendo che ammontano allo 83% della superficie terrestre. Cfr Sanderson E.W. et al., The

human footprint and the last of the wild, in ‘Bioscience’ 52, n.10.

457 Cfr. Canestrini D., L’insostenibile retorica del Paradiso, in Zerbi M. C., (a cura di), Turismo sostenibile in ambienti

fragili, Cisalpino, Milano, 1998.

pp. 331-332.

458 Cfr. Bologna G., Manuale della sostenibilità. Idee, concetti, nuove discipline capaci di futuro, op. cit..

459 Questa strategia può essere sintetizzata nel programma delle ‘otto r’: rivalutare, riconcettualizzare/reinquadrare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare.Cfr. Latouche S., Per una società della decrescita, in Bonaiuti M., (a cura di), Obiettivo decrescita, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2005.

460 Rami Ceci L. (a cura di), Turismo e sostenibilità. Risorse locali e promozione turistica come valore, Armando, Roma, 2005, p.185.

Proprio dalla relazione circolare tra turismo e ambiente ha origine il ‘paradosso’ del turismo: da una parte il turismo è possibile grazie alle risorse territoriali e culturali locali, dunque l’ambiente è il presupposto essenziale del turismo, dall’altra le attività turistiche hanno un tale impatto sul territorio da arrivare anche a deteriorare e distruggere le risorse stesse, causando la diminuzione dell’attrattività del luogo, generando di conseguenza la rarefazione e la scomparsa dei flussi turistici stessi.

Pertanto il turismo conterrebbe in sé gli elementi della propria distruzione. Tale analisi, però, appare troppo legata ad una logica di tipo funzionalistico461 per la quale, se l’attore (in questo caso il turista) di un sistema (in questo caso il sistema turistico comprendente l’ambiente locale, ma anche i tour operator) si integra nel sistema, il suo agire risulta eufunzionale, funzionalmente positivo e, al contrario, disfunzionale quando il suo agire è funzionalmente negativo, in quanto risulterebbe l’inefficienza del sistema turistico di far fronte allo ‘imperativo funzionale’ dell’integrazione, proprio a causa del suo attore incarnato dal turista.

In questo caso il parametro per valutare l’azione del turista è costituito solo dal tipo di contributo che essa fornisce alla vita del sistema, poiché presuppone la primazia del sistema sull’attore, il cui agire è inequivocabilmente subordinato alle necessità di sopravvivenza proprie del sistema.

Tra le critiche rivolte al ‘paradosso’ del turista è interessante l’osservazione di R. Knafou, il quale afferma che la teoria per cui il turismo è autodistruttore per sua stessa natura, sia in realtà un luogo comune, un pregiudizio frequente nella letteratura sul turismo. Per l’Autore quest’analisi nasce da due assunti criticabili, ovvero sia l’opinione diffusa che ciò che è accaduto nel periodo passato sia sempre ‘migliore’ rispetto a ciò che accade oggi, sia l’errata considerazione del ruolo turistico del patrimonio dei beni naturalistici.

Il primo assunto consiste nella logica, utilizzata spesso, di un’eccessiva valorizzazione del passato: secondo quest’argomentazione la destinazione era sempre più bella prima dell’arrivo dei turisti che ne avrebbero compromesso l’armonia ed il fascino. Il secondo assunto riguarda una riflessione sulle risorse: ciò che viene criticato è la teoria che esista una risorsa in sé, che basterebbe scoprire, valorizzare e promuovere. Al contrario, l’Autore osserva come l’attrattività di un luogo sia in realtà un’invenzione di una data società in un dato momento. «I litorali, le montagne, non sono sempre stati attraenti, non lo saranno eternamente»,462 poiché ogni risorsa naturale è tale solo

461 Cfr. Parsons T., The structure of social action, New York, McGraw-Hill, 1937; trad. it., La struttura dell’azione

sociale, il Mulino, Bologna, 1962.

462Cfr. Cfr. Knafou R., Approccio critico alla nozione di ‘turismo durevole’. Il caso delle aree marginali ed estreme, in Zerbi M. C. (a cura di), Turismo sostenibile in ambienti fragili, op. cit.

relativamente alla società e all’epoca di appartenenza.463 Se, ad esempio, fino a cento anni fa la campagna era il panorama più comune e la vita agreste considerata faticosa e necessaria per il sostentamento, oggi queste sono diventate risorsa turistica, come si nota dalla crescita del turismo

dei borghi e dell’agriturismo, esaminate in precedenza.

È inoltre interessante osservare la ‘relatività’ che il fenomeno turistico ricopre tra gli stessi fruitori: per coloro che vengono dalla città, stretti negli ‘appartamenti-alveare’ delle megalopoli e desiderosi di un avvicinamento alla natura, è amabile e rilassante vivere per il periodo delle loro vacanze a contatto con la natura e considerare i piccoli sobborghi una risorsa turistica; al contrario, coloro che vivono nei piccoli centri, soprattutto gli appartenenti ad una fascia giovanile, difficilmente sceglieranno quale meta delle proprie vacanze un borgo, che per essi non rappresenta una risorsa turistica.

La forza dell’affermazione del turismo autodistruttore, secondo l’autore, è invece molto dissuasiva, poiché «il principio secondo il quale il turismo ucciderebbe il turismo si basa su una forza terribile, contro la quale è difficile lottare: la forza dell’evidenza che si impone a tutti».464