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In età moderna il genere costituisce una categoria fondativa di analisi di cui servirsi per poter osservare la realtà nella sua interezza, tenendo conto dei due poli, maschile e femminile, di cui si compone.

Nella postmodernità il concetto diventa una costruzione sociale fluida e variabile, che assume la forma della realtà globalizzata, contribuendo a descriverla e che, inoltre, cambia secondo le società, strettamente connesse e interdipendenti. La nozione di genere è, pertanto, applicata oggi in società anche molto diverse e lontane tra loro divenendo così strumento di analisi dei ruoli delle donne in ogni parte del mondo.

L’impiego della nozione di genere, applicato partendo dalla famiglia fino alle istituzioni, è considerato di primaria importanza dalle organizzazioni internazionali impegnate a migliorare la condizione della donna in tutto il mondo ed è divenuto elemento cardine nella formulazione delle strategie internazionali per l’introduzione e la promozione nella società della presa di coscienza dei concetti di uguaglianza e parità di diritti e doveri a prescindere dal sesso.

La cesura presente tra mondo femminile e mondo maschile sia nella sfera privata che in quella pubblica pone la questione dell’individuazione di strategie da elaborare in ambito internazionale in risposta alla richiesta dell’uguaglianza di genere, per la quale i diritti, le responsabilità e le opportunità degli individui non devono dipendere dal fatto di essere nati maschio o femmina.

Pertanto, riconoscendone la rilevanza assoluta e l’importanza strategica, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha dato al concetto un sempre maggiore spazio nei suoi programmi e nelle sue strategie, con lo scopo di creare la parità soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, nella maggior parte dei quali la tradizione culturale, la religione e le istituzioni sono strutturate sulla subordinazione

delle donne agli uomini, dunque, sulla discriminazione di genere. Basti riflettere sul fatto che ad oggi, degli 1,3 miliardi di persone che vivono in assoluta povertà il 70% è composto da donne.625

Già nel 1945 nella Carta fondamentale dell’ONU si sanciva «l’eguaglianza di diritti tra uomini e donne», definendo quest’ultima lo standard col quale misurare lo sviluppo e il progresso di una società. Il decennio 1976-1985 veniva proclamato, con la Risoluzione n. 3520, The United

Nation Decade for Women. Scopo della ‘Dichiarazione sull’eguaglianza delle donne’, che seguiva

la Prima Conferenza Mondiale delle Donne (Città del Messico, 1975) , era modificare lo status del genere femminile e individuare metodi e strategie per attuare le pari opportunità, sia nella partecipazione attiva allo sviluppo dei propri Paesi, sia nel raggiungimento della pace internazionale. In tale occasione per la prima volta si dichiarava che per raggiungere l’uguaglianza tra i sessi era necessario promuovere lo sviluppo delle donne e ciò contribuisce al mantenimento della pace. Per conseguenza della prima conferenza nacque l’UNIFEM (1976), United Nation

Found for Women, ‘Fondo delle Nazioni Unite per la Donna’, inteso a dare un appoggio diretto allo

sviluppo di progetti sul genere femminile e, nello stesso anno, l’INSTRAW, International Research

and Training Institute for Advancement of Women, ‘Istituto Internazionale di Ricerca per

l’Avanzamento della Donna’, organismo autonomo col compito di condurre ricerche, training formativi e informazione per promuovere il ruolo delle donne come attrici chiave di uno sviluppo sostenibile; in quegli anni l’INSTRAW rilevava che uno dei maggiori problemi delle donne nei Paesi in via di Sviluppo era la loro ‘invisibilità’.626

La Convenzione per ‘l’eliminazione della discriminazione contro le donne’ (1979) stabilì che l’uguaglianza tra uomini e donne si verifica solo quando è possibile l’accesso alle risorse ed alle opportunità in maniera uguale per entrambi, attraverso il diritto al voto, all’educazione, al lavoro anche nel caso di maternità. Nel 1982 nasce il CEDAW, Committe on the Elimination All Forms of

Discrimination against Women, ‘Commissione per l’eliminazione della discriminazione contro le

donne’, per valutare i progressi sull’eliminazione delle discriminazioni di genere.

Nel 1980 si tenne a Copenaghen la Seconda Conferenza Mondiale sulle Donne, nella quale fu dato risalto al ruolo delle donne per il mantenimento della pace, che nel 1982 portò alla Dichiarazione sulla partecipazione delle donne alla promozione della pace e della cooperazione internazionale, nella quale per la prima volta le donne furono considerate soggetti attivi nella

625 Dati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 20.3.2009, C 66 E/60.

626 Per analizzare gli squilibri presenti tra il mondo maschile e quello femminile l’ONU ha elaborato nuovi indici di sviluppo. Infatti, già dai primi rapporti dell’UNDP era stato segnalato come l’Indice di Sviluppo Umano, abitualmente utilizzato, tenesse nascoste di fatto molte disuguaglianze all’interno della popolazione. Pertanto, è stato riportato un Indice di Sviluppo di Genere (Isg) (Gdi in inglese) ovvero l’Isu corretto in base alla disuguaglianza di genere e la misura di attribuzione di potere o empowerment (Meg) correlato al genere. Nella ricerca orientata alla promozione dell’uguaglianza di genere il reperimento dei dati statistici orientati al genere giocano un ruolo essenziale poiché sono la base imprescindibile per svelare la natura sessuata della realtà.

promozione e nel mantenimento della pace. Le linee guida stabilite dalla Dichiarazione erano: una maggiore presenza femminile in Organizzazioni governative e non governative; l’uguale opportunità di entrare nella carriera diplomatica; la nomina di donne a membri di delegazione di meeting nazionali, regionali ed esteri; il loro maggiore impiego nelle agenzie delle Nazioni Unite e nelle altre organizzazioni specializzate.

Durante la Terza Conferenza Mondiale sulle Donne (Nairobi, 1985) furono elaborate le ‘Forward Looking Strategies’, volte a promuovere l’eguaglianza tra i sessi, l’autonomia e il potere delle donne, il riconoscimento del lavoro femminile non retribuito, l’avanzamento nel lavoro retribuito.

Le modalità per favorire l’uguaglianza consistono innanzitutto nell’eliminazione delle discriminazioni verso le donne, nella concessione ad esse di eguali diritti anche riguardo al matrimonio e al divorzio e nella creazione in ogni Paese di un organismo governativo per la verifica dei programmi egualitari.

Fulcro delle strategie è la convinzione che l’autonomia e il potere delle donne possono essere promosse sostenendo il diritto di tutte le donne ad amministrare le risorse in modo indipendente, ad ottenere eguale coinvolgimento ad ogni livello di sviluppo, ad essere promosse in posizioni di potere in misura pari agli uomini, a ricevere un’eguale distribuzione delle risorse produttive e a diminuire la loro povertà. Quanto al riconoscimento del lavoro femminile non retribuito, la strategia intende operare sia nel campo del lavoro domestico che in quello fuori casa, grazie all’inclusione del lavoro in casa nelle statistiche nazionali, alla condivisione delle responsabilità domestiche e alla creazione di orari di lavoro flessibili per la cura dei figli. L’avanzamento nel lavoro retribuito riguarda invece l’applicazione di uguali opportunità d’impiego e la percezione di eguali salari a fronte di prestazioni dello stesso valore.

Se in questo primo periodo l’Onu evidenziò il ruolo della donna particolarmente nei settori della pace e della sicurezza, la Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne (Pechino, 1995), rappresentò invece uno spartiacque in tal senso. In essa si individua la Platform for Action, ovvero l’insieme di obiettivi strategici e di iniziative dei governi che ruotano intorno a tre concetti chiave: la differenza di genere, l’empowerment e il gender mainstreaming.

Per raggiungere la parità e l’uguaglianza di diritti e di condizioni bisogna riconoscere e valorizzare la differenza del genere maschile e di quello femminile; con il termine empowerment si intende l’accrescimento della possibilità dei singoli e dei gruppi di controllare attivamente la propria vita, quindi di rafforzare il proprio potere di scelta.627 Lo scopo è la promozione della

627 Il termine inglese si ritrova, sin dagli anni Sessanta, nei movimenti per i diritti civili delle donne e delle minoranze. Esso deriva dal verbo to empower (‘acquistare potere’), col quale si denomina sia il processo operativo per raggiungere il risultato sia il risultato stesso, lo stato di empowered del soggetto. Questo approccio chiama in causa la crescita di

presenza femminile nei centri decisionali e l’aumento della responsabilizzazione delle donne per accrescerne l’autostima, l’autovalorizzazione, le abilità e le competenze. Il concetto più innovativo, dato alla luce dalla Conferenza è rappresentato dal gender mainstreaming, il metodo di porre al centro di ogni azione di governo locale, nazionale, regionale ed internazionale, la dimensione di genere e le politiche di pari opportunità tra donne e uomini. La nozione indica che il punto di vista di genere deve applicarsi non solo ai temi che coinvolgono direttamente le donne, ma a tutte le questioni rilevanti per entrambi i generi, quali ad esempio i conflitti, l’inquinamento del pianeta, la sicurezza alimentare, l’economia. Il gender mainstreaming consiste, dunque, nell’inserimento della prospettiva di genere in ogni azione politica, sia di programmazione che di governo.628

Nel 2000 per il X anniversario una sessione straordinaria delle Nazioni Unite intitolata « Donne 2000: uguaglianza tra i sessi, sviluppo e pace per il XXI secolo » (Pechino + 5), ha assicurato il follow-up delle Conferenze Mondiali delle donne.

La Quinta Conferenza Mondiale (New York, 2005) ha svolto i suoi lavori esprimendo forti preoccupazioni per la situazione della donna, poiché, ancora molte sono gli aspetti critici da affrontare. A dieci anni dalla Conferenza di Pechino i risultati realizzati sono ancora pochi, anzi, in alcune aree del mondo la condizione delle donne è peggiorata. In alcuni Paesi, infatti, il divario tra uomini e donne è aumentato: i livelli alti di debito pubblico e le ingenti spese militari stanno minando gli sforzi per combatterlo. Nell’ambito della salute, le donne, soprattutto bambine ed anziane,629 ricevono cure sanitarie ed attenzioni in misura minore rispetto agli uomini. Nei conflitti armati, i bambini e le donne sono maggiormente colpiti. Nei luoghi di lavoro, continuano a svolgere le stesse mansioni degli uomini con una retribuzione nettamente inferiore. Nel campo della politica, mancano figure che curino gli interessi delle donne e sensibile è la loro assenza nei processi di

decision making. Nel campo dei diritti umani, infine, non hanno accesso agli strumenti legali e alla

formazione delle leggi ed il potere giudicante è esercitato tenendo conto di pregiudizi e attitudini stereotipate in linea con la tradizione.