• Non ci sono risultati.

Le nuove regole per l’utilizzo del “braccialetto elettronico”

INTERVENTI SULLE MISURE CUSTODIALI di Maria Francesca Cortes

5. Le nuove regole per l’utilizzo del “braccialetto elettronico”

L’art. 275-bis c.p.p., rubricato «Particolari modalità di controllo» è stato in- serito nel Capo I, Libro IV del codice di rito dall’art. 16, d.l. 24 novembre 2000, n. 341, conv., con modificazioni, dalla legge 19 gennaio 2001, n. 4 (Di-

sposizioni urgenti per l’efficacia e l’efficienza dell’Amministrazione della giusti- zia).

Nella sua formulazione antecedente alle recenti novelle in commento, l’art. 275-bis, comma 1, c.p.p. prescriveva che il giudice nel disporre gli arresti do- miciliari, anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, se lo ritene- va necessario in relazione alla natura ed al grado delle esigenze da soddisfare nel caso concreto, disponeva l’utilizzo di procedure di controllo mediante

31Un primo indirizzo escludeva l’immediata applicazione delle modifiche intervenute sul te- sto dell’art. 275, comma 4, c.p.p.: Cass., Sez. II, 16 marzo 2012, n. 11714, in CED Cass., n. 252535, secondo cui le modifiche apportate dalla l. n. 62 del 2011 all’art. 275, comma 4, c.p.p. non sono ancora applicabili, come stabilito dall’art. 1, comma 4, della citata legge. (Fattispecie nella quale la ricorrente, madre detenuta in carcere di un bambino di età compresa tra i tre ed i sei anni, invocava l’immediata applicazione delle nuove misure di tutela previste dall’art. 1, l. n. 62 del 2011); Cass., Sez. II, 16 marzo 2012, n. 25695, ivi, n. 253747. Di contrario avviso diverso indirizzo: Cass., Sez. IV, 26 aprile 2012, n. 22338, ivi, n. 252740, secondo cui l’art. 1, comma 4, l. n. 62 del 2011 (che dichiara applicabili le disposizioni dell’art. 1 solo a decorrere dal 1 gen- naio 2014, fatta salva la possibilità di utilizzare i posti disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata) si interpreta nel senso che tale applicazione differita non può concernere il comma 1 (che ha modificato l’art. 275, comma 4, c.p.p. ampliando il novero dei minori beneficiari della tutela in esso accordata mediante l’elevazione del limite di età che com- porta il divieto di custodia cautelare in carcere per il genitore), mentre, laddove ricorrano esi- genze di eccezionale rilevanza, solo queste ultime possono giustificare il differimento dell’appli- cazione a far data dal momento in cui sarà completato il piano straordinario delle carceri oppu- re dal 1 gennaio 2014. In dottrina G.MANTOVANI,Tempi (incomprensibilmente) dilatati per ga-

rantire ai bambini fino a sei anni la continuità del rapporto con la madre al di fuori degli istituti di custodia, in Cass. pen., 2012, p. 3451 ss.

mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne avesse accertato la di- sponibilità da parte della polizia giudiziaria32

.

Dal tenore letterale del precetto emerge come l’art. 275-bis c.p.p. non pre- veda una nuova ipotesi di misura cautelare che si ponga in alternativa alla cu- stodia carceraria, bensì ipotizzi solo una forma di controllo, prima ignorata, che con maggiore efficienza consente di verificare il rispetto degli obblighi imposti all’interessato33

.

Il monitoraggio elettronico rappresenta, pertanto, una tipologia di control- lo che si aggiunge a quella sull’osservanza delle prescrizioni stabilita dall’art. 284, comma 4, c.p.p., con la differenza che la prima è prevista dal giudice, mentre la seconda, meno invasiva, è eseguita dal pubblico ministero ovvero, anche di propria iniziativa, dalla polizia giudiziaria.

L’attuazione pratica di tale mezzo di controllo elettronico è stata demanda- ta, ai sensi dell’art. 19, d.l. n. 341/2000, conv., con modificazioni, dalla legge n. 4/2001, al d.m. 2 febbraio 2001 (Modalità di installazione ed uso e descrizio-

ne dei tipi e delle caratteristiche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tec- nici destinati al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli ar- resti domiciliari nei casi previsti dall’art. 275-bis del codice di procedura penale e dei condannati nel caso previsto dall’art. 47-ter, comma 4-bis, della legge 26 lu-

32G.L

A GRECA, Modifiche alla disciplina penitenziaria, in Dir. pen. proc., 2001, p. 321, os-

serva che «Le espressioni sono assai ampie e trovano una delimitazione ulteriore solo nel fatto che gli oggetti devono essere nella disponibilità da parte della polizia giudiziaria: delimitazione che può operare con riguardo sia alla disponibilità teorica, relativamente cioè alla stessa esisten- za degli oggetti, sia alla loro disponibilità fattuale, ovvero con riguardo alla già avvenuta acqui- sizione degli stessi o almeno alla loro pronta acquisibilità da parte della polizia giudiziaria».

33

A chiare lettere, Relazione al d.l. n. 341/2000, in Guida dir., 2000, n. 45, p. 47, ove si sot- tolinea come la finalità sottesa all’istituto di nuovo conio sia non già quello «di creare nuove misure alternative alla detenzione o alla custodia in carcere, quanto, piuttosto, di disciplinare un nuovo strumento di controllo applicabile, nei casi in cui ciò sia possibile, alle misure esistenti». In dottrina A.MARANDOLA, voce Braccialetto elettronico, in G.SPANGHER (a cura di), Dizionari

sistematici, Procedura penale, Il Sole 24 Ore, Milano, 2008, p. 440; P.TONINI, Manuale di proce-

dura penale, XII ed., Giuffrè, Milano, 2011, pp. 400-401. In giurisprudenza, Cass., Sez. II, 14

maggio 2014, n. 19836, inedita, secondo cui l’adozione del c.d. “braccialetto elettronico” non ha introdotto una nuova misura coercitiva, ma solo una mera modalità di esecuzione di una mi- sura cautelare personale. (In motivazione la Corte ha precisato che il “braccialetto elettronico” rappresenta una cautela che il Giudice può adottare, non già ai fini della adeguatezza della mi- sura più lieve, vale a dire per rafforzare il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione, ma ai fini del giudizio della capacità effettiva dell’indagato di autolimitare la propria libertà per- sonale di movimento assumendo l’impegno di installare il braccialetto e di osservare le relative prescrizioni); Cass., Sez. II, 13 maggio 2014, n. 19667, inedita; Cass., Sez. II, 17 marzo 2014, n. 12519, inedita; Cass., Sez. V, 19 giugno 2012, n. 40680, in CED Cass., n. 253716; Cass., Sez. II, 10 dicembre 2003, Bianchi, in Arch. nuova proc. pen., 2005, p. 255. Nella giurisprudenza di me- rito, nel medesimo senso, Trib. Milano, 7 giugno 2001, XY, in Foro ambr., 2001, p. 376.

glio 1975, n. 354)34

, scelta giustificata dalla necessità di individuare uno stru-

34

L’allegato I al d.m. 2 febbraio 2001 stabilisce, in particolare, che «Per realizzare un siste- ma di controllo a distanza delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari ed alla detenzione domiciliare, sono necessari tre componenti: a) dispositivo di controllo (tra- smettitore e ricevitore); b) linea telefonica; c) sistema informatico centrale. 1.1. Dispositivo di controllo. Per dispositivo di controllo si intende l’insieme di due apparati che consentono il constante controllo del soggetto. I dispositivi, che riescono ad espletare la loro funzione solo in ambito domiciliare, sono composti da un trasmettitore ed un ricevitore. Trasmettitore. Il tra- smettitore, o braccialetto elettronico, è la componente mobile del dispositivo di controllo: viene applicato alla caviglia della persona e, tranne per la normale manutenzione, non può essere tol- to durante l’intero periodo di durata della misura cautelare degli arresti domiciliari o della de- tenzione domiciliare. Per garantire la sua integrità e favorirne l’installazione, il trasmettitore de- ve essere corredato di uno speciale cinturino che, una volta applicato, evidenzi qualsiasi tentati- vo di manomissione, generando specifici ed identificabili allarmi. L’intero apparato di trasmis- sione deve essere a tenuta stagna, di materiale ipoallergico e di dimensioni e peso contenuti. Il protocollo di trasmissione, per inviare gli impulsi radioelettrici al ricevitore, dovrà utilizzare una banda di frequenza compresa tra 433.05 ed i 434.49 MHz, come indicato nella direttiva dell’European Radiocommunication Committe – Report 25. Tale banda di frequenza include, tra gli altri, gli Industry scientific Medical (ISM) e i low Power Trasponder (TAG), anch’essi classificati Short Range Device (SRD). Ricevitore. Il ricevitore è l’unità che riceve gli impulsi radio dal trasmettitore e li invia, a sua volta, al sistema informatico centrale installato presso la sala operativa. Deve mantenere un costante controllo del trasmettitore per rilevarne il corretto funzionamento o le eventuali anomalie che dovessero verificarsi. Il colloquio tra i due apparati deve avvenire, tramite la banda di frequenza, precedentemente indicata, in modalità protetta. Ciò vuol dire che, nel raggio di azione di circa cento metri, le trasmissioni non devono essere disturbabili da altri trasmettitori e le informazioni non debbono essere intercettate. Eventuali disturbi che causassero interruzioni nelle comunicazioni devono essere gestiti localmente, tra- mite opportuni accorgimenti tecnici contro falsi allarmi che limitino la trasmissione al sistema centrale dei soli allarmi reali. In ogni caso, il protocollo di comunicazione tra i due apparati non deve poter essere interpretato da apparecchiature estranee al dispositivo di controllo. La sicu- rezza adottata nella trasmissione delle informazioni deve garantire contro possibili tentativi di effrazione, come ad esempio replicabilità del segnale o false autenticazioni, che consentirebbero di emulare il trasmettitore applicato. Infine, ogni ricevitore non può colloquiare con più di un trasmettitore contemporaneamente. Il ricevitore deve essere alimentato tramite la normale rete elettrica presente nell’abitazione della persona ma deve integrare una batteria tampone che ne consenta il funzionamento anche in caso di assenza di energia elettrica. Come il trasmettitore anche il ricevitore deve essere in grado di effettuare autodiagnosi, che evidenzino eventuali gua- sti o tentativi di manomissione fisica, riferiti anche agli aspetti di comunicazione. Per assicurare la tracciatura di qualsiasi tentativo di manomissione, ogni evento che si verifichi deve essere memorizzato, in modalità sicura, in una specifica memoria del ricevitore. Le informazioni pos- sono essere rimosse dal ricevitore solo dopo essere state positivamente trasmesse al sistema in- formatico centrale. L’intervallo di tempo tra le singole trasmissioni, pianificabile in centrale operativa, deve poter essere differenziato tra i vari ricevitori. 1.2 Linea telefonica. Per consenti- re al ricevitore di poter segnalare ad un sistema informatico centrale tutti gli eventi che si rile- vano sul dispositivo di controllo, lo stesso deve essere collegato ad una linea telefonica che può essere di tipo digitale (ISDN) o analogico (TELCO). La linea analogica, comunque, potrà esse- re utilizzata solo eccezionalmente laddove impedimenti tecnici non consentano di installare una

mento normativo duttile e capace di adeguarsi, con maggiore rapidità, alle in- novazioni del settore35

.

Le condizioni di utilizzabilità di siffatto strumento di monitoraggio, secondo il dettato normativo, sono subordinate alla sussistenza di due differenti condi- zioni: da un lato la manifestazione di consenso dell’interessato, consenso che costituisce un elemento di novità nel sistema delle cautele, non essendo richie- sto nell’ipotesi di adozione di nessuna delle altre misure cautelari personali

linea digitale (ISDN). In ogni caso il software di gestione dovrà comunque garantire gli stessi livelli di sicurezza e controllo sui dispositivi, ottenibili con le linee digitali. Presso l’abitazione della persona sottoposta agli arresti domiciliari o alla detenzione domiciliare, deve essere instal- lata una terminazione, per consentire il collegamento con il ricevitore. Presso la centrale opera- tiva deve, invece, essere garantito che tutte le terminazioni di rete abbiano accesso al sistema di gestione centrale per le segnalazioni degli allarmi. 1.3. Sistema informatico centrale. La gestione remota dei dispositivi di controllo è affidata a sistemi informatici posti presso le centrali opera- tive. Ciascun sistema deve essere in grado di sorvegliare tutti i dispositivi di controllo installati nel suo territorio di competenza. Tutti i sistemi informatici devono, pertanto, essere adeguata- mente dimensionati e rispondere a requisiti di modularità, per consentire eventuali espansioni, e ridondanza, per garantire la continuità di esercizio nelle ventiquattro ore. Il sistema informati- co è composto da: a) computer di potenza elaborativa adeguata al numero di dispositivi di con- trollo da sorvegliare; b) software di gestione in grado di esprimere, almeno, le seguenti funzio- nalità: controllo dei processi di comunicazione (tra ricevitori e trasmettitori, tra ricevitori e si- stema informatico); configurazione remota dei parametri di controllo dei ricevitori. Tale fun- zione non deve causare interruzione del servizio; gestione degli allarmi (rilevati dal ricevitore e dal sistema informatico); prospettazione grafica, a monitor, degli eventi; stampe di tipo statisti- co; stampa dei registri degli eventi per singolo dispositivo di controllo; gestione, a matrice, di eventi pianificati (es. uscite autorizzate dall’abitazione); anagrafica con le informazioni necessa- rie al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari o alla de- tenzione domiciliare; c) consolle di controllo per l’inserimento delle attività, o eventi, pianificati e per la visualizzazione grafica degli stessi. 2.0. Modalità di installazione. I dispositivi di control- lo devono essere realizzati in modo da rendere particolarmente semplice la fase di installazione che deve, comunque, essere dettagliatamente descritta in apposito manuale d’uso fornito dalla ditta. Relativamente al ricevitore, le sole operazioni necessarie durante l’installazione del ricevi- tore devono riguardare al massimo, il collegamento alla rete elettrica e la taratura dell’unità fis- sa, per dimensionarne il raggio massimo di ricezione del trasmettitore. L’attivazione del tra- smettitore, che deve limitarsi all’apposizione dello stesso alla caviglia della persona, avviene immediatamente dopo la chiusura del cinturino. Successivamente all’attivazione ogni eventuale tentativo di apertura del cinturino, deve generare un allarme irreversibile, immediatamente tra- smesso alla centrale operativa».

35Circa il possibile contrasto di tale scelta normativa con le garanzie previste all’art. 13 Cost. in tema di libertà personale, L.CESARIS, Dal panopticon alla sorveglianza elettronica, in Il decre-

to “antiscarcerazioni”, a cura di M.BARGIS, Giappichelli, Torino, 2001, p. 59, osserva che «La

soluzione adottata può essere tuttavia giustificata da ragioni pratiche relative al tipo di strumen- tazione necessaria per l’effettuazione e la gestione dei controlli, suscettibile di continua e rapida evoluzione. Il decreto ministeriale sembra prestarsi meglio a recepire e a trasfondere nella nor- mativa generale tale evoluzione, senza subire gli intoppi della attività legislativa».

coercitive o interdittive36

; dall’altro la disponibilità dei mezzi di controllo elet- tronico da parte della polizia giudiziaria, la cui verifica è oggetto di specifico accertamento del giudice.

Il ricorso alla predetta forma di monitoraggio è stato, inoltre, collegato alle ipotesi di maggiore serietà in cui il giudice ritenga che, in assenza di tale mo- dalità di verifica, debba essere disposta la custodia carceraria. Detta lettura in- terpretativa si deduce dall’inciso di cui all’art. 275-bis, comma 1, ultimo pe- riodo, c.p.p., secondo cui il giudice nel medesimo provvedimento con cui di- spone la misura degli arresti domiciliari con la prescrizione del controllo elet- tronico prevede l’applicazione della custodia carceraria allorquando l’imputa- to neghi il consenso all’adozione dei mezzi suddetti.

La concreta operatività del meccanismo de quo è stata, però, fino ad ora, quasi inesistente ed il rinnovato interesse per lo stesso è legato, in modo esclusi- vo, alla necessità di utilizzare strumenti che consentano di soddisfare le esigenze di cautela senza dover obbligatoriamente ricorrere alla custodia carceraria.

Le disperate condizioni degli istituti penitenziari in cui sono ristretti un numero impressionante di soggetti imputati (ovvero persone sottoposte alle indagini) hanno, dunque, spinto il legislatore non solo a riconsiderare l’impor- tanza di tale strumento, ma anche a ritoccarne la disciplina, che, come è detto, è stata lettera morta per oltre un decennio.

L’art. 1, comma 1, lett. a), d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, conv., con modi- ficazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10 (Misure urgenti in tema di tutela

dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria) sostituisce, infatti, nel primo periodo dell’art. 275-bis, comma 1,

c.p.p. la locuzione «se lo ritiene necessario» con «salvo che le ritenga non ne- cessarie».

Invero, la modifica di cui sopra costituisce un vero e proprio ribaltamento di giudizio rispetto alla prospettazione originaria.

Se, infatti, l’operatività dei meccanismi di cui all’art. 275-bis c.p.p. era su- bordinata alla circostanza che il giudice li ritenesse necessari in relazione alla

36E.M

ARZADURI, sub art. 16 d.l. 24/11/2000 (Efficienza della giustizia), in Legisl. pen., 2001,

p. 449, sottolinea come «Ha invece rivelato un’indubbia sensibilità il legislatore nel subordinare l’adozione del controllo a distanza al consenso dell’indagato o dell’imputato. Pervero, sulla scorta dell’art. 8 § 2 CEDU il divieto di ingerenza da parte dell’autorità pubblica nella vita pri- vata e familiare di ogni persona può cedere di fronte a ragioni che attengono alla prevenzione dei reati, per cui potrebbe non contrastare con la norma pattizia una previsione che tout court imponesse la sorveglianza elettronica. D’altro canto, non essendo prestabilite le modalità con le quali potranno essere esercitati i controlli, non si può escludere che questi vengono ad incidere sui diritti della persona, il cui esercizio non sia in alcun modo incompatibile con le esigenze cau- telari del caso concreto; e questo in palese contrasto con l’art. 277 c.p.p., disposizione generale non sempre adeguatamente ricordata nella disamina dei contenuti del libro IV».

natura e al grado delle esigenze da soddisfare nel caso concreto, ora il percor- so applicativo è del tutto inverso.

Pertanto, nel disporre gli arresti domiciliari, anche in sostituzione della cu- stodia in carcere, devono sempre essere ordinate le procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, a meno che esse non si ri- tengano necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze da soddi- sfare nell’ipotesi specifica.

Si prevede, pertanto, in capo al giudice nel disporre l’ordinanza o nei provvedimenti che costituiscono lo sviluppo della vicenda cautelare del sog- getto interessato un ulteriore obbligo motivazionale, allorquando ritenga di non prescrivere l’utilizzo del “braccialetto elettronico”, che deve essere assolto utilizzando i parametri di riferimento indicati nel precetto ossia la «natura» e il «grado» dei pericula di fatto da fronteggiare.

L’art. 1, comma 2, d.l. n. 146/2013, conv., con modificazioni, dalla legge n. 10/2014 precisa, tra l’altro, che l’efficacia del precetto de quo è differita al giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione, nel chiaro intento di poter fruire di un maggiore lasso di tempo per pianificare da un punto di vista tecnico – organizzativo le conseguenze legate al quasi ormai indefettibile binomio arresti domiciliari – “braccialetto elettronico”.

Le eventuali questioni riguardanti il sistema di monitoraggio di cui all’art. 275-bis c.p.p. potranno, comunque, essere suscettibili di appello, ex art. 310 c.p.p., sulla scia dell’interpretazione giurisprudenziale37

che considera impu- gnabili con tale mezzo tutti i provvedimenti che contribuiscono ad inasprire o ad attenuare il grado di afflittività della misura, tra i quali possono certo essere annoverate le forme di verifica in analisi38

.

37

Cass., Sez. Un., 3 dicembre 1996, Lombardi, in Cass. pen., 1997, p. 1397, secondo cui i provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 284, comma 3, c.p.p., che regolano le modalità di attua- zione degli arresti domiciliari relativamente alla facoltà dell’indagato di allontanarsi dal luogo di custodia, contribuiscono ad inasprire o ad attenuare il grado di afflittività della misura cautelare e devono pertanto essere ricompresi nella categoria dei provvedimenti sulla libertà personale; ne consegue che ad essi si applicano le regole sull’impugnazione dettate dall’art. 310 c.p.p., che prevede, in proposito, un sindacato di secondo grado esteso anche nel merito. (Nell’affermare detto principio la Corte ha, altresì, precisato che la predetta disciplina non trova tuttavia appli- cazione con riferimento a quei provvedimenti i quali, per il loro carattere temporaneo e mera- mente contingente, non sono idonei a determinare apprezzabili e durature modificazioni dello “status libertatis”). In dottrina, in argomento, G.CANZIO, Libertà personale dell’imputato e ga-

ranzie di habeas corpus: l’appellabilità dell’autorizzazione ad assentarsi dal locus detentionis, in Foro it., 1997, II, c. 209; A.FARGIUELE, L’appello cautelare, in Trattato di procedura penale, vol. 2, t. II, cit., p. 543; S. PALLA, Sull’appellabilità dei provvedimenti che regolano le modalità di at-

tuazione degli arresti domiciliari, in Cass. pen., 1997, p. 1329.

38

In tal senso E.MARZADURI, sub art. 16 d.l. 24/11/2000 (Efficienza della giustizia), cit., pp. 450-451.

La struttura della misura di cui all’art. 284 c.p.p. deve essere, dunque, rivi- sta sulla scorta di tale importante innovazione, che, invero, deve, a parere di chi scrive, essere valutata con particolare favore, dal momento che consente di superare uno dei limiti più evidenti degli arresti presso il domicilio ossia la cir- costanza che essi si risolvono in una sorta di “autocustodia dell’interessato”.

Nel corso della stessa non è, infatti, prevista la possibilità di un costante “piantonamento” del soggetto ristretto, piantonamento, che, tra l’altro, costi- tuirebbe una modalità pressoché irrealizzabile per le forze dell’ordine, per cui l’unica forma di controllo, secondo le indicazioni di cui all’art. 284 c.p.p., è costituita dal generico potere in tal senso attribuito al pubblico ministero e, anche di propria iniziativa, alla polizia giudiziaria, che proprio per la indeter- minatezza della sua individuazione temporale inibirebbe qualsiasi trasgressio- ne da parte del soggetto sottoposto alla misura, il quale, nel caso di ingiustifi-

Outline

Documenti correlati