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La questione delle “porte girevoli”

ARRESTO NON CARCERARIO IN ATTESA DELLA CONVALIDA

2. La questione delle “porte girevoli”

L’impianto normativo all’interno del quale si è prospettato e consolidato nel tempo il fenomeno delle c.d. “porte girevoli” rinviene i propri referenti nella previsione contenuta nell’art. 386 c.p.p., in virtù della quale gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero mediante conduzione del medesimo nella casa circon- dariale del luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito, nella disciplina del- la procedura di convalida7

nonché nella prerogativa riconosciuta al magistrato inquirente di esercitare l’azione penale presentando direttamente l’imputato in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento per la convalida della misu- ra restrittiva ed il contestuale giudizio.

Può pertanto accadere che, nelle ipotesi di mancata convalida dell’arresto ovvero di richiesta di convalida cui non si accompagni l’istanza di applicazione di una misura cautelare custodiale nonché nei casi in cui il giudizio direttissimo venga definito in un’unica udienza attraverso l’emissione di una sentenza di as- soluzione o (più verosimilmente) di condanna ad una pena sospesa, il soggetto ristretto presso la casa circondariale vi permanga per un lasso di tempo assai circoscritto per poi riacquistare il proprio status libertatis8

. Anche in ragione del verosimile concretizzarsi di tali evenienze, peraltro, sin dal 1995 il legislatore ha ampliato la portata della deroga all’obbligo di conduzione dell’arrestato o del fermato presso la casa circondariale, inizialmente circoscritta ai casi di infermità, riconoscendo al pubblico ministero la facoltà di disporre che l’interessato sia custodito in uno dei luoghi contemplati dall’art. 284 c.p.p.9

, all’esito di una va- lutazione che si ritiene debba essere condotta alla stregua dei medesimi canoni di adeguatezza, proporzionalità e gradualità cui il giudice procedente è obbliga-

dall’art. 13 Cost. e, di recente, particolarmente valorizzato dalla giurisprudenza costituzionale in materia di c.d. custodia cautelare obbligatoria».

7Cfr. D. L

ACCHI, voce Arresto in flagranza e giudizio di convalida, cit., p. 83.

8V. F. R

ESTA,Nella giusta direzione: il decreto-legge salva-carceri, cit., p. 548.

9V. C. F

ANUELE, sub art. 386, in A.GIARDA-G.SPANGHER (a cura di), Codice di procedura pe-

nale commentato, vol. III, IV ed., Ipsoa, Milano, 2010, p. 4695, nonché F. VERGINE, Arresto in fla-

granza e fermo di indiziato, in G. GARUTI (a cura di), Indagini preliminari e udienza preliminare, in

Trattato di procedura penale, diretto da G. SPANGHER, vol. III, Utet, Torino, 2009, p. 453, il quale sottolinea come la determinazione eventualmente assunta dal p.m. sia strumentale ad «armonizzare il trattamento precautelare a quello ipotizzabile all’esito della richiesta coercitiva in senso stretto», rile- vando al contempo l’opportunità di un ampio ricorso alla prerogativa riconosciuta dalla norma «non solo laddove [il p.m.] ritenga di non dover richiedere al giudice la misura della custodia cautelare in carcere, ma altresì tutte le volte in cui la fattispecie di reato non consenta l’applicazione di tale misura in virtù dei limiti edittali nuovamente stabiliti ex art. 280 c.p.p. Diversamente argomentando, difatti, si finirebbe con il conferire alle misure precautelari carattere meramente sanzionatorio».

to ad attenersi nella scelta delle misure cautelari personali10

.

Come accennato in precedenza, il fenomeno delle “porte girevoli” è, co- munque, suscettibile di concretizzarsi con un più alto tasso di probabilità nell’ambito dei procedimenti relativi ai reati attribuiti alla cognizione del tri- bunale in composizione monocratica, venendo in rilievo condotte criminose di assai frequente verificazione il cui accertamento, nei casi di arresto in flagranza, non comporta di norma l’espletamento di attività investigative di complessità tale da dissuadere l’organo titolare dell’azione penale dal ricorrere all’instaura- zione del giudizio direttissimo11

.

Nel disciplinare le modalità di instaurazione del rito speciale contestual- mente alla presentazione della richiesta di convalida dell’arresto in flagranza, le previsioni contenute nell’art. 558 c.p.p. prefigurano due distinte tipologie di iniziativa, una delle quali contempla il coinvolgimento diretto della polizia giudiziaria cui è affidato il compito di dar seguito alle determinazioni assunte dal pubblico ministero in punto di esercizio dell’azione penale mediante pre- sentazione diretta dell’imputato davanti al giudice del dibattimento12

, mentre l’altra, conformemente alle dinamiche proprie del rito ordinario, è demandata esclusivamente al magistrato inquirente il quale provvede personalmente alla presentazione dell’arrestato all’udienza per la convalida ed il contestuale giu- dizio13

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Ebbene, in riferimento alla prima fattispecie già le disposizioni vigenti an- tecedentemente alla novella del dicembre 2011 precludevano l’ingresso in car-

10

V. F. VERGINE, Arresto in flagranza e fermo di indiziato, cit., p. 453. 11

All’indomani della riforma sul giudice unico sottolineava P. GAETA, voce Giudizio diret-

tissimo, in Enc. dir., Agg. IV, Giuffrè, Milano, 2000, p. 657, come «la scelta di tecnica legislativa

– precisamente quella di una disciplina del rito dinanzi all’organo monocratico residuale e per

relationem rispetto alla corrispondente dinanzi all’organo collegiale, dettagliata e minuziosa –

appare oggi probabilmente anacronistica e quasi ai limiti di razionalità. Si vuol dire che, immu- tato l’istituto, è mutato – e molto – il circostante: se si prova infatti ad incrociare il dato norma- tivo delle attribuzioni degli affari penali al giudice monocratico con quello rappresentato dalla tipologia dei reati tradizionalmente “trattati” con la modalità del rito direttissimo, ci si accorge che questo rito speciale approda oggi, quasi integralmente, sulla sponda monocratica e solo con rotte assolutamente episodiche – e praticamente eccezionali – su quella collegiale».

12Cfr. A. M

ANGIARACINA, voce Giudizio direttissimo, in Dig. disc. pen., Agg. V, Utet, Tori-

no, 2010, p. 393; P. GAETA, voce Giudizio direttissimo, cit., p. 658. 13

Evidenzia al riguardo G. DELLA MONICA, Il giudizio direttissimo dinanzi al tribunale ordi-

nario in composizione monocratica, in AA.VV., Le recenti modifiche al codice di procedura penale,

vol. III, Le innovazioni in tema di riti alternativi, a cura di R. NORMANDO, Giuffrè, Milano, 2000, p. 225, come la scelta per l’una o per l’altra opzione procedimentale sia condizionata dalla gravità dei fatti per i quali si procede e dalla conseguente complessità delle attività di accerta- mento da espletare nel corso del giudizio.

cere del soggetto colto in flagranza di reato nell’ipotesi in cui lo stesso non po- tesse essere sottoposto alla convalida della misura precautelare ed al conte- stuale giudizio in considerazione della mancata celebrazione di una udienza all’interno della quale procedere ai relativi adempimenti: in tal caso infatti, nelle more della fissazione dell’incombente nelle quarantotto ore successive al- l’arresto, il precetto codicistico escludeva l’applicazione dell’art. 384 c.p.p., prefigurando, di conseguenza, la custodia dell’arrestato all’interno delle came- re di sicurezza in dotazione dell’organo di polizia che avesse dato corso alla misura restrittiva14

. Analoga barriera all’ingresso in carcere non era, viceversa, destinata ad operare nelle situazioni in cui il pubblico ministero avesse ordina- to che l’arrestato fosse posto a sua disposizione per poi presentarlo al giudice per la convalida ed il contestuale giudizio: per di più, al cospetto di tali eve- nienze gli effetti pregiudizievoli legati all’inverarsi del fenomeno delle “porte girevoli” potevano assumere contorni ancora più marcati e gravi per l’interes- sato laddove alla presentazione del medesimo entro le 48 ore successive al- l’adozione della misura restrittiva non avesse fatto seguito l’effettiva celebra- zione dell’udienza in quanto non prevista in calendario. La prescrizione desti- nata ad operare al ricorrere di tali fattispecie imponeva, infatti, al giudice di fissare l’udienza entro 48 ore decorrenti non dall’effettuazione dell’arresto in flagranza, bensì dalla presentazione della richiesta appositamente formulata dall’organo dell’accusa, ciò comportando la potenziale protrazione della misu- ra restrittiva in carcere fino a 96 ore dal momento della sua adozione15

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