MODIFICHE ALL’ALLONTANAMENTO DALLA CASA FAMILIARE
4. Strumenti di controllo per il congiunto o convivente allontanato: lu ci e ombre di una disciplina in itinere
Il ricorso a «idonei mezzi elettronici o altri strumenti tecnici» per monito- rare a distanza la persona sottoposta alla misura ex art. 282-bis c.p.p., non solo fornisce efficaci air bag per attenuare il fenomeno del sovraffollamento carce-
43
Cfr., sul punto la Relazione governativa al d.l. n. 341/2000, in Guida dir., 2000, fasc. 45, p. 47, che, in riferimento alle forme di monitoraggio elettronico del soggetto ristretto ai domicilia- ri, puntualizza: «in considerazione dello stato attuale dell’evoluzione tecnica, appare preferibile per il momento limitare il suo impiego alle sole misure alternative alla detenzione, sia cautelari che definitive, che non prevedano fisiologicamente mobilità sul territorio della persona ad esse sottoposta, e quindi agli arresti domiciliari e alla detenzione domiciliare».
44V. sul punto, retro, nota 31.
45Così risulta da informazioni rilasciate dalla stessa Telecom. L’indicazione, in assenza di fonti ufficiali, è tratta da M.SENOR, Braccialetti elettronici: specifiche tecniche obsolete e proble-
rario46
, ma irrobustisce, altresì, i guardrail della strada percorsa per la lotta ai “reati sentinella”47
: non quella diretta ad inasprire il trattamento punitivo dell’autore del fatto – che sarebbe del tutto inappropriata se transitata da reati sorretti da pulsioni emotive –, ma quella che, con finalità dissuasive, stringe le maglie della rete di protezione della potenziale vittima di violenza domestica.
Bisogna dare atto che il sistema di sorveglianza GPS, scrutato “in chiaro”, oltre a costituire un forte deterrente ad “avvicinarsi” alla casa familiare48
, ri- verbera altri positivi riflessi ad ampio spettro: consentendo di tracciare gli spo- stamenti dell’imputato ventiquattro ore al giorno, per un verso, attenua il ri- schio di recidiva49
, per altro verso, permette di verificare eventuali alibi pro- posti; avendo, poi, un “prezzo” contenuto – di gran lunga inferiore a quello del “braccialetto” classico fornito da Telecom50
–, riduce notevolmente il co- sto quotidiano di gestione dell’imputato: dieci euro (circa)51
a fronte dei cento euro (circa) necessari per il mantenimento in carcere52
.
Una simile diagnosi, estremamente positiva, si rivelerebbe, peraltro, piutto-
46È ovvio che un maggiore ricorso ai dispositivi elettronici, consentendo l’applicazione della misura ex art. 282-bis c.p.p. in luogo di quella inframuraria in una casistica più ampia, si tradu- ce, in concreto, in un alleggerimento del sovraffollamento degli istituti penitenziari. Sul punto v.
retro, § 3.
47
Quelli che spesso precedono l’omicidio di mogli e fidanzate! 48
Seguendo le indicazioni che provengono dall’estero (Spagna e Francia), alla donna verrà fornito un dispositivo che avvisa lei e la polizia se l’uomo si avvicina a meno di cinquecento me- tri dall’abitazione. Un segnale d’allarme che può essere decisivo per evitare nuove violenze.
49
L’esperienza estera docet: negli Stati uniti d’America ed in Inghilterra, l’Electronic Monito-
ring (EM) ha prodotto tassi di recidiva del 20/30% minori rispetto alle altre forme di supervi-
sione extra-detentiva. I dati sono ricavati, per quanto riguarda gli USA, da J.K.ROMAN-PH.D. AKIVA-M.LIBERMAN-PH.D.SAMUEL TAXY-P.MITCHELL DOWNEY, The Costs and Benefits of
Electronic Monitoring for Washington D.C., 2012, 3, reperibile su www.urban.org.; per l’In-
ghilterra, da NATIONAL AUDIT OFFICE, The Electronic Monitoring of Adult Offenders, 2006,
reperibile su www.nao.org.
Per approfondimenti sulle tecniche di sorveglianza elettronica degli imputati, sperimentate in alcuni Paesi comunitari (Belgio, Francia, Germania, Inghilterra, Galles, Paesi Bassi e Svezia) ed extracomunitari (Svizzera, USA, Canada, Israele, Australia, Nuova Zelanda e Singapore), si rinvia a I.BARBAGALLO, La sorveglianza elettronica dei detenuti: profili di diritto comparato, in
Rassegna italiana di criminologia, 2000, fasc. 3-4, p. 353 ss.
50Per intenderci, il prezzo è quello del navigatore satellitare di un’automobile.
51In assenza di fonti giuridiche ufficiali, il dato è tratto da un’intervista al dott. Vincenzo di Giacomo, presidente del Tribunale di Campobasso, reperibile online su http://www.ristretti.
org/Le-Notizie-di-Ristretti/.
52Secondo la tabella sulle statistiche pubblicata il 10 ottobre 2013 dal Ministero della Giu- stizia, contenente i dati relativi alle spese sostenute giornalmente per ciascun detenuto dal 2001 al 2013, nel 2013, il costo per ciascuno dei 65.889 detenuti è stato pari a 123,78 euro al giorno.
sto miope ove trascurasse di scandagliare le debolezze di fondo di una inter- polazione normativa che, figlia di una gestazione troppo sbrigativa – e il fatto non è certo nuovo –, si innesta nel crocevia magmatico di valori costituzio- nalmente protetti, non agevolmente comprimibili, quali la dignità umana e la riservatezza della sfera privata, riconducibili all’art. 2 Cost.53
, e l’inviolabilità della libertà personale, scolpita, expressis verbis, nell’art. 13, comma 1, Cost.
È sufficiente, invero, scendere sotto la superficie per scorgere due vistose
défaillance dell’intervento normativo che, sottendendo una scarsa attenzione
per le coordinate costituzionali, si rivelano, inevitabilmente, foriere di sban- damenti ermeneutici.
La prima concerne la mancata fissazione, nell’intelaiatura dell’art. 282-bis c.p.p., di criteri normativi, rigorosi e precisi, che possano orientare il giudice nella decisione di disporre il controllo elettronico a distanza del soggetto al- lontanato dalla casa familiare: in particolare, non è specificato se sia necessario il consenso del soggetto sottoposto alla misura coercitiva e quali siano le con- seguenze connesse all’eventuale dissenso dell’interessato.
Le evidenti manchevolezze – da imputare più ad una corrività tecnica che ad una scelta premeditata del legislatore –, saldate con il lapidario richiamo alle «modalità di controllo previste all’articolo 275-bis» c.p.p., inducono a ri- tenere che l’iter da seguire sia quello prescritto dall’art. 275-bis c.p.p.54
: dun- que, il giudice, valutata la natura e il grado delle esigenze cautelari da soddi- sfare nel caso concreto, prescrive le modalità di controllo elettronico remoto, «salvo che le ritenga non necessarie»55
, e a condizione che vi sia la disponibili- tà dei mezzi da parte della polizia giudiziaria (art. 275-bis, comma 1, primo di- sposto, c.p.p.) e il consenso dell’interessato (art. 275-bis, comma 2, c.p.p.)56
.
53
Sul punto cfr. Corte cost. 12 aprile 1973, n. 38, reperibile on line su www.cortecostituzio
nale.it, ad avviso della quale tra i diritti inviolabili riconosciuti ad ogni cittadino dall’art. 2 Cost.
rientrano anche «quello del proprio decoro, del proprio onore, della propria rispettabilità, ri- servatezza, intimità e reputazione».
54
Su questa linea C.IASEVOLI, Pluralismo delle fonti e modifiche al c.p.p. per i delitti commes-
si con violenza alla persona, cit., p. 1399.
55
Secondo la nuova formulazione introdotta dal recente d.l. n. 146/2013, conv. dalla legge n. 10/2014.
56L’imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo ovvero nega il consenso all’appli- cazione di essi, con dichiarazione espressa resa all’ufficiale o all’agente incaricato di eseguire l’ordinanza che ha disposto la misura. La dichiarazione è trasmessa al giudice che ha emesso l’ordinanza ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall’art. 293, comma 1, c.p.p. (art. 275-bis, comma 2, c.p.p.). L’imputato che ha accettato l’applicazione dei mezzi e strumenti è tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli (art. 275-bis, comma 3, c.p.p.). Qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione degli strumenti anzidetti, il giudice applica la misura della custodia cautelare in carcere (art. 275-bis, comma 1, ultimo disposto, c.p.p.).
Difficile individuare chiavi di lettura alternative che non travalichino il li- mite del “costituzionalmente consentito”: ipotizzare l’esercizio di una libera discrezionalità del giudice, non normativamente orientata, che investa l’an del- l’utilizzo dello strumento di controllo a distanza, significherebbe consentire una restrizione della libertà personale fuori dai “casi” previsti dalla legge (art. 13, comma 2, Cost.).
Altrettanto difficile, però, disconoscere l’effetto aberrante che la conclu- sione prospettata inesorabilmente produce: qualora l’imputato negasse il con- senso all’adozione degli strumenti anzidetti, il giudice sarebbe costretto ad applicare la misura della custodia cautelare in carcere, secondo quanto espres- samente imposto dall’art. 275-bis, comma 1, ultimo disposto, c.p.p.
Il passaggio immediato da una misura non particolarmente afflittiva – quel- la disegnata dall’art. 282-bis c.p.p. – a quella più afflittiva in assoluto – la cu- stodia in carcere – si tradurrebbe in una palese e inaccettabile violazione dei canoni di gradualità e adeguatezza fissati nell’art. 275 c.p.p.
E, allora, in attesa di un “ripensamento” legislativo sul punto57
, al giudice non resta che riannodare la smagliatura della trama normativa invocando uno dei principi cardine del sistema cautelare, quello di “gradualità”: egli, qualora l’imputato non prestasse il consenso al controllo elettronico, potrebbe appli- care gli arresti domiciliari e, solo se, in tale sede, l’imputato rifiutasse il moni- toraggio elettronico eventualmente disposto ai sensi dell’art. 275-bis c.p.p., potrebbe disporre la misura della custodia cautelare in carcere.
La seconda défaillance dell’intervento normativo è la totale assenza di una disciplina che regolamenti le modalità pratiche di istallazione e di utilizzo del dispositivo elettronico. Né il d.l. né la legge di conversione impongono l’ema- nazione di un decreto ministeriale – che meglio si presterebbe a recepire e tra- sfondere nella normativa generale l’evoluzione tecnologica, «senza subire gli intoppi dell’attività legislativa»58
– contenente le specifiche tecniche per il funzionamento del sistema di controllo a distanza dell’imputato allontanato ex art. 282-bis c.p.p., analogo a quello previsto dal d.l. n. 341/200059
per il con-
57
Le alternative potrebbero essere due: o si recide il legame con l’art. 275-bis c.p.p. e si in- nesta nel corpo dell’art. 282-bis c.p.p. un’autonoma disciplina sul controllo elettronico del sog- getto allontanato dalla casa familiare oppure si tiene in piedi il rinvio all’art. 275-bis c.p.p. e si aggiunge un inciso dal seguente tenore: «se l’imputato nega il consenso, il giudice dispone l’applicazione degli arresti domiciliari».
58
Così si esprime L.CESARIS, Dal Panopticon, cit., p. 59, a proposito della scelta, operata dal d.l. n. 341/2000, di affidare ad una fonte normativa secondaria (il d.m. 2 febbraio 2001) l’attuazione pratica del “braccialetto elettronico” adottato per il controllo a distanza del sogget- to sottoposto agli arresti domiciliari o alla detenzione domiciliare.
trollo a distanza del soggetto ristretto ai domiciliari60
.
È verosimile ritenere che la grave inadempienza, senz’altro censurabile an- che da un punto di vista costituzionale – non avendo, il legislatore, ottempera- to all’obbligo imposto dall’art. 13, comma 2, Cost. di precisare (oltre che “i casi”) “i modi” di restrizione della libertà personale – limiterà grandemente – o, addirittura, azzererà – il raggio d’impiego di uno strumento così pervasivo come l’electronic tagging.
Se, da questa angolazione, la falla che il tessuto normativo di nuovo conio mostra non può essere “tamponata” con alcun “aggiustamento interpretativo”, non resta che attendere l’emanazione di una esaustiva disciplina che, sulla falsa- riga del d.m. 2 febbraio 2001, passando attraverso l’angustissima strettoia segna- ta da due imprescindibili esigenze – prevenzione dei reati, da un lato, tutela del- la dignità e della riservatezza della persona, dall’altro –, non trascuri di ritagliare un adeguato spazio alla tutela del trattamento dei dati personali61
. È opportuno, infatti, monitorare i rischi di possibili violazioni dei principi contenuti nel codi- ce della Privacy, specie per quanto concerne la sicurezza delle informazioni per- sonali, nonché la finalità e la durata della conservazione dei dati raccolti62
sul congiunto o convivente allontanato dalla casa familiare.
concerto con il Ministro della giustizia, sono determinate le modalità di installazione ed uso e sono individuati i tipi e le caratteristiche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici de- stinati al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei casi previsti dall’articolo 275-bis del codice di procedura penale, e dei condannati nel caso previsto dall’articolo 47-ter, comma 4-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354».
60
Inapplicabile, come evidenziato in precedenza (v. retro, § 3), alla misura cautelare ex art. 282-bis c.p.p.
61L’art. 4 d.m. 2 febbraio 2001, rubricato proprio «Trattamento dei dati personali», dopo aver stabilito che l’applicazione degli strumenti elettronici e l’imposizione delle prescrizioni de- vono essere disposte «nel rispetto della dignità dell’interessato», restringe l’utilizzabilità dei dati personali trattati alle sole finalità di applicazione del d.l. n. 341/2000, prescrive una cancellazio- ne periodica di tutti i dati, salvo quelli relativi ad allarmi o ad eventi che rilevano ai fini del- l’eventuale inosservanza delle prescrizioni o della sottrazione al controllo e, infine, impone l’adozione delle misure di sicurezza dei dati ai sensi del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (codice in materia di protezione dei dati personali).
62
In senso critico, a proposito della gestione, da parte delle centrali operative, del sistema informatico di controllo del regolare funzionamento del “braccialetto elettronico” del soggetto ristretto ai domiciliari, cfr. M.SENOR, Braccialetti elettronici, cit., che così si esprime: «in realtà, le centrali operative anziché essere gestite, come previsto dalla legge, dai vari uffici territoriali delle forze dell’ordine, sono state accentrate in un’unica sede operativa nazionale, denominata BETI, sita ad Oriolo Romano, interamente gestita da Telecom. La centrale operativa fa da filtro tra i dispositivi di controllo e le forze dell’ordine, gestendo tutto il sistema informatico. Telecom ha conseguentemente messo in piedi una procedura piuttosto burocratica corredata da una mi- nuziosa modulistica che le forze dell’ordine devono compilare (ed inviare a mezzo fax, sic!) alla centrale operativa BETI per richiedere installazione, modifiche e cessazione dell’utilizzo di un
Solo in questo modo, la comprensibile preoccupazione legata al pregiudi- zio per la dignità umana e la privacy è destinata a dissolversi. Il tutto, nel ri- spetto di quei «livelli minimi di garanzia» che, nella compressione di diritti co- stituzionali, vanno necessariamente preservati63
e in ossequio ai principi di “gradualità” e “minore sacrificio necessario”64
che, ripetutamente affermati dalla Corte costituzionale65
, dal giudice di legittimità66
e dalla Corte europea67
, fanno da sfondo “ideologico” all’intera materia cautelare.
braccialetto. La procedura prevede sin anche un modulo da inviare a Telecom per la gestione degli eventuali permessi di uscita concessi dai magistrati ai detenuti. Ed allora mi (e vi) doman- do ancora: com’è possibile che sia stata istituita una centrale operativa presso una società priva- ta laddove la legge prevede che le sedi operative siano dislocate presso gli uffici delle forze dell’ordine? Ed ancora: il trattamento dei dati personali giudiziari – che, non a caso, il codice
privacy tutela come i dati sanitari – delle persone a cui viene installato il braccialetto elettroni-
co è stato disciplinato? Se sì, come? Ma soprattutto: dove? Nell’accordo quadro Ministero- Telecom … quello secretato e annullato?».
63Il riferimento è alla necessità di rispettare la riserva di legge e di giurisdizione. Cfr., sul punto, Corte cost. 17 luglio 1998, n. 281, in Giur. cost., 1998, p. 2167.
64
La restrizione della libertà personale dell’imputato va contenuta, cioè, entro i limiti mini- mi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari riconoscibili nel caso concreto. Ciò impegna il legislatore, da una parte, a strutturare il sistema cautelare secondo il modello della “pluralità graduata”, predisponendo una gamma alternativa di misure, connotate da differenti gradi di incidenza sulla libertà personale; dall’altra, a prefigurare meccanismi “individualizzanti” di sele- zione del trattamento cautelare, coerenti e adeguati alle esigenze configurabili nelle singole fat- tispecie concrete: così Corte cost. 3 maggio 2012, n. 110, in Giur. cost., 2012, p. 1619.
65
Cfr., tra le più recenti, Corte cost. 29 marzo 2013, n. 57, in Giust. pen., 2013, I, p. 101; Corte cost. 3 maggio 2012, n. 110, cit.; Corte cost. 22 luglio 2005, n. 299, in Giur. cost., 2005, p. 2917.
66
Tra le ultime, v. Cass., Sez. IV, 25 gennaio 2013, n. 6592, in CED Cass., n. 254578; Cass., Sez. Un., 31 marzo 2011, n. 16085, in Guida dir., 2011, fasc. 21, p. 46.