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D UE LINEE STORIOGRAFICHE L E TRASFORMAZIONI DEGLI STUDI TEATRALI COME PROCESSO DI LUNGA DURATA E COME FENOMENO NOVECENTESCO

1. O RIGINI DELLA NUOVA TEATROLOGIA

1.1.2 D UE LINEE STORIOGRAFICHE L E TRASFORMAZIONI DEGLI STUDI TEATRALI COME PROCESSO DI LUNGA DURATA E COME FENOMENO NOVECENTESCO

Si è già osservato in precedenza come – pur riconoscendo il ruolo sostanziale del processo che è noto nei termini di una rifondazione degli studi teatrali fra anni Sessanta e Settanta – esistano consistenti precedenti attivi su questi versanti, sia in Italia che altrove; di più, attraverso le testimonianze degli studiosi stessi, si è rilevata la presenza fondante per tale processo di una “tensione storiografica preesistente”, per usare ancora una volta l'efficace formula di Raimondo Guarino.

Tale condizione, evidentemente, si concretizza innanzitutto rispetto agli ambienti formativi frequentati dai primi studiosi di storia del teatro e dello spettacolo. In un'intervista, rispondendo a una domanda sui contesti che presiedono la nascita degli studi teatrali nel nostro Paese, Cesare Molinari propone di retrodatare il processo rispetto al consueto inquadramento tracciato negli anni Sessanta e Settanta in coincidenza a quella che è comunemente ritenuta la rifondazione degli studi:

«Per quanto mi riguarda, la storia comincia prima, almeno negli anni Cinquanta: mi sono laureato nel 1957 con Carlo Ludovico Ragghianti, storico dell'arte che per me è stato uno dei principali ispiratori della visione della nuova storia del teatro. Negli anni Sessanta, gli studi si erano già relativamente stabilizzati».57

In effetti, il riferimento condiviso, che emerge ogni volta si vada a tracciare una genealogia possibile della teatrologia italiana, tende a retrodatare il processo di rifondazione e si condensa nell'opera preliminare di Ragghianti, Giovanni Macchia e Mario Apollonio, a cui va ad esempio il pensiero del primo editoriale della rivista «Biblioteca Teatrale», nel contesto della sottrazione degli studi teatrali «dall'angustia che loro derivava dal situarsi in zone al margine delle regioni della letteratura».58 Figure per molti versi estremamente diverse fra loro, vanno quasi a costituire ognuna,

all'interno dell'unicum della nascita della nuova teatrologia, un'area di gestazione distinta, che sarà poi affrontata in dettaglio nella sezione dedicata all'analisi più approfondita del loro diretto contributo nelle prospettive teorico-metodologiche della neonata disciplina.

La rifondazione propriamente detta della disciplina, dunque, poggia – a detta degli studiosi stessi – su precedenti premesse teoriche e concrete, le cui spinte e pressioni sono poi portate a maturare ed esplodere in episodi almeno di aperta messa in discussione e ristrutturazione delle istituzioni esistenti. Gli anni del dopoguerra si collocano, all'interno della storia del Paese, come momenti di grande ricettività socio-culturale, di grandi balzi in avanti e attenzione a tutto tondo; così anche nella storia di quella che sarà la nuova teatrologia. Queste forme di eredità, poi, non sono utili soltanto per comprendere le dinamiche successive messe in atto dai primi teatrologi esclusivamente dal punto di vista istituzionale e accademico, ma, si vedrà a breve, si pongono come fondanti per la costituzione della disciplina anche da prospettive più interne, inerenti la definizione della sua cornice epistemologica, l'individuazione dei suoi oggetti di indagine e del suo apparato metodologico. In campo più strettamente teatrologico, sono invece consistenti i riferimenti a storici e teorici del teatro appartenenti a stagioni passate della storia degli studi. In questo senso, è come se lo scarto operato da quella prima stagione della teatrologia, in tutta la sua unicità, si andasse a inserire in un continuum storiografico più ampio, composto da esperienze primonovecentesche, tardo-romantiche, ottocentesche e, in certi casi, addirittura ancora più remote.

Fabrizio Cruciani, in un testo teorico-metodologico densissimo,59 affronta con chiarezza il problema

della lunga durata della storia della teatrologia, anche italiana, svincolandone il momento rifondativo secondo-novecentesco dai domini dell'événementiel:

57 Da una intervista concessa all'autrice (Firenze, 11 luglio 2012).

58 Editoriale (non firmato), «Biblioteca Teatrale», I, 1, primavera 1971, p. 1.

59 Si tratta di un testo che introduce il prezioso volume di orientamento bibliografico composto per Garzanti da

Cruciani con Nicola Savarese all'inizio degli anni Novanta: F. Cruciani, Problemi di storiografia, in Id., Nicola Savarese (a cura di), Guide bibliografiche. Teatro, Garzanti, Milano 1991, pp. 3-10.

Secondo alcune testimonianze dirette, il suo nucleo risale almeno al 1985 e rappresenta il numero “zero” della rivista «Teatro e Storia». Cfr. almeno l'editoriale del primo numero della rivista, in cui si dichiara che il progetto «ha avuto inizio con un numero promozionale, fuori commercio» che comprendeva «un saggio bibliografico sulla storia del teatro a cura di Fabrizio Cruciani» (Editoriale, «Teatro e Storia», I, 1, ottobre 1986, p. 156). Per approfondire le vicende che legano questo testo alla successiva edizione Garzanti, si rimanda alla ricostruzione delle vicende della rivista «Teatro e Storia» curata da Raimondo Guarino per il numero di «Culture Teatrali» dedicato a Cruciani (R. Guarino, Teatro e Storia, «Culture Teatrali», IV, 7/8, autunno 2002-primavera 2003 (Storia e storiografia del teatro,

oggi. Per Fabrizio Cruciani), p. 315) e all'introduzione di Claudio Meldolesi alla nuova edizione di Registi pedagoghi e comunità teatrali (C. Meldolesi, Militante nella storia del teatro. Sugli ultimi studi di Fabrizio Cruciani, in F. Cruciani, Registi pedagoghi e comunità teatrali nel Novecento (e altri scritti inediti), E & A Editori

associati, Roma 19952 (1985), p. 11).

Il testo, infine, è stato ripreso dalla stessa «Teatro e Storia» nel 1993: F. Cruciani, Problemi di storiografia dello

spettacolo, «Teatro e Storia», VIII, 14, aprile 1993, pp. 3-11.

«La riflessione sul teatro […] è rintracciabile in quasi tutte le sistematizzazioni della cultura; e c'è un legame organico tra il creare teatro e la conoscenza del passato, tanto che ogni nuovo teatro è anche rifondazione di un passato del teatro. […]

E “storie” del teatro nel passato si trovano nei prologhi o nelle trattazioni più varie».60

Per Cruciani «la storia del teatro è sempre esistita», ma, allo stesso tempo l'idea della teatrologia come «disciplina recente» è «una nozione spesso ripetuta – e con ragione». Il motivo che scioglie questa contraddizione apparente, legittimando la possibile lunga durata degli studi teatrali e allo stesso tempo valorizzandone la rottura novecentesca, si ritrova nel fatto che «nel nostro secolo però la storiografia teatrale ha rivendicato la propria autonomia e la globalità del proprio campo di indagine».61

Prima di procedere a esplorare le possibili ricadute di tali condizioni sull'approccio alla ricostruzione dell'intreccio delle vicende che hanno segnato la nascita e gli sviluppi della nuova teatrologia italiana e a utilizzarne la prospettiva come indicazione metodologica fondante per formulare ipotesi di periodizzazione che ne determineranno l'analisi, è necessario premettere come esistano – e, dunque, si possano seguire – almeno due linee storiografiche distinte, seppure naturalmente interferenti, che raccontano gli sviluppi degli studi teatrali in Italia e altrove:

1) c'è la linea della storia della disciplina, che si attiva, grossomodo in risonanza con alcuni statuti dell'esperienza tedesca, nel secondo dopoguerra (seppure con consistenti precedenti nei decenni precedenti);

2) c'è una seconda linea, che potremmo chiamare della storia degli studi, che, anche fuori dalle strutture accademiche e istituzionali, affonda invece le radici in genealogie e vicende ben più datati.

Per poter rendere conto dei due piani – considerati entrambi fondanti anche dagli stessi studiosi –, si dedicherà uno spazio specifico all'analisi dell'uno e dell'altro versante:

1) il primo livello di indagine sarà affrontato nella sezione 1.2 (Cronache: la (ri)fondazione della disciplina): dedicata alla ricostruzione delle vicende che hanno presieduto il processo di rifondazione degli studi teatrali italiani nel secondo dopoguerra, si concentrerà sugli eventi che scandiscono l'ingresso e la strutturazione della teatrologia nell'università, dunque affrontando il piano della storia della disciplina nella sua specificità novecentesca;

2) il secondo livello dell'indagine è al centro della sezione 1.3 (Le trasformazioni dell'oggetto di studio...), che si occupa invece della relativa produzione scientifica e prenderà in considerazione – a seconda dei casi – dimensioni temporali più ampie, affrontando l'oggetto delle conquiste teatrologiche secondo-novecentesche nel contesto di una prospettiva genealogica che le inserisce nel continuum della lunga durata della storia degli studi.

Invece, con l'intenzione di affrontare, oltre le specificità, anche la dimensione delle interazioni – evidentemente altrettanto fondante – fra questi due piani storiografici, quello della storia della disciplina e quello della storia degli studi, nella terza e ultima parte del presente capitolo (1.4 Dinamiche del paradigma disciplinare) si tenterà di analizzare le modalità e le condizioni generative del paradigma disciplinare da una prospettiva unitaria, sia per comprendere in che termini esso si converta nelle forme dell'eredità della nuova teatrologia, sia per provare a spiegare

60 Ivi, p. 8. 61 Ibidem.

qualche anomalia: le condizioni di estraneità del sapere teatrale rispetto alle convenzioni vigenti, l'originaria spinta sovversiva implicata nel processo di perimetrazione del nuovo campo di studi, la combinazione di sistemi di conoscenza altri, invece che venire assorbiti in coincidenza al successivo processo di consolidamento scientifico e accademico restano sorprendentemente sostanzialmente attivi e operanti anche nelle stagioni successive della teatrologia italiana. Storia della disciplina e storia degli studi, nelle loro caratteristiche peculiari, andranno a incontrarsi proprio su questi fronti, imponendo originalmente la coesistenza di dati di rottura e innovazione ed elementi di persistenza e continuità, e anzi addirittura, a volte, andandoli a porre in rapporti di reciproca causalità.

È importante notare i termini di questa possibile divaricazione, non solo per correttezza teorica o per aprire un varco nel sistema di interazioni fra le diverse possibili stratificazioni che vanno a comporre il tessuto storico e storiografico dell'oggetto di indagine, ma in relazione ai dati emersi proprio dall'analisi delle vicende e delle pressioni che hanno segnato la nascita degli studi teatrologici in Italia fra anni Sessanta e Settanta. Sembra che essi si sviluppino, in effetti, secondo due linee distinte e interagenti, che vanno a costituire anche il punto di arrivo di due possibili differenti genealogie e, dunque, il punto di origine di due sistemi di rielaborazione dell'eredità disciplinare:

– da un lato, traendo indicazioni teorico-metodologiche dirette, attinte al sistema dei saperi rappresentato da riferimenti concretamente frequentati negli anni della formazione, dunque dai propri effettivi maestri (dal campo filologico-critico che pertiene allo studio delle letterature) e dalle coeve avanguardie della scena, delle scienze umane, della cultura;

– dall'altro attivando forme di dialogo con precedenti più datati, non direttamente – ma altrettanto spesso – frequentati, più strettamente appartenenti a campi storico-teatrali e teatrologici.

Il punto non è solo tentare di tracciare le linee genealogiche di una disciplina al momento della sua nascita (o, meglio, strutturazione in contesto accademico); si tratta, più specificamente di tentare di inquadrare, ancora più da vicino, i termini di quella “nascita apparentemente improvvisa” delineata in apertura con Claudio Meldolesi. Secondo Raimondo Guarino:

«In Italia la rivendicazione della specificità degli studi teatrali è fondata su una tradizione già esistente, che doveva essere ripresa e rielaborata consapevolmente. C'è una forte caratterizzazione della storiografia italiana ed è dovuta a questo, non è che gli studi nascano così all'improvviso. Una cosa che va chiarita è che la disciplina a un certo punto si è affermata – e per qualche tempo anche sviluppata –, si è profilata – diciamo così – essendoci un sostrato molto consistente, che è quello di studi teatrali di solida tradizione – e anche di una certa intensa dialettica – che non si erano ancora insediati nella costellazione degli insegnamenti universitari».62

Secondo Guarino, dunque, è proprio questa possibilità a permettere, nel secondo Novecento, di immaginare una indipendenza – e, dunque, una strutturazione accademica autonoma – della storia del teatro e dello spettacolo: non solo un processo di messa a fuoco e valorizzazione di un sapere considerato marginale – o, almeno, in posizione ancillare – rispetto ai campi di studio tradizionali, ma un fenomeno di progressiva autonomizzazione sostenuto dall'intenzione di riprendere spunti, stimoli e conquiste preesistenti e dunque concesso dalla consapevolezza di appartenere a degli “studi di solida tradizione”, come se proprio le forme di persistenza attive all'interno della nuova

teatrologia vadano a rappresentare quel dato di differenza che ne permette il processo di

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