• Non ci sono risultati.

U N ' IPOTESI DI PERIODIZZAZIONE SCANDITA IN TRE CRINAL

2. S VILUPPO DELLA NUOVA TEATROLOGIA

2.1.3 U N ' IPOTESI DI PERIODIZZAZIONE SCANDITA IN TRE CRINAL

Traendo momentaneamente le conseguenze e accogliendo le implicazioni dei ragionamenti svolti fino a questo punto sul passaggio che lega e separa gli anni Settanta e gli Ottanta, è possibile ora procedere a presentare la proposta di periodizzazione che sarà osservata nel presente capitolo per la ricostruzione delle vicende della nuova teatrologia italiana e per l'analisi della sua produzione scientifica. In particolare, si intendono esplicitare le ragioni che hanno presieduto sia la scelta della scansione cronologica da prendere in esame per osservare la fase di assestamento della disciplina, che le articolazioni interne attraverso cui si è voluta cadenzare. In seguito, la scansione sarà anche utilizzata per osservare le dinamiche che coinvolgono a questa altezza il paradigma disciplinare, ma si ritiene opportuno differire tale processo di verifica (e le eventuali revisioni che comporta) a un momento di riflessione successiva all'analisi della storia della disciplina e della sua produzione. Lo schema che riassume l'articolazione storiografica che sarà seguita nel presente capitolo è il seguente:

1) 1975, a rappresentare il crinale presso cui si concretizzano e manifestano le implicazioni teoriche e pratiche delle proposte innovative avanzate tanto dagli studiosi che dagli artisti nei primi anni Settanta;

2) 1975>1979/'80, fase in cui tali istanze vengono condotte a verifica, maturazione e, soprattutto, alle estreme conseguenze;

3) 1979/'80, momento che individua un ulteriore crinale, quello fra le esperienze degli anni Settanta e la nuova fase di lavoro che si profila con gli Ottanta;

4) 1979/'80>1984/'85, avvento di una nuova fase di lavoro teatrologico, in cui si pongono le basi per la costituzione della successiva logica post-novecentesca.

Cominciamo dall'inquadramento della selezione temporale, per sgombrare il campo da qualche possibile malinteso e, comunque, accoglierne l'ambiguità come coordinata metodologica. Molti

teatrologi concordano, infatti, nel considerare unitariamente, all'interno del teatro del secondo Novecento, gli accadimenti che si manifestano negli anni Settanta e nei primi Ottanta: Marco De Marinis, ad esempio, presentando il numero di «Culture Teatrali» dedicato al Nuovo Teatro italiano, traccia una scansione temporale tripartita, che ne considera una prima fase di avvento e ascesa fra gli anni Cinquanta e i Settanta, poi una definita rispetto al fenomeno del teatro di gruppo, fra il 1970 e il 1985, per concludere con l'attuale frangente post-novecentesco. In questo contesto, la proposta di periodizzazione utilizzata dal presente studio rischierebbe di porsi in termini di contraddizione, dal momento che seleziona una porzione temporale che ne recide la parte iniziale: con una simile scelta, ad esempio, si potrebbe scindere in due momenti quello che a tutti gli effetti si può considerare un continuum socio-politico e culturale che, nel nostro Paese, va grossomodo dal movimento del Sessantotto a quello del Settantasette; per rimanere su versanti teatrali, si profilerebbe un'ipotetica (quanto storiograficamente pericolosa) spaccatura fra le ricerche della neoavanguardia internazionale post-sessantottesca e il successivo fenomeno del teatro di gruppo, naturalmente intimamente legati; e tornando invece al piano della storia della nuova teatrologia, si andrebbe a rompere il percorso – per molti versi anch'esso unitario – di incardinamento accademico e di sviluppo scientifico della disciplina. Diciamo subito che si è tentato di risolvere i rischi possibili di questa possibile “amputazione” ponendo come inizio della scansione cronologica tracciata, non tanto una fase o un momento, con le sue concordanze interne, ma un crinale: l'idea è quella di utilizzarlo, appunto, per guardarvi al di là e al di qua, come una sorta di cerniera fra le stagioni precedenti della nuova teatrologia, del Nuovo Teatro e del contesto socio-culturale italiano, e quelle successive. Il punto-limite del 1975 sarà infatti utilizzato per recuperare le linee di tendenza, i nodi problematici, l'intensità delle proposte che si manifestano in precedenza e vengono poi portati a maturazione lungo tutti gli anni Settanta.

D'altra parte, in effetti, a metà del decennio, accade veramente qualcosa che autorizza almeno in parte a tentare – in via del tutto teorica – una doppia scansione, a separare l'unitarietà – che pure abbiamo visto legittima e fondante – del lavoro teatrologico e teatrale degli anni Settanta: per restare sugli esempi citati, il movimento del Settantasette presenta dati di consistente differenza rispetto a quello del Sessantotto; le linee operative della nuova teatrologia, nei secondi anni Settanta, si affinano sensibilmente su altri piani, sia organizzativo-accademici che teorico- metodologici; e seppure il fenomeno del teatro di gruppo si sviluppi sulla base di aperture operate in precedenza, vedremo, è un oggetto storico del tutto diverso da quello in cui si potrebbero riunire le neoavanguardie nelle loro esperienze dopo il Sessantotto teatrale. Ferdinando Taviani, in proposito, ha formulato la proposta della “doppia rottura”, certo a partire dalle condizioni del Nuovo Teatro – riferendosi al dato di differenza fra le avanguardie degli anni Sessanta dal lavoro teatrale dei Settanta –, ma anche valutandola poi sul piano dei rapporti fra teoria e pratica e individuandone una maturazione in campo teorico-metodologico, che si potrebbe appunto collocare – come si vedrà – nella seconda parte degli anni Settanta e nei primi Ottanta.274

Qui, si necessita di una ulteriore premessa, su altri piani: la storia di questa fase della nuova teatrologia italiana, per come si è deciso di osservarla, intratterrà rapporti piuttosto consistenti rispetto a quella della pratica teatrale coeva, in un intreccio spesse volte inestricabile fra storia della scena e storia degli studi. Le ragioni che hanno condotto a questa scelta sono molteplici. Ma è naturalmente innanzitutto necessario nuovamente, prima di procedere, che non si tratta, qui, di

274 In particolare, Taviani affronta il nodo della “doppia rottura” in due momenti distinti: sul piano dello sviluppo dei

teatri fra anni Sessanta e Settanta, per spiegarne il dato di differenza in un convegno che si è svolto a Modena alla metà degli anni Ottanta; invece, in Inverno italiano, un testo coevo che, allo scopo di raccontare il teatro di quegli anni, ne ripercorre anche le vicende precedenti, ne valuta l'impatto in campo teorico e storiografico, adducendo a sostegno alcune opere teatrologiche pubblicate nei primi anni Ottanta (confermando, poi, fra l'altro, l'ipotesi di Gerardo Guccini sulla rottura post-novecentesca e la relativa richiesta di nuovi strumenti teorici). Ci sarà modo, lungo tutto il capitolo, di tornare abbondantemente su entrambi i livelli della questione. F. Taviani, Cavaliere di

ipotizzare un sistema di crediti e influenze presso l'uno o l'altro versante – che certo, indubbiamente, sono di volta in volta presenti –, quanto piuttosto di individuare una serie di nodi, di punti di contatto, utili per tentare di ricostruire la natura del dibattito in corso sulla scena e negli studi in questo periodo. La particolare prossimità che li lega e che ne caratterizza il rapporto, a questa altezza cronologica, autorizza a maggior ragione un tentativo di questo tipo; che però, appunto, non mira a rintracciare precisamente le modalità e le specificità di tale dimensione relazionale, ma invece intende utilizzarne le tracce per lasciar emergere il contesto in cui si sviluppa e si consolida la nuova teatrologia italiana di fine Novecento.

Le motivazioni che hanno spinto a una scelta storiografica di questo tipo saranno presentate e analizzate nel dettaglio nel capitolo dedicato alla ricostruzione delle vicende che hanno segnato questa fase degli studi, ma si preferisce anticipare, per ora, che quello del crinale fra gli anni Settanta e Ottanta è un passaggio che vede intensità e qualità del tutto peculiari di coinvolgimento della nuova teatrologia nei processi e nelle vicende della pratica teatrale: in questo momento, il dato iniziale, genetico che caratterizza gli studi teatrali fin dalla loro rifondazione, assume una rilevanza centrale, a volte epistemologica; è un mutamento che è necessario affrontare, sia per comprendere fenomeni appartenenti al processo di strutturazione e diffusione accademica della disciplina, che per valutarne alcune trasformazioni sul piano scientifico. Naturalmente, il livello dei rapporti fra teoria e pratica, e specificamente quello delle tendenze in atto sul versante della ricerca teatrale, saranno richiamati esclusivamente laddove particolarmente significativi e utili ad integrare la ricostruzione storiografica e l'analisi della produzione scientifica della nuova teatrologia, rispetto a cui si configurano, infatti, nei termini di un supporto prezioso, capace di contribuire alla loro comprensione, contestualizzazione e messa in prospettiva.

Il momento in cui si conclude questa storia, infatti, è un altro crinale, quello che abbiamo voluto inquadrare negli anni 1984 e 1985, sempre nel contesto della proposta di scansione temporale avanzata da Marco De Marinis per quanto riguarda le vicende del Nuovo Teatro.275 È lì che lo

studioso situa, sempre in via teorica, il momento della conclusione delle esperienze che si possono unitariamente considerare nel contesto del Novecento teatrale; ed è lì che, come vedremo, il processo di verifica delle proposte della nuova teatrologia, così come sono state formulate nella fase della sua rifondazione, il loro assestamento e compimento, che si svolge lungo tutti gli anni Settanta, si converte nel profilarsi di una vera e propria ridefinizione del paradigma disciplinare (per certi versi certo già in opera, seppure non esplicitamente, anche nel decennio che ci apprestiamo ad osservare). Anche da questo crinale sarà possibile guardare contestualmente al passato e al futuro della nuova teatrologia, non certo per forzarne la complessità degli sviluppi entro linee a rischio di un certo determinismo – rischio che pure esiste, è bene dirlo subito –, quanto piuttosto per tentare di valutare insieme i nodi di rottura e quelli di persistenza, le linee che legano il passaggio fra anni Settanta e Ottanta alla tradizione degli studi e della disciplina e i punti invece che ne emergono come istanze di ridefinizione e rinnovamento.

Questa linea di ragionamento ci conduce in modo piuttosto diretto al piano, invece, dell'articolazione interna della scansione temporale che qui si propone di osservare: al suo centro, si è voluto collocare un altro crinale, quello che separa anche a livello cronologico i due decenni. L'intenzione, non è solo quella di rispettare, appunto, una periodizzazione tradizionalmente accettata, quanto piuttosto di rendere conto dello scarto che separa i due momenti, come abbiamo visto davvero di difficile giustapposizione sul piano teorico e storico; e nemmeno quella – che comunque si vuole qui precisare – di riprendere le scansioni teatrologiche comunemente condivise rispetto al teatro del secondo Novecento. L'opportunità, utilizzando gli indizi che provengono, come vedremo, tanto dalla pratica teatrale che dalla produzione teatrologica e infine in parte anche dai

275 Cfr. almeno M. De Marinis, In cerca dell'attore. Un bilancio del Novecento teatrale, Bulzoni, Roma 2000, p. 11.

Sulla questione del crinale post-novecentesco ci sarà modo di tornare sistematicamente nei capitoli centrali della tesi.

rivolgimenti che andavano maturando più in generale nella cultura umanistica internazionale, è soprattutto quella di rintracciare delle linee di possibile continuità fra gli anni Settanta e gli Ottanta, pur valorizzandone l'intensità della differenza, per provare a comprendere la qualità dello scarto nella sua interezza e complessità.

La scelta di questa articolazione interna della periodizzazione, con l'individuazione di un nodo di congiuntura sul crinale fra i due decenni, è infine legata direttamente anche alle modalità di sviluppo del processo di consolidamento della nuova teatrologia, che – come vedremo – sembra manifestarsi attraverso almeno due differenti ordini di fenomeni, che, insieme, vanno a comporre il disegno del suo processo di radicamento all'interno dell'università italiana:

1) da un lato, a partire dalla metà degli anni Settanta, si assiste alla costituzione di numerosi poli di attività, sia con il radicamento di quelli che abbiamo definito primi “focolai” di attenzione teatrale, che con l'innesto di nuove strutture;

2) dall'altro, in termini più trasversali, si osserva un'opera di stabilizzazione e crescita degli strumenti della neonata disciplina all'interno dello scenario accademico italiano, che si manifesta dagli inizi degli anni Ottanta.

Il primo livello, in particolare, vede un consistente diffondersi dei centri di attività teatrologica lungo tutta la penisola: assieme al consolidamento delle strutture che abbiamo già visto all'opera nei decenni precedenti – Roma e Milano, poi Bologna, Torino e Firenze –, si attivano e strutturano insegnamenti di storia del teatro e dello spettacolo anche in altre località (Napoli, Padova) e in zone convenzionalmente considerate periferiche (Lecce, Pescara, Cagliari) rispetto ai centri di attenzione teatrologica ormai noti e ai coevi circuiti teatrali. Tale dato – che comprende anche, naturalmente, la formazione di nuovi allievi e studiosi – si può leggere in relazione anche alla straordinaria diffusione di attenzione per il teatrale che si manifesta lungo tutti gli anni Settanta, presso contesti e ambienti di tutt'altra afferenza. Il secondo nodo, invece, fa riferimento a un processo di sviluppo degli strumenti accademici e scientifici della nuova teatrologia. Nei primi anni Ottanta, infatti, si assiste, assieme al processo di strutturazione degli incarichi e degli insegnamenti, alla progressivo affinamento dei suoi strumenti scientifici e accademici (si è fatto l'esempio dell'inaugurazione del filone editoriale della manualistica di settore e dell'apertura del campo della pubblicistica periodica specializzata).

Prima e dopo il crinale del 1980 si situano, dunque, da un lato, la seconda parte degli anni Settanta, in cui maturano istanze già all'opera tanto nella pratica che negli studi teatrali, che vengono portate a compimento anche con l'emersione di proposte inedite, che si porranno a premessa delle vicende successive; dall'altro, si trova la prima degli Ottanta, che, accogliendo fra le altre,276 l'indicazione

metodologica di Gerardo Guccini, tenteremo di recuperare e reinserire nel continuum storiografico del secondo Novecento, valorizzandone anche qui, allo stesso tempo, la dimensione congiunturale che condurrà poi la nuova teatrologia alla sua fase post-novecentesca.

Outline

Documenti correlati