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A LLE ORIGINI DELLA NUOVA TEATROLOGIA ITALIANA P RIMI “ FOCOLAI ” DI ATTENZIONE

1. O RIGINI DELLA NUOVA TEATROLOGIA

1.2 CRONACHE: LA (RI)FONDAZIONE DELLA DISCIPLINA.

1.2.0 A LLE ORIGINI DELLA NUOVA TEATROLOGIA ITALIANA P RIMI “ FOCOLAI ” DI ATTENZIONE

La copiosità dei riferimenti a una stagione precedente e l'insistenza con cui gli studiosi – tanto nelle conversazioni che nei casi in cui si trovano pubblicamente a descrivere la propria genealogia disciplinare – vi intendono tornare obbligano, prima di procedere alla ricostruzione delle vicende che hanno presieduto l'origine e lo sviluppo della nuova teatrologia, in quello che è riconosciuto come il momento della sua rifondazione fra anni Sessanta e Settanta, a fare un passo indietro, vale a dire uno sforzo di osservazione ulteriore capace di comprendere, nella narrazione di queste vicende anche una serie di eventi pionieristici risalenti almeno ai primi decenni del secolo, per rendere conto di quella che abbiamo definito, con Raimondo Guarino, una «consapevolezza metodologica» legata a una «tensione storiografica già esistente».

Abbiamo già introdotto, nel capitolo precedente, la figura di Max Herrmann: filologo germanista, esperto medievista e di studi rinascimentali, è comunemente considerato il fondatore della teatrologia moderna, primato giustamente conferito sia per ragioni cronologiche – tiene la sua prima lezione di storia del teatro nel 1900 – che per lo spessore delle sue intuizioni e per l'operosità della sua attività accademica; tuttavia, la nascita della theaterwissenschaft, a inizio Novecento in area mitteleuropea, è un fenomeno di gestazione ampio e complesso, per cui, più che del lavoro di una persona, è necessario tenere conto dell'opera di un intero gruppo di studiosi impegnato, in diversi centri di ricerca, nella costituzione degli studi teatrali come disciplina accademica. È utile richiamare brevemente i termini di questa impresa fondativa poiché, a posteriori, è qui che è possibile individuare i tratti salienti della teatrologia novecentesca; nonostante la sua portata sia stata in parte compromessa dall'avvento dei totalitarismi europei e dai massacri delle guerre – di origine ebraica, Herrmann stesso perirà in un lager nazista, mentre quasi tutti i suoi colleghi ed allievi saranno costretti a emigrare –, il solco tracciato dagli studiosi tedeschi viene ripreso alla conclusione del secondo conflitto mondiale, andando a rappresentare una premessa sostanziale per gli sviluppi successivi. Se è vero che il primato attraverso cui vengono poi recuperate le conquiste di questa prima generazione di studiosi va ritrovato soprattutto nelle loro indicazioni di carattere teorico-metodologico – oltre allo svincolamento dell'oggetto di studio dall'egemonia letteraria, anche il tentativo di una fondazione scientifica della nuova disciplina, attraverso gli strumenti della filologia e, non ultimo, con l'apporto delle avanguardie delle scienze umane coeve, lo si vedrà nella prossima sezione dedicata più strettamente agli sviluppi metodologici impliciti nella ridefinizione dell'oggetto di studio della neonata teatrologia –, va altrettanto segnalato che la rottura sostanziale operata dai theaterwissenschaftler tedeschi a inizio Novecento osserva ricadute altrettanto fondamentali sul piano istituzionale e accademico. La novità della teatrologia tedesca, infatti, si ritrova anche nell'idea di istituire strutture indipendenti, all'interno dell'università, dedicate allo studio e alla ricerca teatrali. Le prime lezioni della nuova materia, in Germania, si danno proprio nel 1900, a Jena e Berlino, rispettivamente ad opera di Hugo Dinger – che terrà anche il primo insegnamento vero e proprio nel 1914, nella medesima università – e Max Herrmann, che riuscirà pochi anni dopo anche a fondare il primo dipartimento specificamente dedicato.74 Dunque, il dato di

differenza che distingue l'opera dei primi teatrologi tedeschi non si rinviene esclusivamente nella

74 L'informazione è tratta da un saggio di Michael L. Quinn che si propone di localizzare il contributo e il ruolo di

questa primissima stagione degli studi all'interno degli sviluppi novecenteschi delle teatrologie occidentali. Cfr. Michael L. Quinn, Theaterwissenschaft in the History of Theatre Studies, «Theater Survey», 32.2, novembre 1991, p. 124.

portata innovativa della loro produzione scientifica, ma – a differenza di esperienze precedenti – si ritrova nell'intenzione, esplicita e dichiarata, di definire la studio dello spettacolo come disciplina accademicamente autonoma, obiettivo che il gruppo perseguirà sistematicamente nei primi decenni del Novecento: Herrmann fonda nel 1902 la Gesellschaft für Theatergeschichte (Società per la storia del teatro, la prima associazione nazionale di questo tipo a riunire ufficialmente gli studiosi tedeschi) e, a Berlino nel 1923, il Theaterwissenschaftliches Institut presso l'università cittadina – seguiranno a breve dipartimenti simili nelle università di Colonia, Kiel, Monaco e Vienna –, che rappresentano due modelli di riferimento per le altre teatrologie nazionali, che di lì a poco cominceranno ad emergere anche altrove.75 Il primato della theaterwissenschaft tedesca, dunque,

oltre la produzione dei suoi studiosi, è quello di aver voluto immaginare l'autonomia e la specificità degli studi teatrali: Herrmann, in particolare, «was the first of the modern group to address specific concerns for theatre study as a distinct discipline»,76 ipotesi testimoniata con forza anche dai copiosi

contributi teorici prodotti dagli studiosi stessi.

Si può dire che qualcosa di simile accada, nei decenni successivi, anche nelle altre teatrologie nazionali. Per quanto riguarda la storia della nascita degli studi teatrali come disciplina accademica, il fenomeno si manifesta quasi contemporaneamente in due diversi centri, a metà degli anni Cinquanta: Mario Apollonio è titolare della cattedra di Storia del teatro dal 1955 all'Università Cattolica di Milano; e, nonostante Giovanni Macchia, a Roma, sia incaricato dell'omonimo insegnamento diversi anni più tardi (nel 1961), i rapporti fra l'università capitolina e la disciplina, nei termini di un progressivo avvicinamento istituzionale, vanno retrodatati almeno al 1952, con l'attribuzione della direzione dell'Istituto del Teatro di ateneo allo stesso Macchia.

Presso questi due centri – lo vedremo a breve –, nel corso degli anni Sessanta, si fonda e si forma la nuova teatrologia italiana, ma, oltre a questi due casi per così dire accademicamente ufficializzati, è necessario rilevare altri “focolai” di interesse:77 individuati attraverso l'osservazione degli ambienti

di formazione della prima generazione di teatrologi italiani, questi altri centri, non ancora strutturati, manifestano il loro ruolo attraverso occasioni seminariali, declinazioni di insegnamenti altri, tesi di laurea. Si possono comprendere in quest'area, almeno: l'Università di Padova, che, oltre a un centro teatrale attivissimo presso cui si forma, negli anni Cinquanta, uno studioso come Ludovico Zorzi, vede anch'essa l'attribuzione di uno dei primi insegnamenti che dà vita a un ambiente in cui, assieme a Giuseppe Flores d'Arcais e, poi, Giovanni Calendoli, si è formato Umberto Artioli; la figura di Benedetto Marzullo, grecista, a Bologna – al cui magistero si è formato Marco De Marinis –, che all'inizio degli anni Settanta fonderà il primo corso di studio specificamente dedicato, fra l'altro, allo studio del teatro, il corso in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo

75 August Rondel fonda l'omologa associazione francese nel 1932 (Société d'Histoire du Théâtre), nel '48 vede la luce

la britannica (Society for Theatre Research), nel '56 la statunitense (American Society for Theatre Research). Per un'analisi del ruolo fondativo della theaterwissenschaft tedesca e della sua assunzione a modello di riferimento (anche per quanto riguarda la costituzione di strutture e centri di insegnamento e ricerca) dalle altre successive teatrologie internazionali, cfr. Ron Vince, Theatre History as an Academic Discipline, in Thomas Postlewait, Bruce A. McConachie (eds.), Interpreting the Theatrical Past. Essays in the Historiography of Performance, University of Iowa Press, Iowa City 1989, pp. 1-18.

Ci sono, in ogni caso, importanti precedenti in altre nazioni europee, rilevabili almeno dalla fine dell'Ottocento: Cristina Grazioli, in un saggio dedicato ai rapporti fra la nascita della theaterwissenschaft e l'avvento della regia, rinviene tali precedenti in contesto anglosassone (ad Harvard e Yale, nel 1895) e francese (alla Sorbonne nel 1896). Tuttavia, integrando il discorso con casi ancora precedenti nel Settecento europeo, riconosce i termini del primato dell'esperienza tedesca, proprio per l'esplicita programmaticità e unitarietà del suo progetto. Cfr. C. Grazioli, La

Theaterwissenschaft e la nascita della regia nei paesi di lingua tedesca, in Roberto Alonge (a cura di), La regia teatrale. Specchio delle brame della modernità, Edizioni Di Pagina, Bari 2007, pp. 33-65.

76 «[...] fu il primo del nuovo gruppo ad affrontare le questioni specifiche legate agli studi teatrali come disciplina

autonoma». M. L. Quinn, Theaterwissenschaft in the History of Theatre Studies, cit., p. 126.

77 Si utilizza il concetto di “focolai” così come l'ha sviluppato Mirella Schino nei confronti degli studi teatrali italiani,

che sono oggetto della sua opera di ricognizione storiografica Profilo del teatro italiano. Dal XV al XX secolo, Carocci, Roma 1995, p. 18.

(Dams); la cattedra di Giovanni Getto a Torino (dove si formano Guido Davico Bonino, Roberto Alonge, Roberto Tessari, Gigi Livio); quella di Lanfranco Caretti a Firenze (maestro di Siro Ferrone). In entrambe questi ultimi due ambienti, è necessario segnalarlo, ha transitato il magistero di Ludovico Zorzi, che – all'epoca alla guida del Centro Culturale Olivetti di Ivrea e collaboratore, fin dai tempi dell'università, dell'allora direttore dello Stabile piemontese, Gianfranco De Bosio – inaugura il suo insegnamento accademico con una serie di seminari a Torino, fra il '65 e il '69, presso la cattedra di Getto a Lettere, che poi si inquadra in un insegnamento vero e proprio a Magistero (con corsi che, fra il '70 e il '72 combinavano lo studio della Commedia dell'Arte a seminari su Brecht); parallelamente, Zorzi tiene seminari presso la cattedra di Caretti, che ne determina nel '72 il definitivo trasferimento a Firenze.78 Questi “focolai” di attenzione, tutti attivi fra

gli anni Cinquanta e Sessanta, condividono, pur nelle loro diverse declinazioni, l'afferenza al campo della filologia e della critica letterarie – in quasi tutti i casi italiane, fatta eccezione per Giovanni Macchia che si occupa di francesistica –, ma è altrettanto essenziale tracciare la rilevanza di un'esperienza di eccezionale differenza, come quella dell'insegnamento di Carlo Ludovico Ragghianti, storico dell'arte presso il cui magistero pisano si è formato Cesare Molinari.

È importante rilevare la varietà e la specificità di queste prime fondanti esperienze, ma, allo stesso tempo, è d'obbligo notarne i punti di possibile condivisione, cui in parte si è già accennato. In questo senso, non si tratta solo della riconoscibilità della possibile ricorrenza di aspetti che possono fare capo a un comune quanto generico zeitgeist – come ad esempio quello descritto poco sopra nei termini di una diffusione di attenzione per il teatro in alcuni centri di studi letterari –, ma occorre rendere conto anche dell'esistenza di concreti eventi di messa in relazione di quei diversi “focolai di attenzione”: si è già detto dell'itinerario compiuto da Ludovico Zorzi fra la cattedra di Getto a Torino e quella di Caretti a Firenze nella seconda metà degli anni Sessanta; è interessante, in proposito, aggiungere che diverse testimonianze di quella prima generazione di studiosi legano l'istituzione dell'insegnamento di Storia del teatro e dello spettacolo all'interno dell'ateneo romano (poi assunto da Giovanni Macchia) a un complesso processo di introduzione della materia nell'università che fa capo a Mario Apollonio.

Il riconoscimento di questa duplice condizione – l'indipendenza dei singoli centri di ricerca, da un lato e, dall'altro, una serie di punti di condivisione di diversa natura che autorizzano l'ipotesi circa l'esistenza di una prima comunità scientifica, dunque anche di un progetto unitario, seppure preliminare, di fondazione della disciplina – non è doveroso solo per rendere conto del processo di gestazione della teatrologia italiana nella sua complessità, ma è utile anche per comprenderne le dinamiche successive che, seppure declinate secondo altri obiettivi e condizioni, ripresentano con insistenza aspetti simili a questa situazione originaria che vede integrare dati di relativo isolamento con elementi di risonanza notevoli.

Questo per quanto riguarda i primi passi, all'interno dell'università italiana, della storia del teatro e dello spettacolo. Nonostante questa parte, si è detto, sia dedicata esclusivamente alla storia della disciplina – mentre la produzione scientifica della nuova teatrologia italiana sarà affrontata nella prossima sezione nel contesto della più ampia storia degli studi –, è necessario includervi anche altre tipologie di fenomeni, non soltanto limitati alla dimensione accademica né esclusivamente ai territori della teoria e della storia. Come vedremo, l'insegnamento degli studiosi di letteratura – cui spetta il merito, fra l'altro, di aver predisposto le condizioni per l'ingresso della storia del teatro nell'università – si combina, nella genealogia degli studi teatrali italiani, con apporti non secondari di critici e artisti, oltre che delle esperienze pionieristiche di alcuni studiosi coinvolti a vario titolo in argomenti teatrali, e, comunque, di una serie di figure difficilmente inquadrabili con precisione nell'una o l'altra categoria.

78 Per la ricostruzione del processo di introduzione di Ludovico Zorzi nell'università cfr. il colloquio concesso

all'autrice da Roberto Alonge (sull'esperienza presso l'ateneo torinese) e, almeno, l'agile ma completa ricostruzione biografica curata da Stefano Mazzoni su «Drammaturgia»: S. Mazzoni, Ripensando Ludovico Zorzi, «Drammaturgia.it», 23 giugno 2007.

In questo contesto, giocano un ruolo non secondario anche esperienze laterali, che si sviluppano sempre nel senso di fondare scientificamente lo studio del teatro, ma non all'interno degli studi universitari (con cui pure, lo vedremo, intrattengono rapporti diretti affatto marginali): è una condizione liminale, si potrebbe dire eccentrica, che non permette di essere trattata come a se stante, nonostante non appartenga pienamente all'ambiente accademico. Fra queste esperienze, sempre nel contesto delle peculiarità che definiscono l'anomalia italiana, spicca l'esperienza dell'Enciclopedia dello Spettacolo, voluta da Silvio d'Amico negli anni Quaranta: gli approcci innovativi, l'unitarietà del progetto, la sua ambizione e il suo ruolo culturale; le persone che l'hanno creata, che vi hanno contribuito e che l'hanno frequentata per la sua decina d'anni di vita, vedremo, hanno svolto un ruolo primario in direzione della concezione di una nuova storia del teatro e dello spettacolo globale, scientificamente fondata, aperta e internazionale – tutti elementi che, evidentemente, hanno contribuito a preparare il terreno per una diversa considerazione degli studi teatrali nel contesto delle scienze storiche, umane e letterarie, ponendo le basi per il processo di autonomizzazione che, di lì a poco, li avrebbe svincolati dalle tradizionali posizioni marginali e ancillari rispetto all'egemonia letteraria.

1.2.1 PRIMIMOVIMENTINEGLIANNI SESSANTA. L'INAUGURAZIONEDELPROCESSODIRIFONDAZIONEFRA

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