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U NA NUOVA STORIA DEL TEATRO F RA OGGETTI INEDITI , RIGORE STORICO E MULTIDISCIPLINARITÀ Per affrontare questa fase cruciale di transizione, che pone a tutti gli effetti le basi per poter definire

1. O RIGINI DELLA NUOVA TEATROLOGIA

1.3 LE TRASFORMAZIONI DELL'OGGETTO DI STUDIO.

1.3.2 U NA NUOVA STORIA DEL TEATRO F RA OGGETTI INEDITI , RIGORE STORICO E MULTIDISCIPLINARITÀ Per affrontare questa fase cruciale di transizione, che pone a tutti gli effetti le basi per poter definire

il processo di rifondazione degli studi teatrali in Italia, è sufficiente affrontare i primi contributi eminentemente storici e storiografici di questi primi studiosi.

Le nozze degli dèi,169 uno dei primi studi pubblicati da Cesare Molinari in contesto strettamente

storico-teatrale, viene assunto da Mirella Schino come opera-chiave per comprendere questo passaggio:

167 Si veda, in particolare, l'analisi della nozione e del dispositivo del “grottesco” nel teatro di Mejerchol'd, che Taviani,

in un suo studio sul tema, rileva in rapporto, fra l'altro, con una «non arbitraria immaginazione intorno ai comici dell'arte».

Cfr. Ferdinando Taviani, Un vivo contrasto. Seminario su attrici e attori della Commedia dell'Arte, «Teatro e Storia», I, 1, ottobre 1986, p. 27.

168 F. Marotti, La scena di Adolphe Appia, cit., pp. 7-8.

«È con questo libro che in Italia si pongono le basi per un dibattito su quale sia l'oggetto di studio della storia del teatro: se lo studio del dramma, com'era stato prevalentemente fino a quel momento, oppure sullo spettacolo equiparato a un'opera d'arte visiva in movimento (visione per la quale diventa fondamentale la regia, o lo spettacolo barocco, come creazione di opere d'arte unitarie complesse e progettate, a differenza degli spettacoli del teatro d'attore)».170

In effetti, alla sua pubblicazione nel 1968, Le nozze degli dèi, è uno dei primi lavori che propone l'applicazione dei nuovi stimoli teorico-metodologici che abbiamo osservato emergere nell'area degli studi di regia, in un campo più specificamente legato alla storia del teatro e dello spettacolo. Molinari propone un'indagine della forma “a grande spettacolo”, vale a dire del melodramma, all'interno della teatralità barocca attraverso un itinerario che ne ricostruisce le modalità, le estetiche e i contesti fin dalle sue dinamiche generative cinquecentesche, attraverso un rigoroso intreccio documentario che affianca fonti letterarie e iconografiche, materiali di stretta afferenza teatrale e testimonianze di altra provenienza, documenti pertinenti al processo di creazione e di fruizione. L'analisi dettagliata dei differenti livelli implicati costitutivamente in tale forma spettacolare (il luogo e lo spazio, la mimica e la gestualità, ecc.) e la contemporanea assunzione di una prospettiva unitaria, che tratta parimenti i diversi aspetti (artistici, letterari, musicali, ecc.) e i loro intrecci, sembra rimandare piuttosto direttamente all'impostazione teorico-metodologica che abbiamo osservato generarsi qualche anno prima, all'epoca dell'incontro fra lo studioso e la nozione di regia – non a caso, in un così rigoroso libro su una forma teatrale barocca, Molinari, laddove necessario, rimanda esplicitamente a Craig o a Max Reinhardt, come a confermare la pregnanza di tale dimensione di relazione.171 L'innesto di queste prospettive teorico-metodologiche sulle minuziose

ricerche documentarie che sono oggetto della ricerca vanno a tracciare il segno distintivo, non solo di questo importante studio di Molinari, ma, più in genere, dei primi lavori pubblicati dal gruppo e, in effetti, a stabilire le basi del primo passo ufficiale, unitario e programmatico del processo di rifondazione della teatrologia italiana. Perché tale processo non consiste esclusivamente nel porsi di nuove basi epistemologiche – abbiamo visto come questi elementi si manifestino già con chiarezza nella produzione teatrologica dei primi anni Sessanta –, quanto piuttosto perché in questo momento tali intuizioni fondanti si riversano all'interno del campo della ricerca più strettamente storica e vengono sperimentate in quanto pratiche della nuova teatrologia italiana.

A detta di Ferruccio Marotti,172 Le nozze degli dèi proviene da quel laboratorio di pensiero e cultura

teatrale detto delle Isole Pelagie, che si organizzò a Roma, nella seconda metà degli anni Sessanta,

170 M. Schino, Profilo del teatro italiano, cit., p. 94.

171 Molinari già nel suo lavoro precedente, dedicato alla spettacolarità rinascimentale, ricorreva a chiari riferimenti alla

pratica teatrale, in particolare legati alle vicende della regia: interessante notare come, già a quest'altezza, lo studioso annoveri questo tipo di esempi fra le “fonti” necessarie per affrontare un problema di chiara afferenza storico- teatrale, richiamando, nello specifico, gli allestimenti primonovecenteschi rispettivamente di Luigi Rasi (Firenze, 1917) e di Tatiana Pavlova (Padova, 1937): «Questa breve rassegna dei più interessanti risultati che sono stati raggiunti sullo scabroso problema di cui ci interessiamo non sarebbe però completa, se trascurassimo di ricordare che negli ultimi cinquant'anni si sono effettuati alcuni tentativi di ricostituire in termini effettivi, cioè in termini teatrali, la scena delle Sacre Rappresentazioni» (p. 65).

Il contesto, fra l'altro, è quello del capitolo dedicato alla ricostruzione delle vicende storiografiche dell'oggetto di studio (dove si fa riferimento, naturalmente, soprattutto a storici e studiosi); Molinari così, nel disegnare la genealogia storico-teatrale del proprio oggetto, va originalmente a intrecciare contributi più strettamente storico- teorici con altri scenico-pratici, proponendo così il profilo di una tradizione di studi “mista”, capace di accogliere le diverse intensità di studio e di ricerca proprie della storia e della pratica. C. Molinari, Spettacoli fiorentini del

Quattrocento. Contributi allo studio delle sacre rappresentazioni, Neri Pozza, Venezia 1961.

172 «Molinari veniva da studi di arti figurative che mi hanno molto affascinato. Infatti, cercai di coinvolgerlo anche nel

lavoro per Il Saggiatore: lui fece anche qualcosa di trattatistica, da cui poi si sviluppò il suo libro Le nozze degli

dèi».

intorno al progetto di costruzione di una storia documentaria del teatro italiano per Il Saggiatore di Alberto Mondadori. Riprendendo la riflessione di Daniele Seragnoli su questa prima fase della teatrologia italiana, è possibile tracciare un elenco di quei libri-chiave che, prodotti fra gli anni Sessanta e Settanta, erano destinati a trasformare in profondità il profilo della neonata disciplina: nel 1961, Cesare Molinari pubblica Gli spettacoli fiorentini del Quattrocento e Ferruccio Marotti il suo libro su Gordon Craig; nel 1966 – anno in cui vede la luce lo studio su Appia di Marotti per Cappelli – nasce, co-diretta dai due studiosi, la collana “Biblioteca Teatrale” per i tipi di Bulzoni: nel suo anno inaugurale pubblica Amleto o dell'Oxymoron dello stesso Marotti e, poco dopo, Le nozze degli dèi di Molinari (1968), La fascinazione del teatro di Ferdinando Taviani (1969) e il Copeau di Fabrizio Cruciani (1971), nel medesimo anno in cui si inaugura la rivista «Biblioteca Teatrale», su cui troveranno spazio gli studi di questo ambiente di ricerca. Alla stessa altezza cronologica, Cruciani dà alle stampe Il teatro del Campidoglio (1968) e Claudio Meldolesi Gli Sticotti (1969). Infine, nel 1974 Ferruccio Marotti pubblica i suoi Lo spettacolo dall'Umanesimo al Manierismo e Lo spazio scenico.173 All'elenco predisposto da Seragnoli, si potrebbero aggiungere

almeno i lavori marottiani su Flaminio Scala e Leone de' Sommi e quello di Taviani sulla Supplica del Barbieri.174

Determinante notare come queste opere-chiave, dal consistente spessore teorico-critico e di fondante portato storiografico ed epistemologico, appartengano tutte al medesimo ambiente di studio (quello innescato dal rapporto fra Marotti e Molinari, anche nella sua successiva declinazione romana) e, in particolare, come buona parte di esse condivida anche la propria origine all'interno di uno stesso progetto di ricerca (l'opera di storia documentaria per Il Saggiatore).175

Tutti questi studi, in effetti, provengono, in un modo o nell'altro da quell'ambiente di studio che, presso la Facoltà di Lettere di Roma, si è coagulato intorno al magistero di Giovanni Macchia e all'operato di Ferruccio Marotti, in precedenza riassunto (attraverso le testimonianze degli studiosi) con la formula di “studio delle Isole Pelagie”, dal nome della via dove si trovava l'appartamento affittato dal gruppo romano inizialmente per lavorare al progetto Fonti e documenti per la storia del teatro italiano diretto da Marotti con Alessandro d'Amico fra il 1963 e il 1968.

173 C. Molinari, Spettacoli fiorentini del Quattrocento, cit.; F. Marotti, Edward Gordon Craig, cit.; Id., La scena di

Adolphe Appia, Cappelli, Bologna 1966; Id., Amleto o dell'Oxymoron. Studi e note sull'estetica della scena moderna, Bulzoni, Roma 1966; C. Molinari, Le nozze degli dèi, cit.; Ferdinando Taviani, La commedia dell'arte e la società barocca. La fascinazione del teatro, Bulzoni, Roma 1969; Fabrizio Cruciani, Jacques Copeau o le aporie del dramma moderno, Bulzoni, Roma 1971; Id., Il teatro del Campidoglio e le feste romane del 1513, Il Polifilo,

Milano 1968; Claudio Meldolesi, Gli Sticotti. Comici italiani nei teatri d'Europa del Settecento, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1969; F. Marotti, Storia documentaria del teatro italiano. Lo spettacolo dall'Umanesimo al

Manierismo. Teoria e tecnica, Feltrinelli, Milano 1974; Id., Lo spazio scenico. Teorie e tecniche scenografiche in Italia dall'età barocca al Settecento, Bulzoni, Roma 1974.

L'elenco delle pubblicazioni della nuova teatrologia fra il 1961 e il 1974 è stilato da Daniele Seragnoli in Elogio del

disordine, cit., pp. 356-357.

174 L'integrazione è d'obbligo anche rispetto all'oggetto di studio qui preso in esame: nel loro complesso, i volumi citati

in aggiunta fanno parte a tutti gli effetti del lavoro di ricerca per il progetto Fonti e documenti per la storia del

teatro italiano del Saggiatore e vanno a costituire, singolarmente, oggetti di indagine di primaria importanza per

comprendere il lavoro dei primi teatrologi a questa altezza cronologica. F. Marotti (a cura di) – Leone de' Sommi,

Quattro dialoghi in materia di rappresentazioni sceniche, Il Polifilo, Milano 1971; Id. (a cura di) – Flaminio Scala, Il teatro delle favole rappresentative, 2 voll., Il Polifilo, Milano 1976; F. Taviani (con studio critico, note e varianti

di) – Nicolò Barbieri, La supplica, discorso famigliare a quelli che trattano de' comici, Il Polifilo, Milano 1971.

175 Nonostante la diffusa ricorrenza, nelle testimonianze degli studiosi, all'impresa seminale delle Fonti e documenti del

Saggiatore e la chiara concordanza di queste prime pubblicazioni con le aree tematiche e l'approccio connessi a quel progetto, è doveroso notare che, nei libri presi in esame non se ne fa cenno (probabilmente per la già avvenuta conclusione dell'operazione, visto che le prime pubblicazioni sono del 1968/'69), ma si rinvia invece ovunque – ad eccezione delle Nozze di Molinari – al programma del Centro Nazionale delle Ricerche Il teatro dall'Umanesimo al

Settecento, che si svolge all'Istituto del Teatro dell'Università di Roma con la direzione di Giovanni Macchia, di cui

A questo “laboratorio del pensiero teatrale” – per riprendere la definizione di Franco Ruffini – partecipa, si è detto, una nuova generazione di studiosi, all'epoca studenti o appena laureati in Storia del teatro e dello spettacolo presso il magistero romano di Giovanni Macchia. Il progetto, articolato in diversi volumi, divide i documenti in alcune sezioni – «le teorie e le tecniche dello spettacolo», «gli scritti di poetica e polemiche», «i documenti della vita teatrale» – in cui erano specificamente all'opera i giovani teatrologi: secondo la testimonianza di Ferruccio Marotti, in particolare, egli stesso si occupava di «scritti di teoria e tecnica dello spettacolo» (poi con il coinvolgimento, abbiamo visto, di Franco Ruffini), Fabrizio Cruciani «di curare i tomi relativi alla vita teatrale nell'Umanesimo e nel Rinascimento, a cominciare da Roma e Firenze», Johann Drumbl della «vita teatrale nel Medioevo», Ferdinando Taviani di «scritti di poetica e polemiche sul teatro dal Rinascimento al Settecento».176

Come recita anche il titolo del progetto, nel lavoro degli studiosi, l'accento è posto sulla ricerca di fonti e documenti originali, processo che condurrà nella maggior parte dei casi a nuove acquisizioni storiografiche o, addirittura, a una profonda revisione di quelle tradizionalmente accettate, delle categorie già date e delle prospettive prestabilite – una vera e propria rifondazione degli studi teatrali, che poggia su solide basi storico-filologiche e si dimostra capace di rimuovere le successive incrostazioni interpretative che consegnavano la storia del teatro e dello spettacolo all'orizzonte teorico-metodologico degli anni Sessanta. Lo scopo, infatti, – la testimonianza è ancora una volta di Marotti – è quello di realizzare un'«opera su cui confrontarsi direttamente coi documenti, al di là delle letture troppo spesso insufficienti della storiografia accreditata».177

Ricorda Ferdinando Taviani:

«Studiavo in maniera nuova, studiavo cose che la gente non studiava: basta con il ripetere le solite cose che si sono sempre dette nei manuali, occorreva vedere cos'era stato scritto nei documenti e occuparsi del teatro al di là dei testi.... le Isole Pelagie era questo».178

Purtroppo, il progetto delle Fonti e documenti per la storia del teatro italiano non va a buon fine e l'idea dell'articolazione unitaria in più volumi si arena intorno al 1968, in coincidenza a una serie di vicende che intrecciano le condizioni di ambiziosità dell'opera alla morte di Arnoldo Mondadori e alla separazione del Saggiatore, dunque a un suo consistente cambiamento di linea e atteggiamento, nonché alla coeva situazione “prefallimentare” dell'editore.179 Ovviamente, si è visto che non si

conclude qui la storia dello studio delle Isole Pelagie, ma, in realtà, nemmeno quella del progetto. E, anzi, questa vicenda, nel ricordo degli studiosi, sembra anch'essa contribuire a suo modo al fermento epistemologico di quei primi anni di ricerca storico-teatrale. Per tentare di soddisfare le

176 Le informazioni sull'articolazione del progetto Fonti e documenti per la storia del teatro italiano sono disseminate

in repertori documentari differenti, fra le fonti orali e le testimonianze dirette, riferimenti dei singoli studiosi in testi legati o meno al progetto, ulteriori analisi della vicenda operate da esterni (tesi di laurea, ecc.). All'interno di questa ampia gamma, si sceglie qui di rimandare, per ragioni non soltanto filologiche ma di più ampia afferenza storiografica, alla testimonianza di Ferruccio Marotti, che pubblica nel 1991 (assieme a Giovanna Romei) il secondo volume del progetto sulla Commedia dell'arte e la società barocca (il primo è La fascinazione del teatro di Ferdinando Taviani, edito nel '69), col sottotitolo La professione del teatro. La sua premessa comincia con una frase emblematica che, richiamando i vent'anni trascorsi dall'origine di quel lavoro, è in grado anche di rappresentare concretamente le capacità generative e le potenzialità di radicamento di quell'originaria impresa editoriale per il Saggiatore: «Questo libro ha avuto una gestazione assai più lunga di quella di un elefante», così Marotti apre la sua introduzione; e fa seguire, in nota, un racconto dettagliato della vicenda del lavoro sulle Fonti e documenti del Saggiatore, cui si rimanda. F. Marotti, Premessa, in Id., Giovanna Romei, La commedia dell'arte e la società

barocca. La professione del teatro, Bulzoni, Roma 1991, pp. L-LI.

177 Ivi, p. L.

178 Da una intervista concessa all'autrice (L'Aquila, 21 marzo 2012). 179 F. Marotti, Premessa, cit., p. L.

esigenze delle mutate condizioni editoriali, gli studiosi accelerano il lavoro, con il proposito di completare la stesura di alcuni volumi entro la fine dell'anno; l'editore, in ogni caso, non intende proseguire, ma, come ricorda ancora Marotti, «fu un anno di teatrologia sotto pressione».180 E forse

è proprio questo il punto per comprendere il carattere dirompente di quei primi studi, la loro coerenza teorico-metodologica, che, complice la coincidenza temporale, ne ha definito la collocazione nei termini – esplosivi e determinanti – di un unitario processo di rifondazione degli studi.

Al fallimento del progetto, gli studiosi concordano la restituzione dei materiali e degli studi fino ad allora consegnati all'editore e questi lavori,181 è bene segnalarlo, pubblicati tramite altri canali,

vanno a rappresentare una porzione consistente di quell'elenco di «libri portatori di rinnovamento negli studi» con cui si è voluto aprire il paragrafo e inaugurare l'analisi della produzione scientifica della nuova teatrologia italiana negli anni Sessanta: sulla neonata collana “Biblioteca Teatrale” di Bulzoni trovano spazio gli studi di Molinari, quelli di Marotti sullo spazio scenico e quelli di Taviani sulla Commedia dell'Arte, che vengono anche pubblicati, come si è visto dai tipi milanesi del Polifilo. Per questo editore, Giovanni Macchia dirigeva la collana “Archivio del teatro italiano”, che ospiterà le prime ricerche rinascimentali di Cruciani e quelle di trattatistica di Marotti; mentre le indagini di Franco Ruffini, invece, si concretizzeranno sulla rivista «Biblioteca Teatrale»,182 il

lavoro di Clelia Falletti va a costituire parte della ricerca per la sua tesi di laurea e quello di Delia Gambelli la base per le successive pubblicazioni sull'Arlecchino Biancolelli.183

Scorrendo l'elenco di queste pubblicazioni, è possibile tracciare alcuni nuclei teorico-metodologici fondanti per la nuova teatrologia degli anni Sessanta, andando a ricostruire il portato epistemologico della produzione scientifica di quegli anni. Ci sono almeno tre tratti da segnalare nei primi anni dello studio delle Isole Pelagie: la concentrazione sulla dimensione spettacolare e un alto grado di consapevolezza storiografica, fondata su solide basi critico-filologiche, si è detto, cui ora vedremo va aggiunta almeno una originaria condizione di multidisciplinarità.

Il primo è un dato di dirompente ricaduta epistemologica, come abbiamo visto già messo a frutto dai primi studiosi all'inizio degli anni Sessanta, che focalizza la prospettiva della neonata disciplina sull'oggetto spettacolare, svincolando gli studi dai territori delle materie storico- e critico-letterarie: l'attenzione è qui concentrata sugli aspetti concreti, materiali degli allestimenti, messi a fuoco attraverso l'analisi di testimonianze di prima mano.

Così Fabrizio Cruciani, nell'introduzione al suo Teatro del Campidoglio:

«Il teatro è, nel Rinascimento, inserito nel vasto ambito della celebrazione festiva, anche se la sua funzione tende a specificarsi in maniera sempre più autonoma. È quindi un fenomeno molto più vasto e complesso di quanto lo faccia apparire una certa trattazione schematica e riduttiva propria degli studi italiani al riguardo: affinché esso non venga impoverito limitandolo all'aspetto propriamente drammaturgico è così necessario –

180 Ibidem.

181 «Alberto Mondadori mi propose, se non avessimo partecipato al fallimento, di darci tutti i materiali (microfilm,

fotocopie, libri) che avevamo acquistato in quegli anni. Di fronte a questa proposta, decisi di non partecipare all'istanza di fallimento, così riavemmo tutti i nostri materiali e il lavoro svolto – al 31 dicembre 1968 dovevamo consegnare mi pare cinque o sei volumi, e l'avevamo fatto». Da una intervista concessa all'autrice (Roma, 11 novembre 2011).

182 Franco Ruffini, Per una epistemologia del teatro del Settecento: lo spazio scenico in Ferdinando Galli Bibiena,

«Biblioteca Teatrale», II, 3, 1972, pp. 1-18.

183 «Quindi, concluso il progetto, avevamo questi materiali che sono le prime pubblicazioni delle persone di questo

gruppo: cambiavano un po', diventavano monografie e non più capitolo di una raccolta di fonti sullo spettacolo. Fabrizio Cruciani ha pubblicato Il teatro del Campidoglio; Clelia Falletti – che si occupava di Firenze – ha fatto la sua tesi di laurea e altre pubblicazioni; Delia Gambelli, i libri sull'Arlecchino Biancolelli; Nando Taviani, la Commedia dell'Arte; Franco Ruffini con lo studio su Bibiena». Da una intervista concessa da Ferruccio Marotti all'autrice (Roma, 11 novembre 2011).

come già altri hanno fatto [in nota si fa riferimento alle Nozze degli dèi di Molinari] – restituirlo alle connotazioni di spettacolo che gli erano proprie».184

Ferruccio Marotti è impegnato su simili versanti, sottraendo ad esempio il concetto di “favola rappresentativa” al dominio degli studi letterari e tentando di restituire tale forma al contesto più propriamente creativo-spettacolare. Introducendo il proprio lavoro sui Quattro dialoghi di Leone de' Sommi – un trattato «dove tutto l'interesse è rivolto all'attore, al costume, ai principi tecnici della recitazione, ma sopra tutto al gioco mimico gestuale»185 –, si sofferma ad analizzare anche la

produzione drammaturgica dell'autore, rilevandovi elementi che rivendicano una collocazione esplicitamente quanto chiaramente spettacolare, fra l'altro con un utilizzo della nozione di regia su un oggetto storiografico che si pone come caso emblematico del processo di germinazione di tale concetto primo-novecentesco presso la storia del teatro:

«Il taglio del dialogo, la reduplicazione dell'intreccio, il prevalere netto della parola- azione sul discorso di tipo letterario e sull'approfondimento psicologico dei caratteri, le scene brevi e incalzanti, taluni personaggi ormai cristallizzati in tipi fissi, in maschere […], la complicazione funambolica e il dichiarato meccanismo a chiasmo e i paralleli dell'intreccio, la disinvoltura con cui l'autore dichiara l'imprestito di una trama […], denunciano chiaramente lo spirito virtuosistico, il senso di professionismo attorico e registico con cui l'opera è concepita».186

Abbiamo già segnalato che tale impostazione, comunque, non si riveli decisiva solo al livello dello svincolamento dello specifico degli studi teatrali dalla loro culla letteraria e che comporti almeno altre due ricadute teorico-metodologiche fondanti: da un lato, imponendo una concezione unitaria dell'oggetto di studio, dall'altro valorizzandone i singoli aspetti, introducendo così nuovi campi di indagine all'interno degli orizzonti disciplinari.

Le ricerche sviluppate in questa prima fase, grazie al filtro unitario dell'oggetto-spettacolo, si

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