• Non ci sono risultati.

L A NASCITA DEGLI STUDI TEATRALI IN I TALIA L' IMPATTO DELLA NOZIONE DI “ REGIA ” NEI PRIMI ANNI S ESSANTA

1. O RIGINI DELLA NUOVA TEATROLOGIA

1.3 LE TRASFORMAZIONI DELL'OGGETTO DI STUDIO.

1.3.1 L A NASCITA DEGLI STUDI TEATRALI IN I TALIA L' IMPATTO DELLA NOZIONE DI “ REGIA ” NEI PRIMI ANNI S ESSANTA

L'ingresso della storia del teatro nell'università italiana è preparata sì da alcune esperienze fondanti e precedenti, ma è anche condizionata e sostenuta dall'operato di alcune figure-cerniera che legano quelle stagioni al processo di rifondazione della disciplina: a ridosso del lavoro di quei «globali maestri giunti dalla letteratura a rivelare la differente cultura del teatro», negli anni Sessanta, studiosi come Ferruccio Marotti, Cesare Molinari e Ludovico Zorzi – che hanno, a detta di Claudio Meldolesi, «sostanziato questa prospettiva»165 – non si rivelano centrali soltanto dal punto di vista

tecnico-istituzionale, ma anche sul versante scientifico, sia dal punto di vista teorico-metodologico, sia per l'inaugurazione di nuove aree di studio poi riconosciute come fondanti per la nuova teatrologia.

Per cominciare ad affrontare il ruolo svolto da tali figure su questo piano si può innanzitutto richiamare l'incontro, all'inizio degli anni Sessanta, fra Marotti e Molinari, evento che si utilizza qui come caso emblematico e particolarmente rappresentativo di atteggiamenti metodologici poi in atto

163 Docente di Storia del teatro e dello spettacolo all'Università di Lecce fra il 1968 e il 1975 – dove presto lo

raggiungerà Ferdinando Taviani al primo incarico nel '72 –, Alessandro d'Amico è protagonista (quando non addirittura attivatore) di numerose iniziative volte al rinnovamento e alla diffusione della cultura teatrale in Italia dal dopoguerra in poi: solo per quanto riguarda il versante operativo-organizzativo, fra le altre, si ricordano la co- direzione (con Ferruccio Marotti) del già citato progetto editoriale di Fonti e documenti per la storia del teatro

italiano per Il Saggiatore, della trasmissione Tutto il mondo è attore per Terzo Programma (con Marotti e Gerardo

Guerrieri), fino alla fondazione del Museo Biblioteca dell'Attore di Genova nel 1966 (con Luigi Squarzina e Ivo Chiesa), che, vedremo a tempo debito, giocherà un ruolo non secondario nello sviluppo degli studi teatrali dagli anni Settanta. Cfr. F. Ruffini, Paradosso e cultura del teatro, cit.; Stefano Geraci, Lessico familiare: lettera per Sandro

d'Amico, «Teatro e Storia», XXIV, 31, 2010 (Meldolesi, Torgeir e altri attori), pp. 263-267.

164 Anche la figura di Gerardo Guerrieri – legata sempre al laboratorio dell'Enciclopedia dello Spettacolo – si rivela

cruciale per il rinnovamento della scena e degli studi teatrali nel secondo dopoguerra. Inizialmente impegnato come regista, si occupò di critica, editoria e drammaturgia (anche con traduzioni e adattamenti). In particolare, la figura di Guerrieri è sostanziale per il piano dei rapporti con il teatro internazionale: fra le altre cose, fu ideatore e direttore con Paolo Grassi della collana “Collezione di teatro” di Einaudi (che dal dopoguerra pubblica in Italia molta drammaturgia straniera) e fondatore, a Roma, del Teatro Club, che ebbe il merito di accogliere nella capitale le avanguardie della scena fra anni Sessanta e Settanta. Cfr. Ente Teatrale Italiano (a cura di), Gerardo Guerrieri.

Convegno a cura di Anne d’Arbeloff, Roma, 11-13 novembre 1993, «Documenti di teatro», XXII, 25, 1995.

nella nuova teatrologia italiana. Si possono isolare, in questo senso, almeno due distinti dati di interesse, tutti, in modo differente, legati alla provenienza e alla formazione degli studiosi.

Abbiamo già accennato di come la prossimità e, anzi, il coinvolgimento di questi primi teatrologi in una particolare dimensione di operatività culturale, si ponga come fondante per le condizioni di delineamento del profilo epistemologico della nuova teatrologia. A questo punto, ci sono da aggiungere almeno due elementi altrettanto determinanti, sia per le dinamiche formative degli studiosi in questione, sia per quelle generative della disciplina:

– da un lato, gli studiosi condividono sì una comune provenienza extra-teatrale, ma il percorso individuale di ognuno va a costituire una linea genealogica ed operativa di sostanziale pregnanza;

– dall'altro, essi si ritrovano nel confronto con le coeve avanguardie della scena (e, attraverso loro, anche con le Avanguardie storiche), andandovi ad attingere per quanto concerne i riferimenti più strettamente teatrali e teatrologici.

Questi due punti – la bipolarità della disciplina fra origini letterarie e artistiche, e il relativo innesto del sapere teatrale novecentesco – sono le coordinate culturali e metodologiche all'interno di cui la nuova teatrologia muove i suoi primi passi. In questa parte, si andranno ad analizzare entrambi gli elementi, per provare a comprendere, infine, come essi si vadano a riversare sulla tradizione di studi della neonata disciplina.

Se gli studiosi in questione condividono, prima di tutto, una provenienza extra-teatrale, c'è ora da valutare il dato della loro differente formazione: Ferruccio Marotti proviene – pur coltivando, si è visto, consistenti frequentazioni con la scena – da studi di letteratura, Ludovico Zorzi, similmente, dai territori dell'italianistica e, invece, Cesare Molinari, dalle discipline storico-artistiche.

La storia del teatro e dello spettacolo dei primi anni Sessanta, guardando alle sue origini, è una disciplina che si presenta dunque segnata dall'operatività di almeno due polarità: l'approccio letterario e quello storico-artistico, combinati, è bene ricordarlo sempre, con alcune esperienze più strettamente teatrali. Questa matrice bipolare – si vedrà lungo tutto lo scorrere della vicenda della teatrologia italiana del secondo Novecento – è uno dei dati fondanti che vanno a determinare i profili della cornice epistemologica della disciplina, specificandosi, da un lato nel tentativo di svincolarne l'oggetto dai territori degli studi letterari (eppure assorbendone pressioni metodologiche di assoluta rilevanza, come quella strutturalista), dall'altro fondando questo progetto, almeno inizialmente, in parte sulla preminenza visuale del fatto spettacolare – vedremo come questo dato non riguardi solo l'opera di Cesare Molinari.

Va aggiunto un elemento ulteriore, a fianco a questi dati concreti, anche contestuali, che segnano la formazione dei primi studiosi: si è osservato come l'ambiente formativo – storico-letterario e storico-artistico, a seconda dei casi – abbia esercitato pregnanti forme di influenza per l'impostazione metodologica della neonata teatrologia; ma si è annotato anche come i primi studiosi siano andati ad attingere indicazioni di afferenza più strettamente storico-teatrale in altre esperienze, in gran parte precedenti. Questo secondo elemento si esprime almeno su due versanti: se per gli stimoli più strettamente storico-teatrali, in effetti, il riferimento va alle passate stagioni di contesto positivistico e neo-idealistico, la frequentazione con le avanguardie della scena coeva non esercita un'influenza minore.

Qui, è il caso di tornare al ruolo-chiave che sembra aver avuto la figura di Gordon Craig tanto per Ferruccio Marotti che per Cesare Molinari e, più in genere, al piano del contatto fra questa prima generazione di studiosi e la nozione di regia. Il contatto con Craig, infatti, rappresenta a questa altezza, più in generale, l'incontro con la regia: piano di lavoro e di indagine già in parte attivo attraverso le esperienze italiane, le sue versioni internazionali, in rapporto diretto con le sperimentazioni delle Avanguardie storiche europee, conducono gli studiosi a confrontarsi con

problemi e questioni che saranno poi utilizzati anche come strumento, in alcuni casi, per il processo di definizione della cornice epistemologica del neonato campo di studi.

Tale dimensione si concretizza, in una prima fase, a un livello eminentemente tematico: fra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, i nuovi storici del teatro si occupano direttamente dei maestri della scena, facendone un oggetto di studio distintivo nel nuovo campo dello studio dello spettacolo. Gli studi marottiani sull'opera di Craig (ma l'impostazione ricorre anche nel lavoro su un altro padre della regia novecentesca, Adolphe Appia) si concretizzano, nel volume dedicato all'artista, in imprese ricostruttive di oggetti spettacolari che si soffermano – pur poggiando su un'impostazione di vocazione eminentemente biografica – con pari attenzione sui diversi livelli in gioco nel processo creativo, dalle modalità produttive alle scelte scenografiche, dalle motivazioni drammaturgiche alle condizioni rappresentative; quelli di Cesare Molinari, similmente, prendono in considerazione – anche più nel dettaglio – gli aspetti materiali, estetici e visivi legati al fatto spettacolare. La conquista di questa primissima generazione – che abbiamo definito nei termini di una generazione-cerniera fra il processo di rifondazione della nuova teatrologia e i suoi precedenti (letterari, artistici, teatrali) – è in primis la definizione dell'autonomia dell'oggetto di studio della neonata disciplina, vale a dire l'assunzione dello spettacolo come specifico oggetto di indagine, di contro al tradizionale testocentrismo in opera – con le dovute eccezioni – anche in Italia.

Il ruolo della nozione di regia non si ferma qui, a definire un nuovo (e specifico) oggetto di studio per la neonata storia del teatro e dello spettacolo. Questo incontro – sulle pagine nel caso di Molinari e diretto in quello di Marotti – permette agli studiosi l'accesso al sapere scenico delle avanguardie internazionali ed essi trovano, ognuno secondo percorsi propri, in questi artisti della scena di inizio Novecento, dei maestri a dir poco attuali, il cui ruolo è fondante alla pari di quello esercitato dagli storici teatrali, da un lato, e, dall'altro, dei propri effettivi maestri, impegnati in altre aree di studio. È un dato fondamentale da annotare, vista la successiva ricorrenza, nella genealogia scientifica e professionale delle prime generazioni degli studi, di riferimenti – ma sarebbe meglio chiamarle piuttosto forme di dialogo – con i Padri Fondatori del Novecento teatrale. Fin dagli inizi, c'è una sorta di pedagogia “verticale” in opera nei loro lavori e nel loro approccio metodologico, che sembra tessere rapporti di filiazione diretta fra le sperimentazioni della prima e della seconda avanguardia. Quella che segue è la testimonianza, a riguardo, di Ferdinando Taviani, all'epoca giovane studente a Roma e poi assistente di Marotti:

«Per Marotti è stata centrale l'esperienza con Gordon Craig, quello è un punto che non si può dimenticare, perché la sua influenza è stata fondamentale. Con lui, Marotti ha scoperto alcune cose basilari: che il teatro non sono o non sono soltanto i testi, ma esiste anche il teatro come spettacolo ed è un'arte autonoma; che, per fare ricerca, è necessario disporre di tutta la documentazione, dunque occorre ricostruire le fonti del sapere della storia del teatro; poi l'Oriente, l'importanza della Commedia dell'Arte, del teatro del Rinascimento... tutto quello che poi Marotti ha portato come un apri-ghiaccio nell'Italia di quegli anni».166

Seguendo l'indicazione di Taviani, dunque, la prospettiva con cui i primi teatrologi affrontano aree tematiche chiave come quella della Commedia dell'Arte intreccia elementi tratti da un sapere strettamente storico-teatrale ed altri, attinti invece dalle eccellenze dell'arte scenica: la Commedia dell'Arte, per restare nel contesto di questo esempio emblematico, arriva ai nuovi teatrologi tanto attraverso i già citati innovativi studi di Mario Apollonio che attraverso la visione di un artista come Gordon Craig, ma anche riferimenti precedenti, non protagonisti di una conoscenza diretta, come Mejerchol'd e Vachtangov.167

È nei territori aperti dalla nozione di regia – anche in questo caso, un altro modo di pensare e fare teatro – che si collocano i primi passi della nuova teatrologia, ma il ruolo di quegli artisti e della loro frequentazione non si limita al piano dell'introduzione di nuovi oggetti di indagine nel campo dei coevi interessi teatrologici. Riprendendo gli approcci in opera negli studi citati, più o oltre che invocare un'analisi del fenomeno teatrale in quanto fatto spettacolare – dunque a svincolarne l'analisi dal tradizionale livello drammaturgico –, è possibile osservare come la nozione di regia sia attiva contemporaneamente su due fronti teorico-metodologici fondanti per questa prima generazione di studiosi e con particolare influenza sulle modalità con cui essi sono andati a tracciare il profilo epistemologico della disciplina:

– da un lato, essa implica l'introduzione di nuovi oggetti di studio legati alla pratica scenica e tradizionalmente emarginati o poco considerati rispetto al campo drammaturgico-letterario (ad esempio, scene e costumi, tecniche recitative e modalità fruitive);

– dall'altro, propone allo stesso tempo una prospettiva unificante del fatto teatrale, per via del suo ruolo di coordinamento dei diversi aspetti coinvolti nella creazione.

Abbiamo visto come, a questa altezza cronologica, gli interessi di questi giovani studiosi si

concentri sulle modalità di contatto con il sapere scenico della prima avanguardia, tanto che i primi lavori che pubblicano hanno come protagonisti quegli artisti che hanno inciso sulle forme e sui modi in cui la nozione di regia si presenta nel secondo dopoguerra. Lo scopo degli studi marottiani dedicati a Craig e Appia, come dichiara lo studioso stesso, è quello di «storicizzare questa come le altre personalità di rilievo nella storia della regia teatrale».168 La regia, insomma, in questa fase è

prima di tutto un oggetto di studio, una nuova area di indagine da esplorare; ma ben presto questa tensione nel campo di interessi dei nuovi teatrologi andrà a rappresentare un riferimento anche metodologico, oltre che tematico, proprio lungo le due linee teoriche che abbiamo appena identificato. Se il confronto con la nozione di regia, infatti, in questi primi studi si concretizza soprattutto in indagini specificamente e direttamente dedicate, vale a dire, eminentemente nei termini della perimetrazione di nuove aree di studio, qualche anno più tardi, però, questi stimoli si riverseranno anche su altri oggetti di indagine, non così strettamente legati alle avanguardie della scena novecentesca: la centralità dell'evento spettacolare, la sua pluridimensionalità, l'attenzione per il processo creativo e per quello della fruizione, a partire dalla metà degli anni Sessanta, investono anche i territori della ricerca storiografica tout court.

1.3.2 UNANUOVASTORIADELTEATRO. FRAOGGETTIINEDITI, RIGORESTORICOEMULTIDISCIPLINARITÀ

Outline

Documenti correlati