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Dal novembre 1728 al dicembre 1729 Basili ricoprì la carica di maestro di cappella nella Cattedrale di Tivoli. Si tratta della prima attività lavorativa del nostro autore di cui ci sia giunta notizia. Dal suo arrivo nell’Urbe erano trascorsi poco più di quattro anni. In questo lasso di tempo dovette dunque aver completato la propria formazione musicale, coronandola con l’aggregazione al sodalizio ceciliano, condizione necessaria, come si è detto, per l’esercizio della professione di maestro di cappella nell’ambiente musicale romano o, come nel caso di Tivoli, ad esso strettamente collegato. Lo spostamento non rappresentava infatti un reale distacco da Roma, sia per la vicinanza che per gli stretti rapporti che la diocesi di Tivoli manteneva con la sede pontificia. Sulla data di ammissione di Basili alla Congregazione di santa Cecilia non sono pervenuti, come nel caso di molti altri musicisti, dati certi. La notizia riportata nello Stato nominativo generale degli aggregati,89 secondo la quale Basili fu aggregato nel 1739,90 non risulta attendibile. Nelle carte d’archivio dell’Accademia ceciliana, il nome del nostro autore risulta già menzionato, come «don Andrea Basili», fra coloro che parteciparono alla congregazione generale e segreta del 25 settembre 1738.91 Basili pertanto doveva far parte del sodalizio ceciliano ben prima del

1739. Anzi, l’assunzione della carica di maestro di cappella della Cattedrale di Tivoli nel 1728 porta a ritenere che a questa data il nostro autore vi fosse già aggregato.

Per comprendere la breve parentesi tiburtina è utile ripercorrere brevemente la storia della sua cappella musicale.92 Le prime attestazioni della presenza di una cappella

89 I-Rama, registro 8, Stato nominativo generale degli aggregati alla Congregazione ed accademia dei maestri e professori di

musica di Roma sotto la invocazione di santa Cecilia. Il testo, redatto tra il 1851e il 1884 dai segretari Luigi Rossi e Alessandro Parisotti, contiene un elenco dei nomi degli aggregati disposti in ordine cronologico. Le informazioni in esso contenute sono spesso desunte da fonti incerte o non più reperibili, e il loro utilizzo richiede una certa cautela critica. Il caso di Andrea Basili è a tal proposito emblematico.

90 I-Rama, Stato nominativo generale, num. progr. 1634. A differenza di altri aggregati, nel caso di Andrea Basili

non vengono riportate indicazioni sulla sua qualifica professionale.

91 I-Rama, Atti delle congregazioni generali e segrete, registro 4, 25 settembre 1738. La Congregazione segreta,

riservata strettamente agli aggregati, era l’organo deputato a prendere decisioni in merito a determinate questioni più delicate e ad eleggere i guardiani. Chi ne faceva parte era tenuto sotto giuramento al segreto. In questa riunione, tra le altre decisioni, vennero nominati segretari Ferdinando Ciurrini e Sante Pesci. Quest’ultimo, nella disputa avuta con Francesco Capalti relativa all’aggregazione al sodalizio ceciliano di Maria Rosa Cocci, si servì della composizione realizzata da Andrea Basili per ottenere il posto di maestro di cappella nella basilica lauretana come modello della tradizione del contrappunto di Scuola romana. Cfr. F. CAPALTI, Critica all’esame fatto dalla signora Maria Rosa Coccia romana il dì XXVIII novembre MDCCLXXIV, Terni, Saluzi, s.d., pp. 14-15.

92 Per la storia della cappella musicale del Duomo di Tivoli si vedano: G. RADICIOTTI, L’arte musicale in Tivoli

nei secoli XVI, XVII e XVIII, 2a ed. ampliata, Tivoli, Stab. Tip. Maiella di Aldo Chicca, 1921; M. PASTORI,

Inventario dell'Archivio capitolare musicale del Duomo di Tivoli, con la storia della Cappella Musicale, Tivoli, s.e., 2004; ID., schede: Archivio capitolare musicale del Duomo di Tivoli e Archivio privato eredi di Luigi Vergelli, in Clavis Archivorum ac Bibliothecarum Italicarum ad Musicam artem pertinentium (CABIMUS), Guida alle biblioteche e agli archivi musicali italiani, con la relativa bibliografia musicologica, a cura di G. Rostirolla e L. Luciani, Roma, IBIMUS - Aisthesis, 2004; ID., La cappella musicale del duomo di Tivoli dalle origini al 1824, «Atti e Memorie della Società

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musicale nella cattedrale di Tivoli, dedicata a san Lorenzo martire, risalgono alla prima metà del secolo XVI. Analogamente a quanto avveniva nelle principali chiese di Roma, anche nella basilica tiburtina alla cura del canto liturgico si affiancava l’insegnamento musicale rivolto alla formazione di giovani cantori. Il finanziamento delle attività della cappella, almeno fino al secolo XVII, risulta sostenuto in parte dal Capitolo della Cattedrale e in parte dalle casse episcopali. In seguito al Capitolo fu demandata la nomina e il pagamento del maestro di cappella (che spesso svolgeva anche le funzioni di organista), mentre il pagamento dei cantori rimase di competenza del vescovo. La gestione economica delle spese accessorie (manutenzione degli organi, acquisto di libri e altro materiale cartaceo) dipendeva invece dalle rendite della Sagrestia. I cantori tiburtini, come in tutte le cappelle musicali cattedrali, erano impegnati non solo nelle solennità liturgiche, ma anche nelle celebrazioni festive legate al culto dei santi o a particolari eventi ecclesiali (giubilei, elezioni episcopali, visite papali o di alti prelati). La cappella poteva contare su un numero limitato dei cantori, composto da circa una decina di unità, compresi i due fanciulli che venivano istruiti ogni anno a spese del Capitolo. A somiglianza delle cappelle romane infatti, anche a Tivoli venivano stipendiati alcuni fanciulli, per le parti di soprano, che oltre al salario ricevevano una formazione musicale. La cura dell’insegnamento musicale alle giovani leve della cappella da parte di un magister puerorum è attestata già nel secolo XVI.93 Questa funzione era in origine assolta da uno dei cantori, mentre successivamente, dal 1624, il compito di istruire i giovani cantori venne inserito tra le competenze proprie del maestro di cappella.

L’attività didattica divenne così un aspetto caratterizzante del ruolo svolto dal maestro della cappella tiburtina. I primi tre punti dei Capitoli da osservarsi dai maestri de cappella

della nostra Cattedrale e cantori di essa redatti tra il 1623 e il 1630, si riferiscono infatti sia in

modo esplicito sia implicito agli impegni didattici del maestro di cappella. In essi si può infatti leggere che:

In primis che sia obligato [scil. il maestro di cappella] far almeno doi soprani gratis per la nostra chiesa con farli obligare per spatio di sei anni e mancando dal canto suo d’impararli se li possi far restituire la provisione che se li dà dal Capitolo a quest’effetto. 2° Che debba servire come benefitiato alla ore canoniche, messe, e vesperi come li altri servienti, e mancando si puntato come li altri benefitiati et nelle ebdomade che non tocca a venire a «Atti e Memorie della Società tiburtina di Storia e d’Arte», LXXX, 2007, pp. 259-273; ID., La famiglia Vergelli: tre secoli di musica a Tivoli, Tivoli, La Musica di Tivoli, 2007.

93 Nel corso delle sue ricerche sulla storia della cappella del Duomo di Tivoli, Radiciotti ha portato alla luce

due strumenti notarili che attestano la prassi di stipulare contratti di formazione tra le famiglie dei fanciulli cantori e il Capitolo tiburtino. In base a questi documenti si evince che: «I genitori di questi fanciulli sottoscrivevano un regolare contratto col Capitolo, in forza del quale i loro figlioli, come acquistavano il diritto di ricevere una completa istruzione, si obbligavano a frequentare la scuola con diligenza ed ottima condotta per la durata di sei anni, ed a servire contemporaneamente la cappella con un tenue compenso in danaro» (RADICIOTTI, L’arte musicale in Tivoli cit., p. 20). La descrizione ricalca quella di analoghi contratti stipulati a Roma dai genitori di cantorini che si iscrivevano alle scuole capitolari o private, come quella di Giovanni Maria Nanino, che era nato a Tivoli intorno al 1544 e aveva qui ricevuto la sua prima formazione musicale. In merito alla formazione musicale dei cantorini a Roma nei secoli XVI e XVII si veda: N. O’REGAN, Choirboys in Ealry Modern Rome, in Young Choristers 650-1700, a cura di S. Boyton e E. Rice,

35 lui, debba venire alle messe, e al vespero non essendo occupato alla scola. 3° Che debba abbitare nella canonica acciò sia vicino alla chiesa, et in quella tener scola publica di cantare.94

L’importanza assegnata alla formazione dei pueri cantores da parte del Capitolo è più volte ribadita in occasione della nomina dei nuovi maestri di cappella. Forse ciò era dovuto in parte al fatto che non sempre i maestri attendevano diligentemente a questo incarico. Dalla formazione di nuovi cantori dipendeva infatti il buon funzionamento della cappella stessa. Anche a questo scopo tra i membri del Capitolo era stato designato un praefectus musicae, un canonico «deputato sopra la musica» come viene chiamato nei Capitoli citati, con il compito di vigilare sull’operato didattico del maestro di cappella e sul retto procedere del percorso di apprendimento dei giovani cantori.

Da questo documento si apprende che la residenza del maestro di cappella era stabilita nella canonica, e che tale luogo era anche adibito ad ospitare una «scola publica di cantare». Non è chiaro a cosa si riferisca questa espressione se alla medesima attività di maestro dei fanciulli cantori, oppure se si intenda qui un insegnamento impartito ad allievi esterni alla cappella, come ritiene Radiciotti:

i maestri di cappella impartivano lezioni di canto nella canonica a chiunque desiderasse riceverle. Questa pubblica scuola, che non si limitava allo studio del solo canto fermo, ma comprendeva altresì quella del canto figurato e probabilmente anche della composizione, rimase aperta fin quasi alla metà del secolo XVIII.95

In seguito all’apertura del nuovo seminario vescovile, nel 1647, tra i compiti didattici del maestro di cappella venne aggiunto quello di insegnare il canto fermo ai chierici per «un’ora al giorno».96 Come compenso per lo svolgimento di questo incarico, il maestro di cappella riceveva vitto e alloggio nella struttura del seminario.97 L’attività didattica del maestro di cappella si svolgeva quindi in tre direzioni: la formazione dei nuovi cantori, l’insegnamento pubblico e l’istruzione musicale dei chierici.

I fanciulli cantori venivano individuati dal Capitolo, e da questo assegnati al maestro di cappella. Potevano provenire o dalle fila dei chierici o da famiglie tiburtine che intendevano avviarli alla professione musicale. Nel caso di posti vacanti, i pueri erano selezionati in base a candidature individuali, presentate secondo modalità che venivano comunicate mediante l’affissione di pubblici editti.

A partire dalla fine del secolo XVII si assistette a un progressivo declino della cappella tiburtina, dovuto soprattutto alla riduzione della spesa per le attività musicali. Ad essere ridimensionato fu innanzitutto l’onorario del maestro di cappella, limitato a 3 scudi mensili, nonostante le sue mansioni includessero, come si è detto, anche quelle di organista e di maestro dei fanciulli cantori. Probabilmente a causa dell’esigua retribuzione a fronte del

94 I-TIVd, Risoluzioni capitolari, III, 1583-1670. 95 RADICIOTTI, L’arte musicale in Tivoli cit., p. 21. 96 Ibid.

97 Ibid., La notizia è riportata da Radiciotti sulla base dei registri delle spese del seminario di Tivoli, documenti

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gravoso lavoro richiesto nei primi decenni del secolo XVIII, i maestri di cappella rimanevano spesso in carica per pochi anni, abbandonando la sede tiburtina non appena si presentava loro una più remunerativa occasione lavorativa. A questo proposito è utile citare quanto afferma Radiciotti:

Finché nell’eterna città prosperò quella scuola di musica sacra che costituisce una delle sue più fulgide glorie, il posto di direttore della cappella tiburtina servì, ai giovani discepoli che ne uscivano, di palestra ove far le prime armi, e, ai vecchi, di tranquilla e riposata sede.98

La nomina del maestro di cappella, come si è detto, era di competenza del Capitolo della Cattedrale. La continua alternanza dei maestri di cappella obbligò spesso i canonici ad assegnare più volte incarichi di supplenza ad uno dei cantori della cappella. In caso di posto vacante, la selezione avveniva in base a domande di candidatura che venivano lette durante le riunioni capitolari. Il Capitolo raccoglieva informazioni che attestassero l’attendibilità di quanto affermato dai concorrenti al posto di maestro di cappella. Spesso la decisione era direttamente influenzata da musicisti dell’ambiente romano, che di solito raccomandavano i propri allievi. Dopo la presentazione di ciascun candidato avveniva una votazione in base alla quale si sceglieva il nuovo maestro di cappella.

Nell’ottobre 1728 si era reso vacante il posto di maestro di cappella dopo la partenza di Angelo Vittori, che era stato nominato nel novembre del 1724. Questi aveva prestato servizio regolarmente fino al gennaio 1726, poi aveva lasciato l’incarico obbligando il Capitolo a nominare un supplente, Agostino Leoni. Quest’ultimo svolse le funzioni di maestro di cappella fino al gennaio del 1728, quando rientrò in carica nuovamente Vittori, rimanendo questa volta solo fino all’ottobre dello stesso anno. Dai pagamenti registrati negli atti capitolari del Duomo di Tivoli, a partire dal novembre del 1728 risulta stipendiato come maestro di cappella Andrea Basili.99 Il nostro autore potrebbe avere ottenuto il posto di maestro di cappella grazie alla raccomandazione di qualche influente musicista romano, perché la sua nomina ufficiale risulta posteriore di oltre sei mesi alla data di inizio dell’incarico. La domanda presentata al Capitolo da Basili risale infatti soltanto il 16 aprile 1729, inserita nel verbale della seduta nella quale si decise a maggioranza la sua elezione. Nella candidatura di Basili si legge:

«Reverendissimi signori, Andrea Basili della Città della Pieve umilissimo servitore delle Signorie loro reverendissime espone come essendo la vacanza del maestro di cappella dell’insigne basilica di S. Lorenzo di Tivoli si espone a servir le Signorie loro, ogni qual volta lo stimino capace, che della gratia etc.».100

98 RADICIOTTI, L’arte musicale in Tivoli cit., p. 20. Tra i maestri di cappella e gli organisti della cattedrale di

Tivoli figurano alcuni esponenti di spicco della scuola romana: Giovanni Maria Nanino, originario di Tivoli, Giacomo Carissimi, attivo come organista prima di passare ad Assisi e poi al Collegio germanico-ungarico di Roma, inoltre Angelo Berardi, fu maestro di cappella di Tivoli, prestando servizio, con alcune discontinuità, dal 1673 al 1680.

99 I-TIVd, Sindacazioni, 15, p. 77: «Pagati al sig. Andrea Basili maestro di cappella a ragione di scudi tre il mese

per tutto l’anno 36 [scil. scudi]».

100 I-TIVd, Risoluzioni capitolari, VI, c. 45r-v. Pastori trascrive erroneamente il testo, indicando come città natale

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Dal verbale apprendiamo che, dopo la lettura della domanda, fu effettuata la votazione, a seguito della quale, ricevendo tredici voti favorevoli e tre contrari, venne ratificata la nomina di Basili.101 L’incarico venne mantenuto tuttavia solo fino al dicembre dello stesso anno, come attestato dai documenti capitolari.102 Durante il suo anno di servizio, similmente ai suoi predecessori, Basili svolse anche la funzione di maestro dei fanciulli, come stabilito dal verbale di nomina, che precisa: Magister musice et cantus in quodlibet mense

anni bis deferat in capitulo duos discipulos electos a reverendissimo Capitulo, causa ipsas audiendi, quam fructum fecerint, et si ad musicam idonei sint.103 Si tratta del primo documento attestante l’attività didattica di Basili come insegnante di canto.

Dai documenti si apprende anche il nome di uno dei fanciulli che durante il magistero tiburtino del nostro autore facevano parte della cappella. Si tratta di Gaspare Giannettini, che era stato ammesso a frequentare le lezioni del maestro di cappella il 4 maggio 1728.104 Secondo le disposizioni ancora in vigore, il nostro autore avrà svolto inoltre l’attività di insegnante di canto fermo nel Seminario tiburtino. Possiamo supporre che gli strumenti didattici impiegati fossero quelli comunemente in uso, radicati nella tradizione italiana della solmisazione, probabilmente gli stessi che Basili aveva già incontrato nel corso degli studi musicali svolti nel Seminario di Città della Pieve. Questi esercizi si ritroveranno alla base del metodo di insegnamento del canto che Basili impiegherà nella sua attività didattica.

Alla partenza di Basili il Capitolo nominò nuovamente un maestro supplente, segno probabilmente l’incarico era stato lasciato con scarso preavviso. Basili, come altri maestri prima di lui, ritenne probabilmente che le condizioni economiche offerte non fossero adeguate, lasciando l’impiego in vista di un’attività più remunerativa a Roma. Nonostante il breve periodo a Tivoli, Basili resterà però legato alla diocesi tiburtina, come attesta la composizione delle musiche, andate purtroppo perdute, per un oratorio su testo di Antonio Lolli,105 rappresentato il 18 settembre 1737, in occasione della ricorrenza di santa Sinforosa.106

101 I-TIVd, Risoluzioni Capitolari, VI, c. 46r: «fuit ad bussulum ob legittimam electionem et sic d. Andreas de Basilijs

acceptatus fuit in officio magistri capellae».

102 I-TIVd, Sindacazioni, 15, p. 136: «Al sig.Andrea Basilij maestro di cappella per li mesi di novembre, e

decembre 1729 6 [scil. scudi] ».

103 I-TIVd, Risoluzioni capitolari, VI, c. 46r. 104 I-TIVd, Risoluzioni capitolari, VI, cc. 32v-33r.

105 Francesco Antonio Lolli (Tivoli, 1678 - ivi, 1748) fu un importante scrittore e poeta tiberino. Pastore

arcade con il nome di Lisippo Inacheo, fece parte della Colonia sibillina dell’Accademia dell’Arcadia, fondata a Tivoli il 5 febbraio 1716, ricoprendo anche la carica di vicecustode.

106 F. A. LOLLI, Il martirio di Santa Sinforosa e dei sette santi suoi figlioli nobili tiburtini, Oratorio di Lisippo Inacheo

P. A. della Colonia sibillina. Musica del signor d. Andrea Basili, Roma, nella Stamperia di Antonio de’ Rossi, 1737. Gli interlocutori sono santa Sinforosa, uno dei suoi figli, l’imperatore Adriano, Licinio, il capitano dell’imperatore, e un coro di santi martiri. L’azione si svolge nella villa dell’imperatore Adriano e nella contigua città di Tivoli. Cfr. C. SARTORI, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800. Catalogo analitico con 16 indici, IV, Bertola & Locatelli, Cuneo, 1993, n. 15029; S. FRANCHI, Le impressioni sceniche. Dizionario bio- bibliografico degli editori e stampatori romani e laziali di testi drammatici e libretti per musica da 1579 al 1800, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1994, pp. 675-676.

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Nell’archivio della cappella musicale del Duomo di Tivoli è presente una sola composizione di Basili, un offertorio a due voci per la festa di san Matteo.107 Ma, come osserva Pastori, potrebbero essere conservate altre composizioni nei manoscritti anonimi risalenti al suo periodo di attività nella cappella tiburtina.108

Relativamente all’attività svolta a Roma da Basili subito dopo la parentesi tiburtina, è stato possibile individuare un unico documento, risalente la 1731. Si tratta di un intermezzo dal titolo Alfeo Pedante delle damigelle di corte.109 Il manoscritto, parzialmente autografo, è stato smembrato in diversi codici e sembra essere incompleto. Grazie alla collazione dei diversi frammenti è stato però possibile ricostruire parzialmente la struttura dell’opera. Si tratta di un intermezzo a tre voci (due Soprani e un Basso, con accompagnamento di violini e basso continuo) diviso in due parti, ciascuna delle quali è introdotta da un prologo. L’azione vede Alfeo, anziano precettore di corte, ingannato, deriso e infine umiliato dalle damigelle Lilla e Clori. Nei due prologhi, personaggi e argomento sono indipendenti dalla trama narrata. Il primo ha come interlocutori la Vendemmia (S), il Piacere (S) e l’Autunno (B), mentre il secondo, forse incompleto, mette in scena la Fortuna (S). Il testo del primo prologo contiene indicazioni che permettono di identificare il luogo e l’occasione nei quali l’intermezzo venne rappresentato. Vi si legge infatti: «[Autunno]: Figlio qual cagion ti trasse a questo di Preneste almo soggiorno» e, poco oltre, «[Vendemmia]: oh qual mai frutto crescerà dal glorioso innesto de’ Barbarini e Colonnesi eroi?».110 È possibile verosimilmente supporre che l’intermezzo sia stato messo in scena nel palazzo Colonna Barberini di Palestrina, davanti al quale è tuttora presente un’ampia cavea teatrale,111 e appositamente composto per una occasione celebrativa legata a questa nobile famiglia.112 Il testo dell’Alfeo pedante attesta dunque, all’inizio degli anni ‘30 del secolo XVIII, un rapporto di Andrea Basili con l’influente famiglia dei Barberini Colonna, sotto la cui protezione il nostro autore aveva probabilmente cercato di porsi.

107 PASTORI, Inventario dell’Archivio capitolare musicale del Duomo di Tivoli cit., n. 51.

108 Pastori ipotizza che a Basili potrebbero essere ascritte alcune delle composizioni ricopiata dal suo

successore direzione della cappella, Giuseppe Leoni (ca. 1703 - 30 luglio 1788), come ad esempio il Diffusa est gratia, che reca la data del 18 dicembre 1728 (cfr. PASTORI, Inventario dell'archivio capitolare musicale del Duomo di

Tivoli cit., num. 175).

109 I-Rvat, Barb. Lat. 4229. La struttura del codice si presenta mal compaginata. La composizione di Basili è