• Non ci sono risultati.

MAR MEDITERRANEO 1. Mediterraneo geografico

Nel documento GLOSSARIO DI DIRITTO DEL MARE (pagine 86-89)

Vera e propria via d’acqua internazionale, il Mediterraneo è attraversato da linee di traffico mondiali che mettono in comunicazione l’Atlantico con il Mar Rosso (v.), il Mar Nero (v.) e il golfo Persico (v.)

at-Aree geografiche del Mediterraneo (Fonte: IIM).

traverso il canale di Suez (v.). Il mar Mediterraneo (che ha una superficie di circa 2.500.000 kilometri qua-drati, pari allo 0,7% delle acque del globo, e uno sviluppo costiero di circa 46.000 kilometri) presenta tutte le caratteristiche per essere definito un mare chiuso o semichiuso (v.), poiché, oltre a essere in col-legamento con altri mari tramite lo stretto di Gibilterra e il canale di Suez (v. Stretti e canali internazio-nali), è circondato da vari paesi.

Esso bagna 25 Stati di tre continenti ed è composto da 10 bacini interni. Questi, procedendo da Gibil-terra verso est, sono: il Mare di Alboran, il Mar delle Baleari, il Mar Ligure, il Tirreno, lo Ionio, il Mar Pe-lagico, il mar Adriatico (v.), il mar Egeo (v.), il Mar di Creta e il Mar di Levante (v.).

Dal punto di vista commerciale, con più di 80 porti di rilevanza internazionale e 2.000 collegamenti marittimi, è ai primi posti dei traffici mondiali in quanto al suo interno (in ogni momento sono in circo-lazione non meno di 2.000 navi) transitano merci per un volume che in media è stimato in circa 750 mi-lioni di t. Cospicua è la percentuale dei prodotti petroliferi: basti dire che lo attraversa il 30% del petrolio mondiale (circa 400.000.000 t annue) e quasi i due terzi delle risorse energetiche necessarie all’Italia e agli altri paesi europei, comprese quelle trasportate dai gasdotti sottomarini (v. Cavi e condotte).

2. Mediterraneo allargato

Il concetto di mare chiuso o semichiuso che gli Stati rivieraschi — come avvenuto per il Mar Nero, cercano si assoggettare a controllo esclusivo — fa parte della geopolitica del mare (v.) in modo non dis-simile da quello opposto di un mare considerato nella sua dimensione allargata che lo metta a sistema con altri bacini tra loro connessi da rotte marittime commerciali. Da questo punto di vista, i limiti geo-politici del Mediterraneo sono, in effetti, molto più ampi di quelli reali. Ragionando in termini di Wider Mediterranean, il suo limes occidentale può essere identificato, al di là delle Colonne d’Ercole dello stretto di Gibilterra, nel meridiano passante per le Canarie; il che porta a includere sia l’area strategica del golfo di Guinea (v. Pirateria), sia le rotte del Nord Europa. A est i confini geopolitici del Mediterraneo sono ancora più estesi e giungono sino al Mar Nero e al mar Caspio e, verso sud, al Mar Rosso, al Corno d’Africa, al golfo di Aden e al Golfo Persico.

Nell’ottica dell’Italia che guarda ai mari adiacenti come fulcro dei propri interessi nazionali e come vie di transito e commercio, i confini del Mediterraneo ricadono sicuramente al di là di quelli geografici.

D’altronde, non è un caso che la nostra Marina sia stata impegnata a più riprese in attività di peace-keeping navale (v.) a partire dagli anni Ottanta del Novecento in aree extra mediterranee. Questo è avvenuto con l’operazione di stabilizzazione del Libano del 1982, il pattugliamento dello stretto di Tiran (v.) sotto egida MFO dello stesso anno, lo sminamento del golfo di Suez del 1984, la protezione del traffico di bandiera durante il conflitto Iran-Iraq del 1987, la partecipazione all’embargo navale (v.) contro l’Iraq del 1991,

Il Mediterraneo allargato ipotizzato da ISPI.

sino ad arrivare all’operazione Enduring Freedom nel Mar Arabico del 2004 e all’attività di contrasto della pirateria (v.) al largo del Corno d’Africa iniziata nel 2008.

La visione italiana del Mediterraneo allargato non è come ovvio solo di natura militare. I nostri interessi strategici si interfacciano difatti con gli altri interessi nazionali di natura prevalentemente economica.

L’approvvigionamento energetico dell’Italia dipende in buona misura dal flusso dei rifornimenti di idro-carburi che giungono via mare dal Golfo Persico attraverso gli stretti di Hormuz e Bab el- Mandeb, il Mar Rosso e il canale di Suez. Sulla stessa rotta viaggiano altresì̀ le importazioni italiane di materie prime e le nostre esportazioni di prodotti finiti.

3. Territorializzazione Mediterraneo

Mare caldo il Mediterraneo è, in senso metaforico oltre che geofisico. Le tensioni geopolitiche tra gli Stati che vi si affacciano hanno accelerato il processo della sua suddivisione — spesso con iniziative uni-laterali oggetto di violente contestazioni — in spazi di giurisdizione nazionale. Ecco dunque che lo status quo degli spazi marittimi del Mediterraneo è in lenta ma inesorabile trasformazione (v. Piattaforma con-tinentale-Mediterraneo; ZEE-Mediterraneo). Da lungo tempo, quello che come Mare nostrum era stato sotto il controllo esclusivo dei Romani, godeva di una situazione giuridica improntata ai principi del Mare liberum (v. Libertà dei mari) teorizzati da Hugo Grozio. A partire dal secolo XIX, terminata l’epoca in cui la Serenissima interdiceva il transito nell’Adriatico alla Spagna e i «Barbary States» (v. Pirateria) assoggettavano a tributi il passaggio di navi straniere lungo le coste del Nord Africa, si erano, infatti, realizzate nel Mediterraneo le condizioni per l’esercizio del libero uso del mare. Anche quando, ai primi del Novecento, i paesi

medi-terranei avevano cominciato a istituire acque territoriali (v.) di 3 miglia (poi estese a 6 nel do-poguerra, e infine a 12 secondo i criteri attualmente in vigore), vaste zone di alto mare (v.) avevano sempre garantito la li-bertà di navigazione nel ba-cino. Questa situazione rispondeva agli interessi di tutte le Potenze navali del-l’epoca ed era perciò stata pre-servata anche negli anni della Guerra fredda. Un’ulteriore ra-gione per preservare tale situa-zione era che, ove gli Stati rivieraschi avessero istituito proprie ZEE, non vi sarebbero più state aree di alto mare, con-siderato che in nessun punto del Mediterraneo le coste degli Stati frontisti distano tra loro più di 400 miglia.

Dall’inizio del XXI secolo, per effetto dell’applicazione dell’UNCLOS, il vento che spira sul Mediterraneo è però cambiato. Spinti dall’esigenza di tutelare le proprie risorse it-tiche dal continuo

depaupera-mento messo in atto da flotte Distanze inferiori a 400 mg tra coste opposte del Mediterraneo (Fonte: Francalanci).

pescherecce provenienti dall’Estremo Oriente, molti paesi hanno preso in considerazione la possibilità di istituire zone in cui esercitare parte dei diritti funzionali relativi alla ZEE. Alla base di queste posizioni c’è, in alcuni casi, l’idea che «non può essere contestato che, quello che per le grandi potenze marittime le quali si affacciano sul Mediterraneo è considerato soprattutto uno spazio di navigazione internazionale avente una di-mensione strategica capitale, per tutte le popolazioni degli Stati della riva sud, è invece uno spazio da cui trarre ri-sorse alimentari» (v. Pesca (Mediterraneo). Egualmente comprensibili e fondati sono i timori di quegli Stati, primo fra tutti la Francia, che da tempo paventano i rischi ecologici per le proprie coste derivanti da versamenti accidentali di idrocarburi causati da sinistri marittimi, considerato il gran numero di navi (stimate in 200) che in ogni momento sono in navigazione.

Se così è, si può ragionevolmente ipotizzare che la peculiarità giuridica del Mediterraneo è destinata a cambiare nel senso di un generale rafforzamento delle giurisdizioni nazionali negli spazi extraterrito-riali. La sua «territorializzazione» appare così inevitabile come del resto indica la continua creazione di estese ZEE come quella istituita dall’Algeria nel 2018 o quella turco-libica del 2019 (v. ZEE- Mediterraneo).

Anche la posizione dell’Italia, sinora contraria alle ZEE per non determinare limitazioni alle libertà di navigazione, potrebbe di conseguenza mutare. Proposte per la sua istituzione da parte dell’Italia — che sarebbe costretta a farlo per non creare vuoti di giurisdizione attorno alle proprie coste — sono state for-mulate in sede parlamentare durante la XVIII legislatura.

4. Cooperazione regionale

Al di là delle spinte nazionalistiche insite nella creazione di spazi di giurisdizione funzionale, è ipo-tizzabile che in futuro si rafforzerà la cooperazione regionale e/o transfrontaliera in specifiche materie.

Tale cooperazione è già da tempo avviata, nel quadro del regime delineato dall’UNCLOS per i mari chiusi o semichiusi, in materia di protezione dall’inquinamento (v. Protezione dell’ambiente marino-Me-diterraneo), con vari strumenti come la Convenzione di Barcellona del 1976 o il Santuario dei Mammiferi (v.). Il mar Mediterraneo costituisce anche una «special area» (v. Area marina specialmente protetta), in cui vigono standard restrittivi per la prevenzione dell’inquinamento da idrocarburi e rifiuti solidi.

Anche i flussi migratori via mare che nel Mediterraneo sono in continua crescita sin dai primi anni Novanta del secolo scorso hanno fatto emergere l’esigenza di avviare forme di cooperazione per il con-trollo del traffico e trasporto illegale di migranti (v.). L’Unione europea ha ricoperto un ruolo primario nel lanciare, nel 2015, l’operazione navale EUNAVFOR-MED Sophia dedicata sia al contrasto di tali traf-fici, sia al SAR, sia soprattutto all’interdizione del contrabbando di armi con la Libia. Al termine del suo mandato, nel marzo 2020, questa operazione è stata sostituita da quella denominata «Irini», egualmente incentrata sulla lotta al contrabbando di armi. Rilevante è anche stato il ruolo dell’Italia nell’assolvere gli obblighi di salvataggio e accoglienza: basti dire che nel periodo 2013-18 sono sbarcate nel nostro paese circa 600.000 persone, salvate in mare da nostre unità, da mercantili, da imbarcazioni ONG e da navi partecipanti alle operazioni di FRONTEX ed EUNAVFOR-MED.

Vedi anche: Acque territoriali (Mediterraneo); Baie storiche (Mediterraneo); Cavi e condotte (Medi-terraneo); Demilitarizzazione (Medi(Medi-terraneo); Geopolitica del mare; Linee di base (Medi(Medi-terraneo); Pesca (Mediterraneo); Piattaforma continentale (Mediterraneo); Polizia alto mare; Protezione dell’ambiente marino (Mediterraneo); Ricerca e soccorso in mare; Stretti e canali internazionali; Zona contigua.

Nel documento GLOSSARIO DI DIRITTO DEL MARE (pagine 86-89)