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Protezione mercantili 1 PCASP e VPD

Nel documento GLOSSARIO DI DIRITTO DEL MARE (pagine 129-132)

PIATTAFORMA CONTINENTALE GRECO-TURCA

6. Protezione mercantili 1 PCASP e VPD

Specifico rilievo ha infine avuto, nell’ambito delle misure per contrastare la pirateria somala, la que-stione dell’imbarco sui mercantili di personale armato, per finalità di protezione ma non di contrasto,

Voluntary reporting area del golfo di Guinea (Fonte: UKHS).

senza che con ciò si modificasse lo status dei mercantili rispetto a quello delle navi da guerra (da ricordare che durante la Prima e la Seconda guerra mondiale era stata ammesso che i mercantili potessero essere dotati di armamento limitato all’autodifesa).

Si tratta dell’impiego di personale civile (i così detti PCASP, acronimo di «privately contracted armed security personnel»). O anche, in alternativa, di personale militare (i così detti VPD, acronimo di «vessel protection detachment») il cui impiego fu raccomandato dall’IMO, con riguardo alla pirateria del Corno d’Africa, nelle Best Management Practices Version 4 (BMP4) del 2011.

La possibilità per gli Stati, di autorizzare tali misure aggiuntive, va considerata espressione del loro monopolio dell’uso della forza in mare da cui discende anche la regolamentazione dell’attività di VPD e PCASP sui mercantili di bandiera nel quadro dei principi del genuin link (v. Nazionalità della nave) stabiliti dall’UNCLOS. Esse si inquadrano, oltre che nel generale principio di legittima difesa, nell’auto-rizzazione a usare all necessary means per prevenire e reprimere la pirateria concessa agli Stati dal Con-siglio di sicurezza con varie risoluzioni.

La prassi dei PCASP ha avuto applicazione generalizzata da parte di tutti gli Stati, sia pur in assenza di linee guida IMO che risolvessero i nodi della giurisdizione e dei limiti all’uso della forza nell’attività di protezione del mercantile. Le soluzioni adottate sono state in ogni caso state improntate al rispetto del principio — stabilito dalla Convenzione SOLAS 1974 (v. Sicurezza della navigazione) — relativo alle funzioni prioritarie di comando del master del mercantile nei confronti di tutti i soggetti imbarcati, PCASP compresi. Non altrettanto è invece avvenuto per i VPD. A partire dall’operazione Atalanta del-l’Unione europea, il loro imbarco era stato previsto a protezione dei mercantili incaricati di trasportare in Somalia gli aiuti del programma alimentare mondiale (WFP); successivamente, non ha tuttavia rice-vuto ulteriore applicazione se si escludono le misure adottate da Francia («Equipes de protection Embar-quée») operanti su navi da pesca di bandiera al largo delle Seychelles), da Spagna e Olanda.

Attualmente, al 2020, le misure raccomandate per l’autoprotezione dei mercantili sono indicate nelle BMP5 «Best Management Practices to Deter Piracy and Enhance Maritime Security in the Red Sea, Gulf of Aden, Indian Ocean and Arabian Sea, 2018».

6.2 Prassi Italia

(a) Nuclei militari di protezione (NMP) e Guardie giurate

Diverso il caso dell’Italia che com’è noto è stato l’unico paese ad aver regolamento in modo organico, sia l’imbarco su mercantili di bandiera di personale militare dei Nuclei militari di protezione (NMP), sia l’impiego sugli stessi mercantili di Guardie giurate. L’iniziativa era stata adottata dopo che numerosi mercantili di bandiera italiana erano stati attaccati e sequestrati dai pirati, come il rimorchiatore Buccaneer (2009), la M/C Savina Caylyn (2009), la M/N Rosalia D’Amato e la M/N Enrico Ievoli (2011).

Tale progetto fu poi disciplinato nell’articolo 5, commi l e 2, della Legge 2 agosto 2011, n. 130, preve-dendo che il ministero della Difesa potesse stipulare con l’armatoria privata italiana convenzioni per l’imbarco, a richiesta e con oneri a carico degli armatori, di NMP composti da personale della Marina.

La normativa disponeva inoltre che il personale dei NMP operasse in conformità alle direttive e alle re-gole di ingaggio emanate dal ministero della Difesa, presupponendo quindi che esso fosse inserito nella catena di comando militare senza alcun rapporto di subordinazione con il comando del mercantile. Al comandante di ciascun nucleo, al quale faceva capo la responsabilità esclusiva dell’attività di contrasto militare alla pirateria e al personale da esso dipendente, erano inoltre state attribuite, rispettivamente, le funzioni di ufficiale e di agente di polizia giudiziaria riguardo ai reati di pirateria di cui agli articoli 1135 e 1136 CN. Nello svolgimento dell’attività assegnatagli, il medesimo personale avrebbe beneficiato dell’applicazione della causa di giustificazione secondo cui «non è punibile il militare che, nel corso delle missioni…, in conformità alle direttive, alle regole di ingaggio, ovvero agli ordini legittimamente impartiti, fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi, della forza o di altro mezzo di coazione fisica, per le necessità delle operazioni militari». La protezione delle navi battenti bandiera italiana era stabilita «nell’ambito delle attività interna-zionali di contrasto alla pirateria... nelle aree di acque internainterna-zionali a rischio». Tali spazi denominati piracy high risk area (HRA) erano stati definiti da un gruppo di coordinamento di associazioni marittime come la International Chamber of Commerce in relazione a episodi di pirateria avvenuti nei mari tra il Corno d’Africa e l’India. Al tempo, nel 2011, il loro limite orientale passava per la punta estrema del

subconti-nente indiano, comprendendo quindi tutti gli spazi marittimi dell’India, incluso quello a 20,5 mn dalle coste del Kerala dove avvenne il 15 febbraio 2012 l’episodio della Enrica Lexie. Tenendo anche conto dei rapporti periodici dell’IMO e delle zone di operazione delle missioni anti pirateria EUNAVFOR «Ata-lanta» e NATO «Ocean Shield», successivamente i limiti della HRA sono stati arretrati rispetto all’India e al Mar Rosso. Al 2020 sono quelli della mappa sotto riportata.

L’Italia ha disposto la cessazione dell’imbarco dei NMP nel 2015 a seguito di apposita modifica legisla-tiva, dopo che erano state eseguite circa 300 missioni di protezione dei mercantili di bandiera nazionale.

È invece ancora attiva la misura di autoprotezione delle Guardie giurate — rientrante, come detto, nella prassi internazionale dei PCASP — che è stata da ultimo disciplinata dal Decreto del ministero

del-Piracy high risk area del Corno d’Africa (Fonte: UKHS).

l’Interno 139-2019. Il provvedimento stabilisce il loro impiego a bordo delle navi mercantili battenti ban-diera italiana che transitano in acque internazionali a rischio pirateria, le modalità per l’acquisto, l’im-barco, lo sl’im-barco, il porto, il trasporto e l’utilizzo delle armi (di difesa personale e di protezione della nave) e del relativo munizionamento, nonché le modalità operative di svolgimento dei servizi a bordo. Da no-tare che l’uso delle armi è consentito nei casi previsti dal codice penale e dalle leggi speciali in materia.

Sono inoltre fatti salvi poteri e responsabilità esclusive del comandante secondo gli articoli 186 e 295 CN.

L’art. 6, 2, b) del decreto dispone, infatti, che «per ogni nucleo di guardie giurate impiegato a bordo della nave deve essere nominato un responsabile (team leader), individuato nella guardia avente maggiore esperienza, cui è affidata l’organizzazione operativa del nucleo stesso, nel rispetto di quanto previsto dal regolamento di servizio e secondo le direttive del comandante della nave al quale lo stesso si deve sempre rapportare».

(b) Normativa penale italiana

Il Codice della navigazione del 1942 ha regolamentato il reato di pirateria punendolo con pena edittale superiore nel minimo a cinque anni. La punibilità è prevista, oltre che per i cittadini italiani, anche per gli stranieri implicati in atti di pirateria o «sospetta» pirateria. Non è stabilito alcun requisito territoriale relativamente al locus commissi delicti sicché è punibile, com’è proprio della pirateria juris gentium, il fatto commesso in alto mare. Da questo punto di vista l’azione penale può essere esercitata sulla base dell’ar-ticolo 7, n. 5 del Codice penale relativo ai reati commessi all’estero dal cittadino o dallo straniero per i quali speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana (nel caso di specie l’art. 105 dell’UNCLOS). Le fattispecie penali contenute nel Codice della navigazione sono:

— articolo 1135 - pirateria. «Il comandante o l’ufficiale di nave nazionale o straniera, che commette atti di de-predazione in danno di una nave nazionale o straniera o del carico, ovvero a scopo di dede-predazione commette violenza in danno di persona imbarcata su una nave nazionale o straniera, è punito con la reclusione da dieci a venti anni.

Per gli altri componenti dell’equipaggio la pena è diminuita in misura non eccedente un terzo; per gli estranei la pena è ridotta fino alla metà»;

articolo 1136 - nave sospetta di pirateria. «Il comandante o l’ufficiale di nave nazionale o straniera, fornita abusivamente di armi, che naviga senza essere munita delle carte di bordo, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Si applica il secondo comma dell’articolo precedente».

Il regime penale del Codice della navigazione è stato in parte integrato e modificato dalle norme spe-ciali emanate con specifico riguardo alle operazioni navali al largo del Corno d’Africa svolte sotto l’egida delle Nazioni unite. Il decreto legge 30 dicembre 2008, n. 209 convertito in legge dalla legge 24 febbraio 2009 n. 12, confermò tale regime generale, prevedendo all’art. 5 la competenza del tribunale di Roma.

Una deroga fu poi disposta con il Decreto Legge 15 giugno 2009, n. 61 stabilendo da un lato che la giu-risdizione italiana era limitata ai soli reati di pirateria commessi a danno dello Stato, dei cittadini e dei beni italiani, e dall’altro che, al di fuori di tali casi, si applicassero gli accordi per il trasferimento ai paesi (Kenya, Seychelles, Mauritius e Tanzania) che avessero stipulato accordi con la UE per la consegna di persone catturate nel corso di operazioni antipirateria. Da notare come la stessa normativa prevedesse

«la detenzione a bordo del vettore militare delle persone che hanno commesso o che sono sospettate di aver commesso atti di pirateria, per il tempo strettamente necessario al trasferimento».

PLACE OF REFUGE (LUOGO DI RIFUGIO)

Nel documento GLOSSARIO DI DIRITTO DEL MARE (pagine 129-132)