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NAVE SENZA BANDIERA (NAVE STATELESS) Vedi: Diritto di visita;

Nel documento GLOSSARIO DI DIRITTO DEL MARE (pagine 99-102)

Nazionalità della nave;

Polizia dell’alto mare;

Terrorismo marittimo;

Traffico di stupefacenti in mare.

Traffico e trasporto illegale di migranti in mare NAZIONALITÀ DELLA NAVE

1. Genuine link

La nazionalità delle navi mercantili risulta dalla bandiera navale (v.) e dai documenti di bordo (atto di nazionalità per la legislazione italiana). Ogni nave può navigare sotto la bandiera di un unico Stato ed è soggetta, in alto mare (v.), alla sua giurisdizione esclusiva. Affinché uno Stato possa legittimamente concedere la sua bandiera deve esistere un legame sostanziale («genuine link» secondo la terminologia di Ginevra II, 5, 1; UNCLOS 91, 1) tra la nave e l’ordinamento nazionale. Lo stesso Stato, per esercitare efficacemente la sua giurisdizione è tenuto ad assolvere vari obblighi nei confronti delle navi di propria bandiera, principalmente ai fini di salvaguardarne la navigabilità e le condizioni di lavoro a bordo da parte dei marittimi (UNCLOS 94). Di seguito uno specifico focus sulle questioni relative alla giurisdizione esclusiva e all’effettivo possesso di una nazionalità.

2. Giurisdizione esclusiva Stato di bandiera

La giurisdizione a favore dello Stato di bandiera è disciplinata da UNCLOS 97 che la configura come esclusiva in caso di «collisione o di altro incidente di navigazione nell’alto mare che coinvolga la responsabilità penale e disciplinare del comandante o di altre persone in servizio sulla nave».

Il problema delle modalità di esercizio di tale giurisdizione fu esaminato dalla Corte permanente internazionale di giustizia del 1927 nella controversia che opponeva Francia e Turchia, che è nota come caso Lotus. La disputa si era sviluppata a seguito di una collisione tra il piroscafo francese Lotus, che si dirigeva a Costantinopoli, e l’imbarcazione turca BozKurt, che affondò. Il Lotus riuscì a salvare 10 dei 18 passeggeri del BozKurt. I due ufficiali di guardia a bordo della Lotus e del BozKurt vennero arrestati dalla polizia turca in attesa dell’avvio di un procedimento penale per omicidio colposo. Durante il processo, la difesa dell’ufficiale francese sostenne che i tribunali turchi non avevano giurisdizione, ma l’argomento non venne accolto e l’ufficiale fu condannato al pagamento di una multa e al carcere.

Francia e Turchia sottoposero la questione alla Corte permanente di giustizia internazionale. Per la Francia, il comportamento turco era in contrasto con il diritto internazionale, che non consente la giu-risdizione statale su uno straniero, quando il reato sia stato commesso al di fuori del territorio nazio-nale. La Turchia sosteneva, invece, che la propria giurisdizione derivasse dalla nazionalità della vittima e dal fatto che il reato fosse stato commesso contro una nave battente bandiera turca. Nella sentenza del 1927 la Corte accettò la tesi turca affermando che al tempo non vi era nessuna norma di diritto in-ternazionale che proibisse a uno Stato di esercitare giurisdizione sul proprio territorio per fatti aventi effetto su persone e beni sotto la propria giurisdizione. Il caso Lotus non fu, peraltro, un caso isolato.

Nel 1876 era accaduto l’incidente del Franconia, una nave di bandiera germanica entrata in collisione con un mercantile inglese mentre era in navigazione al di fuori delle acque territoriali britanniche;

nell’occasione, la Corte inglese incaricata di decidere sul caso, aveva affermato la propria competenza.

Per superare l’interpretazione adottata con queste decisioni, sia la I convenzione di Ginevra del 1958 (art. 11) sia l’UNCLOS, introdussero il principio della giurisdizione esclusiva (penale e disciplinare) dello Stato di bandiera della nave al cui master o ad altre persone imbarcate venissero mossi addebiti penali e disciplinari. Questo nuovo regime era stato anticipato dalla convenzione di Bruxelles del 1952 sull’unificazione di certe regole in materia di responsabilità penale in materia di collisioni o altri inci-denti di navigazione.

Circa il significato dell’espressione «incidente di navigazione» (incident of navigation), a parere di certa dottrina «la frase chiaramente include una collisione…ma si estende a qualsiasi maritime causalty»: essa appare, infatti, nell’art. 94.7 dell’UNCLOS con riferimento a incidenti causanti la perdita della vita o altri danni a cittadini di un altro Stato. La questione della giurisdizione esclusiva esercitabile dallo Stato di bandiera nell’ipotesi che accadano siffatti incidenti ha assunto rilievo nell’ambito del «Caso Lexie» tra Italia e India la cui risoluzione è stata affidata a un tribunale arbitrale.

3. Navi Stateless e navi con bandiera di convenienza 3.1 Condizione navi stateless

Secondo l’articolo 91 dell’UNCLOS la nazionalità delle navi è la base su cui il regime marittimo in-ternazionale è incardinato: ogni Stato ha il potere per fissare le condizioni per l’assegnazione della re-lativa nazionalità, per la registrazione delle navi nel proprio territorio e per il diritto di battere la relativa bandiera provata da appropriati documenti; un «genuine link» deve comunque esistere tra lo Stato e la nave che batte la sua bandiera. Le navi devono battere la bandiera di una singola nazione in modo da rendere noto alla comunità internazionale quale Stato ha giurisdizione su di esse. Come con-seguenza di questo obbligo, le navi «senza nazionalità» sono navi non legittimamente registrate in al-cuno Stato; tali sono anche le navi «che navigano sotto le bandiere di due o più Stati impiegandole secondo convenienza» (UNCLOS, 92, 2). Le navi prive di nazionalità (stateless), non potendo invocare la prote-zione di alcuno Stato, sono soggette alla giurisdiprote-zione di tutti gli Stati che abbiano motivo per eserci-tarla. La prassi seguita dall’Italia è indicata nelle Direttive della Direzione Nazionale Antimafia del 2014 dedicate al contrasto in alto mare del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (v. Traffico e trasporto illegale di migranti in mare).

3.2 Flag of convenience

La categoria delle navi con «flag of convenience» (FOC) — a prescindere dall’ipotesi disciplinata dal-l’art. 92, 2 dell’UNCLOS di navi che abbiano falsi documenti di plurima nazionalità — è comunque più ampia di quella delle navi senza nazionalità. L’art. 94 dell’UNCLOS definisce i doveri dello Stato di bandiera concernenti l’effettivo esercizio della giurisdizione in tutte le materie riguardanti la pro-tezione dell’equipaggio e della salvaguardia della nave. Conseguentemente, quando una nave batte una bandiera nazionale diversa da quella del proprio paese (il paese del/dei proprietario/i della nave), il «genuine link» potrebbe non essere reale a causa della mancanza di una effettiva giurisdizione e con-trollo dello Stato. Il concetto di nave FOC riguarda quindi stricto sensu il caso di una nave legalmente battente bandiera di uno Stato diverso da quello di appartenenza: da questo punto di vista, il criterio più comune per determinare se una nave è iscritta in un open registry (eufemismo utilizzato al posto di FOC) è basato su facilitazioni finanziarie e basse tutele sindacali dei marittimi imbarcati. Al riguardo l’International Transport Workers’Federation (ITF), per individuare i paesi rientranti nel concetto di FOC, usa i seguenti elementi: 1) il paese permette ai non cittadini di avere e controllare una nave; 2) l’accesso e il trasferimento dal registro è semplificato; 3) le tasse sul reddito dei trasporti sono basse o inesistenti; 4) l’impiego a bordo di non nazionali è permesso liberamente; 4) il paese non ha il potere (o la volontà) di imporre regolamenti nazionali o internazionali sui proprietari delle navi.

3.3 Rischi sicurezza marittima

Un elenco dei paesi open registry è stato redatto dalla suindicata ITF: esso comprende Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Bermuda (UK), Bolivia, Burma, Cambogia, Isole Cayman, Co-moros, Cipro, Guinea Equatoriale, Isole Faroe, Georgia, Gibilterra, Honduras, Jamaica, Libano, Libe-ria, Malta, Isole Marshall (Stati Uniti), Mauritius, Moldova, Mongolia, Antille Olandesi, Corea del Nord, Panama, Sao Tome e Príncipe, Saint Vincent e Grenadine, Sri Lanka, Tonga, Vanuatu. Tra questi paesi, Panama, Liberia e Isole Marshall hanno iscritto nei propri registri circa il 40% dell’intera flotta mercantile mondiale. Il pericolo che alcune navi FOC siano una minaccia alla sicurezza marittima (v.) è stato preso in considerazione nell’ambito del Comitato consultivo delle NU sul Diritto del mare.

Nell’occasione è stato evidenziato che la mancanza di controlli e di regolamenti potrebbe costituire una grave minaccia transnazionale contribuendo a instaurare un ambiente favorevole per il traffico e trasporto illegale di armi (v.), droghe (v. Traffico stupefacenti), persone (v. Traffico e trasporto illegale di migranti) e rifiuti tossici (v. Protezione ambiente marino) e pesca illegale (v. Pesca). L’IMO, oltre a emanare direttive sul Port State Control (v. Sicurezza marittima) volto a evitare l’impiego di mercantili sub standard relativamente a navigabilità e condizione dei marittimi imbarcati, si è occupata anche dello specifico caso delle «navi fantasma» (phantom ship). Con la risoluzione A.923(22) del 29 novem-bre 2001 dedicata alle misure per impedire la registrazione di simili navi, l’IMO — facendo espresso riferimento al loro coinvolgimento in atti di pirateria (v.) — ha richiesto agli Stati di vigilare attenta-mente nel registrare mercantili sulla base di informazioni false, controllando in particolare se il mer-cantile abbia già altra bandiera.

3.4 Misure adottabili

In considerazione della minaccia costituita da tali categorie di navi per l’ordinato svolgimento delle attività marittime, le navi da guerra (v.) e le navi in servizio governativo non commerciale (v.) di qualsiasi nazione possono, nell’ambito dell’esercizio dei poteri connessi al diritto di visita (v.), sot-toporre tali navi a inchiesta di bandiera (v.) e, qualora risulti confermata la mancanza di nazionalità, catturarle e condurle con la forza in un porto nazionale per gli opportuni provvedimenti. Come af-fermato dalla Corte di Cassazione italiana in varie decisioni relative al traffico e trasporto illegale di migranti in mare (v.) l’esercizio in alto mare dei poteri coercitivi ex art. 110, 4 UNCLOS va però di-stinto da quello del successivo eventuale esercizio della giurisdizione nei confronti di persone coin-volte in attività illecite in quanto: «L’articolo 110 della convenzione prevede difatti il diritto di visita di una nave priva di nazionalità, ma solo ai fini di accertamento; nulla dispone invece circa la legittimazione ad adottare poteri coercitivi reali e personali, che resterebbero di esclusiva giurisdizione dello Stato che su quella nave ha giurisdizione ai sensi dell’articolo 97 della convenzione stessa, il quale espressamente rimette le eventuali azioni

penali o disciplinari contro le persone a bordo di tale nave allo Stato di bandiera, ovvero — mancando la bandiera

— allo Stato di cui dette persone hanno la nazionalità» (Cassazione penale sezione I, 23 maggio 2014, n.

36052, Arabi, Rv. 260040).

NAVICERT

Al fine di evitare le interferenze con il commercio marittimo dei neutrali, connesso all’esercizio del diritto di visita per il controllo dei beni costituenti contrabbando di guerra (v.), i belligeranti (v. Diritto bellico marittimo) possono prevedere il rilascio di appositi certificati denominati navicert.

Con tali documenti i consolati di un belligerante, o altra autorità a ciò designata, certificano che il mercantile è stato esaminato al momento del carico in un determinato porto ed è stato trovato privo di merci costituenti contrabbando di guerra. Il possesso di un navicert non è comunque un ti-tolo per evitare la visita in mare o l’eventuale cattura da parte del belligerante che lo ha rilasciato.

Il sistema dei navicert non ha più avuto applicazione dopo la Seconda guerra mondiale. In occasione dei recenti embarghi navali (v.) che hanno comportato un esteso ricorso al diritto di visita nei con-fronti del naviglio mercantile, ne è stato tuttavia ipotizzato un adattamento alle crisi internazionali in cui le nazioni partecipanti a coalizioni multinazionali (si pensi a Enduring Freedom, lanciata nel Mar Arabico dopo l’attacco alle Torri Gemelle) esercitino diritti di belligeranza sulla base di risolu-zioni delle NU.

Nel documento GLOSSARIO DI DIRITTO DEL MARE (pagine 99-102)