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Regime spazi marittimi

Nel documento GLOSSARIO DI DIRITTO DEL MARE (pagine 74-77)

MARE ARTICO

1. Regime spazi marittimi

1.1 Aspetti generali

Si indica come Artico la regione a nord del Circolo polare artico su cui si affaccia, intorno al mare Ar-tico, Canada, Danimarca (con la Groenlandia), Norvegia, Russia e Stati Uniti (con l’Alaska). Nell’Artico ricade il Polo Nord, vale a dire il punto in cui l’asse di rotazione terrestre interseca la superficie della terra. Gran parte della sua estensione è coperta per quasi tutto l’anno dallo spesso strato di ghiaccio della banchisa la cui dimensione è, com’è noto, in via di costante riduzione per via dei cambiamenti climatici.

Quando, probabilmente a metà di questo secolo, per la prima volta il mare Artico non sarà interamente coperto dai ghiacci, apparirà chiaro che la sua superficie acquea è cinque volte quella del mar Mediter-raneo (v.): esso è, infatti, un mare semichiuso (v.) circondato dai citati Stati, ma in contatto con gli altri mari attraverso vari stretti e passaggi. Prevalenti sono dunque nella questione artica gli aspetti marittimi, ma altrettanto rilevanti sono le implicazioni riguardanti la geopolitica del mare (v.) connesse allo sfrut-tamento delle risorse marine naturali (v.) e al controllo delle vie di comunicazione.

1.2 Governance

Non esiste al momento un trattato artico simile a quello Antartico () basato sulla protezione del-l’Antartide tutelandone l’ambiente e l’utilizzazione a scopi pacifici (v. Global commons). Nel 2008 Ca-nada, Danimarca, Norvegia, Federazione Russa e Stati Uniti hanno invece emesso la dichiarazione di Ilulissat in cui si afferma che «…the law of the sea provides for important rights and obligations concer-ning the delineation of the outer limits of the continental shelf, the protection of the marine environment, in-cluding ice-covered areas, freedom of navigation, marine scientific research, and other uses of the sea». Con ciò si è espressa la volontà di non regolamentare il regime dell’Artico con un apposito trattato. Vi è tuttavia un’organizzazione intergovernativa volta a promuovere la cooperazione tra gli Stati artici e le comunità indigene in materia di tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile: è Arctic Council com-posto da Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Federazione Russa, Svezia e Stati Uniti;

Olanda, Polonia, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Italia e Cina sono osservatori. Il Council si è fatto promotore nel 2011 di un Agreement on Cooperation on Aeronautical and Maritime Search and Rescue in the Arctic; l’intesa è improntata alla messa in comune degli assetti di ricerca e soccorso in mare (v.) e alla creazione di zone comuni di intervento. Circa il regime multilaterale di cooperazione dell’Artico, si deve anche citare il Polar Code dell’IMO, testo di prescrizioni non obbligatorie dedicato a incrementare la sicurezza della navigazione.

1.3 Piattaforma continentale estesa (ECS)

In futuro, al momento del disgelo, l’area del mare Artico attorno al Polo sarà, dal punto di vista giuridico, uno spazio di alto mare (v) ricadente al di là delle ZEE (v.) degli Stati rivieraschi. Le giuri-sdizioni degli Stati costieri non coprono quindi tutta l’area ma si spingono sino ai limiti massimi pre-visti dall’UNCLOS e cioè, 200 mn per la ZEE, e 350 mn per la extendend continental shelf (ECS) estesa oltre le 200 mn della ordinaria piattaforma continentale (v.). Sinora hanno presentato all’apposita commissione delle NU richieste di esame delle proprie pretese, Russia, Norvegia e Danimarca. Gli Stati Uniti non lo hanno ancora fatto, non essendo parte dell’UNCLOS. Il Canada ha preannunciato l’intenzione di adire la Commissione. La Russia è stata, nel 2001, il primo paese ad avanzare la propria submission relativa alla ECS dell’Artico, in esito alla quale la commissione aveva formulato specifiche raccomandazioni notando come le dorsali di Lomonosov e di Mendeleev (che dalla piattaforma eu-roasiatica si spingono oltre il Polo) non potessero considerarsi «alture sottomarine» ai fini dell’art. 76 della CNUDM. Questa norma stabilisce, infatti, che nelle dorsali sottomarine il limite della piatta-forma continentale non può spingersi oltre le 350 mn, a meno che non si tratti appunto di «elevazioni sottomarine che sono elementi naturali del margine continentale». Tenendo conto di tali raccomandazioni la Russia, nel 2015, ha presentato una nuova Partial Revised Submission che riduce la configurazione dell’area adattandola alle zone che, sulla base di più approfondite verifiche scientifiche, sono risultate facente parte del «Complex of the Central Arctic Submarine Elevations, namely the Lomonosov Ridge, Men-deleev-Alpha Rise and Chukchi Plateau». Al di là dei limiti della ECS vi è anche una porzione di Area internazionale dei fondi marini (v.). Va considerato tuttavia che i limiti di ZEE e piattaforma conti-nentale — e quindi, per conseguenza, di alto mare e Area — potrebbero subire modifiche per effetto dei cambiamenti alla linea di costa determinati dall’innalzamento del livello dei mari susseguente alla fine della glaciazione.

Spazi marittimi dell’Artico (Fonte: IBRU).

1.4 Polo Nord: teoria russa dei «settori»

Il carattere internazionale dei fondali ricadenti sotto il Polo Nord è divenuto di attualità quando nel 2007 un sottomarino russo a propulsione nucleare vi ha piantato una bandiera nazionale a significare una possibile rivendicazione di diritti sovrani. La pretesa russa non è ben chiara; fonti accademiche, a prescindere dai succitati chiarimenti scientifici forniti dal governo alla commissione relativamente alla ECS, hanno espresso la tesi dei diritti storici sui mari interni; tesi che si inquadra nell’ambito della c.d.

«teoria dei settori di attrazione» elaborata in anni passati. Nei primi anni della Rivoluzione sovietica, per rimediare a un allentamento del dominio sugli spazi artici insidiato dagli Stati adiacenti, si corse ai ripari adottando, nel 1926, un decreto secondo cui sarebbero appartenute all’Unione Sovietica «tutte le terre e le isole, già scoperte o da scoprire, ...collocate nel nord dell’oceano Artico, a settentrione delle coste sovietiche sino al Polo comprese tra aree identificate da specifici meridiani e linee di costa». Studiosi sovietici cercarono al-lora di dare una base teorica ai diritti russi ipotizzando, a fini strategici e di ricerca scientifica (non di-mentichiamo che si era al tempo delle spedizioni polari del generale Umberto Nobile), la natura territoriale dell’Artico. La tesi si basava sulla considerazione che «... i ghiacci galleggianti debbano essere le-galmente assimilati al Mare Polare, mentre le formazioni stabili vadano equiparate al territorio polare. I paesi che si affacciano sul Polo acquisiscono sovranità su di essi entro i limiti dei loro settori di attrazione... Nel prendere in considerazione le particolarità dell’Artico... si è obbligati a concludere che la dottrina dell’alto mare, se applicata all’Artico, è del tutto non soddisfacente. La sovranità dovrebbe collegare gli Stati ai Poli, sull’Artico, nell’ambito dei loro settori di attrazione». Tale teoria, espressione di concezioni geopolitiche riconducibili al principio di contiguità e continuità geografica, ha continuato a influenzare la politica marittima russa anche dopo la fine dell’Unione Sovietica, nonostante apparisse sempre più chiara la sua mancanza di fondamento giuridico e la sua ambiguità di fondo.

1.5 Mare di Barents

Benché non appartenente geograficamente al mare Artico, il mare di Barents va considerato come un elemento della partita: al suo interno sono stati, infatti, rinvenuti due importanti giacimenti e cioè, lo Shtokman ricadente sulla piattaforma russa e lo Snohvit, posizionato sulla piattaforma norvegese.

Russia e Norvegia hanno raggiunto un eccellente livello di cooperazione marittima avendo risolto Rivendicazioni russe oltre le 200 mg basate sulla «teoria dei settori» (Fonte: Arctic Search Com).

tutte le loro questioni di delimitazioni nel 2010 con un accordo che ripartisce l’area di ZEE del mare di Barents.

L’ex Unione Sovietica aveva rivendicato diritti nel mare di Barents sin dal 1928, in un’area che dalle proprie isole giungeva sino alla già citata linea di settore, confine tracciato per meridiano sino al Polo. La pretesa era speculare a quella secondo cui la sovranità riconosciuta alla Norvegia sulle isole Svalbard dal Trattato del 1920 (di cui è parte anche l’Italia), fosse limitata alle sole acque territoriali. La Norvegia sosteneva invece che alle Svalbard competessero anche aree di piattaforma continentale e di ZEE, e che queste si estendessero sino alla mediana con i territori russi.

Per rimediare ai continui incidenti di pesca, nel 1978 i due paesi avevano stipulato un accordo provvisorio che, senza pregiudizio delle rispettive pretese, considerava l’area in conte-stazione una «zona grigia» in cui esercitare in modo coordinato giuri-sdizione verso i battelli nazionali e di paesi terzi. Negli anni Settanta, in-fatti, si è scoperto che la zona, oltre a essere ricca di pesce, lo è anche di idrocarburi, con riserve stimate di circa seimila miliardi di metri cubi.

Invece di protrarre per altri de-cenni un contenzioso che avrebbe ostacolato ricerca e sfruttamento degli idrocarburi nella zona contesa, le due parti hanno stipulato, il 15 set-tembre 2010, un accordo di delimita-zione (v.) che ripartisce l’area in questione. Il confine stabilito, vale-vole sia per la piattaforma continen-tale sia per la ZEE, è costituito dalla

mediana (v.), e cioè una linea di equidistanza modificata con aggiustamenti volti a tener conto della di-versa lunghezza delle coste dei due paesi in modo da pervenire a un risultato equitativo. Russia e Nor-vegia si sono anche impegnate a gestire congiuntamente i giacimenti posti a cavallo del confine.

2. Nuove rotte polari

Nel documento GLOSSARIO DI DIRITTO DEL MARE (pagine 74-77)