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Politica industriale e regolazione

Capitolo III – L’intervento dello Stato regolatore e la tutela della

1.1. Politica industriale e regolazione

La regolazione costituisce una forma di intervento pubblico indiretto, basata sull'imposizione di regole per il mercato; essa si distinguendo, così, dalle misure di politica industriale. Fra queste ultime, infatti, l'attribuzione di risorse pubbliche mira a compensare l’incapacità strutturale del mercato di fornire determinati beni; la programmazione assolve alla funzione di orientare le scelte degli operatori anche alla luce di obiettivi extra-economici, inducendo scelte commerciali che non troverebbero spazio all’interno di un ordinario contesto di mercato1.

Diversamente, la regolazione persegue unicamente la realizzazione di un mercato competitivo. Essa non ha natura finalistica, bensì condizionale2, nella misura in cui

tali interventi sono finalizzati alla correzione di fallimenti di mercato, come le distorsioni derivanti dal potere di mercato3. La regolazione è, pertanto, un fattore

importante in un’economia di mercato, tanto che quest'ultima potrebbe esistere e “sussiste[re] perché vi è eterocorrezione ed eterocompensazione del mercato stesso”4.

1 P.e., costituiscono misure di programmazione le disposizioni in materia di meritorietà dei beni, di

estensione dell’area del servizio universale e, conseguentemente, anche di approntamento delle infrastrutture, con quanto consegue in tema di stanziamento di risorse pubbliche (C. De Vincenti,

Mercato e interesse pubblico nei servizi di pubblica utilità, in C. De Vincenti – A. Vigneri (a cura di), Le virtù della concorrenza, Bologna 2006, 48 ss.).

2 S. Cassese, Dalle regole del gioco al gioco con le regole, in MCR 2/2002, 266 ravvisa misure di

carattere regolatorie qualora sussistano (i) l’indipendenza dell’autorità pubblica regolatrice; (ii) l’affidamento ad essa di un unico compito; (iii) natura condizionale della regolazione; (iv) l'esistenza di una relazione trilaterale; (v) la sottoposizione al principio del giusto procedimento e (vi) l’esistenza di un controllo giurisdizionale sulle decisioni.

3 G. Sanviti, La regolazione dei servizi, in Giorn. Dir. Amm. 11/1996, 14. La privatizzazione di un

monopolio pubblico impone di prevenirne la trasformazione in un monopolio privato (A. La Spina – G. Majone, Lo Stato regolatore, Bologna 2000, 50 ss.). La privatizzazione dei servizi di pubblica utilità ha, così, portato alla creazione di un sistema di regolazione affidato alle Autorità indipendenti, per vigilare sui prezzi e sulla qualità dei servizi (G. Napolitano, Autorità indipendenti e tutela degli utenti, in Giorn.

Dir. Amm. 11/1996, 14). Al riguardo, si v. altresì L. Prosperetti, Monopolio, concorrenza e regolazione: i pubblici servizi in un mercato che cambia, in Economia e politica industriale 80/1993, 105 ss.; F.

Cavazzuti – G. Moglia, Regolazione, controllo e privatizzazione nei servizi di pubblica utilità in Italia, in Economia Italiana, 1/1994, 9 ss..

L'esigenza di correggere fallimenti di mercato tramite la regolazione è stata particolarmente sentita in seguito agli eccessi del libero mercato e del laissez faire affermatosi a cavallo tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo. Nel corso del Novecento, infatti, è parso sempre più evidente che le mani invisibili del mercato “talvolta brancolano nel buio”, tanto da giustificare interventi per prevenire market

failures dai costi elevatissimi5. Tale disillusione, giunta al culmine durante la Great

Depression, ha poi portato all'istituzione di enti regolatori6.

La regolazione si è, così, affermata come strumento di tutela del mercato e dell’interesse pubblico7. In tale ottica, l’interesse economico diviene funzionale alla

realizzazione dell'interesse pubblico, che viene soddisfatto non (soltanto) in via diretta, ma in via mediata, tramite lo sviluppo del mercato8. Se è vero che ciascun

concorrente punta a massimizzare il proprio vantaggio, la concorrenza fra di essi porterebbe all’efficienza allocativa delle risorse disponibili proprio sfruttando i comportamenti opportunistici degli attori9. Per tale via, verrebbe soddisfatto anche

l’interesse pubblico alla corretta prestazione di un servizio a prezzi competitivi10, con

conseguente funzionalizzazione della (legittimità) ricerca del profitto alla realizzazione di un interesse pubblico11.

sarebbe, allora, “garante di efficienza; solo da essa legittimato” (ibid., 31).

5 M. Onado, Economica e regolamentazione del sistema finanziario, Bologna 2008, 89.

6 R. Posner, Natural Monopoly and its Regulation, Washington 1999, 87-90. L'A. rileva, altresì, come

l'introduzione di misure regolatorie sia stata propiziata da motivi economici, politici, storici e culturali, e come la regolazione sia stata accolta con favore anche da alcuni monopolisti di servizi pubblici, che vi hanno ravvisato un'alternativa all'eventuale espropriazione da parte dello Stato, che avrebbe sostituito il monopolio privato con il monopolio pubbico.

7 L’interesso pubblico risulta dalla sommatoria e dal bilanciamento degli interessi individuali (M.

D’Alberti, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, Bologna 2008, 95), che hanno talvolta influenza dominante sulla regolamentazione (in tal senso G. J. Stigler, The Theory of Economic Regulation, in

Bell Journal of Economic and Management Science 3/1971, 4).

8 B. Tonoletti, Beni ad uso comune del mercato e servizi a rete, in Titolarità pubblica e regolazione dei

beni – Annuario Associazione Italiana dei Professori di diritto amministrativo 2003, Milano 2004,

355; C. De Vincenti, Mercato e interesse pubblico nei servizi di pubblica utilità, in C. De Vincenti – A. Vigneri (a cura di), Le virtù della concorrenza, Bologna 2006, 49.

9 F. Cintioli, Le reti come beni pubblici e la gestione dei servizi, in Dir. Amm., 2/2007, 301 ss.. Viene

definita incentive regulation il “sistema di regole basate sul presupposto di riconoscere alle imprese un certo grado di discrezionalità (libertà di condotta, anche se limitata e condizionata) nell’ambito regolamentato”, per “indurre l’impresa a utilizzare le sue maggiori informazioni sul contesto da regolamentare anche per il perseguimento di finalità sociali” (M. Martoccia, Price cap e regolazione

per incentivi, in A. Biancardi (a cura di), L’eccezione e la regola. Tariffe, contratti e infrastrutture,

Bologna 2009, 283.

10 B. Tonoletti, Beni ad uso comune del mercato e servizi a rete, cit., 357.

11 Come evidenziato in Benedetto XVI, Caritas in Veritate, Città del Vaticano 2009, 29-30, la ricerca

del profitto non è di per sé biasimabile, ma “l'esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e di creare povertà”. La semplice logica mercantile non sarebbe sufficiente, ma occorre finalizzare il mercato al perseguimento del bene comune (ibid., 56).

Nell’ultimo ventennio, la liberalizzazione dei servizi a rete ha ulteriormente accentuato il passaggio dallo Stato gestore del servizio allo Stato regolatore12, fino

ad affidare regolazione e politica industriale ad enti diversi: la prima viene spesso rimessa ad Autorità indipendenti, estranee al circuito politico13; la seconda, invece,

viene solitamente attribuita ad un decisore politico, responsabile innanzi al corpo elettorale14.