European Voluntary Quality Framework”
1. SERVIZI SOCIALI DI INTERESSE GENERALE ED APPALTI: RICOSTRUZIONE DEL QUADRO GENERALE
1.5 Proposta di revisione del quadro giuridico europeo sugli appalti pubblici, la nuova direttiva 2014/24/UE
Come visto, nel dicembre 2011, la Commissione europea ha pubblicato 3 proposte di nuove direttive sugli appalti pubblici. Due di esse dirette a sostituire le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, mentre la terza concerne in particolare la regolamentazione sull’aggiudicazione dei contratti di concessione417.
Sono state pubblicate, in seguito, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, L 94 del 28 marzo 2014, le nuove tre direttive in materia di appalti pubblici, settori speciali e concessioni. Le direttive sono entrate in vigore il 17 aprile 2014. A partire da tale data, gli Stati membri hanno 24 mesi per trasporre le disposizioni delle nuove norme nel diritto nazionale418. I riferimenti delle nuove direttive sono i seguenti: direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione; direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali che abroga la
416 V. punto 3(a) dell’allegato relativo al par. 25 delle conclusioni EPSCO del 6/7 dicembre 2010 su
“Servizi sociali di interesse generale: al centro del modello sociale europeo”.
417 Commissione, Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d’appalto
degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, COM(2011) 895 def., 20 dicembre 2011; Commissione, Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici, COM(2011) 896 def., 20 dicembre 2011; Commissione, Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, COM(2011) 897 def., 20 dicembre 2011.
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direttiva 2004/17/CE; direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici che abroga la direttiva 2004/18/CE.
Tra le novità, il fatto che la direttiva sulle concessioni rappresenta l’unico testo legale di riferimento sulla regolamentazione dei contratti di concessione, ponendo fine alla situazione previgente dove le regole applicabili alle concessioni di lavori sono contenute nella direttiva 2004/18/CE, mentre le regole applicabili alle concessioni di servizi sono governate esclusivamente dai principi generali del TFUE.
Un altro importante cambiamento è che le condizioni sviluppatesi nella giurisprudenza della Corte in relazione alle situazioni in house e alla cooperazione Pubblico-Pubblico sono codificate e chiarite419.
La nuova direttiva, inoltre, abolisce la distinzione tra servizi elencati nell’allegato II A e servizi elencati nell’allegato II B ; una tale distinzione non ha infatti più motivo di esistere.
Al contrario, la nuova direttiva introduce un nuovo titolo III che prevede un “particolare regime degli appalti” per l’aggiudicazione di “servizi sociali e altri specifici servizi” elencati nel nuovo allegato XIV; tale regime si applica quando il valore degli appalti supera la soglia di 750.000 euro420.
I servizi elencati nell’allegato XIV sono: “servizi sanitari e sociali”, “servizi amministrativi in materia di istruzione, assistenza sanitaria e cultura”, “servizi di assicurazione sociale obbligatoria”, “servizi di prestazioni sociali”, “altri servizi pubblici sociali e personali”, “servizi forniti da associazioni sindacali” e “servizi religiosi”.
In base al considerando n. 114 della direttiva, i servizi alla persona, ed in particolare taluni servizi sociali, sanitari e scolastici, per la loro stessa natura, continuano a ricoprire una dimensione limitatamente transfrontaliera. I servizi di questo tipo sono prestati all’interno di un particolare contesto che varia notevolmente da uno Stato membro all’altro a causa delle diverse tradizioni culturali. Occorre quindi stabilire un regime specifico per i contratti aventi per oggetto questi servizi, con una soglia più elevata pari a 750.000 euro. I servizi alla persona con valori al di sotto di tale soglia non potranno in genere essere di interesse per i prestatori di altri Stati membri, a meno che non vi siano indicazioni concrete in senso contrario, come ad esempio il finanziamento dell’Unione per i progetti transfrontalieri. I contratti per servizi alla persona al di 418 Sul preoccupante ritardo nell’attuazione delle nuove direttive in materia di appalti da parte
dell’ordinamento italiano http://www.euractiv.it/it/news/economia-finanza/10419-appalti-italia-accelera- recepimento-direttive.html
419 Per le situazioni in-house v. art. 12 della direttiva 2014/24/UE e art. 17 della direttiva 2014/23/UE; per
le cooperazioni Pubbico-Pubblico v. art. 12, par. 4, lett. a) della direttiva 2014/24/UE e art. 17, par. 4. direttiva 2014/23/UE.
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sopra di questa soglia devono essere improntati alla trasparenza. In ragione dell’importanza del contesto culturale e della sensibilità di tali servizi, gli Stati membri devono godere di un’ampia discrezionalità così da organizzare la scelta dei fornitori di servizi nel modo che considerano più adeguato. Le norme della direttiva tengono conto di tale imperativo, imponendo solo il rispetto dei principi fondamentali di trasparenza e di parità di trattamento e assicurando che le amministrazioni aggiudicatrici abbiano la facoltà di applicare criteri di qualità specifici per la scelta dei fornitori di servizi, come i criteri stabiliti dal “quadro europeo volontario della qualità per i servizi sociali” elaborato dal comitato per la protezione sociale dell’Unione europea421. Gli Stati membri e/o le amministrazioni aggiudicatrici sono liberi di fornire questi servizi direttamente o di organizzare servizi sociali attraverso modalità che non comportino la conclusione di contratti di appalti pubblici, ad esempio tramite il semplice finanziamento di tali servizi o la concessione di licenze o autorizzazioni a tutti gli operatori economici che soddisfano le condizioni definite in precedenza dall’amministrazione aggiudicatrice, senza che vengano previsti limiti o quote, a condizione che tale sistema assicuri una pubblicità sufficiente e rispetti i principi di trasparenza e di non discriminazione.
Dal contenuto del considerando n. 114, emerge una sorta di presunzione, seppur non totalmente vincolante, in base alla quale si stabilisce che i servizi al di sotto del valore di 750.000 euro non presentano per natura un interesse transfrontaliero, a meno che non vi siano indicazioni in senso contrario. Questa clausola lascia aperto il problema di comprendere quali siano effettivamente i parametri di riferimento per comprendere la «portata dei servizi».
Per i servizi sociali che superano la soglia di 750.000 euro il nuovo regime comporta, ai sensi degli artt. da 74 a 77 della direttiva, la pubblicazione di un bando di gara a livello europeo. La normativa dispone comunque a favore degli Stati membri un ampio potere discrezionale nell’organizzare la scelta del fornitore di servizi, nel modo che ritengono più opportuno. La pubblicazione anticipata del bando di gara ha lo scopo di creare sicuramente una maggiore concorrenza.
Gli Stati membri devono considerare attentamente le circostanze sulla base delle quali questa concorrenza si verifica, al fine di evitare contestazioni da parte dei potenziali candidati che potrebbero sostenere di non essere stati invitati a presentare un’offerta senza una buona ragione o l’esistenza di circostanze discriminanti. Anche la stessa decisione dell’amministrazione di non procedere all’aggiudicazione di servizi mediante appalto, perché di valore inferiore ai 750.000 euro, può ad ogni modo essere messa in discussione dalle imprese interessate. 420 COM(2011) 896, art. 4(d), la versione originaria della proposta prevedeva una soglia di 500.000 euro.
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Fondamentalmente, l’autorità pubblica che sceglie di procedere ad una procedura di aggiudicazione mediante appalti si mette preventivamente al riparo da certe tipologie di contestazioni. Anche se la modalità scelta per la fornitura di servizi è diversa, si devono ad ogni modo rispettare i principi di trasparenza e di non discriminazione.
La direttiva precisa che gli Stati membri possono selezionare il prestatore del servizio non solo sulla base del prezzo, ma tenendo conto di specifici criteri qualitativi; l’idea è dunque quella di abbandonare il concetto di “competizione sulla base del prezzo” e favorire una “competizione fondata sulla qualità” della prestazione offerta422.
Per quanto concerne l’uso degli appalti in materia di servizi sociali vi sono posizioni discordanti: vi è chi evidenzia tra gli aspetti positivi la riduzione dei costi, il buon governo, una maggiore quantità di posti di lavoro, una migliore posizione dei concorrenti nel mercato a cui consegue una maggiore qualità dei servizi e chi, al contrario, rimarca gli aspetti negativi e, in particolare, la complessità delle regole e degli oneri amministrativi .
Secondo alcuni studiosi il problema non è rappresentato dalla procedura appalti pubblici in sé, ma dalla mancanza di criteri e parametri obiettivi stabiliti ex ante, che permettano di comprendere quale sia il miglior meccanismo per il raggiungimento degli obiettivi prefissati nell’interesse generale; ossia dovrebbero esserci criteri preventivi di riferimento che consentano la miglior scelta tra erogazione del servizio da parte delle autorità pubbliche in via autonoma o erogazione dello stesso da parte di soggetti terzi. Serve, quindi, un criterio di scelta tra metodo pubblico ovvero metodo privato423. La soluzione data da alcuni studiosi per effettuare la scelta è la seguente: si debbono analizzare le conseguenze che i meccanismi a disposizione hanno nel
welfare sociale424. In realtà, a mio parere, servirebbero criteri di scelta più concreti, nel senso che il concetto «conseguenze avvertite nel welfare sociale» e lo stesso concetto di welfare sociale sembra essere, per una simile decisione, troppo vago. Questi stessi studiosi avvertono la necessità di considerare la fornitura di servizi sociali da parte delle autorità pubbliche come un’opzione sussidiaria, ossia lo Stato dovrebbe intervenire solo laddove il mercato non sia in grado di offrire adeguatamente il servizio.
421 SPC/2010/10/8 definitivo del 6.10.2010.
422 Cfr. Manunza E. e Beretz J.W., op. cit., pp. 375-376.
423 Ibidem, pp. 377-378. Gli autori portano l’esempio positivo di quanto accade negli U.S.A., dove sulla
base del cd. FAIR act del 1998 (Public Law 105-270; 31 USC 501. Available at http://www.whitehouse.gov/omb/procurement_fairact) ogni anno i dipartimenti federali debbono compilare una lista con tutte le attività che considerano “intrinsecamente governative”; la definzione data a tali attività è la seguente: ‘an activity that is so intimately related to the public interest as to mandate performance by government personnel’. Ad ogni modo, la legge offre alle parti private interessate la possibilità di contestare la decisione di includere un attività nell’elenco. La scelta tra i meccanismi disponibili per la fornitura del servizio deve fondarsi su una comparazione dei costi.
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Le regole concernenti la scelta della modalità di erogazione dei servizi sociali dovrebbero essere prevedibili e proporzionate e tenere conto non solo degli interessi delle autorità pubbliche e dei consumatori, ma pure delle imprese che vorrebbero erogare il servizio.
Nel corso dell’iter legislativo è stata introdotta una nuova disposizione, ossia l’attuale art. 77 sui cosiddetti “contratti riservati”. Con la nuova normativa si è ammessa la possibilità di riservare certi appalti di servizi sanitari, sociali e culturali ad organizzazioni non-profit. Affinché questo sia possibile debbono essere soddisfatti quattro criteri: prima di tutto l’obiettivo deve essere il perseguimento di una missione di servizio pubblico collegata alla fornitura di servizi sanitari, sociali o culturali; in secondo luogo gli utili debbono essere reinvestiti per il raggiungimento dell’obiettivo dell’organizzazione. Inoltre, la redistribuzione degli utili deve basarsi su considerazioni partecipative. Le strutture di gestione o di proprietà dell’organizzazione che eseguono il contratto di appalto debbono basarsi sul coinvolgimento attivo dei lavoratori e su principi di carattere partecipativo; deve parimenti imporsi la partecipazione attiva di dipendenti, utenti o stakeholders, infine, l’organizzazione interessata non deve essersi aggiudicata un appalto relativo ai medesimi servizi, da parte della stessa amministrazione aggiudicatrice, negli ultimi tre anni. La durata dell’appalto, una volta aggiudicato, non può superare i tre anni.
Il primo problema che emerge da questo articolo è la genericità dei criteri e principi enunciati, ad esempio non sono indicati parametri di riferimento che permettano di comprendere quando un’organizzazione non-profit possa realmente considerarsi sufficientemente partecipativa o quale effettivamente debba essere l’obiettivo sociale che l’organizzazione deve perseguire. Inoltre, il limite di tre anni sembra essere oggettivamente troppo breve, un limite di questo tipo contrasta con i principi di qualità e continuità del servizio, da tempo considerati dalle istituzioni europee una priorità.
La previsione, inoltre, non è obbligatoria per gli Stati membri; nella fase di trasposizione della direttiva gli Stati possono infatti decidere di attuare o non attuare questa disposizione normativa. Se gli Stati membri decidono di attuare questa normativa, resta comunque la piena facoltà delle autorità amministrative di decidere tra “appalti riservati” e “non”425.
424 Cfr. Manunza E. e Beretz J.W., op. cit., p. 381.
425 Ciò si comprende dalla semplice lettura dell’art. 77, par. 1: “1. Gli Stati membri possono prevedere
che le amministrazioni aggiudicatrici possano riservare ad organizzazioni il diritto di partecipare alle procedure per l’aggiudicazione di appalti pubblici esclusivamente per i servizi sanitari, sociali e culturali di cui all’articolo 74…”.
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