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in Emilia Romagna, servizi per le persone disabili”

1. SERVIZI SOCIALI IN ITALIA, VERSO IL PLURALISMO SOCIALE

1.2 Il sistema integrato degli interventi e servizi sociali nella L 328/

L’Italia vede la presenza di un sistema di welfare territorialmente diversificato e ciò è dovuto in

primis alla struttura organizzativa e amministrativa del nostro territorio, in cui emergono le

specificità dei diversi Enti territoriali esistenti, in particolare delle Regioni e degli altri Enti Locali previsti a livello costituzionale, e al sistema sussidiario di programmazione ed erogazione dei servizi sociali delineato dalla L. 328/2000, “Legge quadro per la realizzazione del sistema

integrato degli interventi e dei servizi sociali”435.

La L. 328/2000 traccia un sistema di welfare improntato alla piena sussidiarietà verticale, con tale intendendosi la partecipazione nella programmazione ed erogazione dei servizi sociali di Stato, Regioni ed altri Enti territoriali, e orizzontale, con un intervento determinante in ambito assistenziale di soggetti operanti nel terzo settore e cittadini436.

433 Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Padova (Cedam), 2012, p. 23.

434 Crf. Pizzolato F., Sub art. 2, in Balboni E., Baroni B., Mattioni A., Pastori G. (a cura di), Il Sistema

integrato dei servizi sociali. Commento alla L. n. 328/2000 e ai provvedimenti attuativi dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Milano (Giuffrè), 2007, p. 122.

435 Sull’argomento v. Codini E., Fossati A., Frego Luppi S. A., op. cit.; Maggian R., Il sistema integrato

dell’assistenza. Guida alla L. 328/2000, Roma (Carocci Faber), 2003; Franzoni F., Anconelli M., La rete dei servizi alla persona. Dalla normativa all’organizzazione, Roma (Carocci Faber),, 2006; Maggian R., I servizi socio assistenziali. Sistema integrato di interventi e servizi sociali, Torino (Carocci Faber), 2013; Ferrario P., Bianchi M., Quaia L., La qualità nei servizi socio-sanitari. Processi di costruzione della carta dei servizi in una RSA, Roma (Carocci Faber), 2002.

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La storia dell’assistenza sociale del nostro paese è connotata, del resto, dalla significativa presenza, nell’ambito delle prestazioni sociali, di soggetti privati che operano non solo sulla base di ragioni prettamente economiche (privato for profit) ma, a volte, sulla base di spinte solidaristiche (privato sociale o non profit). Le attività prestate da tali soggetti non sono standardizzabili poiché, dato che devono rispondere ai bisogni della persona, devono essere erogate nella maggior parte dei casi in modo diversificato, tenendo conto delle esigenze e della situazione in cui si trova il singolo destinatario del servizio437.

Nei servizi sociali assume un ruolo determinante la relazione che si instaura, soprattutto sotto il profilo umano, tra chi eroga le prestazioni e chi le riceve. Questo è ancor più evidente nell’ambito dei servizi sociali destinati alle persone con disabilità dove il rapporto tra persona affetta da menomazione psicofisica e personale operante è di fondamentale importanza per il reinserimento sociale del soggetto con handicap e per il recupero o miglioramento delle capacità fisico-cognitive dello stesso.

Negli altri servizi pubblici, al contrario, l’obiettivo resta “un’estensione universalizzante delle

posizioni di vantaggio” e, per così dire, il rapporto personale tra utente e erogatore del servizio

diviene marginale, se non addirittura del tutto assente438.

Nel sistema integrato di interventi e servizi sociali delineato dalla L. 328/2000 operano: Stato, Regioni, Province, Comuni, Asl, gli enti for profit e il cosiddetto terzo settore. I compiti da essi svolti sono di seguito sintetizzati439.

Lo Stato determina i principi e gli obiettivi della politica sociale ed ha il compito di determinare il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali440. Si tratta di un Piano triennale, di programmazione delle politiche sociali, in cui sono indicati i requisiti delle prestazioni, le priorità di intervento in ambito sociale, le modalità di attuazione degli indirizzi di governo, di finanziamento e di attuazione del sistema integrato, inoltre, sono fissati gli indicatori e parametri per la verifica dei risultati raggiunti. Si noti che, allo scadere del primo periodo triennale, nel dicembre 2003, il Piano non è stato più rinnovato e così è mancata l’individuazione negli anni successivi dei livelli essenziali di assistenza sociale (LIVEAS)441. Ulteriore compito dello Stato è la fissazione dei requisiti minimi strutturali ed organizzativi per l’autorizzazione all’esercizio dei servizi e per le strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale e per le comunità di tipo

437 Sulla personalizzazione delle prestazioni dei servizi sociali e la loro non standardizzabilità v. Albanese

A., op.cit., pp. 137-146.

438 Battisti A.M., op. cit., pp. 164 ss.

439 Per quanto riguarda la divisione delle competenze in materia sociale tra Stato ed enti locali v. Vivaldi

E., Disabilità e sussidiarietà. Il “dopo di noi” tra regole e buone prassi, Urbino (Il Mulino), 2012, pp. 41-45.

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familiare. Infine, lo Stato individua i profili professionali degli operatori sociali e istituisce, tramite il Ministero della solidarietà sociale, il sistema informativo del servizio sociale.

Per quanto riguarda le Regioni, esse hanno competenze di programmazione, occupandosi nello specifico dell’elaborazione del Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali442, e di coordinamento ed indirizzo degli interventi sociali, sanitari, dell’istruzione, della formazione e del lavoro. Le Regioni verificano l’attuazione nel territorio delle politiche sociali, definiscono le modalità di certificazione e di accertamento dell’efficacia, efficienza, equità nella fruizione del servizio. Alle Regioni la L. 328/2000 attribuisce anche il compito di determinare – in concertazione con gli Enti Locali – gli ambiti territoriali (le cosiddette zone sociali indicate nel Piano sociale regionale), incentivando l’esercizio associato delle funzioni sociali e prospettando la coincidenza degli ambiti territoriali con i distretti sanitari. La Regione prevede, inoltre, gli strumenti e le modalità per la programmazione e la gestione unitaria del sistema locale dei servizi a rete, individua i criteri per la partecipazione dei soggetti privati alla programmazione- gestione dei servizi e degli utenti al costo degli interventi, nonché istituisce gli uffici di tutela dei diritti della cittadinanza. Le Regioni definiscono una serie di criteri in base ai quali i Comuni devono organizzare le loro attività e valutare l’efficienza ed efficacia degli interventi. Predispongono e finanziano il Piano per la formazione e l’aggiornamento del personale addetto ai servizi sociali ed istituiscono il Fondo sociale regionale.

Le Province svolgono funzioni di concorso alla programmazione regionale e di zona, di monitoraggio e analisi dell’offerta dei servizi e degli interventi implementati, attività di formazione professionale per gli operatori del settore e raccolta ed analisi dei dati sui bisogni sociali.

I Comuni (singoli o associati), invece, hanno principalmente funzioni di tipo amministrativo, rilevano i bisogni e le risorse, concorrono alla programmazione regionale, programmano, progettano e realizzano la rete locale dei servizi sociali, adottano il Piano di zona443 coerentemente con il Piano sociale regionale, mediante Accordi di programma444, ai quali partecipano soggetti pubblici e privati, erogano sia i servizi che le prestazioni economiche, rilasciano sia le autorizzazioni che gli accreditamenti.

Le Asl partecipano alla programmazione delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e consentono con i comuni l’integrazione delle politiche sanitarie con quelle sociali.

441 La tematica dei LIVEAS è analizzata nel paragrafo successivo.

442 Art. 18 L. 328/2000.

443 Art. 19 L. 328/2000. Sulla programmazione e pianificazione in materia di servizi sociali e sul piano di

zona v. Codini E., Fossati A., Frego Luppi S. A., op. cit., pp. 75-88 e 275-289.

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Infine, gli enti privati for profit impegnati nel settore sociale e il cosiddetto terzo settore (organizzazioni di volontariato, associazioni, enti di promozione sociale, organismi della cooperazione, cooperative sociali, enti di patronato, soggetti privati non a scopo di lucro ecc…) assumono pubbliche responsabilità svolgendo un ruolo di partnership e concertazione nella programmazione ed erogazione di servizi alla persona, nonché nella registrazione dei bisogni sociali.

La L. 328/2000 quindi devolve poteri verso il basso e prevede un’attività di programmazione dei servizi sociali a tre livelli: Piano nazionale, Piano regionale, Piano di zona; essa rappresenta l’ultimo atto normativo di una serie di riforme.

Con la riforma del Titolo V della Costituzione, ad opera della L. cost. 3/2001, si determina una nuova suddivisione delle competenze tra Stato, Regioni ed Enti Locali, mutando in particolare l’assetto governativo-amministrativo di riferimento mediante la modifica degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.

Nonostante la L. 328/2000 sia antecedente alla riforma del Titolo V della Costituzione, essa è coerente con la stessa in molti punti: si pensi alla riserva legislativa a favore dello Stato nella individuazione dei Leas e al contestuale stanziamento del Fondo nazionale per le politiche sociali, e sua relativa ripartizione su base regionale a carattere aggiuntivo, cioè al fine di garantire il livello minimo delle prestazioni; all’attribuzione, in via di principio, ai Comuni della titolarità delle funzioni amministrative, ai compiti residuali delle Province, ai compiti relativi alla programmazione, al coordinamento e indirizzo generale svolti dalle Regioni; alla previsione di poteri sostitutivi dello Stato; alla integrazione tra il pubblico e il privato e, infine, al favore verso la partecipazione dei cittadini, singoli o associati, alla cd. “rete” dei servizi sociali.

1.3 Servizi sociali e livelli di governo alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione ad

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