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Questioni preliminari per valutare l’applicazione delle regole della concorrenza ai servizi social

dimensione sociale, concorrenzialità e interventismo pubblico”

1. SERVIZI SOCIALI, CONCORRENZA E AIUTI DI STATO: BREVE RICOSTRUZIONE DEL QUADRO GENERALE

1.2 Questioni preliminari per valutare l’applicazione delle regole della concorrenza ai servizi social

Per quanto concerne l’applicazione delle regole della concorrenza ai s.s.i.g. è indispensabile fissare alcuni concetti. Alcuni riprendono in parte quanto già analizzato nella prima parte della dissertazione con alcune necessarie precisazioni. Intanto, ai fini dell’applicazione del diritto della concorrenza, è presupposto imprescindibile la presenza di un’impresa o lo svolgimento di un’attività economica: “è impresa qualunque entità che eserciti un’attività economica, a

prescindere dallo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento179”; si considera,

invece, attività economica “qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi in un

determinato mercato180”.

Per l’applicazione della deroga di cui all’art. 106, par. 2, TFUE è necessario interrogarsi sull’esistenza di un s.i.e.g.. Come visto, gli Stati hanno una certa discrezionalità nel decidere quali attività siano da considerarsi s.i.e.g. ai fini dell’applicazione dell’eventuale deroga di cui all’art. 106, par. 2, TFUE, discrezionalità che viene limitata però dalla possibilità della Commissione di intervenire in caso di cd. errore manifesto181.

che la deroga prevista all’art. 106, par. 2, TFUE può essere invocata dalle sole imprese e non anche dagli Stati membri cfr. Bekkedal T., Article 106 TFUE is Dead. Long live Article 106 TFUE, in Szyszczak E., Davies J., Andenaes M., Bekkedal T., Developments, op. cit., pp. 61-102.

179 La definizione del concetto di “impresa” è fondamentale nella misura in cui viene utilizzata dagli

articoli 101, 102 e 107 del TFUE. Non esiste una definizione di questo concetto all’interno dei Trattati. La definizione è stata elaborata nel corso del tempo dalla Corte di giustizia. Nello specifico, l’impresa è “qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento” cfr. sentenza 23 aprile 1991, Höfner and Elser, C-41/90. Pertanto, si può affermare che si tratta di una definizione funzionale, collegata al tipo di attività esercitata v. Koenig C., Schreiber K. and Dennis S., European Competition Law in a Nutshell, Berlino (Lexxion), 2011, p. 13. Ai sensi del diritto europeo, inoltre, il concetto di “attività economica” è indubbiamente rilevante, dal momento che è il criterio per definire un’impresa e quindi l’applicazione delle regole di concorrenza dipende da esso. Come visto all’inizio della dissertazione, la definizione di “attività economica” è ampia e funzionale. Tale attività deve consistere nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato. Anche a questo proposito, una definizione nazionale è irrilevante, la definizione europea è una nozione autonoma basata su osservazioni del comportamento economico reale, indipendentemente da ogni altra qualificazione. Ciò è considerato espressione della supremazia del diritto europeo sul diritto nazionale. L’aspetto funzionale di questa definizione porta ad analizzare ogni attività individualmente e indipendentemente dalle attività circostanti.

180 Sentenza 12 settembre 2000, Pavel Pavlov e a c Stichting Pensioenfonds Medische Specialisten, cause

riunite da C-180/98 a C-184/98.

181 Risulta dalla giurisprudenza che, ad eccezione dei settori nei quali esistono disposizioni specifiche in

materia, gli Stati membri dispongano di un ampio margine di discrezionalità nella definizione dei servizi che possono essere definiti d’interesse economico generale. Ad eccezione dei settori per i quali esistono disposizioni settoriali, quindi, la Commissione ha il compito di vigilare affinché non vi siano errori manifesti per quanto riguarda la definizione dei servizi d’interesse economico generale v. sentenza 15 giugno 2005, Fred Olsen, SA c. Commissione, T-17/02.

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Questi criteri e queste definizioni si applicano anche alle attività esercitate dagli Stati membri; si deve, però, comprendere se l’attività esercitata rientri o meno nella responsabilità pubblica dello Stato, cioè se si tratti dell’esercizio di una prerogativa dello Stato come nel caso delle attività di polizia, di difesa militare e di sicurezza pubblica, escluse per definizione dal concetto di “economicità”. Se l’attività non rientra nell’ambito delle prerogative statali, allora, si guarda se essa è economica e se consiste, in particolare, “nell’offrire beni o servizi su un dato mercato”. Dal momento che la giurisprudenza non richiede una particolare forma giuridica o l’indipendenza, non è rilevante il fatto che l’organismo che svolge l’attività in questione abbia una propria personalità giuridica distinta da quella dello Stato182.

L’intenzione di realizzare un profitto non è un criterio distintivo tra attività economiche e non, pertanto, anche le organizzazioni di beneficenza possono essere considerate come un’impresa che svolge un’attività economica ai sensi della definizione europea, così come le singole persone che esercitano un’attività professionale.

Per alcuni studiosi183, più che dare una definizione in positivo del concetto di attività economica, sarebbe opportuno dare una definizione in negativo, cioè escludere dal concetto di “economicità” certe attività.

Dal momento che il criterio rilevante è quello di “offrire beni o servizi in un determinato

mercato”, risulta che il semplice acquisto di beni o servizi non è sufficiente per considerare

un’attività come economica. Pertanto, la Corte di giustizia ha dichiarato che la natura dell’attività di acquisto è determinata dal successivo utilizzo del bene acquistato184. L’acquisto di beni a fini di esclusivo consumo privato non equivale, ad esempio, ad attività economica.

La Corte di giustizia ha escluso dal concetto di attività economica le attività aventi obiettivi di carattere esclusivamente sociale185. Ad esempio, i fondi malattia e i sistemi di sicurezza sociale non sono considerati attività economiche quando soddisfano determinati requisiti. La Corte di giustizia ha elaborato nel corso del tempo i criteri per determinare quali attività debbano essere considerate esclusivamente sociali e si può distinguere al riguardo tra criteri determinanti e non determinanti. Alcuni parametri, infatti, sono irrilevanti nella misura in cui possono essere soddisfatti anche da organismi che svolgono un’attività economica. Essi rappresentano, più che altro, meri indizi di “non economicità”. Questi criteri non determinanti sono nello specifico:

182 Sentenza 27 ottobre 1993, Decoster, C-69/91.

183 V. Driguez, Droit social et droit de la concurrence, Bruxelles (Bruylant), 2006, p. 175. 184 Sentenza 18 giugno 1998, Commission c. Italy, C-35/96.

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l’obiettivo non-profit dell’ente186; la gratuità dei beni o dei servizi offerti; lo status giuridico del soggetto che svolge l’attività; la connotazione obbligatoria dell’attività stessa.

D’altra parte, alcuni parametri sembrano, al contrario, dimostrare l’esistenza di un’attività con obiettivi esclusivamente sociali. Essi sono: l’uso da parte dell’ente di una metodologia redistributiva (principio di solidarietà), piuttosto che di una metodologia di profitto (principio della capitalizzazione)187; la determinazione per legge del livello dei contributi e delle prestazioni; il fatto che gli operatori non entrino in competizione tra di loro o con istituzioni private; il fatto che l’iscrizione al regime previdenziale sia obbligatoria188; la circostanza che il regime sia sottoposto ad un controllo da parte dello Stato189.

Questi criteri ora citati sono stati riassunti nella “Comunicazione della Commissione relativa all’applicazione delle norme europee sugli aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale”190.

1.3 Servizi previdenziali e assicurativi relativi a regimi legali e obbligatori oppure

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