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in Emilia Romagna, servizi per le persone disabili”

1. SERVIZI SOCIALI IN ITALIA, VERSO IL PLURALISMO SOCIALE

1.6 Il ruolo centrale del non profit nel sistema integrato

Le politiche dell’Unione europea vanno accentuando la dimensione della promozione di reti di solidarietà nell’ambito della garanzia dei diritti sociali, mediante l’auspicio di una stretta ed efficace collaborazione tra soggetti pubblici (e locali in specie) e soggetti privati del terzo settore. Indicativa di tale tendenza è la Risoluzione del Parlamento europeo del 19 febbraio 2009

463 Vivaldi E., Il Fondo nazionale per le politiche sociali alla prova della Corte costituzionale, in Le

Regioni, 2005, pp. 649-663; Guiglia G., Il diritto all’assistenza sociale nella prospettiva multilivello, Verona (Cedam), 2005, pp. 278 ss.

464 Cfr. Bezze M., Geron D., Vecchiato T., Criteri di riparto delle risorse per le politiche sociali, in Studi

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sull’economia sociale, la quale invita gli Stati membri a sostenere le imprese dell’economia sociale attraverso un “autentico investimento nella creazione di reti di solidarietà che possano

rafforzare il ruolo delle comunità e degli enti locali nello sviluppo delle politiche sociali”. In

tale prospettiva detta Risoluzione ritiene “che la maggior parte dei problemi sociali dovrebbe

essere affrontata con soluzioni locali, operando su situazioni e problemi concreti; ritiene che, per essere efficace, tale azione richieda regole rigorose in materia di coordinamento, il che significa un elevato livello di cooperazione tra le autorità pubbliche e le imprese dell’economia sociale”. Per questo il Parlamento chiede alla Commissione europea “di mettere a punto un quadro giuridico dell’Unione europea favorevole alla costruzione e al mantenimento di partenariati territoriali tra il settore dell’economia sociale e le autorità locali, definendo criteri per il riconoscimento e la valorizzazione dell’economia sociale, per lo sviluppo locale sostenibile e per la promozione dell’interesse generale465”.

Si tratta di un invito chiaro a favorire buone prassi di sussidiarietà mediante forme di partenariato pubblico-privato: prospettiva che l’introduzione nella Costituzione italiana del principio di sussidiarietà tende a incentivare anche sul piano interno.

La stessa L. 328/2000 costituisce significativa e tangibile espressione di un sistema duale e collaborativo tra pubblico e privato sociale; non a caso di parla di “sistema integrato” proprio per ribadire la sinergia del pubblico e del privato nella gestione di attività di interesse anche generale.

Il terzo settore diventa, in questo contesto, un “partner istituzionale” degli enti pubblici nella programmazione e gestione delle politiche assistenziali. Si intravede la volontà politica e legislativa di accordare un ruolo significativo agli enti non profit nella definizione di un nuovo sistema di Welfare State, sulla scia delle indicazioni provenienti dalla Commissione europea per quanto riguarda la creazione di occupazione e coesione sociale466.

465 Risoluzione del Parlamento europeo del 19 febbraio 2009 sull’economia sociale (2008/2250(INI)).

L’interesse per l’economia sociale a livello europeo è andato negli ultimi anni crescendo. Alla Risoluzione del 2009 sull’economia sociale ne sono seguite molte altre; si ricordi, ad esempio, la Risoluzione del Parlamento europeo del 20 novembre 2012 sull’Iniziativa per l’imprenditoria sociale - Costruire un ecosistema per promuovere le imprese sociali al centro dell’economia e dell’innovazione sociale (2012/2004(INI)). Per una panoramica sul ruolo dell’economia sociale in Europa si veda il seguente documento informativo: European Commission, Social economy and social entrepreneurship. Social Europe guide, Vol. 4, Luxembourg 2013, nonché da un punto di vista giuridico Battisti A. M., op. cit. e Ascoli U. Pavolini P., Le organizzazioni di Terzo settore nelle politiche socio-assistenziali in Europa, in Stato merc., 1999, p. 57 ss.

466 Sul terzo settore in Italia v. Rodotà S., Solidarietà. Un’utopia necessaria, Bari (Laterza), 2014; Gori C.

(ed altri), Il welfare sociale in Italia. Realtà e prospettive, Roma (Carocci), 2014; Moro G., Cittadinanza attiva e qualità della democrazia, Roma (Carocci), 2013; Moro G., Contro il non profit, Bari (Laterza), 2013; Cotturri G., La forza riformatrice della cittadinanza attiva, Roma (Carocci), 2013; Zamagni S. (a cura di), Libro bianco sul Terzo settore, Bologna (Il Mulino), 2011; Carlini R., L’economia del noi.

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Nella L. 328/2000 si vede, perciò, un favore per i soggetti non profit laddove all’art. 1 si afferma che la programmazione e organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali sono di competenza degli Enti Locali, delle Regioni e dello Stato, i quali devono promuovere e riconoscere il ruolo dei soggetti del terzo settore (ad esempio, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni ed enti di patronato, organizzazioni di volontariato, enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore). Per quanto riguarda la gestione e offerta dei servizi si nominano soggetti pubblici, terzo settore e altri soggetti privati (enti privati lucrativi).

Tale impostazione è seguita dalle leggi regionali che, in attuazione della L. 328/2000, dettano una disciplina organica del sistema dei servizi sociali467.

Il ruolo del terzo settore, del resto, si denota anche a livello costituzionale. La L. 328/2000 è significativa applicazione dell’art. 2 della Costituzione che sancisce i principi personalistico, pluralistico (le organizzazioni non profit altro non sono che formazioni sociali che svolgono attività assistenziale per ragioni ideali) e solidaristico. Una limitazione del ruolo del terzo settore, inoltre, potrebbe rappresentare una violazione degli artt. 41468, 38, comma 5469, nonché dell’art. 118 della Costituzione470.

L’Italia che condivide, Bari (Laterza), 2011; Agenzia per il Terzo settore (a cura di), Il Terzo settore dalla A alla Z. Parole e volti del non profit, Milano (San Raffaele), 2011; Arena G., Cotturri G. (a cura di), Il valore aggiunto. Come la sussidiarietà può salvare l’Italia, Roma (Carocci), 2010; Boccacin L., Terzo settore e partnership sociali. Nuove pratiche di welfare sussidiario, Milano (Vita e Pensiero), 2009; Bobba L., Non profit, Brescia (La Scuola), 2009; Paci M. (a cura), Welfare locale e democrazia partecipativa, Bologna (Il Mulino), 2008; Cittadino C. (a cura), Dove lo Stato non arriva. Pubblica amministrazione e Terzo settore, Firenze (Passigli), 2008; Cartocci R., Maconi F. (a cura di), Libro bianco sul Terzo settore, Bologna (Il Mulino), 2006; Donati P., Colozzi I., La cultura civile in Italia: fra Stato, mercato e privato sociale, Bologna (Il Mulino), 2002; Laville J. L., L’economia solidale, Torino (Bollati Boringhieri), 1998; Iovene N., Viezzoli M., Il libro del Terzo settore, Roma (ADN Kronos), 1999; Alecci E., Il nostro compito futuro? Educare alla solidarietà in Terzo Settore , 2002, 1; Ambrosini M., Terzo settore tra efficienza e solidarietà. Un’analisi sul piano organizzativo in Politiche Sociali e Servizi, 1992, 2; Ascoli U., Il welfare del futuro. Manuale critico del terzo settore, Roma (Carocci), 1999; Fazzi L., Terzo settore e nuovo welfare in Italia, Milano (Franco Angeli), 2013, pp. 172; Boccacin L., Le partnership sociali: concettualizzazione ed evidenze empiriche, in Sociologia e Politiche Sociali, 2010, 3, pp. 5-151; Rossi G., Boccacin L., Riflettere e agire relazionalmente. Terzo settore, partnership e buone pratiche nell’Italia che cambia, Santarcangelo di Romagna (Maggioli), 2011, pp. 14.

467 Sul ruolo e sulle caratteristiche del terzo settore nel welfare italiano si veda ancora: Codini E., Fossati

A., Frego Luppi S.A., op. cit., pp 89 ss; Albanese A., op. cit., pp. 164-195; De Giorgi M.V., Il nuovo diritto degli enti senza scopo di lucro: dalla povertà delle forme codicistiche al groviglio delle leggi speciali, in Riv. dir. civ., 1999, I, p. 306; Rossi E., Le formazioni sociali nella Costituzione italiana, Padova (Cedam), 1989; Leondini G., Associazioni private di interesse generale e libertà di associazione, I e II, Padova (Cedam), 1998-1999; Rigano F., La libertà assistita (associazionismo privato e sostegno pubblico nel sistema costituzionale), Padova (Cedam), 1995; Rossi G., Le non profit organisations nel diritto pubblico italiano, in Ponzanelli G. (a cura di), Gli enti non profit in Italia, Padova (Cedam), 1994.

468 L’azienda non profit, secondo nota dottrina giuspubblicistica, rappresenta un diverso atteggiarsi della

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Il sistema di organizzazione dei servizi sociali così delineato, tanto a livello costituzionale quanto a livello di legislazione ordinaria, determina un ruolo innovativo, attivo e incisivo, delle formazioni sociali ed in particolare di terzo settore, collettività e famiglia; tale cambiamento di prospettiva sembra implicare un passaggio dal concetto di “welfare state” a quello di “welfare

community (o welfare mix)471”.

Per comprendere il ruolo del terzo settore in materia di assistenza, nonché le possibili interazioni tra pubblico e privato sociale è necessario interrogarsi brevemente sulla valenza dell’art. 38 della Costituzione; esso sembra assoggettabile ad una duplice interpretazione: da un lato intende sancire l’incostituzionalità di un monopolio pubblico degli interventi socio-assistenziali e lo fa in nome della tutela del principio pluralistico, che consente a chiunque di svolgere attività rispondenti alla propria personalità e identità, nei limiti ovvi del rispetto che ogni attività incontra per l’interesse comune; dall’altro configura l’assistenza privata come attività “libera”, una attività cioè che risponde al diritto di chi la svolge di determinarne il contenuto, i tempi e i modi secondo i propri interessi e la propria disponibilità. Tale ultima connotazione comporta una netta distinzione tra attività assistenziale svolta dai soggetti pubblici e attività assistenziale

“libera” svolta dai soggetti privati. L’attività svolta dagli enti pubblici, infatti, è finalizzata ad

assicurare a tutti la tutela almeno del contenuto essenziale del diritto all’assistenza costituzionalmente garantito, deve svolgersi secondo parametri definiti dal legislatore in attuazione dei precetti costituzionali e risponde ad un interesse pubblico. L’attività liberamente prestata da soggetti privati non è tenuta invece ad adeguarsi a tali parametri; essa, inoltre, proprio perché è “libera” e rispecchia le scelte e le inclinazioni di chi la presta, può essere culturalmente e idealmente orientata.

Alla cosiddetta attività privata “libera” si affianca, però, l’attività di soggetti privati che decidono di collaborare con gli enti pubblici per dare soddisfazione al diritto dell’assistenza (o ad altri diritti sociali a questo collegati), in modo tale da contribuire ad assolvere al compito

economica privata si colora del principio solidaristico e personalistico. Il fondamento costituzionale per i soggetti non profit può, per questo, rintracciarsi nello stesso art. 41 della Costituzione e, con specifico riferimento all’assistenza, nell’art. 38, comma 5, della Costituzione cfr. La Porta S., Sub art. 5, in Balboni E., Baroni B., Mattioni A., Pastori G., Il Sistema integrato dei servizi sociali, op. cit., p. 176.

469 L’art. 38, comma 5, Cost. così dispone: “L’assistenza privata è libera”.

470 Sulla definizione di terzo settore e sui disposti costituzionali e normativi collegati v. Vivaldi E., op.

cit., pp. 46-48.

471 L’ultimo decennio sarà ricordato come il periodo in cui la privatizzazione ha cominciato a penetrare il

campo delle politiche di welfare in tutti i paesi europei. Nonostante le aspettative di alcuni, ciò non ha comportato un semplice “ritiro” dello Stato, quanto l’affermazione di un nuovo sistema di welfare mix, attraverso cui molte responsabilità pubbliche sono state assunte anche da soggetti privati e della società civile v. Ascoli U., Ranci C. (a cura di), Il welfare mix in Europa, Roma (Carocci), 2003 e Ranci. C., Oltre il welfare state. Terzo settore, nuove solidarietà e trasformazione del welfare, Bologna (Il Mulino), 1999.

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attribuito ai poteri pubblici dalla Costituzione. In questo caso, tali organizzazioni sociali entrano a far parte di un sistema che, in quanto finalizzato a perseguire interessi pubblici, non può che essere definito, programmato e regolato dai pubblici poteri.

1.7 Terzo settore: autorizzazione/accreditamento, affidamento dei servizi sociali e

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