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Reggio da Alfonso II d’Aragona a Federico d’Aragona

1. Gli anni di regno di Alfonso II.

Alfonso II d‟Aragona, figlio di re Ferrante d‟Aragona e da Isabella di Chiaromonte, nel 1467 in qualità di duca di Calabria si era distinto nella campagna in aiuto dei Fiorentini contro Venezia e cominciò ad acquistare nell‟intera penisola fama di ottimo capitano. Il 28 dicembre 1473 concedeva all‟università di Reggio, capitoli, privilegi, grazie ed immunità582

. Nel giugno-luglio 1477, come vicario generale del re, egli si recò in Barcellona per rilevarvi la figlia del re d‟Aragona, Giovanna, destinata come seconda moglie al vedovo Ferrante583

.

Dopo la pace conclusa in Venezia il 7 agosto 1484, Alfonso II poté ritornare in Napoli, dove trovò il Regno tutt‟altro che tranquillo. L‟odio del baronaggio napoletano contro Alfonso II fu la causa, insieme con l‟atteggiamento del nuovo pontefice Innocenzo VIII, della famosa congiura dei Baroni. Morto Ferrante il 25 gennaio 1494, Alfonso II regnò poco meno di un anno: consapevole dell‟impopolarità che circondava la sua persona, all‟avanzare di Carlo VIII, dopo aver sollecitato invano contro i Francesi l‟aiuto turco, ritenne di salvare la dinastia abdicando, nel gennaio 1495, in favore del figlio Ferrandino. Ritiratosi a Mazara, feudo della matrigna Giovanna, e di lì a Messina, fu colto dalla morte il 18 dicembre 1495 mentre si disponeva, secondo la tradizione, ad entrare nell‟ordine Olivetano584

.

Nel corso del suo breve regno, ebbe modo di occuparsi anche della città di Reggio, come testimoniano alcuni documenti superstiti. Con lettera patente emessa a Napoli il 16 aprile 1494, Alfonso II re di Sicilia, su richiesta dei sindaci di Reggio, confermò alla predetta università privilegi, grazie ed immunità già concesse dai suoi predecessori. In particolare, poiché la città versava 1500 alla regia curia, mentre prima ne pagava solo 800, essendo ora le sue risorse modeste per via delle spese necessitate per aiutare la corte, alle quali si aggiungevano la spesa di altri 300 ducati per mantenere trenta maestri muratori e quattro buoi per la riparazione delle mura e le spese di mantenimento dei molti ebrei giunti in città, le concesse di pagare solo 1000 ducati e di utilizzare i rimanenti 500 per i lavori delle mura cittadine, scegliendo altresì tra i suoi cittadini un credenziere idoneo a seguire i lavori di costruzione delle mura e controllarne la spesa, anziché forestieri che in

582 Cfr. doc. n. 133. 583

Sul periodo ducale di Alfonso cfr. G. GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, pp. 695-698.

584 M

OSCATI, Alfonso II d’Aragona, p. 332; G.GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno spagnolo, p. 27.

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cinque anni avevano sottratto molto denaro e fatto costruire solo venti merli, cosicchè i lavori potessero andare avanti con maggiore sollecitudine; che il tesoriere regio non pretendesse dalla città altre tasse se non quelle alle quali era realmente tenuta, informando di ciò anche la regia camera della Sommaria; che anche tra i reggini potessero esser eletti cittadini idonei a ricoprire pubblici uffici; che alcune terre circostanti la città, che avevano ottenuto immunità, ritornassero ad essere sotto la giurisdizione degli stessi ufficiali di Reggio; di impegnarsi ad ottenere in accordo con Venezia che, transitando le galee venete per lo Stretto, potessero sostare per tre giorni nella città, traendovi molti vantaggi, di cui stava beneficiando anche Messina, per il fatto che vi erano molti mercanti con mercanzie di grande utilità; di restituire alla cattedrale la giurisdizione della Giudecca come era in passato; di poter comprare ferro dal regio fondaco o fuori dal regno pagandolo allo stesso prezzo al quale lo pagava la corte, poiché il secreto lo vendeva a prezzo maggiorato con danno enorme per i cittadini; di rifornirla di bombarde; di esentarla, impartendone informazione al principe di Altamura, ammiraglio del regno, dall‟obbligo dell‟allestimento armato della galea regia, se non in caso strettamente necessario, purché agli ordini di un padrone eletto dai reggini e confermato dal re; di fare in modo che i benefici della chiesa metropolitana reggina che restassero vacanti fossero concessi non a forestieri ma solo a chierici e canonici benemeriti della medesima arcidiocesi, con esortazione a far ciò rivolta all‟arcivescovo di Reggio; infine, di eliminare le pretese del potente Bertollo Carafa che si era appropriato indebitamente di molti beni della città e, in particolare, di quelli dell‟abbazia dei SS. Quaranta, nonostante i molti ricorsi già presentati dai cittadini di Reggio al luogotenente della provincia. Lo stesso Bertoldo, dopo che il re aveva appreso notizie in merito da Giovanni Capodiferro che gli davano torto, aveva in un primo momento rinunciato a tali beni, per poi riappropriarsene di nuovo, con il pretesto che citando in giudizio a Fiumara di Muro, per mezzo del suo legale Guglielmo Fresino, alcuni cittadini di Reggio, essi, appellandosi al privilegio regio che impediva di essere citati fuori dalla loro città, non si erano presentati585.

585

Doc. n. 135. Nel fondo pergamenaceo della Biblioteca De Nava doveva conservarsi un documento originale di simile tenore, ora evidentemente smarrito, se un un suo regesto è riportato dal Morabito De Stefano. Si tratta di un privilegio di Alfonso II, che, su istanza presentata da Giorgio Leopardo e Coletta Maugerio, sindaci dell‟università di Reggio, inviava alla predetta università il 6 aprile 1494. Il re autorizzava che la città di Reggio non versasse per le funzioni fiscali la somma di 1500 ducati, ma solamente mille, riservando gli altri 500 alla ricostruzione delle mura della città, alla cui fabbrica dovrà vigilare un credenziere eletto dai reggini ed approvato dagli ufficiali regi, e, infine, che i benefici della chiesa metropolitana di Reggio non siano assegnati ai forestieri ma al clero cittadino, esortando altresì l‟arcivescovo ad assegnare ai più meritevoli i benefici rimasti vacanti. Si tratta, dunque, di capitoli contenuti anche nel successivo diploma del 16 aprile, nel quale, però, non sono riportati i nomi dei sindaci di Reggio. Cfr. SPANÒ BOLANI, Storia di Reggio Calabria, ediz. 1857, I, libro quinto, capo sesto, p. 248; ediz. 1993, p. 331; MORABITO DE STEFANO, fasc. II, p. 247, doc. n. XCVIII; CARIDI, Reggio Calabria, p. 72.

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Infine, il 6 luglio 1494, dall‟accampamento presso Sulmona, il re Alfonso II, nominò Scipione Strabone, di Napoli, capitano di Reggio per il prossimo anno di XIII indizione586.

2. Gli anni di regno di Ferdinando II.

Il 23 gennaio 1495, dopo l‟abdicazione di Alfonso II, divenne re Ferdinando II o Ferrandino. Si conserva, emesso sotto il primo anno regno di Ferdinando II, un contratto del 19 marzo 1495 del notaio Giovanni Floccari di Gerace, cittadino di Reggio, con il quale si notificava la restituzione della terra di Amendolea concessa al vescovato di Bova, in base alla richiesta avanzata da Nicola Vitali, vicario generale del vescovo di Bova Proculo Currialis, che rivendicava il possesso, i censi e i frutti, concessi al suo predecessore (il vescovo Giacomo de Seminaria), mediante lettera commissionale del 14 marzo presentata a Giacomo Sartianus di Reggio, regio erario della terra di Amendolea. Il contratto riporta nel campo delle sottoscrizioni testimoniali quella dello stesso vicario generale, vergata in greco, a testimonianza dell‟uso ancora mantenuto di questa lingua in una terra a forte cultura greca587.

Il governo di Napoli era effettivamente detenuto da Federico d‟Aragona. Egli, nato a Napoli il 16 ottobre 1451, era il terzo dei sei figli dell‟allora duca di Calabria Ferdinando, o Ferrante. Morto, il 27 giugno 1458, Alfonso e divenuto re suo padre, dal 1464 al 1473 Federico divenne luogotenente in Capitanata e terra di Bari e Otranto, risiedendo stabilmente in Puglia e attento ad eseguire gli ordini paterni. Era presente, il 23 gennaio 1495, alla grandiosa cavalcata del nuovo re Ferdinando II, tale dopo l‟abdicazione d‟Alfonso II588

.

Uscito, il 13 gennaio 1496, da Napoli con la flotta per intercettare i soccorsi nemici via mare a Gaeta, Federico, dopo aver schivato in febbraio un tranello dei nobili di Sessa a suo danno, procedette, in marzo, contro Pietramelara datasi ai Francesi conquistandola e mettendola a sacco. Il 17 giugno, nella processione della Pentecoste, Federico andò all‟assedio di Gaeta, quando il re Ferdinando II, stroncato da una fulminea malattia, morì il 7 ottobre 1496. Subito precipitatosi di fronte al molo grande della capitale, i baroni inneggiarono a lui quale re, anche per l‟esplicita esclusione, nel testamento del 27 gennaio 1495 d‟Alfonso, d‟ogni possibilità di successione per Isabella Sforza, la duchessa di Milano sorella del re defunto e figlia d‟Alfonso. Celebrate il 18 le esequie del nipote, ricevuto, il 23, il ligio omaggio della capitale, quattro giorni dopo Federico tornò all‟assedio di Gaeta che s‟arrese alla fine novembre. Procedette, quindi, contro i baroni ribelli, recuperando, all‟inizio del 1497, Sora e il territorio circostante. Rientrato, il 30 gennaio,

586

Regesto della cancelleria aragonese di Napoli, p. 132, n. 859.

587 Archivio Storico Diocesano di Reggio-Bova, fondo pergamene, pergamena n. 1. La sottoscrizione è la

seguente: « Ἐγῶ ἱερ(εύς) Κολ(ας) Βιτ(ά)λ(ης) βι(κάριως) τ(ὰ) ἀνοτ(έρα) μαρτ(σρῶ)».

588 Su questo periodo si rimanda a G.G

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nella capitale, recuperò il 4 febbraio anche la città di Taranto, che aveva chiesto soccorso alla Repubblica di Venezia.

3. Il regno di Federico d’Aragona.

Alla sua incoronazione avvenuta il 10 agosto 1496 (alla quale, peraltro, non assistono nemmeno le due Giovanne, ossia la vedova di Ferrante e la figlia di questa vedova di Ferrandino), per mano del legato papale, erano assenti l‟allora ancora cardinale Cesare Borgia, il principe di Salerno Antonello Sanseverino e il cognato di questo, il conte di Conza Luise Gesualdo, entrambi ostinati nella ribellione. Agevoli, in ottobre, la confisca dei feudi del secondo e il suo simultaneo allontanamento. Più arduo fu sottoporre il primo allo stesso trattamento. Occorse a Federico muovergli una vera e propria guerra: sceso in campo con gran spiegamento di forze occupò, il 16 ottobre, Salerno, saccheggiò Sala e, per 45 giorni, assediò Diano (l‟odierna Teggiano) dove il Sanseverino s‟era asserragliato, fino alla sua resa il 15 dicembre. Federico solo il 13 febbraio 1498 poté fare il suo ingresso nella capitale589.

Poco prima, con lettera patente data a Padula il 1° gennaio 1498, su istanza presentata da

Antocius de Tarsia e Coletta Maugerius, sindaci dell‟università di Reggio, aveva confermato alla

predetta università tutti i privilegi, capitoli, grazie e consuetudini concesse dai precedenti regnanti e già confermate dallo stesso sovrano con diploma dato a Napoli il 10 giugno 1497590.

Scomparso, il 4 aprile 1498, Carlo VIII, sembrava che Federico potesse regnare più quietamente. Ma ancora, nell‟ottobre 1496, Ferdinando il Cattolico aveva fatto presente a Venezia che quel regno gli spettava e, manifeste sullo stesso, erano pure le brame di Luigi XII appoggiato da papa Alessandro VI per recuperare il regno di Napoli. Arrivò frattanto la stipula - a Granata l‟11 novembre 1500 - del segretissimo, per il momento, accordo franco-ispano il quale prevedeva per Luigi XII il Regno di Napoli e per Ferdinando il Cattolico, che si sarebbe impegnato a non ostacolare l‟invasione e l‟occupazione francesi, la Calabria e la Puglia, con sedi vicereali a Napoli e Cosenza, scelti rispettivamente in un primo momento nelle persone di Luigi d‟Armagnac e del gran Capitano Consalvo de Cordoba. Al mancato appoggio dell‟imperatore Massimiliano, s‟aggiunse il fallimento della mobilitazione dei baroni591.

Ma il 10 giugno 1501, Federico comunicò all‟ambasciatore veneto Giovanni Badoer la notizia, appena appresa, del trattato spartitorio di Granata, che il 18 giugno fu noto a tutti. Il 31 luglio, a Napoli, davanti alla porta dell‟arsenale, ringrazia i suoi fedeli e li scioglie dall‟obbligo del giuramento. E, dopo aver scritta, il 1º agosto, una lettera a Baldassare Milano, suo consigliere e

589 B ENZONI, pp. 675-676. 590 Doc. n. 136. 591 B ENZONI, pp. 677-678.

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viceré in Capitanata, ove gli raccomanda il rispetto della tregua non senza speranza, però, per l‟immediato futuro, s‟imbarca, al molo grande, per Ischia592

.

Durante il soggiorno sull‟isola matura il proposito di consegnarsi definitivamente al re di Francia: meglio costui che è stato palese nemico piuttosto del fraudolento re Ferdinando il Cattolico. Accompagnato da Vito Pisanelli, Antonio Grisone, Giovanni Battista Spinelli e Sannazaro lascia allora, il 2 o forse il 6 ottobre, Ischia con una piccola flotta che, toccata Genova, giunge, attorno al 10, a Marsiglia, praticamente prigioniero, a questo punto, di Luigi XII. Egli morì, col conforto d‟aver accanto Francesco di Paola nelle sue ultime ore, il 9 novembre 1504, a Montils du Plessis-les-Tours593.

592 Ibidem, p. 678.

593 Ibid., p. 679. Per un panorama completo del quadro storico si veda G.G

ALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno spagnolo, pp. 108-137.

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Capitolo X