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Il coronamento del regno di Giovanna fu rappresentato dalla conclusione del conflitto siciliano dopo novant‟anni di lotta e dal ripristino del dominio angioino in una parte del Piemonte. Alla fine della guerra contro i re aragonesi di Sicilia contribuì il nuovo papa Gregorio XI, il quale era interessato a riunire le forze militari del Regno, di cui la Curia aveva urgente bisogno nella guerra contro i Visconti. Il papa nel febbraio 1372 propose perciò un matrimonio tra Antonietta Del Balzo, figlia di Francesco e di Margherita di Taranto, e Federico IV. Già all‟inizio dello stesso anno Giovanna e Federico riuscirono anche a concludere un trattato preliminare, che però non ebbe l‟approvazione di Gregorio XI. Solo il timore di un intervento armato di Pietro IV d‟Aragona in Sicilia persuase il papa, il quale il 20 agosto 1372 avanzò una proposta di pace che ripeteva il contenuto dell‟accordo di Caltabellotta di settant‟anni prima: al ramo collaterale aragonese fu riconosciuto il possesso dell‟isola, però il Regno di Trinacria doveva divenire feudo sia del Regno di Napoli sia della Santa Sede. La proposta della Curia trovò l‟approvazione di Giovanna e di Federico, e il 31 marzo 1373 fu ratificata ad Aversa, mentre le nozze tra il re aragonese dell‟isola e Antonietta Del Balzo furono celebrate il 26 novembre 1373 a Messina231.

Agli inizi dell‟anno 1372 la città di Reggio si trovava a vivere un periodo di tormentata sofferenza, causata da estenuanti guerre, che indusse i sindaci della città a chiedere alla regina importanti sgravi fiscali. Il 23 gennaio di quell‟anno, infatti, la regina Giovanna notificava al giustiziere della provincia di Calabria ed ai capitani di Reggio che, su istanza dei sindaci della città di Reggio, a causa del periodo di depressione, l‟università ed i cittadini della predetta città, per il presente anno di decima indizione, non avrebbero dovuto versato nulla per il primo e secondo dono, che erano soliti corrispondere ogni anno alla regia curia, e se già avessero versato la soluzione del primo dono ne venissero esentati per il prossimo anno di undicesima indizione, ma dovranno comunque provvedere a pagare la soluzione del sussidio generale per l‟anno in corso e per il prossimo. Inoltre, con un altro mandato emesso lo stesso giorno, anche stavolta in seguito all‟istanza di supplica presentata dai sindaci della città di Reggio, ordinò ai capitani della predetta città, ai secreti di Calabria ed ai gabellieri della gabella del pesce che riscuotessero solo la decima parte della gabella del pesce dovuta dall‟università alla regia curia, a causa del periodo di particolare penuria232.

Nel contesto di ordinaria amministrazione della città, invece, il 6 maggio seguente ordinò ai prelati, baiuli, sindaci della città di Reggio e del suo distretto, incluso da Capo Bruzzano sino a Bagnara, di prestare giuramento di fedeltà a Frosino Cavalcanti di Firenze, nominato nuovo

231 D

E FREDE, p. 286; GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, pp. 209-213; KIESEWETTER, Giovanna I d’Angiò, p. 469.

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capitano regio della città di Reggio e del predetto distretto, con la piena potestà del mero e misto imperio, essendo stato revocato tale incarico a Giovanni Pulano, di Napoli, inviato a svolgere altri uffici per conto della curia233.

Il problema della successione divenne incalzante allorché a Luigi il Grande tra il 1370 e il 1373 nacquero ancora tre figlie, e così il doppio matrimonio del 1370, che doveva regolare le successioni a Napoli e in Ungheria, perse il suo significato politico. La regina non poteva contare sull‟incondizionato sostegno di Gregorio XI, perché, a causa dell‟appoggio prestato da Firenze ai Visconti e delle rivendicazioni territoriali avanzate sui confini settentrionali dello Stato della Chiesa, si era verificata una rottura tra il papa e il Comune toscano. Giovanna si trovò a decidere per uno dei due più importanti alleati della dinastia angioina sin dal tempo della conquista del Regno da parte di Carlo I. Mercanti e banchieri fiorentini erano inoltre i più importanti creditori della regina. Giovanna tentò così di mediare tra il papa e Firenze, ma dopo il fallimento di questi sforzi per una riconciliazione, non le fu possibile sostenere Gregorio XI. Come ulteriore complicazione intervenne il fatto che Francesco Del Balzo, dopo la confisca dei suoi feudi nel 1374, si era riparato alla corte papale ad Avignone e vi alimentava sentimenti ostili a Giovanna234.

Nonostante ciò, la regina prestò costante attenzione alla città di Reggio. Il 31 luglio 1374 Giovanna I, avuta notizia dagli uomini della città di Reggio che alcuni nobili e caporali della stessa città, per ingraziarsi le benevolenze degli ufficiali, imponevano tasse irragionevoli, donando agli stessi ufficiali talvolta dieci once, talvolta venti, trenta, quaranta o più, per la qual causa la città si trovava in desolazione poiché molti cittadini lasciavano la loro casa, per porre fine a questo nefando abuso, ordinò agli uomini dell‟università di Reggio che d‟ora innanzi per nessun motivo, senza speciale mandato regio, raccogliessero denaro in occasione del dono da fare ai capitani della città di Reggio, ai giudici, assessori, notai ed ufficiali, e a quest‟ultimi di non ricevere niente dai cittadini di quell‟università, perché proibito dai capitoli del regno235

.

Il 22 giugno dell‟anno seguente, per porre rimedio alla carestia che aveva colpito il regno di Sicilia236, la regina fece pubblicare i capitoli e le ordinanze di un editto, le cui copie furono affisse alle porte della chiesa cattedrale di Napoli, di Castel dell‟Ovo, di Castelnuovo, delle case in cui aveva sede la Vicaria del regno di Sicilia, della chiesa di Sant‟Eligio di Napoli e nelle piazze delle chiese maggiori del regno. In particolare, un‟altra copia fu affissa anche in quella della città di

233

Doc. n. 53.

234

G.GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, pp. 214-218; KIESEWETTER, Giovanna I d’Angiò, p. 470.

235 Doc. n. 54. Il documento è emesso dalla cancelleria regia a Quisisana di Castellammare di Stabia. Un

altro mandato, indirizzato in forma di lettera segreta al capitolo della chiesa di San Nicola di Bari, fu emesso in questa sede il 15 luglio dello stesso anno (cfr. NITTI DI VITO, Le pergamene di S. Nicola di Bari. Periodo Angioino (1343-1381), doc. n. 115, p. 234).

236 Si fa riferimento alla carestia che negli anni 1374-1375 si abbattè su tutta la Penisola e, in particolare,

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Reggio. Con tale editto ordinò che i massari che avessero disponibilità di frumento non lo potessero vendere a mercanti e rigattieri che lo avrebbero nascosto per poi rivenderlo a prezzo maggiore con ulteriore danno per i cittadini, né quest‟ultimi potessero acquistarlo. Inoltre, poiché a causa della povertà molti agricoltori e massari avevano stipulato istrumenti e contratto debiti, per i quali la rata del mutuo, con usura occulta, eccedeva, ordinava che costoro non fossero costretti a pagarla per tutto il rimanente anno in corso e per la metà del seguente, dispensandoli dalle clausole penali previste nei contratti notarili in caso di inadempienza237.

Il 6 settembre 1375 la regina ordinò ai prelati, baiuli, sindaci della città di Reggio e del suo distretto, incluso da Capo Bruzzano sino a Bagnara, di prestare giuramento di fedeltà a Nicola de

Bononia, nominato nuovo capitano regio della città di Reggio e del predetto distretto, con la piena

potestà del mero e misto imperio, essendo stato revocato tale incarico a Bucio de Pissonibus, di Roma, inviato a svolgere altri uffici per conto della curia238. Tra le prerogative correlate alla carica del capitano vi era il mero e misto imperio e la potestà del gladio; la preventiva efficacia, su concessione regia, ai bandi che il capitano emanerà per ragione del suo ufficio; il controllo sulla gestione e condotta degli uffici dell‟assessore, del giudice e del notaio degli atti nominati dalla curia regia, o se non nominati dal re, scelti dallo stesso capitano a suo piacimento. Per quanto riguarda il proprio salario, il capitano avrebbe dovuto attingere ai proventi dei tributi. Inoltre, avrebbe ricevuto dal suo predecessore l‟elenco dei carcerati, comprendente i loro nomi, cognomi e la motivazione della detenzione. Godeva, parimenti, dell‟uso delle quattro lettere arbitrarie. Tuttavia, avrebbe dovuto dare garanzia nella Camera della Sommaria di stare a sindacato del suo operato al termine del mandato e di restituire il maltolto o pagare un risarcimento qualora avesse commesso danni o perpetrato ingiurie239.

In ultimo, il 29 marzo 1376, Giovanna I, su istanza dei sindaci dell‟università di Reggio, che avevano denunciato che i capitani della città, tenendo aperta per pochissime ore del giorno la curia del tribunale, avevano sottoposto molte persone citate in giudizio alla contumacia, condannandoli alla confisca della terza parte dei loro beni, e dopo le condanne si erano allontanati dai banchi impedendo il loro ingresso, inviò mandato ai capitani, al giudice ed al notaio degli atti della predetta città con il quale ordinò che l‟ufficio della capitania restasse aperto a giorni alterni sino al tramonto e che vi fossero ammessi i cittadini condannati che, comparsi lo stesso giorno o il giorno

237

Doc. n. 55.

238

Doc. n. 56.

239 Avendo il capitano funzioni giurisdizionali e di vigilanza sull‟amministrazione cittadina, le università

cercarono sempre di limitarne l‟autorità, strappando condizioni vantaggiose al potere sovrrano (cfr. VITOLO, Il regno angioino, p. 34). Quella di Reggio, in particolare, spesso chiese che il capitano non ricoprisse la carica di castellano e fosse sottoposto a sindacato alla scadenza del mandato. Sull‟ufficio ed il ruolo del capitano nelle universitates dell‟Italia meridionale in età aragonese, cfr. CASSANDRO, Lineamenti del diritto pubblico, pp. 51-52; ALLOCATI, p. 69; CALASSO, pp. 261-265; VITOLO, Monarchia, ufficiali regi, comunità cittadine nel Mezzogiorno aragonese, pp. 171-173.

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seguente, potessero purificare la contumacia, rispondere ad accusatori ed attori e pagare la cauzione fideiussoria. Ordinò, inoltre, che fossero rispettati i privilegi regi già concessi che proibivano alle autorità suddette di procedere, ex officio, contro i cittadini reggini sia nelle cause generali che in speciali, neanche sotto il pretesto delle lettere arbitrarie concesse in passato ai reggini, sotto pena di cento once per il capitano, cinquanta per il giudice e l‟assessore e venticinque per il notaio degli atti240.

Proprio quando la politica pontificio-angioina era vicina al successo e Firenze mostrava disponibilità alle trattative, la morte di Gregorio XI, avvenuta il 27 marzo 1378, aprì l‟ultima fase della vita della regina. Il Collegio cardinalizio già il 7 aprile 1378 aveva eletto come successore di Gregorio XI un candidato di compromesso franco-italiano, nella persona di Bartolomeo Prignano, arcivescovo di Bari e originario di Napoli. Bartolomeo, che prese il nome di Urbano VI, rivelò un carattere dispotico ed irriverente, al punto che nel maggio-giugno 1378 i porporati francesi abbandonarono la Curia e si riunirono ad Anagni. Al contrario di quanto affermano alcune fonti aneddotiche, non si arrivò subito ad una rottura tra Urbano VI e Giovanna, che aveva salutato l‟elezione del Prignano con favore; inoltre, il papa conferì numerose cariche dell‟amministrazione curiale a sudditi napoletani e anche Niccolò Spinelli continuò ad avere alla Curia una posizione di prestigio241.

Influenzata da alcuni membri del Sacro Collegio che misero in dubbio la regolarità dell‟elezione, avvenuta sotto pressione esterna, ma che erano anche insoddisfatti perché era loro sfuggita la tiara, e confortata dal parere di giuristi dell‟Università di Napoli, sembra che la regina cominciasse nello stesso periodo a nutrire dubbi sulla legittimità dell‟elezione di Urbano. Giovanna tentò comunque ancora nella metà di luglio 1378 di mediare tra il papa e il Collegio cardinalizio. Fu invece decisiva per il futuro corso degli avvenimenti una visita del cardinale Iacopo Orsini a Napoli alla fine di luglio 1378. Questi, probabilmente con la segreta speranza di divenire papa se si fosse tenuto un altro conclave, riuscì a persuadere Giovanna dell‟illegittimità della elezione. Alla regina, naturalmente, non piacque l‟elezione: il nuovo pontefice era, infatti, fratello di quell‟Aimone il cui matrimonio con Giovanna di Durazzo la regina aveva a suo tempo impedito. Solo dopo che si seppe che Carlo V di Francia avrebbe prestato ubbidienza a Clemente VII, Giovanna riconobbe questo ufficialmente il 20 novembre 1378. La decisione di Giovanna provocò nuovi disordini nel Regno e in Provenza, perché soprattutto il popolo minuto di Napoli mantenne

240 Doc. n. 57. Il documento, come appare dalle note tergali, fu presentato alla regia curia il 16 novembre,

dell‟anno di V indizione (assegnabile al 1381, data anche la qualità della scrittura) da Gregorio de Malgerio, sindaco di Reggio. Una seconda presentazione fu fatta il 18 settembre 1427 dai sindaci Galgano Filocamo e Loisio (illeggibile è il suo cognome per via dell‟inchiostro completamente svanito). Galgano Filocamo, ricordato come sindaco di Reggio tra gli anni 1421-27, fu noto sostenitore degli aragonesi di re Alfonso contro Luigi III d‟Angiò.

241 L

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l‟ubbidienza a Urbano VI. Nella città partenopea si arrivò a dei tumulti, quando Clemente VII vi soggiornò dal 10 al 13 maggio 1379, per cui il pontefice fu costretto a fuggire dalla città alla volta di Avignone. In seguito, la regina contribuì con la sua incostanza al sorgere di nuovi disordini, perché, preoccupata dalla situazione nella capitale, decise solo apparentemente di cambiare obbedienza e nel maggio 1379, dopo la partenza di Clemente VII, riconobbe di nuovo Urbano VI come papa; quando, però, Ottone di Brunswick sopraggiunse con nuove truppe dalla Germania e represse la sommossa nella capitale, revocò questa decisione242.

Urbano VI, dopo il nuovo cambio di obbedienza di Giovanna, il 17 giugno 1379 avviò contro di lei il processo canonico per favoreggiamento di eresia e dello scisma. Il papa nell‟autunno 1379 offrì così la Corona di Napoli a Carlo di Durazzo, un progetto che pure Luigi d‟Ungheria approvò, dopo che le trattative franco-ungheresi sulla successione del Regno di Napoli erano fallite. L‟alleanza tra il papa e il cugino di secondo grado di Giovanna non sembrò in un primo momento preoccupare la regina, perché ella fidava nella competenza militare del marito e si era mostrata incerta riguardo a un piano proposto da Clemente VII, che prevedeva l‟adozione come successore del duca Luigi I d‟Angiò, mentre questi in cambio avrebbe dovuto prestare aiuto militare alla regina in caso di attacco contro il Regno. Giovanna il 28 giugno 1380 adottò il duca d‟Angiò, Luigi, e gli conferì come erede al trono il ducato di Calabria243.

Nel frattempo, il 14 ottobre 1380 la regina, con lettera indirizzata ai capitani della città di Reggio ed ai tassatori, collettori e percettori, comunicò che i sindaci e gli uomini dell‟università di Reggio avrebbero dovuto provvedere, per mezzo del capitano, a restituire ad Angelillo de Sasso, di Napoli, la somma di quattrocento ducati d‟oro prestati alla regia corte, versandola in monete d‟argento al computo di quattro tarì e sedici grana per ogni ducato, da prelevarsi dal denaro riscosso dalla gabella del primo e del secondo dono generale dovuta nel presente anno di IV indizione e, qualora non fosse stata sufficiente, anche in quelli successivi, sino all‟estinzione del debito nei confronti di Angelillo, il quale era tenuto a rilasciare debita apodissa attestante la quietanza244.

Uno degli ultimi atti emanati da Giovanna I per l‟università di Reggio risale al 25 gennaio 1381. La regina, su richiesta degli uomini dell‟università di Reggio, ordinò al capitano della città di servirsi, unitamente a tre cittadini reggini che agissero in coscienza, del denaro del dono generale da versare al regio fisco per il presente anno di quarta indizione e per il seguente, utilizzando la

242

G.GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, pp. 218-221.

243 L

ÉONARD, pp. 578-582; G.GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, pp. 221-225.

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somma di sessanta once, per la riparazione, costruzione e fortificazione delle mura cittadine completamente in rovina245.

Carlo di Durazzo, che in luglio si era mosso dall‟Ungheria e aveva preparato il suo passaggio per via di terra attraverso gli Stati dell‟Italia settentrionale e centrale, non accelerò la sua avanzata e raggiunse Roma solo l‟11 novembre 1380. A causa della stagione avanzata non si passò ad alcuna azione militare. Riceveva intanto, il 1º giugno 1381, dalle mani di Urbano VI l‟investitura feudale per il Regno con il nome di Carlo III. Il nuovo re prometteva di riconquistare il Regno e di combattere lo scisma, ma anche di nominare il nipote del papa, Francesco Prignano, gran camerario del Regno ed immetterlo nell‟effettivo possesso di un ampio dominio feudale, che il papa stesso gli aveva costituito nel territorio del Regno napoletano. Il 4 giugno Giovanna rese pubblica l‟adozione di Luigi d‟Angiò promettendogli la partecipazione al governo e l‟incoronazione, nella speranza che il duca si affrettasse ora a mandare l‟aiuto promesso. Questa decisione rafforzò in ampi ceti della popolazione, che temeva un nuovo dominio francese nel Regno dopo che la dinastia angioina sotto Giovanna si era definitivamente assimilata, le simpatie per Carlo di Durazzo, che era nato nel Regno e vi aveva trascorso la fanciullezza, e perciò poteva essere considerato un regnicolo246.

La conquista del Regno di Napoli divenne così soltanto una formalità. Giovanna, invece di fuggire in Provenza, come nel 1348, e di mettersi sotto la protezione di Clemente VII e del “figlio adottivo” Luigi I d‟Angiò, si rinchiuse con pochi fedeli in Castelnuovo, nella speranza di un rapido soccorso da parte del marito. Il 16 luglio 1381 Carlo III entrava a Napoli dopo avere messo in fuga presso Anagni Ottone di Brunswick, che riusciva poi a catturare. Il nuovo re pose l‟assedio e la regina capitolò il 26 agosto 1381. La sovranità di Giovanna sul Regno di Napoli e sulla Contea di Provenza aveva così fine dopo più di 38 anni247.

Il 2 settembre 1381 Giovanna fu rinchiusa in Castel dell‟Ovo. Dopo la scoperta di una congiura contro Carlo III, nella quale era coinvolta anche la cognata del re, Giovanna di Durazzo, alla fine di dicembre il re fece trasferire la regina nel castello di Nocera. Dal 28 marzo 1382, forse nel timore di un tentativo di liberazione, poiché una parte della nobiltà le serbava fedeltà, fu imprigionata nel castello di Muro, in Basilicata. Luigi d‟Angiò partì finalmente, il 13 giugno 1382, dalla Linguadoca con un potente esercito per conquistare il suo nuovo regno. Carlo III temeva una possibile

245 Doc. n. 59. Del documento manca la pergamena originale nel fondo della biblioteca Comunale di

Reggio Calabria, che fu però regestata dal Morabito De Stefano. La sua perdita, pertanto, deve assegnarsi al periodo seguente all‟anno 1932.

246 G.G

ALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, p. 226.

247 L

ÉONARD, pp. 583-590; G.GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, pp. 225-227.

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liberazione di Giovanna o almeno sommosse e ribellioni. Probabilmente il 27 luglio 1382, a Muro, Carlo la fece perciò soffocare248.

248 C

AMERA, Elucubrazioni storico-diplomatiche su Giovanna I, p. 301; G:GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, pp. 230-231; KIESEWETTER, Giovanna I d’Angiò, p. 473.

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Capitolo IV