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Il regno di Ladislao dal 1404 al 1414 e i privilegi alla città di Reggio.

Il regno di Ladislao d’Angiò-Durazzo

3. Il regno di Ladislao dal 1404 al 1414 e i privilegi alla città di Reggio.

Ladislao, una volta sottomessa la quasi totalità del Regno, sperava anche di ottenere la corona di Santo Stefano, poiché, anche dopo l‟assassinio di suo padre, in Ungheria i Durazzo avevano molti sostenitori e il dominio di Sigismondo di Lussemburgo, che nel 1385 aveva sposato Maria d‟Angiò, figlia di Luigi I, era impopolare presso una parte della nobiltà magiara326. Dopo che i seguaci di Ladislao si erano schierati in Dalmazia, Croazia e Bosnia sotto la guida di Detre Bebek e di Janos Kanizsai, arcivescovo di Esztergom e arcicancelliere, all‟inizio di luglio 1403 il re partì con il cardinale Angelo Acciaiuoli da Manfredonia verso Zara, dove giunse il 19 luglio. Due giorni dopo ricevette dai suoi fedeli in Dalmazia l‟omaggio e il giuramento di fedeltà, anche se buona parte della popolazione rimase fedele a Sigismondo. Il 5 agosto si fece incoronare re a Zara, ma nelle settimane successive, nonostante avesse ricoperto ufficialmente di privilegi i suoi sostenitori per incrementare il proprio seguito, la sua posizione fu minacciata dalle tensioni tra la popolazione e le truppe del re. Alla fine di ottobre ritornò in Puglia, ma poté mantenere ancora alcune città in Dalmazia, tra cui la stessa Zara. Il progetto di un Regno dei Durazzo in Ungheria era definitivamente infranto327.

Gli anni 1403 e 1404 rappresentano una cesura significativa nel regno di Ladislao, che se fino a quel momento si era dovuto concentrare soprattutto sulla lotta contro Luigi II d‟Angiò e poco dopo s‟era abbandonato al sogno della corona reale ungherese, ora si concentrava sul compimento e sul rafforzamento del dominio nel Regno e in Italia328. Durnate l‟anno 1404 Ladislao infranse il potere delle due più potenti famiglie del Regno, quelle di Nicola Ruffo, marchese di Crotone, che dominava gran parte della Calabria, e di Giovanni Antonio di Marzano, duca di Sessa, e dello zio di questo, Goffredo, gran camerario del Regno e duca di Alife. I feudi dei Ruffo e dei Marzano furono concessi ai sostenitori di Ladislao e, in parte, annessi al dominio regio in modo da ampliare considerevolmente i beni pubblici e rafforzarne la sua base finanziaria. Solo Reggio e Crotone resistevano alla furia di Ladislao329.

Morto papa Bonifacio IX, il 1° ottobre 1404, a Roma scoppiarono disordini e i Colonna chiesero a Ladislao di intervenire. Giunto a Roma il 19 ottobre, il re sfruttò subito le tensioni tra il neoeletto pontefice Innocenzo VII e i Romani per imporre, il 27 ottobre, un trattato che gli riconosceva ampi poteri per l‟amministrazione delle province meridionali dello Stato pontificio, divenendo, nel

326 Ibidem. 327 C

UTOLO, Re Ladislao, pp. 267-269; LÉONARD, p. 607; G.GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, p. 261.

328 L

ÉONARD, p. 608; G.GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, pp. 255-256.

329 C

UTOLO, Re Ladislao, p. 296; PACELLA, pp. 66-68; FODALE, La Calabria angioino-aragonese, pp. 235-239.

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contempo, protettore del pontefice e non più vassallo330. Dopo il suo ritorno nel Regno, Ladislao continuò ad infrangere la potenza delle influenti famiglie nobili, i cui ripetuti tradimenti erano stati causa della lotta per il trono. Soprattutto egli si apprestò a dare il colpo di grazia ai Sanseverino che, fino al 1399, erano stati i più attivi sostenitori di Luigi II e poi si erano sottomessi a Ladislao ottenendo numerosi benefici331.

Nonostante ciò, la famiglia rimaneva una costante minaccia per Ladislao, perché avrebbe subito sfruttato ogni debolezza del potere centrale per incrementare i suoi possedimenti. Poiché nella prima metà del 1405 alcuni dei Sanseverino ripresero i contatti con Luigi II, che progettava una nuova invasione, quasi tutti i suoi componenti furono arrestati e giustiziati o costretti alla fuga dal Regno, e i loro considerevoli beni inglobati nel dominio della Corona o smembrati e dati di nuovo in feudo. La dura condotta del re contro i Sanseverino richiamò anche il principe di Taranto e conte di Lecce Raimondo Del Balzo Orsini332. Il principe di Taranto, già all‟inizio del 1406 invitato alla ribellione da Innocenzo VI con altri feudatari, prese posizione contro Ladislao ma, ancor prima del conflitto, Raimondo morì il 17 gennaio 1406. La vedova Maria d‟Enghien, titolare della contea di Lecce, portata in dote al marito, continuò l‟opposizione e, nella primavera del 1406, difese Taranto con successo dall‟assedio di Ladislao, durato più di due mesi. Sebbene Innocenzo VII e il re, già il 28 luglio 1406, avessero concluso di nuovo la pace e Ladislao fosse stato nominato dal papa, il 13 agosto, difensore della Chiesa romana, Maria d‟Enghien non si arrese333.

Strinse accordi con gli ambasciatori di Luigi II, ottenendo la conferma dei feudi del marito e progettando un matrimonio tra il figlio Giovanni Antonio e Maria, figlia di Luigi II. A metà aprile del 1407 Ladislao si diresse di nuovo contro Taranto, ancora presidiata da Maria d‟Enghien. Stavolta, anziché assediarla, il re cercò di sottomettere la feudataria ribelle ricorrendo alla via diplomatica: essendo morta sua moglie Maria di Lusignano il 4 settembre 1404, propose il matrimonio a Maria d‟Enghien. L‟offerta fu accettata dalla contessa di Lecce che represse così ogni ipotesi di collaborazione con Luigi II. Il 23 aprile furono celebrate le nozze. Ciò permise al re di ricondurre di nuovo la Terra d‟Otranto sotto completo controllo, poiché il principato di Taranto fu incorporato nel pubblico demanio e la contea di Lecce fu amministrata dai funzionari regi334.

Dopo che nel 1408 Carlo VI di Francia aveva rifiutato l‟obbedienza a Benedetto XIII, il 25 marzo 1409 poté riunirsi a Pisa un concilio, composto dai cardinali che avevano lasciato entrambi i papi. Dal momento che anche Firenze aveva negato l‟obbedienza a Gregorio XII e aveva trattato un‟alleanza con Luigi II d‟Angiò, la rottura tra Ladislao e Firenze fu inevitabile. Il sovrano, che già

330 L

ÉONARD, p. 608; G.GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, pp. 262-263.

331 C UTOLO, Re Ladislao, pp. 302-303. 332 LÉONARD, pp. 608-609. 333 C UTOLO, Re Ladislao, p. 304. 334 C

UTOLO, Re Ladislao, pp. 307-309; ID., Maria d’Enghien, p. 86; G.GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, p. 264.

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all‟inizio di marzo si era in fretta spostato da Napoli a Roma, reagì subito e il 2 o il 3 aprile si mise in marcia verso la Toscana. Firenze e Siena conclusero un‟alleanza con il duca d‟Angiò due giorni dopo che i cardinali riuniti a Pisa avevano eletto come nuovo papa, il 26 giugno, Alessandro V. Poco dopo il suo arrivo a Pisa, il 25 luglio, Luigi fu incoronato re di Napoli dal pontefice e nominato gonfaloniere della Chiesa romana, mentre il 1° novembre 1409 iniziò contro Ladislao un processo canonico. La lotta per il trono napoletano divampava un‟altra volta ed entrava in una nuova fase335.

Morto nel novembre 1406 Innocenzo VII, gli era successo Gregorio XII, che nell‟agosto dell‟anno seguente lasciò Roma per incontrare Benedetto XIII. Il 25 aprile 1408 Ladislao entrò a Roma, raggiunto un accordo con Paolo Orsini, capitano delle truppe pontificie. Sbarcato a Porto Venere nel gennaio 1408, Benedetto XIII lasciò l‟Italia il 16 giugno e si rifugiò a Perpignano. Anche Luigi II gli voltò le spalle, ordinando di chiudergli i porti della Provenza, in linea con la politica della Francia. Nel giugno 1409 il concilio di Pisa dichiarò decaduti Gregorio XII e Benedetto XIII ed elesse Alessandro V. Alleatosi con Firenze, Pisa, Siena e Baldassarre Cossa, cardinal legato di Bologna, Luigi II partì da Marsiglia con un esercito di angioini e bretoni. Il 25 luglio giunse a Pisa, ricevuto da Alessandro V, che il 19 agosto lo nominò re di Gerusalemme e Sicilia, gonfaloniere della Chiesa, e il 1° novembre aprì un processo canonico contro Ladislao. A settembre Luigi II e gli alleati attraversarono la Toscana, l‟Umbria e il Lazio, ripresero buona parte dei territori papali e il 19 ottobre entrarono a Roma inalberando i vessilli di Luigi II e di Alessandro V. Nonostante i successi delle truppe franco-pontificie, il 7 novembre 1409 Luigi II dovette tornare in Francia per procurarsi nuovi contingenti e cercare sussidi finanziari336.

Da Marsiglia Ludovico II d‟Angiò, nuovo re di Napoli, il 28 novembre 1409 inviò lettera all‟università di Reggio337. Egli, in considerazione delle sventure e calamità patite dall‟università di

Reggio a causa delle guerre, rimise alla città ed al suo distretto le sovvenzioni generali e le collette dovute alla regia corte per i prossimi quindici anni e concesse ai reggini che si fossero spostati via mare con mercanzie di essere esentati dal pagamento di dogane e diritti in tutti i porti del regno e poter portare liberamente armi in tutto il regno, ma esclusivamente per loro difesa338.

In questa critica situazione Ladislao decise di concludere una pace separata, prontamente accettata, con Firenze, che aveva sopportato il grosso delle spese per la spedizione ed era

335

Su questo periodo cfr. CUTOLO, Re Ladislao, pp. 383-386.

336

Su queste fasi del conflitto tra Ladislao e Luigi II d‟Angiò, cfr. CUTOLO, Re Ladislao, pp. 392, 395 e ss; G.GALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno Angioino e Aragonese, pp. 265-270; SARDINA, Luigi II d’Angiò, p. 498.

337 Come appare da un altro diploma il 30 novembre 1409 Luigi II d‟Angiò si trovava ancora a Marsiglia

(cfr. REYNAUD, Itinéraire de Louis II d’Anjou-Provence, p. 97; in particolare si rimanda alla nota 3 del doc. n. 75 qui edito). Il 3 dicembre 1409 il re Luigi II è ad Arles (cfr. EHRLE, pp. 386-387). Il 12 dicembre 1409 si trovava a Pont-Saint-Esprit, in diocesi d‟Uzès (cfr. BRUGUIER-ROURE, doc. CXLV, pp. 399-400).

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interessata a concludere le operazioni militari, tanto più che non era prevedibile quando Luigi II, rientrato in Francia, sarebbe ritornato in Italia. All‟inizio di maggio Luigi II d‟Angiò si mise in marcia da Tolone, di nuovo alla volta di Pisa. Poco prima del suo arrivo, il 3 maggio, Alessandro V morì e il 17 maggio Baldassarre Cossa, che prese il nome di Giovanni XXIII, fu eletto suo successore. Poiché il neoeletto concesse il suo appoggio al duca d‟Angiò, anche Firenze si decise per la continuazione della guerra. Ladislao si trovò davanti una potente coalizione, ma la sua flotta, rafforzata da navi genovesi, riuscì a catturare o ad affondare alla Meloria quasi tutte le navi da trasporto di Luigi II (16 o 17 maggio 1410). Ladislao riuscì così a far dissolvere la coalizione nemica ed a concludere con Firenze, il 7 gennaio 1411, una pace separata che obbligava la città alla neutralità nella contesa con Luigi II339.

Questi, nell‟autunno 1410, mise insieme ancora una volta un esercito per conquistare il Regno. Ladislao, sottovalutando alquanto le capacità del suo rivale ad organizzare l‟offensiva, il 4 aprile 1411fu sorpreso della sua comparsa a Roma340. Il 28 aprile Luigi II, a capo di un imponente esercito, lasciò Roma, mentre Ladislao riuniva le truppe presso Roccasecca. Il 19 maggio si giunse alla battaglia sulle rive del Liri dove l‟esercito angioino ottenne una vittoria schiacciante. Il campo dei nemici e numerosi prigionieri caddero nelle mani degli Angioini mentre le schiere di Ladislao si ritirarono. Luigi II non inseguì il nemico contando su una fuga di Ladislao verso Napoli o credendo di aver già vinto la battaglia per il Regno. Ladislao poté così raccogliere le truppe nella fortificata San Germano ed occupare una nuova linea difensiva341. Con il suo indugio Luigi II aveva perso un‟ottima occasione e già il 3 agosto si imbarcò da Ostia per la Provenza, chiudendo definitivamente la guerra per il Regno di Napoli, mentre Ladislao alla fine del 1411 reprimeva le ultime ribellioni di alcuni nobili, passati in primavera nuovamente con il pretendente francese342.

Tra questi ribelli vi erano sicuramente i partigiani filo-angioini di Reggio, ma, sostanzialmente, tutta la città dovette schierarsi contro Ladislao343. È sintomatico, infatti, che un contratto del 9 febbraio 1410 del notaio Tommaso de Sirli di Reggio, sia stato rogato indicando il XXVI anno del regno di re Ludovico II d‟Angiò, anziché quello di Ladislao di Durazzo344

. Essi, sconfitti e riportati alla fedeltà, furono perdonati con l‟indulto nell‟ottobre del 1411. Il 25 ottobre, infatti, da Teano Ladislao confermò agli uomini dell‟università di Reggio tutti i privilegi, immunità, concessioni e

339 C

UTOLO, Re Ladislao, pp. 396-398

340 G.G

ALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno Angioino e Aragonese, pp. 270-272.

341 C

UTOLO, Re Ladislao, pp. 403-404; LÉONARD, p. 610.

342

KIESEWETTER,Ladislao, p. 45.

343 Cfr. S

PANÒ BOLANI, Storia di Reggio Calabria, ediz. 1993, p. 283

344 Archivio di Stato di Reggio Calabria, Raccolte e Miscellanee, Fondo Pergamene, codici e manoscritti

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grazie già concesse dai suoi predecessori re di Sicilia345. Il giorno seguente, su istanza degli uomini dell‟università di Reggio e degli stranieri che dimoravano in città, concesse l‟indulto generale da qualsiasi delitto e crimine, civile e penale, e particolarmente da quello di lesa maestà, da loro commesso sia prima che dopo la ribellione alla regia corte da parte di Nicola Ruffo, marchese di Crotone e conte di Catanzaro, sia su mandato di quest‟ultimo che teneva occupata la città, che del duca Luigi II d‟Angiò, nemico del re, reintegrando i ribelli nella loro dignità, nei loro diritti e in tutti i loro beni mobili ed immobili, feudali e burgensatici esistenti in Reggio, nelle sue pertinenze e in ogni parte del regno di Sicilia e della provincia di Calabria. Concesse, inoltre, che l‟indulto fosse esteso anche a tutti i cittadini ribelli che si trovano fuori dalla città, se fossero rientrati nel termine di sei mesi dal giorno in cui era stato innalzato il vessillo di re Ladislao, trascorso il quale non potessero goderne. Potevano avvalersi dell‟indulto anche stranieri e gendarmi, sia equestri che pedestri, e restare nella città di Reggio con le loro famiglie ed i loro beni, oppure lasciare la città per terra o per mare con tutti i loro averi, senza essere da alcuno ostacolati, entro il termine di otto giorni, trascorso il quale non potessero più farlo se non dietro speciale licenza regia. Al mastro giustiziere del regno di Sicilia, ai giudici della gran Corte ed ai capitani di Reggio e delle altre città fu impartito l‟ordine di eseguire e far rispettare l‟indulto346.

Nicolò Ruffo, già conte di Catanzaro, fu nominato marchese di Crotone nel 1390347. Egli già dal 1393 si schierò al fianco dei Sanseverino contro re Ladislao a favore di Luigi II d‟Angiò348

. Appacificatosi con Ladislao nel 1399, l‟anno seguente, dopo addirittura la conferma delle concessioni ricevute da Luigi II d‟Angiò, si ribellò nuovamente al sovrano nel 1400, per esser ancora perdonato l‟anno seguente. Nel 1404 Reggio e Crotone erano nella sue mani349

. Ladislao passò poi a riconquistarle350, ma Reggio evidentemente, come appare dal documento dell‟indulto concesso ai ribelli di Reggio, fu sottomessa definitivamente nel 1411351. Catanzaro, invece, fu occupata molto prima, visto che l‟8 maggio 1406, Ladislao concesse indulto generale ai suoi

345

Doc. n. 76. Lo stesso giorno, sempre da Teano, Ladislao, contro le disposizioni di Gabriele Capitignano, capitano della città di Taranto, concesse che anche i pescatori, in occasione delle fiere, godessero delle stesse esenzioni di tutti gli altri cittadini. Cfr. Libro Rosso di Taranto, doc. 23, pp. 63-64.

346 Doc. n. 77. 347

Su Nicolò Ruffo si rimanda a CUTOLO, Re Ladislao, pp. 115, 131-133, 189, 200, 271, 295-296, 305, 307, 314, 319; SPANÒ BOLANI, Storia di Reggio Calabria, ediz. 1993, p. 282; RUFFO, anno III, fasc. 4, pp. 364-387; PACELLA, pp. 45-95; FODALE, La Calabria angioino-aragonese, pp. 230-238; REYNAUD, Le temps des princes: Louis II et Louis III d’Anjou-Provence, pp. 49, 68-69. Per alcune importanti notizie che lo riguardano tratte da fonti documentarie si rimanda a BARONE, Notizie raccolte dai Registri di Cancelleria di re Ladislao di Durazzo, XII (1887), p. 502 (18 ottobre 1390: Ladislao investe Nicola Ruffo, conte di Catanzaro, del titolo di marchese di Crotone); ivi, XIII (1888), p. 22 (4 aprile 1404: Ladislao conferma alcuni privilegi a Nicola Ruffo marchese di Crotone).

348

RUFFO, anno III, fasc. 4, p. 374.

349 I

D., anno IV, p. 58.

350 Ibidem, p. 59. 351 Cfr. il doc. n. 77.

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abitanti che avevano appoggiato Luigi II352.Nel 1404 Nicolò Ruffo era andato in Francia e tornò nel 1407 nel regno. In questo arco di anni egli continuava ancora ad appellarsi conte di Catanzaro e marchese di Crotone sebbene Ladislao già avesse dato il titolo marchesale a Pietro Paolo da Viterbo353.

Nel 1412 Giovanni XXIII subì duri contraccolpi, poiché Ladislao guadagnava di nuovo terreno nello Stato pontificio. Considerato che al momento né Ladislao, né Giovanni XXIII possedevano i mezzi sufficienti per decidere a loro favore l‟esito della guerra e che il conflitto già da tre anni stava consumando le loro risorse finanziarie, i due alla fine di maggio erano pronti a concludere la pace, che avrebbe concesso loro almeno una pausa. Il 17 giugno Ladislao e il delegato pontificio, il cardinale Rinaldo Brancaccio, conclusero presso San Felice Circeo un accordo, annunciato a Roma ed a Napoli solo in ottobre354. Ladislao promise di riconoscere come legittimo pontefice Giovanni XXIII, che tolse il suo appoggio a Luigi II. Ottenne, altresì, di essere dispensato dal censo feudale di 8000 once d‟oro per dieci anni e gli furono liquidati, in qualità di neoeletto gonfaloniere della Chiesa, 75.000 fiorini355.

Si trattava di un successo diplomatico di Ladislao, poiché gli si fecero sperare agevolazioni territoriali ed economiche, in cambio del riconoscimento di Giovanni XXIII che invece voleva guadagnare tempo per cercare, dopo la caduta di Luigi II d‟Angiò, un nuovo alleato, tanto più che egli non poteva e non voleva affatto adempiere agli enormi impegni finanziari contratti. Simili dovrebbero essere state le riflessioni del re di Napoli che aspettava solo il momento buono per occupare di nuovo lo Stato pontificio. Il 16 ottobre 1412 Ladislao riconobbe Giovanni XXIII come legittimo pontefice e gli prestò omaggio per il Regno e per i vicariati delle diverse città affidategli. Gregorio XII fu costretto a lasciare Gaeta il 31 ottobre ed a cercare riparo a Rimini356.

Tra il 21 e 22 febbraio del 1412, re Ladislao inviò da Napoli diversi mandati a favore dell‟università di Reggio. Il 21 febbraio, infatti, con una lettera inviata al giustiziere della provincia di Calabria, al capitano della città di Reggio ed ai conti, baroni, mastro portolano, mastri giurati, commissari e ufficiali, ordinò che, per evitare agli uomini di Reggio penuria di frumento, consentissero a costoro di acquistarlo liberamente, trasportandolo in città per via terra con animali o per via mare con imbarcazioni, senza dover pagare il diritto di uscita, del tarì e della vicesima, e con l‟obbligo per il capitano della città a farsi rilasciare debita cauzione fideiussoria attestante che il frumento acquistato fosse destinato solo a Reggio e lettera testimoniale circa la quantità di

352

Ibidem, p. 61.

353 Ibidem, p. 66. Pietro Paolo da Viterbo, soprannominato Braca, capitano di ventura, ciambellano e

maresciallo del Regno, nell‟ottobre del 1399 era stato nominato giustiziere di Val di Crati e Terra Giordana. Dopo la rivolta di Nicolò Ruffo a re Ladislao, ottenne il titolo di marchese di Crotone e conte di Belcastro (cfr. FODALE, La Calabria angioino-aragonese, p. 235; PACELLA, p. 76).

354 G.G

ALASSO, Il regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese, p. 271.

355 C

UTOLO, Re Ladislao, pp. 424-425.

356 L

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frumento comprato357. Inviò, poi, lettera al gran camerario del regno, al giustiziere della provincia di Calabria, ai capitani della terra di Reggio, nonché ad erari e commissari del distretto reggino, con la quale comunicò di aver condonato agli uomini della predetta università il pagamento delle collette, sovvenzioni, sussidi e doni dovuti alla regia curia per il presente anno di quinta indizione data la condizione di depressione in cui si trova la città a causa delle guerre358.

Lo stesso giorno inviò lettera al nobile Ventura di Faenza, miles, capitano della terra di Reggio, mediante la quale gli comunicava che la sua giurisdizione dei poteri si estendeva sulla terra predetta e sul suo distretto territoriale compreso da Capo Bruzzano sino a Bagnara e che include diverse motte, tutte minuziosamente elencate, eccetto che sulla stessa terra di Bagnara e la terra di Sant‟Agata che continueranno a mantenere un proprio ufficio di capitania359

. Il giorno seguente notificò la stessa lettera ai baiuli, giudici, agli uomini della terra di Reggio e delle sue motte. Tra le motte ricadenti nel territorio reggino, oltre Bagnara, figurano Scilla, Fiumara di Muro, Calanna, Motta Rossa, Motta Anomeri detta anche Mesanova, San Niceto, Montebello, Motta San Giovanni, Pentedattilo, San Lorenzo, Valle Tuccio, Amendolea, Bova, Palizzi, Motta Brancaleone, Sant‟Agata, San Chirillo e Solano360

.

Il 10 agosto il re spedì da Napoli numerosi mandati a favore dell‟università reggina. Ad istanza dell‟università e degli uomini di Reggio, ordinò a Beulo Gattula, di Gaeta, deputato per le saline della Calabria e ciambellano regio, di nominare un perito per determinare, come si faceva sin da