V. Stranieri in Italia, ipotesi quantitative e direzione dei flussi
1. Il rilevamento della popolazione straniera Le fonti e i loro problemi
L’immigrazione straniera in Italia si impose come problema alla classe dirigente e al mondo della ricerca tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, come già accennato. La gestione del fenomeno risultava complessa, poiché esso era specularmente opposto a quanto vissuto per oltre un secolo dal paese. L’assoluta novità si rifletteva dunque nella mancanza di una normativa organica che regolamentasse la materia, ma anche nell’assenza di adeguati strumenti per il rilevamento e l’analisi del fatto. Nel 1983 il demografo Eugenio Sonnino, nella nota d’apertura dei lavori della Giornata di Studio sull’immigrazione straniera in Italia, indetta dal Comitato Italiano per lo Studio dei Problemi della Popolazione (CISP), con la collaborazione dell’Istituto di Demografia dell’Università di Roma «La Sapienza», del CNR e del Ministero della Pubblica Istruzione, scriveva a riguardo:
Oggi qualcosa è cambiato in Italia e nel mondo e questa nuova problematica si afferma, con l’ineluttabilità dei processi più inarrestabili, che sono quelli che hanno tempo e modo di svilupparsi quando manchi una specifica sensibilità a coglierli, a registrarli fin dal loro nascere da parte di chi avrebbe il compito e il dovere di guardare, vedere e prevedere nei meccanismi di sviluppo della nostra società nazionale in un quadro internazionale in profondo mutamento. […] È un “chi” collettivo che riguarda lo stato in tutta la sua articolazione nazionale e locale, le organizzazioni dei lavoratori, i datori di lavoro, il mondo della ricerca.256
L’insufficienza di fonti precise, che permettessero di ricostruire minuziosamente il quadro della situazione e di restituire in modo completo l’articolazione della vicenda ai suoi albori, rappresentava un problema allora come lo rappresenta oggi. Ma le esigenze conoscitive del fenomeno, già al tempo non ostacolarono il tentativo di organizzare le informazioni possedute, al fine di individuare almeno le tendenze generali e le caratteristiche principali del fenomeno stesso, nella consapevolezza che i dati presentavano degli errori. Il lavoro compiuto da demografi ed esperti di statistica riguardò, infatti, nel corso degli anni Ottanta, l’aggiustamento dei dati disponibili prodotti dagli uffici ministeriali e dagli enti pubblici.
Tra le misurazioni demografiche, quelle relative alle migrazioni diedero luogo a problemi di più difficile soluzione, a causa dell’estrema variabilità dei fattori che le condizionavano. Per stabilire la dinamica dei flussi migratori, ad esempio, fu possibile utilizzare come strumenti conoscitivi le registrazioni dei trasferimenti anagrafici da e per l’estero; e il saldo relativo al rapporto tra espatri e rimpatri dei cittadini italiani. In entrambi i casi, però, la lettura acritica dei dati avrebbe restituito un quadro alterato della realtà. Nel primo, la frequente abitudine di chi emigrava a non effettuare immediatamente il trasferimento dei dati anagrafici e l’esistenza di un registro unico, almeno fino al
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1979, che raccoglieva indistintamente le informazioni relative ai cittadini italiani e a quelli stranieri, impedirono di stimare la reale quantità degli spostamenti e la nazionalità di chi si muoveva. Nel secondo caso, il saldo tra espatri e rimpatri risentiva di una sottostima, causata dall’utilizzo di uno schedario, il cui aggiornamento si basava sui passaporti rilasciati per motivi di lavoro, non più obbligatori dal 1969 per quanti emigravano in altri paesi dell’area Cee. Ad essere trascurato, nella stessa stima, era anche il numero di coloro che emigrarono nello stesso lasso di tempo per ricongiungersi con i propri familiari all’estero. Sappiamo infatti che tra il 1961 e il 1973 partirono per la Francia per motivi familiari 82.631 italiani, pari a circa un terzo del flusso totale proveniente dall’Italia257.
Rispetto agli espatri e ai rimpatri di cittadini italiani, l’Istat, non disponendo di fonti per eseguire un confronto, preferì analizzare i dati ufficiali disponibili suddividendoli in tre grandi aree geografiche, al fine di comprendere l’effettiva influenza dell’ipotetica sottovalutazione dei movimenti nell’ambito della Cee sul movimento migratorio generale. Dallo studio dei movimenti dei migranti italiani da e per i paesi Cee, l’influenza della sottostima risultò essere di scarsa rilevanza, poiché l’eccedenza dei rimpatri sugli espatri si verificò, a distanza di pochi anni, anche nei flussi diretti verso gli altri paesi europei e gli stati extra-europei, indicando un cambiamento generale del comportamento migratorio della popolazione258. Se infatti fino al 1972 il numero totale degli espatri superò quello dei rimpatri,
dall’anno successivo il rapporto si invertì (Tab.5.2). Inoltre, nel corso del ventennio considerato, il volume di entrambi i flussi diminuì, in linea con la progressiva tendenza alla diminuzione degli spostamenti intereuropei, già registrata nei tradizionali paesi d’immigrazione della Comunità.
Il profondo cambiamento verificatosi nel corso degli anni Settanta nella migrazione dei lavoratori italiani, trovò riscontro nella tendenza manifestata dai dati relativi alle migrazioni a carattere definitivo, deducibili dai registri dell’Anagrafe. L’Istat, consapevole delle problematiche connesse alla fonte appena indicata, effettuò delle correzioni al saldo migratorio dei movimenti da e per l’estero, prodotto sulla base dei dati anagrafici, mettendoli a confronto con quelli censuari, per il periodo compreso tra il 1962 e il 1971 (Tab.5.1). Fece ciò partendo dall’ipotesi che la differenza tra le due fonti fosse da attribuire esclusivamente alle mancate cancellazioni. La rielaborazione dei dati del periodo 1972-1983 venne invece effettuata dal demografo Marcello Natale e da altri suoi colleghi259, i quali eseguirono
delle valutazioni basate sulle esperienze relative ai precedenti intervalli intercensuali260.
257Il dato è riportato nella tabella 1.3 del primo capitolo.
258MARCELLO NATALE, Fonti e metodi di rilevazione della popolazione straniera in Italia; in L’immigrazione
straniera in Italia, «Studi emigrazione», n. 71, XX (settembre 1983), p. 270. Nella pagina è riportata la tabella relativa agli espatri e ai rimpatri di cittadini italiani divisi per aree geografiche.
259 Ritrova nota in pagina e riscrivi.
260M. NATALE, Fonti e metodi…, cit. (1983), p. 268. Per ulteriori chiarimenti sui metodi utilizzati per le correzioni delle statistiche e, più in generale, sui problemi delle fonti utilizzabili per le stime di flusso e di consistenza, si vedano anche M. NATALE, Fonti e metodi di rilevazione della popolazione straniera in Italia.
Contributi del dibattito in corso e nuovi elementi conoscitivi, Sindacato e questione stranieri in Italia, «Studi
emigrazione», n. 82-83, XXIII (1986) e OLIVIERO CASACCHIA, La dimensione quantitativa dell’immigrazione
estera in Italia, in N. SERGI (a cura di), L’immigrazione straniera in Italia, Roma, Edizioni Lavoro, 1987, pp.9- 34.
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Tab.5.1 Saldi migratori definitivi da e per l'estero 1962-1981, corretti sulla base delle risultanze censuarie. (Migliaia)
Anno Saldo Anno Saldo *
1962 -138 1972 0 1963 -105 1973 1 1964 -108 1974 11 1965 -132 1975 0 1966 -134 1976 8 1967 -111 1977 5 1968 -78 1978 3 1968 -53 1979 -1 1970 -37 1980 -7 1971 -26 1981 -30
Note: *valutazione post-censimento ISTAT. Fonte: ISTAT, Popolazione e movimento
anagrafico dei comuni e Annuari di statistiche demografiche, tomo I.
Tab.5.2 Cittadini espatriati e rimpatriati in Italia nel periodo 1962-1983. (Migliaia)
Anno Espatriati Rimpatriati Saldo
1962 366 229 -137 1963 278 221 -57 1964 258 190 -68 1965 283 196 -87 1966 296 206 -90 1967 229 169 -60 1968 216 150 -66 1969 182 153 -29 1970 152 143 -9 1971 168 129 -39 1972 142 138 -4 1973 124 125 1 1974 112 117 5 1975 93 123 30 1976 97 116 19 1977 88 102 14 1978 86 90 4 1979 89 92 3 1980 85 90 5 1981 89 89 0 1982 98 92 -6 1983 85 88 3 Fonte: Cfr. Tab.1
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I risultati ottenuti, qui riportati nella tabella 5.1, indicavano un’inversione del segno nel 1973 e registravano il passaggio da un’emigrazione consistente ad un’immigrazione netta ancora irrilevante per tutti gli anni Settanta.
Se fu possibile ricavare un quadro verosimile dei flussi migratori dei cittadini italiani, sia a carattere definitivo che temporaneo, per i flussi relativi ai cittadini stranieri, la possibilità di effettuare delle stime, almeno della loro componente stabile, fu effettiva solo dal 1979, anno dopo il quale l’Istat inserì il quesito di cittadinanza nel modello di rilevazione dei trasferimenti anagrafici, creando un secondo registro anagrafico.
Sfuggiva comunque agli studiosi la possibilità di fornire stime sul flusso di quanti arrivavano solo temporaneamente o clandestinamente.
Per sopperire a tutte le insufficienze indicate, sopraggiungevano gli strumenti per la misurazione della consistenza straniera, che di riflesso rischiararono alcuni degli spazi bui lasciati dalle fonti già menzionate, pur portandosi dietro la stessa dose d’incertezze. I censimenti, ad esempio, soffermandosi solo sulle migrazioni a carattere definitivo, risultavano essere degli strumenti utili al reperimento di informazioni parziali sulla presenza straniera, che però si articolava sia in realtà stabili che temporanee. Limitate erano anche le informazioni sulle cittadinanze d’origine, almeno fino al 1981261.
In accordo con Marcello Natale, molti altri studiosi del fenomeno, guardarono alle relazioni annuali sulla situazione degli stranieri in Italia stilate dal Ministero dell’Interno e al XII Censimento generale della popolazione italiana (1981) per avere un’idea più precisa della portata dell’immigrazione straniera.
Nel caso delle relazioni annuali, la possibilità di confrontare anno per anno la consistenza dei permessi di soggiorno rilasciati permetteva di constatare, per mezzo di una semplice sottrazione, le variazioni numeriche della presenza di cittadini stranieri regolari e l’evoluzione della consistenza (Graf.5.1). Nondimeno, la stessa fonte risultava compromessa dalla parzialità della componente che analizzava, poiché ancora una volta ad essere rilevata era solo la parte regolare degli ingressi e dei soggiorni. Inoltre, a rendere incerti i dati ministeriali intervenivano elementi connessi al metodo utilizzato per il rilevamento. Fino al 1979 furono conteggiati tutti i permessi di soggiorno con durata superiore a tre mesi; dal 1980 il limite scese ad un mese.
Un altro problema concerneva l’inclusione della prole nel permesso di soggiorno del genitore, determinando così l’incapacità di chiarire, non solo, la reale consistenza di quanti si trovassero sul suolo nazionale regolarmente, ma anche, di stabilire la loro ripartizione per classi d’età. Mancavano, in aggiunta, indicazioni che accertassero se fosse la prima volta che lo straniero entrava in Italia – utile per trarre indicazioni sul tipo di movimento, se stagionale o occasionale ‒, e notizie relative all’ultima residenza, problema che accomunò molte delle statistiche europee sulla presenza straniera, almeno fino agli anni Ottanta. Infine, le quantificazioni furono effettuate in corrispondenza di determinati
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periodi dell’anno, in riferimento ai soli permessi ancora validi al momento della rilevazione262.
Ciononostante, i documenti ministeriali furono considerati preziosi, per la serie di elementi che rendevano noti, che permettevano di stabilire alcune importanti caratteristiche della presenza regolare di cittadini stranieri, quali: la cittadinanza, il motivo del rilascio, l’attività svolta, la provincia di destinazione e la durata della validità del permesso263.
Riguardo al XII Censimento generale della popolazione del 1981, il suo ruolo per la conoscenza della presenza di stranieri sul territorio nazionale risultò indispensabile. Per la prima volta l’Istat dedicò una specifica attenzione alla presenza straniera nel tradizionale censimento decennale della popolazione, che permise di acquisire importanti informazioni non solo sulla struttura demografica ma anche sulla popolazione straniera temporaneamente presente, che in misura non trascurabile era anche clandestina. Di estrema importanza risultò anche l’inserimento del quesito relativo al motivo di temporanea permanenza, al fine di comprendere quanto le ragioni di lavoro incidessero sull’arrivo dei cittadini stranieri. Infine, l’estensione del numero dei paesi esteri considerati per la memorizzazione delle cittadinanze presenti, lo spoglio totale e la registrazione completa delle notizie raccolte garantì la possibilità di dettagliare maggiormente le caratteristiche dell’immigrazione264.
Il censimento e le relazioni ministeriali, furono altresì illuminanti per cogliere la distribuzione della presenza straniera nelle province italiane.
Graf.5.1 Permessi di soggiorno rilasciati dal 1967 al 1988
Note: * sino al 1979 permessi di soggiorno rilasciati per periodi superiori a tre mesi. Dal 1980, superiori a un mese. Fonte: Ministero dell’Interno.
262M. NATALE, Fonti e metodi…, cit., (1983), pp. 271-284.
263 È possibile consultare le modalità di raccolta dati del Ministero dell’Interno per gli anni 1967, 1968 e 1969, presso ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO (d’ora in poi ACS), Ministero dell’Interno, Gabinetto, fascicoli
correnti dal ’44, 1967/1970, inv.13/016,7 parte III(5), Stranieri in Italia, b.326, fasc. 15383/1e2.
264A. CORTESE, Il contributo del censimento della popolazione del 1981 al quadro informativo che interessa la
presenza straniera in Italia, in, L’immigrazione straniera in Italia, «Studi Emigrazione», n. 71, XX (settembre
1983), pp.309-313. 0 100000 200000 300000 400000 500000 600000 700000
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Altri documenti utili, per definire il fenomeno dell’immigrazione straniera in Italia alle sue origini, furono i dati relativi all’avviamento al lavoro e alla consistenza dei lavoratori stranieri registrati dagli uffici provinciali del Ministero del Lavoro e le statistiche dell’INPS, riferite alla sola popolazione straniera attiva tra il 1978 e il 1981 (in questo caso risultò importante l’attenzione speciale dedicata ai lavoratori domestici). Entrambe le fonti acquistarono valore soprattutto in quanto pietre di paragone per le rilevazioni effettuate dal Ministero dell’interno, avendo mostrato spesso le incongruenze tra le diverse raccolte di dati. Allo stesso modo, lo studio dell’Istat e quello dell’Ufficio centrale studenti esteri in Italia (UCSEI) rivelarono ancora una volta, quando messe a confronto, la difficoltà di quantificare con esattezza la presenza straniera265.
Il primo studio ufficiale, effettuato dal Censis nel 1978, mise chiaramente in risalto lo scarto esistente tra le quantificazioni dei diversi studi; ad esempio, nel 1976 a fronte dei 55.404 permessi di soggiorno per motivi di lavoro registrati dal Ministero dell’interno, il Ministero del lavoro censì solo 9.912 stranieri occupati266. Tale discrepanza suggerì l’esistenza di un collocamento anomalo, che avveniva in
maniera difforme dalle procedure previste per l’assunzione e l’evidenza di quanto appena affermato fu data dal confronto tra i lavoratori domestici conteggiati dall’INPS e dal Ministero dell’interno per gli anni 1978 e 1979: la prima fonte riportava per i due anni, rispettivamente, 17.750 e 20.015 unità lavorative; la seconda 12.104 e 14.515267. Allo stesso modo, confrontando i dati ministeriali con quelli
prodotti dall’Istat e dall’UCSEI si notarono delle discordanze, seppure nell’ordine delle poche migliaia, tra i permessi di soggiorno rilasciati per motivi di studio e il numero degli studenti stranieri riportato dalle due fonti268.
Oltre al caso dello studio condotto dal Censis nel 1978, come primo tentativo di sistematizzare le informazioni ricavabili dai dati ufficiali e dalle indagini compiute in quattro aree regionali del paese, al fine di restituire un quadro unitario dell’immigrazione in Italia, altre valutazioni dirette furono compiute a livello locale da Enti pubblici e non, tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta. Queste si avvalsero di testimonianze dirette e di testimoni privilegiati. Ma anche in questo caso, il contributo dato alla quantificazione risultò scarso, mentre importante fu il loro ruolo per cogliere la particolarità che in ogni regione il fenomeno assunse rispetto alle condizioni socio-professionali degli immigrati.
Alla fine di questo excursus sulle principali fonti disponibili e utilizzate dagli studiosi per l’inquadramento del fenomeno migratorio che interessò l’Italia dai primi anni Settanta, è possibile effettuare una considerazione preliminare. A modificare la posizione dell’Italia nel contesto delle migrazioni internazionali, dopo circa un secolo di storia contraddistinto da un’emigrazione massiccia, contribuì principalmente il calo degli espatri avvenuto in concomitanza con un aumento dei rimpatri. Il
265Ibidem.
266CENSIS, I Lavoratori stranieri…, cit., p. 19.
267I dati sono tratti dalla tavola 10 in M. NATALE, Fonti e metodi…, cit. (1983), p. 285.
268È possibile verificare direttamente i dati messi a confronto nelle tavola 15 e 16 in M. NATALE, Fonti e
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flusso in entrata di stranieri risultò per tutti gli anni Settanta ancora poco rilevante rispetto alla dinamica migratoria generale vissuta dal paese. Nondimeno, l’aumento progressivo di migranti stranieri apparve sintomatico di un cambiamento ancora latente intervenuto nella storia d’Italia. Guardando alla consistenza e alle caratteristiche della presenza straniera allo stadio embrionale si proverà a raccontare in che modo quest’ultima si intrecciò alla storia nazionale del paese ospitante, preparando il terreno per l’esplosione del fenomeno immigratorio, che dagli anni Novanta ad oggi non ha smesso di crescere a ritmi sostenuti, consacrando definitivamente l’Italia come paese d’immigrazione.