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Verso una nuova immigrazione

V. Stranieri in Italia, ipotesi quantitative e direzione dei flussi

2. Verso una nuova immigrazione

La presenza straniera tra il 1967 e il 1988 progredì continuamente, mostrando un lieve calo solo tra il 1969 e il 1970 (Graf.5.1)269. La tendenza al rialzo del numero dei permessi di soggiorno subì due

accelerazioni tra 1979 e il 1981 e tra il 1986 e il 1988, ma queste, anziché dipendere da un repentino aumento dei flussi nei rispettivi anni, scaturirono da due particolari circostanze, che permisero di estendere il campo di rilevazione: il primo scarto fu dovuto al già ricordato cambio nelle metodologie usate dal 1979 (vennero conteggiati i permessi con validità superiore ad un mese); il secondo, si verificò in concomitanza con l’emanazione della Legge Foschi del 1986, che consentì ad una parte di migranti irregolari o illegalmente presenti di sanare la loro posizione ‒ i sanati furono 116.000270.

Grazie ai quattro censimenti, effettuati tra il 1951 e il 1981271, e ai dati ministeriali è possibile cogliere

alcune caratteristiche dei suddetti flussi. Ad esempio è possibile notare che la progressiva crescita della popolazione straniera venne affiancata da una graduale trasformazione della sua composizione. L’ammontare complessivo della popolazione straniera residente quadruplicò tra il 1951 e 1981 e, come già arguito in precedenza, fino alla metà degli anni Sessanta questa fu composta quasi esclusivamente dai cittadini europei e nordamericani (l’82% del totale). Ma, dalla fine del decennio, la

269La progressione è data dal totale dei permessi di soggiorno registrati dal Ministero dell’Interno, validi al 31 dicembre di ogni anno. È importante sapere che i dati inseriti nel grafico non sono stati direttamente ricavati dal Ministero dell’Interno, ma sono stati messi insieme grazie alle informazioni che i diversi testi consultati riportano. È sorto in più casi un problema riguardante alcune incongruenze, nonostante tutte gli studi citassero come fonte le relazioni ministeriali: l’Istat riporta, ad esempio, per il 1981, 331mila permessi circa rilasciati durante quell’anno; Luca Einaudi (2007) ne conta invece 207 mila, seguendo una revisione effettuata da A. Colombo e G. Sciortino (2004). I dati qui riportati non alterano comunque il quadro generale che tutte le fonti presentano, ovvero quello di una accuratezza crescente del numero dei permessi, che sono stati estrapolati in questo caso: direttamente dalle relazioni del Ministero dell’Interno, quelli relativi al 1967, 1968 e 1969; presi da due fonti diverse per il periodo 1970-1984 e 1985-1987. Si veda O. CASACCHIA, La dimensione quantitativa…, cit., p.29; e in LABOS, La presenza straniera in Italia: primo rapporto, Roma, T.E.R., 1990, p.75

270L. EINAUDI, Le politiche dell’immigrazione…, cit., p. 131.

271EROS MORETTI (a cura di), I movimenti migratori in Italia, in un quadro di riferimento internazionale, Ancona, CLUA, 1989.

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loro quantità sul totale andò via via diminuendo: passarono dal 77% nel 1971 a poco meno del 70% nel 1981. Come contrappeso alla riduzione della presenza stabile della componente euro-americana, crebbe l’entità di quanti si stabilirono in Italia dal continente asiatico e africano: complessivamente nel 1961 costituivano il 5% dei residenti, ma da quell’anno la loro presenza iniziò ad aumentare e nei due censimenti successivi rappresentavano l’8,9 e 19,8%. Nello stesso arco di tempo, si abbassò la consistenza degli apolidi e dei cittadini provenienti dall’America Latina, mentre si mantenne stabile la presenza australiana272.

Il quadro presentato dalle risultanze censuarie trova conferma nei dati ministeriali. Anche secondo quest’ultimi i cittadini dell’Europa e degli Stati Uniti rappresentarono, negli anni Settanta, poco più del 70% degli stranieri provvisti di permesso di soggiorno. Nel dettaglio, i cittadini degli stati europei furono in media il 55% (Tab.5.3), seguivano in ordine decrescente i cittadini provenienti dall’America (30% circa), gli asiatici e gli africani (rispettivamente il 7 e il 3%); e in coda, con numeri ancora meno rilevanti, quanti arrivavano dall’Oceania273.

Tab.5.3 Composizione per aree di provenienza degli stranieri con permesso di soggiorno, serie storica dal 1970 al 1981. (Valori percentuali)

Area di provenienza 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 CEE 29,5 34,3 33,8 37,7 29,2 29,3 29,3 29,2 29,3 28,4 23,3 24,0 Altri paesi europei 30,0 25,3 24,2 24,6 28,7 28,8 28,7 28,8 28,8 28,0 30,0 29,8 Africa 3,2 3,5 3,8 4,2 4,4 4,7 5,0 5,3 5,1 6,4 8,7 10,1 Asia 7,6 7,8 8,3 8,6 8,6 8,7 8,8 9,1 9,2 10 13,1 13,3 Nord America 19,3 19,0 18,9 19,1 19,4 18,9 18,5 18,2 18,1 17,6 15,1 14,3 America Latina 5,7 5,7 5,8 5,7 5,7 5,6 5,7 5,7 5,7 6,0 6,4 6,5 Altre provenienze 4,7 4,4 5,2 4,1 4,0 4,0 4,0 3,7 3,8 3,6 3,4 2,0 Totale 100 100 100 *104 100 100 100 100 100 100 100 100 Note: *il dato è scorretto a causa di un errore contenuto nella colonna, appare verosimile che la cifra anomala è quella relativa alla percentuale dei paesi Cee. Fonte: elaborazione sui dati del Ministero dell'Interno di R. Cagiano De Azevedo, in R. CAGIANODE

AZEVEDO, Breve analisi dei…, cit., p. 341.

(1983).

272Per confrontare tutti i dati appena riportati si veda E. MORETTI, La presenza straniera in Italia dai dati

censuari, in E. MORETTI, I movimenti migratori…, cit., pp. 61-65.

273I dati relativi all’Europa centrale e agli Stati Uniti sono stati ricavati direttamente dalla Tabella 1 in CENSIS, I

Lavoratori stranieri…, cit., p. 16. Mentre le stime relative ai continenti di provenienza sono state personalmente

effettuate confrontando i dati presenti nella tabella già citata del Censis e il conteggio delle unità di tutte le nazionalità presenti nelle relazioni ministeriali del 1968 e del 1969.

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Al principio degli anni Ottanta le comunità statunitense, tedesca, svizzera, francese, inglese ed austriaca, rappresentavano le nazionalità prevalenti, le stesse che già Luca Einaudi individuava come tali sin dagli albori del Regno d’Italia (solo gli statunitensi arrivarono nell’immediato Secondo dopoguerra). Già dagli anni Cinquanta, i censimenti rivelarono l’esistenza di una componente temporanea per i gruppi europei, che anzi fu preponderante fino agli anni Sessanta; ma ancora nel 1981 un numero elevato di presenze instabili comparì tra i dati censuari. Numeri alti di cittadini che risiedevano ma non vivevano continuativamente sul territorio nazionale vennero rilevati per il gruppo tedesco, austriaco (circa il doppio rispetto ai fissi dei due paesi) e statunitense, che probabilmente si trovavano in Italia per lavori altamente qualificati (come consulenti d’impresa), in qualità di studenti o per altri motivi diversi dal lavoro. Minore, seppur elevata, fu la cifra per le altre tre nazionalità e tutti insieme rappresentavano il 62,6% dei circa 109 mila provvisori. Tra i residenti, il tasso di attività era a meno del 50% e solo il 10% dei temporaneamente presenti si trovava in Italia per motivi di lavoro; appariva inoltre equilibrata la proporzione tra maschi e femmine in entrambi i gruppi. Nel complesso questi dati attestavano che per le principali nazionalità presenti non era il lavoro il motivo principale del soggiorno e che coloro che avevano stabilito la loro residenza in Italia erano ormai stati assimilati (ovvero risiedevano con l’intero nucleo familiare e perciò il tasso d’attività risultava basso).

L’insieme di questi elementi proponeva un quadro già noto alla fine degli anni Sessanta, per le stesse nazionalità. Nel 1969 l’indice dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro si attestò al 37% per le cinque comunità europee, al 13,4% per gli Stati Uniti; mentre alta, se paragonata alle altre cittadinanze presenti, fu l’incidenza della “residenza elettiva” tra i motivi del rilascio, intorno al 15% per i primi gruppi (con una punta del 33% per gli svizzeri) e solo al 5% per gli statunitensi274. In sostanza

quest’ultimi non prevedevano di stabilirsi in Italia nella stessa misura in cui lo facevano i cittadini di diversi paesi europei. Non trattandosi precipuamente di migranti per lavoro, in realtà, solo una parte minoritaria di tutti i gruppi tese a rimanere stabilmente sul territorio, facendo arrivare i propri familiari. Gli indici relativi ai permessi rilasciati per motivi di famiglia si differenziarono in base alle modalità in cui le sei cittadinanze organizzarono la loro presenza: la più alta fu quella degli Stati Uniti (50%, ma la maggior parte a tempo determinato), la più bassa quella della RFT e della Svizzera (entrambi al 12%); per tutte le altre cittadinanze la percentuale si aggirò intorno ad una posizione intermedia (24,5%). I dati del 1969 apparivano in linea con quanto poi risultò nel censimento del 1981: quelle nazionalità che avevano mostrato cifre di temporanei più elevate risultarono tradizionalmente meno propense alla stabilizzazione; le altre, che invece esibivano cifre più modeste nella componente instabile, furono anche le stesse con gli indici di ricongiungimenti familiari maggiori alla fine degli anni Sessanta. Tuttavia, l’assimilazione di questi gruppi alla società italiana (fatto che indicava la più antica presenza) non cambiava nella sostanza il modo in cui, da circa un secolo, l’immigrazione dagli stati più ricchi

274 Le percentuali sono ricavate dalla relazione sulla situazione degli stranieri, del Ministero dell’Interno, per l’anno 1969, presso ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO (d’ora in poi ACS), Ministero dell’Interno, Gabinetto,

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dell’Europa occidentale si era delineata in Italia. La loro consistenza aumentò in assoluto ma non in termini relativi e la loro posizione sociale rimase la stessa.

Gli Stati Uniti, dal canto loro, mostrarono indici troppo alti di ricongiungimenti familiari in confronto al numero dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro e alla tendenza alla stabilità riscontrata; l’unica spiegazione possibile risiedeva nei ritorni di figli di migranti italiani negli Stati Uniti, che rientravano per periodi non troppo lunghi in Italia. Analizzando più dettagliatamente le relazioni ministeriali, infatti, si scorge che la maggior parte dei permessi di soggiorno per motivi familiari riguardava province in cui non c’erano basi militari americane o Nato che potessero giustificarne la presenza, come nel caso di Reggio Calabria. Inoltre, nelle stesse province in cui si contava il maggior numero di permessi per motivi di famiglia, non si trovava un corrispettivo nel numero dei permessi per motivi di lavoro. Ciò fa supporre che i “familiari” in questioni, avessero ottenuto il permesso per ricongiungersi con parenti italiani.

La quota dei cittadini dei paesi europei avanzati, identificabili in linea di massima con quelli Cee, si allargò nei primi anni Settanta (Tab.5.3)275, probabilmente grazie alle politiche di liberalizzazione dei

movimenti di persone tra i paesi comunitari; ma già dal 1973 il flusso iniziò la sua discesa. Salirono da quell’anno, invece, gli arrivi dagli altri paesi europei. Un aumento di 4 punti percentuali, dopo un calo verificatosi nei primi anni del decennio, ravvivò il flusso da questi paesi. La diminuzione che si verificò nel primo triennio del decennio, guardata alla luce del balzo del 1974, sembrò connettersi agli eventi che modularono i movimenti migratori in Francia e in Germania nello stesso periodo. I due stati, per far fronte al ciclo produttivo eccezionale di quegli anni attrassero molta manodopera dall’estero (soprattutto europea), ma, dal 1973, la svolta restrittiva arrestò i flussi, che in parte si dirottarono verso l’Italia. In ascesa continua si mostrarono invece gli arrivi dal continente asiatico e africano, ma, in questo caso, l’evento non sembrò collegarsi direttamente alle politiche di chiusura delle frontiere dei tradizionali stati europei d’immigrazione, presentando una progressione lineare.

In linea di massima, nel corso degli anni Settanta, iniziò a manifestarsi una tendenza al ribasso dei cittadini provenienti dai paesi in via di sviluppo e un aumento di quelli dai paesi a sviluppo avanzato. I cittadini provenienti dalla Cee, dal Nord America e dall’Australia, rappresentarono il 51% delle presenze con regolare permesso di soggiorno nel 1975 (Garf.5.2), nel 1981 la loro quota scese al 40% (Graf.5.3). I dati censuari del 1981 espressero invece una percentuale diversa: questi rappresentavano ancora il 52% della popolazione straniera. La discrepanza tra le due fonti dipese dal diverso tipo di rilevazione effettuata e addirittura il numero dei permessi risultò inferiore a quello dei presenti (312 contro 320 mila). Probabilmente una parte dei residenti e/o dei temporanei non aveva rinnovato il permesso di soggiorno nel 1981, ma aveva comunque risposto al questionario del censimento. Ad ogni modo, il fatto che la quota comunitaria e nord-americana risultasse più ampia secondo le risultanze censuarie, stette ad indicare l’inclinazione di questa componente a stanziarsi regolarmente in Italia, o

275RAIMONDO CAGIANO DE AZEVEDO, Breve analisi dei dati sulla presenza dei lavoratori stranieri in Italia, in,

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meglio con maggiore frequenza rispetto alle altre (Graf.5.4). In generale, tutti i cittadini provenienti da PSA tesero a mostrare la propensione a regolarizzare la loro posizione presso gli uffici anagrafici.

Graf.5.2 Composizione per aree di provenienza degli stranieri con permesso di soggiorno nel 1975.

Fonte: dati estrapolati dalla relazione del Ministero dell'Interno dal Censis, in I lavoratori stranieri in

Italia…, cit., [mia elaborazione].

Graf.5.3 Composizione per aree di provenienza degli stranieri con permesso di soggiorno nel 1981

Fonte: R. CAGIANODEAZEVEDO, Breve analisi dei…, cit. [mia elaborazione]

51% 31%

18%

CEE-Nord America-Australia

Altri paesi europei - Paesi mediterranei Paesi extraeuropei

40%

30% 30%

CEE-Nord America-Australia

Altri paesi europei- Paesi mediterranei Paesi extraeuropei

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Graf. 5.4 Composizione per aree di provenienza degli stranieri residenti e temporaneamente presenti nel censimento del 1981.

Fonte: ISTAT, XII censimento generale della popolazione. [mia elaborazione]

Le fonti che raccolsero i dati ministeriali fecero rientrare alcuni degli stati assimilabili ai PSA nel campo “Altri paesi europei”. La consistenza delle loro popolazioni in Italia non era da ritenersi affatto trascurabile secondo i risultati del censimento del 1981: gli svizzeri e gli austriaci costituivano l’11,5% del totale della popolazione straniera; mentre poco consistenti furono le altre nazionalità appartenenti al medesimo gruppo. Stando così le cose, la percentuale dei cittadini provenienti dai paesi a sviluppo avanzato si aggirava, nel 1981, intorno al 65%276. Ancora all’inizio degli anni Ottanta, dunque,

l’immigrazione in Italia appariva lontana dal modello sviluppatosi nell’Europa occidentale.

La consapevolezza degli errori delle fonti ufficiali, che non potevano in alcun modo registrare la portata della componente clandestina (attribuibile quasi esclusivamente ai PVS), fece in modo che delle stime alternative venissero prodotte negli stessi anni, seguendo metodi di rilevazione diversi. Marcello Natale apportò delle correzioni ai risultati del censimento del 1981 e propose un numero di immigrati che si aggirava intorno alle 400 mila unità,277 lo 0,7% sul totale della popolazione nazionale

residente nello stesso anno278. La percentuale dei cittadini dei PSA, ricalcolata sul dato appena fornito,

risultò inferiore a quella deducibile tramite le stime ufficiali, scese a circa il 52%. Quindi, pur

276E. MORETTI, La presenza straniera…, cit., p. 67.

277 Per chiarimenti sul metodo utilizzato per ricalcolare il numero degli stranieri presenti nel 1981 si veda M. NATALE, Fonti e metodi…, cit. (1986), pp. 197-206.

278Il dato sulla popolazione residente nel 1981 è disponibile nella tabella Istat, Popolazione residente per sesso ai

confini dell’epoca e ai confini attuali, e popolazione presente ai censimenti 1861-2001 e al 31/12/2013;http://seriestoriche.istat.it/index.php?id=7&user_100ind_pi1%5Bid_pagina%5D=43&cHash=f1e88d 5e1706a55aa5e6d01dc7ecfd2dconsultato il 20 febbraio 2016, ore 16:00.

52%

25% 23%

CEE-Nord America-Australia

Altri paesi europei- Paesi mediterranei Paesi extraeuropei

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considerando quella fetta dei migranti provenienti dal Terzo Mondo sfuggita alle rilevazioni, la componente maggioritaria rimaneva ancora nel 1981 quella proveniente dai paesi sviluppati, ma in una proporzione quasi equivalente.

Dopo il 1981, la popolazione straniera in Italia aumentò ulteriormente. I dati ministeriali riportarono per il 1984 un aumento percentuale del 29,3%279. Parallelamente aumentarono le unità di stranieri

iscritti all’anagrafe. Tra il 1981 e 1983 il saldo tra iscrizioni e cancellazioni fu di 44.984, circa il 21% in più rispetto al totale dei residenti del 1981280. Sempre per il 1984, Marcello Natale, propose un’altra

stima della presenza straniera: stavolta il numero oscillava tra le 500 e le 700 mila unità281. Nel 1988,

quindi poco dopo la prima sanatoria, il numero degli stranieri iscritti all’anagrafe era di 406.862, quello dei permessi raggiungeva i 650 mila282. Nel 1991 la popolazione straniera residente risultò però

di 345.149 unità, circa 50 mila in meno rispetto alle registrazioni anagrafiche di tre anni prima. Il divario non indicò un calo della presenza straniera, ma fu dovuto alle modalità con cui il censimento venne effettuato: accanto ai residenti e ai temporaneamente presenti, venne inclusa una nuova categoria, quella dei «non radicati», che comprendeva anche coloro che pur essendosi registrati presso gli uffici anagrafici dei comuni, non risultavano poi risiedervi effettivamente. Considerando questa quota il totale risultava infatti di 519.613. I permessi di soggiorno erano aumentati del 59% tra il 1984 e il 1988, i residenti dal 1983 erano aumentati della stessa percentuale283. Sembrava dunque che gli

aumenti degli uni e degli altri andassero più o meno di pari passo.

Nel 1988 la tendenza alla diminuzione dei cittadini dai PSA e in generale dall’Europa risultò confermata: tra i titolari di permesso di soggiorno gli europei scesero dal 53 al 46% del totale (nel 1986, prima della sanatoria presentavano la stessa percentuale); mentre gli asiatici e gli africani passarono dal 23 al 33,7%. L’aumento della percentuale dei presenti giunti dall’Asia e dall’Africa fu dovuto principalmente alla sanatoria del 1986: dei 96.500 regolarizzati alla fine del 1987 i cittadini dei due continenti rappresentarono l’82,5%284. Nel 1991, dopo una seconda sanatoria la percentuale dei

cittadini dei due continenti sul totale dei residenti e non radicati giungeva al 43,7%285.

Nonostante la loro presenza sfuggisse in molti casi agli organi ufficiali di registrazione, par fuori d’ogni dubbio che i flussi migratori diretti verso l’Italia, tra gli anni Settanta e Novanta, lentamente modificarono il volto della popolazione straniera e assieme si trasformò quello del paese ospitante.

279LABOS, La presenza straniera in Italia: primo rapporto, Roma, T.E.R., 1990, p.75 280M. NATALE, Fonti e metodi…, cit., (1986), p.171.

281Ivi, p. 214.

282A. FERRUZZA (a cura di), La presenza straniera in Italia, una prima analisi dei dati censuari, XIII censimento

generale della popolazione e delle abitazioni, Roma, Istat, 1991, p.27.

283 M. NATALE e S. STROZZA, I lavoratori extracomunitari in Italia: consistenza e principali caratteristiche, in E. MORETTI (a cura di), op. cit., pp. 98-99.

284Ibidem.

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