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L’accoglimento della teoria condizionalistica e il ripudio del criterio dell’aumento del rischio.

L’intervento delle Sezioni Unite

8. L’accoglimento della teoria condizionalistica e il ripudio del criterio dell’aumento del rischio.

L’analisi delle Sezioni Unite si sofferma anzitutto sul concetto sostanziale di <causa> e di <causalità>. Assai opportunamente con tale indagine non si vuole però assolvere al compito di ricostruire dei concetti a tutto tondo, poiché le implicazioni scientifiche e filosofiche in gioco renderebbero tale compito del tutto arduo e impossibile da soddisfare nello spazio della motivazione

159 M. T. Trapasso, “Imputazione oggettiva e colpa tra <azione> ed <omissione>: dalla struttura

all’accertamento”, in Ind. Pen., 2003, pag. 1227.

160 Come già accennato precedentemente), in base a tale teoria, nei reati omissivi impropri

l’imputazione oggettiva dell’evento sarebbe già giustificata dal fatto che il compimento dell’azione doverosa omessa avrebbe aumentato le probabilità di salvezza del bene giuridico tutelato.

161 G. F. Iadecola, “La causalità dell’omissione nella responsabilità medica prima e dopo le Sezioni

Unite Franzese”, in Riv. It. dir. e proc. pen., n. 4-5/2005, pag. 733.

162 Le due espressioni pars destruens e pars construens, sono state coniate da P. Veneziani. Si

veda “Omicidio e lesioni colpose nel settore medico-chirurgico”, in Trattato di diritto penale –

di una sentenza. Più correttamente si è invece cercato di orientare l’analisi secondo quelli che sono gli scopi stessi della ricerca, e dunque, prendendo come punto di partenza gli artt. 40 e 41 c.p., si sono delineati i caratteri del concetto di causa penalmente rilevante e di causalità giuridica tout court, pur non mancando riferimenti al problema della causalità in generale163.

Il primo punto fermo della sentenza è rappresentato dall’accoglimento della teoria condizionalistica o della equivalenza delle cause, come unico criterio idoneo a consentire l’imputazione oggettiva dell’evento lesivo al soggetto agente164, criterio peraltro diffuso non solo nella quasi generalità dei sistemi giuridici europei (c.d. condicio sine qua non), ma anche nei Paesi anglosassoni (c. d. causa but for)165. In ciò le Sezioni Unite si collocano in linea con l’interpretazione tradizionale degli artt. 40 e 41 del codice penale, secondo cui causa penalmente rilevante è quella “condotta umana, attiva o omissiva, che si pone come condizione ‹necessaria›…nella catena degli antecedenti che hanno concorso a produrre il risultato, senza la quale l’evento da cui dipende l’esistenza del reato non si sarebbe verificato”.

In linea poi con quanto già sancito dalla Corte di Cassazione nella celebre sentenza sul disastro di Stava166, le Sezioni Unite ribadiscono che il giudizio controfattuale, indispensabile per stabilire se la condotta umana è stata o meno condizione necessaria dell’evento, non va effettuato sulla base della libera convinzione del giudice o della sua intuizione, essendo invece necessaria la “sussunzione del singolo evento, opportunamente ri-descritto nelle sue modalità

163 T. Massa, “Le Sezioni Unite davanti a nuvole e orologi: osservazioni sparse sul principio di

causalità. Nota a Cass. Pen., S.U., 10 luglio (11 settembre) 2002, n. 30328, Franzese,”, in Cass.

Pen, 2002, pag. 3661 e pag. 3666.

164P. Veneziani, “Omicidio e lesioni colpose nel settore medico-chirurgico”, cit., pag. 270; A. R.

Di Landro, “L’accertamento del nesso causale nella responsabilità penale del medico: dopo la sentenza delle Sezioni Unite, un confronto tra la dottrina penalistica e quella medico legale”, in

L’Indice Penale, n. 1/2005, pag. 104; O. Di Giovine, “La causalità omissiva in campo medico-

chirurgico al vaglio delle sezioni unite”, in Foro It., 2002, II, pag. 610; M. T. Trapasso, “Imputazione oggettiva e colpa tra <azione> ed <omissione>: dalla struttura all’accertamento”, cit., pag. 1226; G. F. Iadecola, “La causalità dell’omissione nella responsabilità medica prima e dopo le Sezioni Unite Franzese”, in Riv. It. dir. e proc. pen., n. 4-5/2005, pag. 733.

165 F. Stella, “Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle

Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione”, in Riv. It. dir. e proc. pen., 2002, pag. 767.

166 Cass. Pen., IV, 6 dicembre 1990, Bonetti, in Cass. Pen., 1992, pag. 2726, n. 1411 e in Foro It.

tipiche e ripetibili, sotto ‹leggi scientifiche› esplicative dei fenomeni”. Solo in questo modo, infatti, si ritiene possa essere scongiurato il rischio che il richiamo alla condicio sine qua non si risolva in un ossequio puramente formale degli artt. 40 e 41 c.p., dando luogo invece a continui arbitri da parte del potere giudiziario167. Non è un caso dunque che lo schema condizionalistico, integrato dal criterio di sussunzione sotto leggi scientifiche, continui ad essere seguito dalla prevalente scienza penalistica, come testimoniato, ad esempio, dai più recenti progetti di riforma del Codice Penale168. Di tale criterio, infatti, non si può far a meno, anzitutto per la sua portata tipizzante, che garantisce il rispetto dei principi costituzionali di legalità e tassatività delle fonti della responsabilità penale e del principio di responsabilità penale per fatto proprio colpevole. Inoltre, nell’ambito delle fattispecie causalmente orientate, la teoria dell’equivalenza delle cause consente di selezionare tra le condotte quelle che sono penalmente rilevanti, fungendo così da criterio di delimitazione dell’area dell’illecito penale169.

L’adesione così netta al modello condizionalistico e il riconoscimento del ruolo svolto dal concetto di condizione necessaria, consentono di dedurre un’implicita critica ad ogni tentativo di sostituzione di tale concetto con quello di

condizione idonea, individuabile con un giudizio ex ante170. Quest’ultima

167 F. Stella, “Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle

Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione”, cit., pag. 772.

168 Si veda, in proposito, non solo l’art. 10 dello Schema Pagliaro del 1992, ma soprattutto i già

citati artt. 13 e 14 del Progetto Grosso (2001) di riforma della parte generale del codice penale; M. Macrì, “Responsabilità medica: unico criterio metodologico processuale di accertamento della sussistenza del nesso causale per i reati omissivi e commissivi”, cit., pag. 110.

169 Una posizione del tutto differente è quella sostenuta da E. Di Salvo, in “Nesso di causalità e

giudizio controfattuale”, in Cass. Pen., 2003, pag. 3798 – 3816. L’autore infatti sostiene che i presupposti teorico – concettuali sui quali si fonda la teoria condizionalistica sono ormai stati superati dal più moderno pensiero filosofico e scientifico. Pertanto egli non condivide la posizione delle Sezioni Unite secondo cui, lo schema condizionalistico integrato dalla sussunzione sotto leggi scientifiche, possa assolvere alla funzione di selezionare le condotte penalmente rilevanti, delimitando così l’area dell’illecito penale. Infatti tale teoria, secondo il Di Salvo, porterebbe ad “estendere l’area della rilevanza penale a condotte di modesta efficacia eziologica e di contenuto disvalore etico-sociale, solo perché si configurano come antecedenti necessari e l’evento non può, rispetto ad esse, giungere ad essere considerato eccezionale. E viceversa ad espungere dalla sfera dell’illiceità penale condotte di pesante incidenza eziologica e di rilevante disvalore etico-sociale, laddove non sia ontologicamente possibile pervenire alla certezza dell’efficacia del comportamento alternativo lecito”.

170 A. R. Di Landro, “L’accertamento del nesso causale nella responsabilità penale del medico:

concezione si è diffusa soprattutto nell’ambito della medicina legale, ed è frutto di quella che Stella definisce una vera e propria “tara d’origine” della medicina legale, dovuta all’impostazione data dal Cazzaniga al problema causale. Quest’ultimo era fautore dell’assoluta autonomia del concetto di “causa” nell’ambito medico-legale, e in virtù di tale autonomia rifiutava l’utilizzo della concezione condizionalistica, identificando invece la causalità con l’idoneità in generale a modificare uno stato preesistente, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo. E’ del tutto evidente che, in questo modo, tramite l’opera dei medici legali, un concetto di causalità del tutto differente da quello condizionalistico, finiva per fare il suo ingresso nel processo penale. Per la verità, anche prima dell’intervento delle Sezioni Unite, questo problema si era alquanto ridimensionato, poiché i più autorevoli studiosi di medicina legale, ricordiamo tra gli altri Fiori e Barni, hanno preso atto del fatto che la medicina legale, essendo appunto “legale”, è diretta ad operare una costruzione giuridica della scienza medica, in cui non si può prescindere dai criteri fissati dall’ordinamento giuridico, e dunque dal concetto stesso di “condizione necessaria” al verificarsi dell’evento171.

Molto più esplicito e rilevante, soprattutto sotto un profilo pratico, è il netto rifiuto espresso dalle Sezioni Unite alla possibilità di ricorrere al criterio dell’aumento o della mancata diminuzione del rischio172. Come abbiamo messo in evidenza già nel primo capitolo il criterio giurisprudenziale delle “serie ed apprezzabili probabilità di successo”, se formalmente richiamava la teoria condizionalistica, di fatto finiva per abbandonarla e sostituirla col criterio strutturalmente diverso dell’imputazione oggettiva, sotto la forma del paradigma dell’aumento del rischio. Si finiva così per parlare di condizione necessaria non

legale”, cit., pag. 104 e ss; F. Stella, “Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione”, cit., pag. 773.

171A. R. Di Landro, “L’accertamento del nesso causale nella responsabilità penale del medico:

dopo la sentenza delle Sezioni Unite, un confronto tra la dottrina penalistica e quella medico legale”, cit., pag. 107; F. Stella, “Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione”, cit., pag. 775.

172 P. Veneziani, “Omicidio e lesioni colpose nel settore medico-chirurgico”, cit., pag. 270; F.

Angioni, "Note sull'imputazione dell'evento colposo con particolare riferimento all'attività medica", in Studi in onore di Giorgio Marinucci, Giuffrè, 2006, pag. 1318.

tanto dell’evento lesivo, quanto dell’aumento o della mancata diminuzione del rischio, con la conseguenza ulteriore di far regredire l’evento morte o lesione a mera condizione obiettiva di punibilità e di trasformare surrettiziamente i reati di danno in reati di pericolo173.

L’argomento teorico posto a giustificazione di tali posizioni era quello della diversità strutturale tra azione ed omissione e, di conseguenza, tra causalità attiva e causalità omissiva. Le Sezioni Unite, invece, sottolineano che, anche in ambito di causalità attiva, è necessario ricorrere a giudizi controfattuali ipotetici, pertanto lo statuto logico per l’imputazione oggettiva dell’evento resta sempre quello del “condizionale controfattuale”. Proprio tale identità implica il superamento di quelle posizioni in base alle quali ad un giudizio ipotetico, in caso di omissione, si deve contrapporre un giudizio reale, in caso di azione, e dunque viene meno il presupposto che giustificava l’abbandono del paradigma condizionalistico in caso di condotta omissiva174.

Le Sezioni Unite mettono in guardia anche dall’errore, spesso compiuto dalla giurisprudenza, di confondere la componente omissiva dei reati colposi con l’omissione vera e propria e di qualificare così come omissioni delle condotte commissive colpose. Emerge anche il dubbio che, in passato, in alcuni casi, tale confusione possa essere stata dettata proprio dalla diversità di accertamento della causalità omissiva: infatti i giudici subivano la tentazione di qualificare come omissiva la condotta proprio perché ciò rendeva meno difficile il raggiungimento della prova della sussistenza del nesso causale.

Tutti questi dubbi sono stati comunque spazzati via dalla Franzese, in cui con chiarezza si sostiene che, ai fini dell’accertamento del nesso causale, a prescindere dalla diversità che connota azione ed omissione, vi è un unico criterio metodologico da seguire, rappresentato proprio dalla teoria condizionalistica integrata dalla sussunzione sotto leggi scientifiche175.

173 O. Di Giovine, “La causalità omissiva in campo medico-chirurgico al vaglio delle sezioni

unite”, cit., pag. 610.

174 T. Massa, “Le Sezioni Unite davanti a nuvole e orologi: osservazioni sparse sul principio di

causalità”, in Cass. Pen, 2002, pag. 3663 e ss.

175 Note di udienza del p.m. Iadecola a Cass. Pen., S.U., 10 luglio (11 settembre) 2002, n. 30328,

Con tale pronuncia Stella ritiene sia stato lanciato ai giudici italiani un chiaro monito: “Voi non potete più - ….. - tentare una inammissibile opera di flessibilizzazione dello schema classico del diritto penale d’evento, proprio degli ordinamenti democratici, attraverso l’espediente della sostituzione della condizione necessaria dell’evento con la condizione dell’aumento o della mancata diminuzione del rischio, della condizione necessaria dell’evento con la condizione idonea”176.

9. L’accertamento processuale del nesso causale: alto grado di

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