• Non ci sono risultati.

I casi più interessanti del 2009.

CAPITOLO I Osservazioni general

8. I casi più interessanti del 2009.

Pur non essendoci un espresso richiamo ai principi della Franzese merita di essere segnalata anche una dotta pronuncia del 2009, della cui redazione si è occupato Carlo Giuseppe Brusco355. Il caso trae origine da un brutto episodio di cronaca nera: Andrea Calderini, che aveva da tempo manifestato una sofferenza psichica (nella specie, personalità fragile e tratti schizoidi, nonché disturbo ossessivo compulsivo), con un’arma da fuoco, legalmente detenuta, dal proprio balcone bersagliava i passanti cagionando loro delle gravi lesioni. Intervenuta la polizia, venivano rinvenuti nel palazzo anche i corpi senza vita di due donne e dello stesso Calderini.

Nei due giudizi di merito si condannava per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime il dott. Dieci, psichiatra che aveva in cura il Calderini e che aveva a lui rilasciato il certificato anamnestico e il certificato di sana e robusta costituzione fisica, entrambi necessari per il rilascio di una licenza di porto d’armi. Per lo stesso reato veniva condannato anche il medico militare Calabrò che, all’esito della visita e in base alla documentazione prodotta, aveva rilasciato il certificato di idoneità per il rilascio della licenza, che veniva successivamente concessa dalla Questura di Milano.

Entrambi i medici presentano articolati ricorsi per Cassazione, con censure relative all’accertamento dell’esistenza della colpa e alla configurabilità della cooperazione colposa in caso di evento cagionato da una condotta dolosa356. Per quanto attiene all’aspetto causale preme invece evidenziare la chiarezza con

quella clinica, con quelle modalità. E i giudici hanno raggiunto la certezza processuale che, senza le negligenze commesse dai medici, il paziente non avrebbe potuto porre in essere “quel” suicidio.

355 Cass. Pen., IV, 12 novembre 2008 (28 gennaio 2009), n. 4107, Calabrò. con nota di P. F. Piras

– C. Sale, “Atti auto ed etero lesivi e responsabilità dello psichiatra”, in Cass. Pen.,2010, n. 4, pag. 1462- 1470.

356 La IV Sezione affronta quest’ultimo problema in modo completo e approfondito. Dopo aver

richiamato i più autorevoli orientamenti dottrinali e le diverse posizioni della giurisprudenza, ritiene di aderire al più recente indirizzo secondo cui è ammissibile il concorso colposo nel reato doloso (cfr. Cass. Pen., IV, 14 novembre 2007 – 11 marzo 2008, n. 10795, Pozzi, cit.). Si precisa, inoltre, che è ammissibile il concorso colposo nel delitto doloso sia nel caso di cause colpose indipendenti che nel caso di cooperazione colposa tra alcuni dei compartecipi dei quali uno (o più) sia in dolo e purchè, in entrambi i casi, il reato del partecipe sia previsto anche nella forma colposa e la sua condotta sia caratterizzata da colpa.

cui i giudici indicano i criteri per accertare se la causalità delle condotte abbia natura omissiva o commissiva. Posta infatti l’identità di accertamento tra le due forme di causalità, così come ribadito dalle Sezioni Unite, non può comunque sottacersi l’importanza che tale distinzione riveste per il giudizio causale. Infatti, solo in caso di omissione, sarà necessario valutare e accertare la sussistenza di una posizione di garanzia in capo al medico. La IV Sezione parte dalla premessa che, in astratto, tale distinzione può sembrare molto chiara: nella causalità commissiva si viola un divieto, in quella omissiva ad essere violato è un comando. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, azioni e omissioni si intrecciano tra loro, e spesso si crea confusione tra omissione e componente omissiva della colpa. In soccorso al criterio normativo appena indicato, si ritiene condivisibile “il più recente orientamento secondo cui, nell’ambito della responsabilità medica, avrebbe natura commissiva la condotta del medico che ha introdotto nel quadro clinico del paziente un fattore di rischio poi effettivamente concretizzatosi; sarebbe invece omissiva la condotta del sanitario che non abbia contrastato un rischio già presente nel quadro clinico del paziente”. Qualunque dei due criteri si decida di applicare, la condotta del Dieci e del Calabrò, ha comunque natura commissiva: essi infatti hanno violato il divieto di porre in essere gli atti propedeutici al rilascio del porto d’armi in presenza di una condizione patologica. Hanno inoltre introdotto con la loro condotta un fattore di rischio che sì è poi effettivamente concretizzato, pertanto non è necessario neppure chiedersi se i due medici fossero o meno titolari di una posizione di garanzia.

In linea con le statuizioni della Franzese357 è poi il compimento del giudizio controfattuale. Una delle censure difensive, infatti, si fondava sulla considerazione che Calderini, qualora non gli fossero stati rilasciati i necessari certificati medici, avrebbe comunque potuto rivolgersi al mercato clandestino delle armi da fuoco e compiere gli stessi atti omicidi e lesivi. La Corte sottolinea invece che “il giudizio controfattuale va compiuto in riferimento all’accadimento

357 Richiama la Franzese anche Cass. Pen., IV, 22 aprile (30 giugno) 2009, n. 26645, Frisenna,

inedita. La Cassazione conferma la sentenza d’appello che si era correttamente distaccata da quella di primo grado: il tribunale, infatti, aveva erroneamente sostituito al criterio della certezza degli effetti della condotta sull’evento quello della mera probabilità di tali effetti.

hic et nunc verificatosi e non ad un diverso avvenimento ipotizzato in via del tutto

congetturale” e che pertanto tale evento è “causalmente ricollegabile alla condotta degli imputati in termini di certezza”358.

Il Consigliere Brusco è estensore anche di altre due interessanti pronunce datate 2009, in cui l’ampio excursus intorno ai precetti delle Sezioni Unite serve da premessa all’analisi, in base agli stessi principi richiamati, del caso sottoposto all’attenzione della Corte.

La prima359 sentenza da analizzare si occupa di un caso che, come visto, è purtroppo abbastanza frequente nell’ambito della ginecologia: distacco intempestivo della placenta, sofferenza cardiaca fetale e conseguente lesione o morte del feto. Viene quindi tratto a giudizio, e condannato in entrambi i gradi di merito, per l’omicidio colposo360 della neonata Beatrice Anna Moirano il dott. Leone, il quale ricorre per cassazione reputando non accertata la sussistenza di un nesso causale tra la sua condotta361 e l’evento morte (avvenuto una decina di giorni dopo il parto). La Corte sottolinea che, non essendo in discussione la causalità materiale (l’evento mortale della neonata si è verificato per il distacco prematuro della placenta), si tratta di verificare la c.d. “causalità della colpa”: va quindi accertato “se la sentenza impugnata abbia correttamente verificato che la violazione delle regole cautelari indicate abbia cagionato l’evento secondo i principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità”. E, per i giudici di legittimità, il ragionamento motivazionale deve reputarsi corretto, poiché in appello si è fatto ricorso al metodo della probabilità logica, prendendo in considerazione il dato di partenza di natura statistica e completandolo con il richiamo alle caratteristiche del caso singolo. Nello specifico, essi sono partiti dalla legge scientifica in base

358 L’analisi del profilo causale (più precisamente della c.d. causalità della colpa) si sofferma

anche sulla c.d. concretizzazione del rischio, sottolineandosi che le regole cautelari violate dagli imputati miravano anche ad evitare eventi del tipo di quello concretamente verificatosi.

359 Cass. Pen., IV, 24 giugno (6 agosto) 2009, n. 32291, Leone, inedita.

360 Il sanitario veniva condannato anche per il delitto di falso ideologico in atto pubblico, mentre

veniva assolto dall’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio.

361 Per i giudici di legittimità, in mancanza di specifiche censure difensive nei motivi di ricorso per

cassazione, deve ritenersi incontestabile la valutazione dei giudici di merito in ordine alle gravi imperizie e negligenze che hanno connotato la condotta del Leone. In particolare gli si addebita: mancata diagnosi di distacco della placenta, omessa assistenza alla partoriente, omessa rilevazione della sofferenza fetale, omesso tempestivo taglio cesareo.

alla quale “nel caso di distacco della placenta, il 15,4% dei nati vivi muore nel periodo neonatale”. Poi, per escludere, con elevato grado di probabilità logica, che il caso della Moirano rientrasse in tale 15,4 % e che quindi una corretta diagnosi e terapia avrebbero con certezza processuale scongiurato l’exitus, i giudici hanno preso in considerazione una serie di elementi concreti: 1) il distacco della placenta non era di grado severo; 2) la sofferenza cardiaca fetale non era ancora presente al momento del ricovero ma si è presentata dopo; 3) nonostante l’ipossia sia durata circa sei ore la bambina è nata viva ed è sopravvissuta per alcuni giorni. I giudici di merito si sono quindi attenuti ai principi delle Sezioni Unite, non solo laddove hanno fatto ricorso alla probabilità logica, ma anche escludendo l’interferenza di differenti fattori causali alternativi362.

E’ su tale ultimo aspetto che si concentra invece la seconda sentenza redatta dal dott. Brusco363, che vede condannato un anestesista sempre per il delitto di omicidio colposo. Il dott. Napoletano, insieme al chirurgo Cimmino, venivano tratti a giudizio per rispondere della morte di un uomo che, a causa di un’infezione profonda e recidivante al femore sinistro, veniva sottoposto ad un intervento di pulizia profonda dell’arto a seguito del quale decedeva. Il giudice di prime cure escludeva che la causa della morte fosse da rinvenire in uno shock anafilattico di origine allergica, riconducendola invece ad un’ischemia cardiaca. Stabilito che l’intervento chirurgico era stato eseguito correttamente, veniva ritenuta negligente e imprudente solo la condotta del Napoletano laddove aveva estubato anticipatamente il paziente. Tuttavia non si riteneva raggiunta, al di là di ogni ragionevole dubbio, la certezza processuale che fosse stata proprio tale condotta colposa a causare l’evento; infatti l’ischemia poteva “essere stata

362 In particolare essi ritengono che la tesi difensiva secondo cui il distacco della placenta sarebbe

avvenuto successivamente all’intervento dell’imputato, e cioè quando la paziente era già stata trasferita in un altro ospedale, non costituisce una causa alternativa, poiché non si mette in dubbio che la causa della morte della neonata sia comunque tale distacco. Al massimo potrebbe influire sulla valutazione della colpa, ma neppure questa tesi viene sposata dalla Cassazione. Infatti, se il distacco della placenta non era ancora avvenuto si era comunque già manifestata la metrorragia, che già di per sé avrebbe richiesto un approfondimento e un intervento per scongiurare conseguenze quali appunto il distacco della placenta. Inoltre se il distacco della placenta non era ancora avvenuto al momento della visita del Leone, l’efficacia salvifica del suo comportamento alternativo lecito sarebbe stata quasi certa.

provocata da un trombo o da uno spasmo che potevano aver comportato un’occlusione stabile o un restringimento temporaneo di una coronaria con il conseguente impedimento, o riduzione, dell’afflusso di sangue e quindi di ossigenazione del muscolo cardiaco”. L’anestesista veniva dunque assolto.

In appello, invece, si ribaltava la pronuncia e il dott. Napoletano veniva condannato, individuandosi un ulteriore profilo di colpa nella sua condotta (ossia aver optato per l’anestesia generale e non per quella tronculare o epidurale) e soprattutto escludendosi che l’ischemia potesse essere stata causata da fattori differenti rispetto alla colpevole condotta dell’anestesista.

Questo passaggio della sentenza, ritenuto dalla difesa non in linea con le Sezioni Unite, diventa uno dei motivi del ricorso per cassazione364 presentato dalla difesa del Napoletano: tale doglianza viene però respinta. I giudici di legittimità sottolineano che, ancora una volta, ad essere in discussione non è la c.d. causalità materiale, ma la causalità della colpa. Entrambi i giudici, infatti, sono concordi nel ritenere che la causa della morte del paziente vada rinvenuta in un’ischemia cardiaca; divergono invece nell’individuazione del fattore che avrebbe a sua volta determinato tale ischemia. Infatti, come già precisato, i giudici del Tribunale, pur ritenendo plausibile che la patologia letale possa essere derivata dall’anticipata estubazione decisa dal Napoletano, non ritengono di poter escludere un differente fattore scatenante rappresentato da un’ischemia primaria. I giudici d’appello, invece, escludono con certezza l’interferenza di questo fattore causale differente rispetto a quello posto in essere dall’anestesista. Il ragionamento della Corte d’Appello viene ritenuto dalla Cassazione del tutto immune da censure e in linea con la Franzese. Infatti i giudici di secondo grado hanno individuato tutta una serie di elementi concreti idonei ad escludere la tesi dell’ischemia primaria: 1) la patologia si era manifestata nell’immediatezza dell’estubazione; 2) esclusione dell’esistenza di alcuna patologia cardiaca o vascolare; 3) giovane età del paziente e condizioni generali buone; 4) analisi del

364 Tra le altre doglianze va menzionata quella relativa alla colposità della condotta. I giudici di

legittimità, concordando con quelli del Tribunale e smentendo quelli d’appello, ritengono individuabile una colpa del Napoletano solo nell’aver proceduto troppo presto all’estubazione del paziente. Non ritengono invece censurabile la scelta di operare in regime di anestesia generale.

sangue e referti elettrocardiografici nella norma; 5) familiarità negativa con eventi vascolari; 6) paziente che aveva ben tollerato anestesie generali e locali anche in interventi di lunga durata. Essi hanno dunque preso in considerazione l’eventuale causa alternativa dell’evento (id est l’ischemia primaria) per arrivare ad escluderla facendo ricorso a corretti criteri di probabilità logica. D’altra parte, invece, la Cassazione sottolinea come il giudice di primo grado abbia affermato l’astratta possibilità di una causa alternativa senza però indicare alcun elemento concreto a conferma della propria ipotesi, che quindi va considerata né più né meno che una mera congettura.

L’impossibilità di accertare la causa della morte della paziente porta invece la Cassazione a confermare l’assoluzione pronunciata in entrambi i gradi di merito nei confronti del dott. Sansoni365, chirurgo che aveva eseguito un intervento per l’asportazione di una cisti da echinococco. In relazione al nesso eziologico, infatti, non si può ritenere provato che lo stato anemico della paziente, colposamente sottovalutato dal medico, abbia avuto un’efficacia causale nell’evento morte366. Ciò in quanto non si è in grado di affermare se la morte sia stata determinata da uno shock anafilattico oppure da uno shock vagale, dipendente cioè da una involontaria stimolazione del nervo vagale. Queste incertezze impediscono dunque di superare il ragionevole dubbio in ordine alla sussistenza del nesso causale e ciò, non può che condurre all’assoluzione del medico, in linea con i dettami delle Sezioni Unite367.

9. Le sentenze più recenti.

365 Cass. Pen., IV, 8 maggio (5 agosto) 2009, n. 31943, Sansoni, inedita.

366 In un’altra sentenza della Cassazione, in cui si conferma l’assoluzione del medico accusato di

omicidio colposo, ci si sofferma sull’insufficienza della prova circa la sussistenza del nesso causale. I giudici di merito, infatti, hanno fornito logica e adeguata spiegazione in ordine alla possibile interferenza eziologica di altri fattori scatenanti lo shock anafilattico che ha poi portato al decesso del paziente (a provocare lo shock potrebbero essere stati piuttosto che l’istamina liberata dagli anestetici, altri mediatori dell’anafilassi diversi dall’istamina). Cfr. Cass. Pen., IV, 4 giugno (6 agosto) 2009, n. 32218, Sessa, inedita.

367 Si veda anche Cass. Pen., IV, 8 luglio (13 ottobre) 2009, n. 39952, Carone, inedita. Anche in

questa pronuncia si conferma l’assoluzione di un medico, tratto a giudizio per non aver diagnosticato la torsione del testicolo che poi determinava la rimozione della gonade. Si ritiene, infatti, non superato il ragionevole dubbio sulla sussistenza o meno del nesso eziologico tra la mancata diagnosi e la lesione cagionata.

Outline

Documenti correlati