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CAPITOLO I Osservazioni general

9. Le sentenze più recenti.

vascolari; 6) paziente che aveva ben tollerato anestesie generali e locali anche in interventi di lunga durata. Essi hanno dunque preso in considerazione l’eventuale causa alternativa dell’evento (id est l’ischemia primaria) per arrivare ad escluderla facendo ricorso a corretti criteri di probabilità logica. D’altra parte, invece, la Cassazione sottolinea come il giudice di primo grado abbia affermato l’astratta possibilità di una causa alternativa senza però indicare alcun elemento concreto a conferma della propria ipotesi, che quindi va considerata né più né meno che una mera congettura.

L’impossibilità di accertare la causa della morte della paziente porta invece la Cassazione a confermare l’assoluzione pronunciata in entrambi i gradi di merito nei confronti del dott. Sansoni365, chirurgo che aveva eseguito un intervento per l’asportazione di una cisti da echinococco. In relazione al nesso eziologico, infatti, non si può ritenere provato che lo stato anemico della paziente, colposamente sottovalutato dal medico, abbia avuto un’efficacia causale nell’evento morte366. Ciò in quanto non si è in grado di affermare se la morte sia stata determinata da uno shock anafilattico oppure da uno shock vagale, dipendente cioè da una involontaria stimolazione del nervo vagale. Queste incertezze impediscono dunque di superare il ragionevole dubbio in ordine alla sussistenza del nesso causale e ciò, non può che condurre all’assoluzione del medico, in linea con i dettami delle Sezioni Unite367.

9. Le sentenze più recenti.

365 Cass. Pen., IV, 8 maggio (5 agosto) 2009, n. 31943, Sansoni, inedita.

366 In un’altra sentenza della Cassazione, in cui si conferma l’assoluzione del medico accusato di

omicidio colposo, ci si sofferma sull’insufficienza della prova circa la sussistenza del nesso causale. I giudici di merito, infatti, hanno fornito logica e adeguata spiegazione in ordine alla possibile interferenza eziologica di altri fattori scatenanti lo shock anafilattico che ha poi portato al decesso del paziente (a provocare lo shock potrebbero essere stati piuttosto che l’istamina liberata dagli anestetici, altri mediatori dell’anafilassi diversi dall’istamina). Cfr. Cass. Pen., IV, 4 giugno (6 agosto) 2009, n. 32218, Sessa, inedita.

367 Si veda anche Cass. Pen., IV, 8 luglio (13 ottobre) 2009, n. 39952, Carone, inedita. Anche in

questa pronuncia si conferma l’assoluzione di un medico, tratto a giudizio per non aver diagnosticato la torsione del testicolo che poi determinava la rimozione della gonade. Si ritiene, infatti, non superato il ragionevole dubbio sulla sussistenza o meno del nesso eziologico tra la mancata diagnosi e la lesione cagionata.

Si sofferma sulla locuzione “oltre ogni ragionevole dubbio” anche una recente pronuncia della IV Sezione368 in cui si ricorda che, seppur tale espressione sia stata mutuata dal diritto anglosassone, in realtà il concetto che esprime rappresenta un “principio immanente nel nostro ordinamento, costituzionale ed ordinario, secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale della responsabilità dell'imputato”.

Il caso giudiziario trattato colpisce anzitutto per la peculiarità del fatto. Una quindicenne si reca al pronto soccorso lamentando forti dolori addominali che lei stessa attribuisce al probabile inizio del ciclo mestruale. Il medico di guardia, il dott. F., prescrive all’infermiere di farle un’iniezione di buscopan e dimette la ragazza senza visitarla. Qualche ora dopo la ragazza si reca nuovamente in ospedale e sempre il dott. F., diagnosticando un blocco intestinale, la invita ad acquistare dei microclismi di glicerina. Rientrata a casa però la quindicenne, recatasi in bagno, partorisce nel water un bambino che poi muore.

Sia il Tribunale di Gela che la Corte d’Appello di Caltanisetta condannano il medico per l’omicidio colposo del neonato369. Con la perizia disposta nel giudizio si era infatti accertato che “il prodotto del concepimento era nato vivo ed aveva goduto di un breve periodo di vita autonoma extrauterina”. I giudici di merito erano quindi concordi nel valutare viziato da colpa il comportamento tenuto da F. e nel ritenere eziologicamente connesso il decesso del feto a tale condotta.

Ricorrono per cassazione l’imputato, le parti civili e il responsabile civile. E’ quest’ultimo, in particolare, a dolersi delle modalità con cui si è proceduto all’accertamento del nesso causale. Il ricorrente sostiene che le conclusioni dei periti si basano solo sul “dato clinico dell’esperienza” e non, come richiesto dalle Sezioni Unite, su leggi scientifiche di copertura. Inoltre, le conclusioni a cui essi sono pervenuti avrebbero solo il carattere della probabilità, residuando un tutt’altro che trascurabile 40% di possibilità di decesso del neonato

368 Cass. Pen., IV, 14 aprile (17 maggio) 2010, n. 18630, F. A. E., inedita.

369 In primo grado il sanitario era stato condannato anche per il reato di cui all’art. 328 c.p.,

anche in caso di intervento tempestivo: ciò non consentirebbe dunque di ritenere penalmente responsabile il dott. F. “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

La Corte di Cassazione, chiarita la portata di tale locuzione e richiamati i principi delle Sezioni Unite, respinge il ricorso. Si condividono infatti le osservazioni dei giudici di merito secondo i quali alla quindicenne era mancata l'assistenza non soltanto nella fase del parto o del post-parto ma anche e soprattutto nella fase iniziale del travaglio, quando ancora il parto, anche se prematuro, si presentava regolare. Il distacco della placenta, infatti, era avvenuto soltanto nella fase conclusiva del travaglio, quella espulsiva. Quindi, se la giovane fosse stata visitata, monitorata ed assistita sin dal momento in cui si era recata per la prima volta in ospedale e fosse stata, in quell’occasione, effettuata una tempestiva diagnosi di distacco placentare con conseguente intervento di parto cesareo, le possibilità di sopravvivenza del feto sarebbero notevolmente aumentate sino a raggiungere un grado di rilevante certezza. Ciò perché i periti avevano anche accertato che non era emersa l'interferenza di fattori alternativi nella causazione del decesso. Per contro, era stato appurato che il feto pesava 1700 grammi e, in base alle leggi scientifiche richiamate, un neonato che pesa tra i 1250 ed i 1500 grammi, alla trentaduesima settimana, ha una possibilità di sopravvivenza che, in condizioni di assistenza ottimali (quali quelle che ci si poteva aspettare all’interno di un reparto ospedaliero), oscilla intorno al 90%.

Un giudizio di “probabilità logica” è alla base di un’altra sentenza370 in cui si reputa in linea con la Franzese l’accertamento sul nesso eziologico compiuto nei giudizi di merito. Ad essere tratti a giudizio sono tre medici ritenuti responsabili dell’omicidio colposo di Cr. A.. Quest’ultimo, sofferente di ernia del disco, era stato sottoposto ad un intervento chirurgico nel reparto di neurochirurgia; la mattina del giorno in cui doveva essere dimesso l’uomo accusava forti dolori alla bocca dello stomaco e, in serata, si verificava il decesso a causa di un infarto acuto del miocardio. Venivano condannati sia dal Tribunale di Monza che dalla Corte d’Appello di Milano il neurochirurgo P., che aveva eseguito l’intervento e che era responsabile del post-operatorio, la dott.ssa C.,

medico specializzando371, e la dott.ssa V., medico presente in reparto al momento del decesso. Tutti gli imputati ricorrevano per cassazione, ma solo il P. e la C. si dolevano per l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 40 e 41 c.p.: in particolare, l’impossibilità di accertare il momento di insorgenza dell’infarto, renderebbe, a loro giudizio, impossibile affermare l’esistenza del rapporto di causalità372.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso. Vengono anzitutto ritenute inammissibili in sede di legittimità le censure relative al momento di insorgenza dell’infarto. Si evidenzia poi che, nel caso de quo, ad essere messa in discussione non è tanto la causalità materiale della condotta (non è oggetto di contestazione delle parti il fatto che il decesso sia stato cagionato da un infarto del miocardio) quanto la causalità della colpa (ossia se le condotte colpose degli imputati abbiano cagionato l’evento e se una condotta conforme alle leges artis l’avrebbe scongiurato), la Corte ritiene appagante e conforme ai principi delle Sezioni Unite la pronuncia impugnata373. Infatti, i giudici di merito hanno anzitutto richiamato la legge scientifica in base alla quale il trattamento dell’infarto, sia pure di rilevante

371 La Cassazione si sofferma sulla figura dello specializzando respingendo la tesi avanzata dalla dott.ssa C. secondo cui lo specializzando è presente in reparto solo per ragioni formative. La IV Sezione condivide invece il principio normativo di “autonomia vincolata” già in precedenza accolto dalla giurisprudenza di legittimità. Sulla base di tale principio lo specializzando, avendo conseguito una laurea in medicina e chirurgia, non può essere considerato un mero esecutore degli ordini del tutore o una presenza passiva nella struttura: ha dunque una propria autonomia, sia pur vincolata. Ciò comporta che, anche penalmente, le attività da lui compiute devono essere ricondotte alla sua responsabilità. E “se lo specializzando non è (o non si ritiene) in grado di compierle deve rifiutarne lo svolgimento perché diversamente se ne assume la responsabilità (c.d. colpa "per assunzione" ravvisabile in chi cagiona un evento dannoso essendosi assunto un compito che non è in grado di svolgere secondo il livello di diligenza richiesto all'agente modello di riferimento)”.

372 La dott.ssa C. chiede inoltre che venga applicato il co. 2 dell’art. 41 c.p.: a suo parere, rispetto al suo comportamento, si sarebbe verificata l'interruzione del rapporto di causalità per la condotta dei medici che hanno successivamente trattato il caso in modo negligente e imperito. La Cassazione, facendo propria la teoria della causalità “umana”, ritiene che la condotta dei medici che sono subentrati alla C. nella trattazione della patologia del paziente non può essere ritenuta abnorme o imprevedibile. Ciò perché “non è eccezionale la condotta di un medico che affronti senza l'osservanza delle regole dell'arte medica il caso sottopostogli; tanto più se il medico tragga spunto e giustificazione della sua condotta inosservante proprio nella precedente analoga condotta di altro soggetto”.

373 Tra le sentenze del 2010 in linea con la Franzese si vedano anche: Cass. Pen., IV, 18 febbraio

(8 marzo) 2010, n. 9199, D. L. R., inedita.; Cass. Pen., IV, 18 febbraio (16 marzo) 2010, n. 10454, C. F., in Guida al diritto, n. 15/2010, p 87; Cass. Pen., IV, 2 marzo (26 marzo) 2010, n. 11811, M. A., inedita; Cass. Pen., IV, 9 febbraio (7 maggio) 2010, n. 17625, B. F., inedita; Cass. Pen., IV, 11 maggio (15 luglio) 2010, n. 27667, P. M., inedita.

gravità, diagnosticato con otto dieci ore di anticipo rispetto all’evoluzione mortale, in ambiente ospedaliero e con la disponibilità immediata dell’unità coronarica, ha elevatissime probabilità di successo. Tali probabilità, già elevate, si trasformano in certezza processuale sulla base degli elementi del caso trattato: l’età relativamente giovane del paziente (aveva 55 anni) e l’assenza di precedenti patologie di natura cardiaca. Ciò permette di concludere che, in base alla probabilità logica, se i sanitari coinvolti avessero osservato le regole cautelari da essi colpevolmente violate, il paziente si sarebbe salvato in termini di elevata credibilità razionale.

CAPITOLO III

Le sentenze di merito annullate dalla Cassazione per violazione della Franzese

1. I primi interventi della Cassazione per sanzionare il mancato

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