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Segue: i profili problematici di tale orientamento.

L’intervento delle Sezioni Unite

3. Segue: i profili problematici di tale orientamento.

Come sottolineato, gli elementi positivamente innovativi introdotti dalle sentenze c.d. battistiane non hanno però determinato la risoluzione delle problematiche in tema di accertamento della causalità medica omissiva. Non sono mancati, infatti, studi che ne hanno messo in luce i numerosi profili problematici che rendono tale concezione tutt’altro che soddisfacente, sia sotto un profilo teorico, sia in considerazione delle implicazioni pratiche.

Una prima osservazione di carattere generale che può compiersi è quella che non vi è ragione di richiedere per l’accertamento del nesso causale un maggior rigore rispetto a quello ritenuto necessario e sufficiente per la verifica degli altri elementi del reato, quali, ad esempio, il dolo e la colpevolezza125.

Si è inoltre individuata in tali pronunce una sorta di “tara d’origine”126, poiché esse non chiariscono il rapporto tra il valore probabilistico delle leggi di

123 G. F. Iadecola, “La causalità dell’omissione nella responsabilità medica prima e dopo le Sezioni

Unite Franzese”, cit., pag. 722.

124 In proposito, nel diritto penale della medicina, si assiste a una peculiarità: l’obbligo di impedire

l’evento viene infatti ancorato non solo a fonti giuridiche, quali la legge e il contratto, ma anche a una fonte prettamente fattuale rappresentata dall’instaurazione del rapporto diagnostico - terapeutico tra il medico e il paziente. Si ritiene sia dunque sufficiente una visita medica o, addirittura, una semplice consulenza telefonica, perché in capo al medico sorga la posizione di garanzia. Ciò suscita tuttavia forti perplessità alla luce della lettera dell’art. 40 cpv c.p., il quale richiede che l’obbligo fondante la relativa posizione di garanzia sia di natura giuridica. Si veda, Cass. Pen., 12 ottobre (7 dicembre) 2000, Avallone, in Cass. Pen., 2002, pag. 1029-1030.

125 F. Angioni, "Note sull'imputazione dell'evento colposo con particolare riferimento all'attività

medica", in Studi in onore di Giorgio Marinucci, Giuffrè, 2006, pag. 1314.

126 L’espressione, particolarmente pregnante, la si rinviene in C. Piemontese, “Responsabilità

copertura ed il valore probabilistico dell’accertamento processuale in generale. Non è del tutto chiaro insomma se, con le espressioni “certezza” o “alto grado di probabilità”, si faccia riferimento al parametro nomologico utilizzato per la spiegazione, e dunque alla struttura del nesso causale, oppure se si sia voluto invece alludere anche alla verifica processuale di questo nesso.

Altro profilo oggetto di discussioni è quello inerente al fatto che, seppur non vi sia stato un esplicito superamento dell’insegnamento tradizionale secondo cui il giudice, nel valutare il nesso causale, può ricorrere non solo a leggi scientifiche universali ma anche a leggi di natura probabilistica, di fatto la richiesta di utilizzare solo leggi statistiche dal valore particolarmente elevato sembrerebbe comportare l’abbandono del modello di spiegazione statistico- induttivo e la sua sostituzione con quello nomologico – deduttivo127. Non è un caso che tali sentenze, pur esigendo una verifica del nesso causale sul piano della credibilità razionale dell’ipotesi, di fatto deducono tale probabilità esclusivamente con l’ausilio degli strumenti offerti dalla probabilità statistica e dunque la inferiscono direttamente ed esclusivamente dal coefficiente percentualistico riportato dalla legge di copertura. Si finisce dunque per far coincidere la risoluzione del problema causale con la valutazione della forza esplicativa delle generalizzazioni utilizzate128.

Si è inoltre messo in evidenza129 che il criterio della certezza comporta una vera e propria antinomia tra il momento precettivo della norma e il momento dell’accertamento fattuale – processuale del nesso causale. Infatti, da un lato, vi è l’obbligo per il medico, titolare di una posizione di garanzia, di adottare le misure cautelari doverose anche se non vi è la certezza che esse impediscano il verificarsi dell’evento lesivo, dall’altro lato, tuttavia, quelle omissioni rimarrebbero prive di

2001), n. 1688, Baltrocchi e Cass. Pen., IV, 29 novembre 2000, n. 2139, Musto, in Dir. pen. e

proc., 2002, pag. 322.

127 L. Masera, “Il modello causale delle Sezioni Unite e la causalità omissiva”, in Dir. pen. e proc.,

2006, n. 4, pag. 495.

128 R. Blaiotta, “Con una storica sentenza le Sezioni Unite abbandonano l’irrealistico modello

nomologico deduttivo di spiegazione causale di eventi singoli. Un nuovo inizio per la giurisprudenza. Nota a Cass. Pen., S.U., 10 luglio (11 settembre) 2002, n. 30328, Franzese, in

Cass. pen., 2003, pag. 1178.

129 Si veda in proposito F. Angioni, "Note sull'imputazione dell'evento colposo con particolare

conseguenze penali proprio perché non vi è la certezza di una loro efficacia impeditiva.

Le riflessioni teoriche appena accennate mostrano tutta la loro rilevanza se si passa ad analizzarne le ripercussioni sul terreno pratico. La domanda che serpeggiava tra gli addetti ai lavori era proprio quella se non fosse eccessivo emettere una sentenza di proscioglimento esclusivamente perché il condizionamento tra condotta ed evento non è garantito da una legge di copertura con un coefficiente percentuale vicino a 100, ma, ad esempio, prossimo al 75 o all’ 80 %. E’ proprio questo il rischio maggiore che sembra connaturato ad una valutazione in termini di certezza: lasciare impuniti comportamenti anche gravemente colposi del medico, che hanno per di più avuto un’incidenza sull’evoluzione sfavorevole della malattia. In questo modo si supera quel censurabile orientamento ingiustificatamente troppo severo nei confronti dei medici, ma si finisce per legittimare un’opposta eccessiva indulgenza e larghezza valutativa che, come abbiamo ricordato, ha caratterizzato per tanto tempo la giurisprudenza in materia sanitaria130.

Non può poi non sottolinearsi l’incongruità del ricorso a modelli basati sulla certezza proprio in ambito medico: proverbialmente, infatti, l’obbligazione che grava sui sanitari viene considerata un’obbligazione di mezzi e non di risultato, proprio perché anche rispetto alla condotta doverosa non vi è quasi mai la certezza che essa possa risolvere positivamente il decorso della malattia. Si sottolinea, infatti, che nel mondo biologico, e soprattutto in quello medico, ci si muove quasi sempre nel campo del possibile e del probabile, tant’è che spesso si è parlato di un “naturale ribellismo” della biologia rispetto ad ogni disciplina matematizzante131.

Devono dunque essere respinte le idee trionfalistiche di una medicina capace di sconfiggere ogni malattia, mettendosi invece in evidenza che,

130 G. F. Iadecola, “La causalità dell’omissione nella responsabilità medica prima e dopo le Sezioni

Unite Franzese”, in Riv. It. dir. e proc. pen., n. 4-5/2005, pag. 728; id. “In tema di causalità e di causalità medica”, in Riv. it. med. leg., 2001, pag. 531; id. “In tema di verifica della causalità omissiva nell’attività medico-chirurgica in recenti interventi della Corte di Cassazione. Nota a Cass. Pen., IV, 28 settembre 2000, n. 1688, Baltrocchi, in Cass. Pen., 2002, pag. 179.

nonostante i progressi e i passi avanti, ancora oggi vi sono una serie di fattori eziologici di processi morbosi del tutto sconosciuti e che quindi, nella maggior parte dei casi, anche nelle diagnosi ci si deve accontentare di giudizi di probabilità e non di certezza. La stessa dottrina medico – legale mette in evidenza che il ragionamento clinico è sempre un ragionamento incerto, e che pertanto l’arte medica è sempre legata all’incertezza e al rischio: la diagnosi, il decorso delle malattie, la loro prognosi, e dunque la stessa verifica causale, sono necessariamente legati a valutazioni probabilistiche.

Se queste sono le caratteristiche della scienza medica è evidente che, con l’adozione del criterio della certezza, la maggior parte dei casi analizzati dalla giurisprudenza negli ultimi decenni si sarebbero conclusi con un giudizio di assoluzione per i medici coinvolti, sacrificandosi così le esigenze repressive del diritto penale e creandosi dei veri e propri vuoti di tutela di beni di primaria importanza, quali la vita e la salute. Paradossalmente poi deve mettersi in luce che i soggetti più bisognosi di cure, ossia i malati gravi e gravissimi, sono quelli che sarebbero meno tutelati dall’ordinamento penale132: infatti, in relazione a patologie complesse, sia sotto il profilo diagnostico che sotto quello terapeutico, quasi mai si sarà in grado di dire che l’intervento doveroso omesso avrebbe con certezza evitato l’evento.

Per superare tali evidenti lacune non pare neppure del tutto soddisfacente il sistema che era stato delineato nel Progetto Grosso133 in base al quale, proprio per compensare i prevedibili vuoti di tutela determinati dall’accoglimento di un criterio di certezza (o, rectius, di probabilità confinante con la certezza) nell’accertamento del nesso causale, si erano introdotte delle fattispecie di reati omissivi propri con cui si sottoponevano a sanzione penale i comportamenti omissivi del sanitario in sé e per sé, a prescindere dal verificarsi di un evento lesivo o meglio dalla verifica di una efficienza causale di tale comportamento

132 F. Angioni, "Note sull'imputazione dell'evento colposo con particolare riferimento all'attività

medica", cit.

133 A. Fiori, G. La Monaca, “Una svolta della Cassazione penale: il nesso di causalità materiale

nelle condotte mediche omissive deve essere accertato con probabilità vicina alla certezza. Nota a Cass. Pen., IV, 8 settembre 2000 (9 marzo 2001), n. 1688, Baltrocchi”, cit., pag. 829.

rispetto all’evento stesso. Tale soluzione infatti comporta un ulteriore rischio: sottoporre il medico ad una sorta di “libertà vigilata”, in cui ogni sua azione finirebbe per essere passata al setaccio in quanto possibile fonte di responsabilità penale134. Ciò renderebbe il suo operato ancor più problematico e foriero di implicazioni penali.

La soluzione prospettata dalla IV Sezione nel 2000 ha poi alimentato un’ulteriore censura, peraltro strettamente connessa a quanto messo in evidenza finora: si è infatti sottolineata l’incongruenza tra le affermazioni di principio contenute in tali pronunce e quelle che invece sono le implicazioni pratiche che ne derivano. Infatti se, a livello teorico, tale orientamento giurisprudenziale richiede la certezza, portando come visto alcuni autori ad affermare che con esso si accoglie il modello nomologico – deduttivo, di fatto quando ci si è trovati di fronte a problemi concreti, proprio per le peculiarità della disciplina medica, non si è potuto fare a meno di ricorrere a dati statistici sia pur prossimi a 100. Si può dunque facilmente constatare che si continua ad essere ancorati a criteri di tipo probabilistico, anche se si riducono notevolmente i margini di dubbio tollerabile135, e che quindi si ricade nelle problematiche poste da tale metodo, prima fra tutte quella di capire quando una probabilità statistica può effettivamente definirsi prossima a 100. Senza peraltro tacere il fatto che, mancando indicazioni legislative in riferimento al quantum rilevante, al giudice si consentirebbe di compiere scelte ampiamente discrezionali che finiscono ancora una volta per mettere in bilico il rispetto di quei principi di legalità, tipicità e tassatività delle fattispecie penali che quest’orientamento mirava a tutelare.

Tutte le osservazioni finora svolte portano a prendere atto della imprescindibile necessità di ricorrere anche a leggi di copertura dai coefficienti percentualistici non prossimi a uno, rientrando in tale tipologia la gran parte delle leggi nel settore medico: questo però non deve indurci a recuperare in toto un’idea di nesso causale debole o di causalità dimidiata, in nome di esigenze di tutela di beni primari.

134 G. F. Iadecola, “In tema di causalità e di causalità medica”, cit., pag. 533.

135 R. Blaiotta, “La causalità ed i suoi limiti: il contesto della professione medica. Nota a Cass.

Un’analisi attenta delle sentenze c.d. battistiane, infatti, ha consentito di distinguere due diversi piani di analisi e approfondimento. Si è infatti precisato che del modello di accertamento causale elaborato nel 2000 ciò che non può essere condiviso e approvato è esclusivamente l’individuazione di una sorta di pregiudiziale obbligatoria, ai fini dell’accertamento positivo del nesso causale, rappresentata dalla presenza di una legge statistica dotata di un coefficiente probabilistico prossimo a cento. Del tutto condivisibile è invece il risultato finale del giudizio probabilistico che viene identificato in esiti dotati di probabilità confinanti con la certezza, ossia la c.d. credibilità razionale136.

Quel che dunque si vuol mettere in evidenza è che, se è del tutto corretto aspirare ad una spiegazione causale che sia la più certa e attendibile possibile, è invece profondamente errato ritenere che tale certezza processuale possa essere raggiunta solo partendo da una legge con un coefficiente statistico prossimo a uno. Infatti, non può escludersi che, la verifica del fatto concreto nella sua individualità, accompagnata dalla sicura esclusione di fattori causali alternativi, consenta di ottenere un’adeguata spiegazione causale pur tramite l’utilizzo di leggi di copertura dai coefficienti probabilistici non eccellenti.

E’ proprio partendo da quest’analisi e da queste considerazioni che le Sezioni Unite elaborano i presupposti concettuali del loro intervento con la sentenza Franzese del 2002.

4. Un’anticipazione della sentenza Franzese: la sentenza Orlando.

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