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L’assenza di leggi scientifiche e il ruolo delle massime d’esperienza.

L’intervento delle Sezioni Unite

11. L’assenza di leggi scientifiche e il ruolo delle massime d’esperienza.

Anche dopo la sentenza Franzese, dunque, le leggi scientifiche di copertura continuano a rivestire un ruolo di primo piano nel giudizio causale. Questo ci pone di fronte al problema di capire se e come possa accertarsi l’esistenza o l’esclusione del nesso causale nei casi in cui non esista una legge scientifica, sia essa universale o statistica, idonea a spiegare il verificarsi dell’evento. Come dimostrato da numerosi esempi giurisprudenziali, si tratta di un’evenienza tutt’altro che inconsueta in campo medico: basti pensare alle malattie rare o a quelle patologie che si presentano con caratteri di assoluta novità rispetto alle più comuni e banali malattie, per le quali è solitamente possibile calcolare la percentuale di persone che abbiano tratto benefici dalle cure più opportune e tempestive199. E’ evidente che, se dovesse affermarsi l’impossibilità dell’accertamento causale in assenza di leggi scientifiche di copertura, sarebbero numerosi i casi in cui il giudice non potrebbe svolgere il proprio compito.

Deve evidenziarsi che questa problematica mette in primo piano anche il ruolo svolto nel processo penale dai periti, cioè da quei soggetti ai quali i giudici si rivolgono per acquisire la conoscenza delle leggi scientifiche di copertura, soprattutto in quei settori altamente tecnici e specializzati quale appunto la medicina. Il richiamo ad un rigoroso metodo scientifico è stato accolto del tutto positivamente dalla dottrina medico – legale200, che però ha messo in guardia

197 Ibidem, pag. 1230. 198 Ibidem, pag. 1230.

199 C. Brusco, “La causalità giuridica nella più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione”,

in Cass. Pen., 2004, pag. 2612.

200 A. Fiori, G. Albertacci, G. La Monaca, “Le Sezioni Unite penali della Cassazione riaffermano

periti e magistrati dai rischi che si annidano in quelle ipotesi in cui, nonostante tutti gli sforzi e le conoscenze, le leggi scientifiche non esistono. In questi casi, infatti, i periti devono rendere partecipi gli operatori del diritto dei propri limiti e dell’assoluta impotenza che connota alcuni ambiti della propria attività, rifuggendo dalla tentazione di elaborare essi stessi delle leggi pseudoscientifiche, intorno alle quali confezionare dei pareri ad esclusivo uso e consumo delle parti coinvolte nel processo201.

Per scongiurare, da un lato, il rischio di rinunciare al giudizio in tutti i casi in cui manca una legge scientifica, e dall’altro il pericolo di ricorrere a leggi di copertura che non sono veramente scientifiche, perché elaborate dagli stessi periti, magari su un numero esiguo di casi di riferimento o secondo modalità selettive non chiare, la giurisprudenza ha ritenuto possibile il ricorso anche alle generalizzazioni empiriche del senso comune, ossia le c.d. massime di esperienza202.

Come emerge dalle stesse locuzioni utilizzate, ciò che le differenzia dalle leggi scientifiche è la diversa matrice sulle quali poggiano, rappresentata in questo caso non dal sapere scientifico ma dalla comune esperienza. Si tratta, dunque, di regole empiriche che derivano dal buon senso comune e che anziché essere espressione della miglior scienza disponibile, sono appunto il portato della migliore esperienza. Ad esempio, è sulla base della massima d’esperienza secondo cui l’osservazione diligente e perita nel corso del post-operatorio ha per effetto di scongiurare le complicazioni mortali dovute all’uso dei farmaci anestetici, che si è condannato un medico per la morte di un bambino di sei anni in seguito ad un intervento chirurgico di appendicectomia203.

contempo confermano, pur dichiarando prescritto il reato, la responsabilità del medico in un caso di colpa e nesso causale poco probabili”, in Riv. It. med. leg., 2002, pag. 1627.

201 Ibidem, pag. 1627.

202 Si vedano, tra le altre, Cass. Pen., IV, 24 giugno 1986, Ponte, in Mass. Uff., 1986, n. 174511 –

174512; Cass. Pen., IV, 27 aprile 1987, Mancinelli, in C.E.D. Cass., n. 176926; Cass. Pen., IV, 27 maggio 1993, Rech, con nota di R. Blaiotta, “Il caso ATR-42, causalità, scienza, esperienza nel diritto penale”, in Cass. Pen., 1995, pag. 2898 - 2912, n. 1714.

203 Cass. Pen., IV, 17 settembre 2002 (21 maggio 2003), n. 22341, imp. Marinari”, in Riv. Pen.,

2004, pag. 141; in Cass. Pen., 2004, pag. 2379-2387, con nota di P. F. Piras, “Il giudizio causale in assenza di leggi scientifiche”.

La Cassazione204 ha anche precisato quali sono le caratteristiche che devono possedere le generalizzazioni del senso comune per poter essere utilizzate. Al di là dell’imprescindibile conformità all’id quod plerumque accidit, devono essere preesistenti rispetto al caso da giudicare, ossia devono essere tratte dall’esperienza già formata e non da quella emersa nel caso concreto205, oggetto del giudizio, e devono inoltre essere comunemente accettate206.

Dato atto della posizione giurisprudenziale, deve però sottolinearsi che la dottrina dominante, che trova nella teorizzazione di Federico Stella207 il suo punto di riferimento, si è sempre opposta all’idea di ricorrere al senso comune o alla cultura media della collettività quale parametro idoneo per effettuare il giudizio controfattuale208. Tale posizione di chiusura si giustifica col fatto che la storia e la ricerca hanno dimostrato che le massime d’esperienza sono, in realtà, delle vere e proprie “massime d’inesperienza”, vista la loro assoluta inaffidabilità. Mancando peraltro ogni possibilità di un loro controllo critico, emerge l’impossibilità stessa di distinguere le generalizzazioni erronee, quale quella secondo cui gli angiomi derivano da desideri insoddisfatti della madre durante la gravidanza, dalle generalizzazioni non erronee209. Se questa è la posizione dominante, vi è anche

204 Si vedano, in particolare, il c.d. caso ATR 42 (Cass. Pen., IV, 27 maggio 1993, Rech, con nota

di R. Blaiotta, “Il caso ATR-42, causalità, scienza, esperienza nel diritto penale”, in Cass. Pen., 1995, pag. 2898 - 2912, n. 1714); Cass. Pen., IV, 12 luglio (9 agosto) 2002, Padovano, in Giurispr.

it., 2004, pag. 839- 841, con nota di S. Ferrari, in cui si afferma che “il giudice di legittimità non

può sostituire le sue massime di esperienza a quelle ritenute esistenti dal giudice di merito; ma a quest’ultimo si richiede di dare conto in modo non illogico dell’esistenza e della fondatezza di queste massime; diversamente il giudizio su di esse formato diverrebbe del tutto arbitrario”.

205 C. Brusco, “La causalità giuridica nella più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione”,

cit., pag. 2612.

206 A. R. Di Landro, “L’accertamento del nesso causale nella responsabilità penale del medico:

dopo la sentenza delle Sezioni Unite, un confronto tra la dottrina penalistica e quella medico legale”, cit., pag. 108.

207 F. Stella, “Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle

Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione”, in Riv. It. dir. e proc. pen.,, 2002, pag. 787 e ss.

208 R. Blaiotta, “Con una storica sentenza le Sezioni Unite abbandonano l’irrealistico modello

nomologico deduttivo di spiegazione causale di eventi singoli. Un nuovo inizio per la giurisprudenza”, cit., pag. 1182; A. R. Di Landro, “L’accertamento del nesso causale nella responsabilità penale del medico: dopo la sentenza delle Sezioni Unite, un confronto tra la dottrina penalistica e quella medico legale”, cit., pag. 108.

209 F. Stella, “Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle

Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione”, in Riv. It. dir. e proc. pen.,, 2002, pag. 788 e ss.

una corrente dottrinale del tutto opposta210 a quella di Stella, secondo cui, partendo dalla constatazione che i tribunali non sono commissioni scientifiche, il criterio a cui i giudici devono ricorrere per fondare la spiegazione dell’evento è proprio quello dell’esperienza e del senso comune. Le leggi scientifiche dunque dovranno essere utilizzate solo se utili per dimostrare l’inaffidabilità e l’erroneità delle generalizzazioni del senso comune211.

Entrambe le opzioni dottrinali sono comunque state disattese dalle Sezioni Unite che, in linea con la precedente giurisprudenza, hanno comunque confermato che l’imputazione oggettiva dell’evento può essere compiuta non solo con la sussunzione sotto leggi scientifiche di copertura, ma anche sulla base di generalizzate regole di esperienza212.

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