• Non ci sono risultati.

L’orientamento della “certezza”: decisioni precedenti il 2000 In alcune decisioni, la Cassazione, in perfetta antitesi rispetto

all’orientamento probabilista, e supportata dagli appena analizzati profili critici di tale tesi, ha assunto un atteggiamento estremamente rigoroso, in cui il paradigma prescelto è sempre quello nomologico – deduttivo ma integrato su base

82 I. Giacona, “Sull’accertamento del nesso di causalità tra la colposa omissione di terapia da parte

del medico e la morte del paziente”, cit., pag. 365.

83 F. Angioni, "Note sull'imputazione dell'evento colposo con particolare riferimento all'attività

universale84. Quindi, per spiegare l’evento, si utilizzano solo leggi di copertura a carattere universale, esigendosi il raggiungimento della certezza. Si inserisce all’interno di questo filone già una vecchia sentenza del 195285, relativa al caso di uno stagnino che, al rientro dal lavoro, cadeva dalla bicicletta procurandosi una ferita al pollice destro; qualche giorno dopo l’uomo decedeva per infezione tetanica. I giudici, applicando rigidamente alla scienza medica il paradigma di verificazione popperiano, sostengono che non sussiste il nesso causale poiché “non sempre il tetano viene impedito dalle iniezioni di siero essendosi avuti frequenti casi di tetano post-sieroso, e vi sono stati casi in cui il tetano, anche senza iniezioni, non scoppia”.

Più recentemente devono segnalarsi due sentenze di merito relative allo stesso caso86, riguardante una donna affetta da asma bronchiale, le cui condizioni precipitano durante il ricovero in ospedale fino a causarne il decesso. Da tali pronunce traspare la volontà dei giudici di escludere il nesso di causalità per il mancato raggiungimento della certezza, basandosi sulla possibile sussistenza di cause alternative ipotetiche. Si afferma, infatti, che, in caso di asma bronchiale, l’omissione di un’adeguata e corretta terapia corticosteroidea da parte del sanitario non può essere considerata in maniera certa, come invece sarebbe necessario, causa e concausa della morte della paziente, essendo parimenti possibile che tale evento sia da riferire al tipo di malattia, o alla variabilità di alcuni elementi inerenti al farmaco o alla paziente, ed in particolare ad un non accertato sopravvenuto fattore dotato di una propria e completa efficacia causale, del tutto indipendente dall’omissione stessa.

84 C. E. Paliero, “La causalità dell’omissione: formule concettuali e paradigmi prasseologici”, in

Riv. it. med. leg., 1992, pag. 849. Il principio secondo cui la disposizione dell’art. 40 c.p. richiede,

esplicitamente, che l’evento, da cui dipende l’esistenza del reato, sia – e non, semplicemente, possa essere – conseguenza dell’azione o dell’omissione e che dunque non possa ritenersi raggiunta la prova del nesso causale quando ci si limiti ad affermare la probabilità di tale nesso, è assolutamente dominante al di fuori dell’ambito medico. Si veda, tra le altre, Cass. Pen., IV, 15 maggio (3 ottobre) 1989, Ricciardi, in Cass. Pen., 1990, pag. 1911 - 1912, n. 1506.

85 Cass. Pen., II, 17 ottobre 1952, Amistani, in Giust.. pen., 1953, pag. 4 e ss.

86 Trib. Roma, 6 aprile 1984, Patriarca e Corte App. Roma, 9 novembre 1985, Patriarca, in Riv. it.

med. leg., 1987, pag. 611 e in Giur. Mer., 1987, pag. 713, con nota di N. Sciaraffa, “In tema di

Anche verso la fine degli anni Novanta, la Cassazione sembra recepire l’idea che nella causalità omissiva occorra raggiungere la certezza che il comportamento alternativo lecito avrebbe impedito l’evento. Si tratta di un caso che, per la verità, non ha suscitato univoca interpretazione87, poiché alcuni vi hanno visto la volontà di ribadire l’orientamento probabilistico dominante88, mentre altri89 ritengono che con esso si accolga una posizione meno rigorosa nei confronti dell’operato dei sanitari. Il caso riguarda un medico di guardia del Pronto Soccorso chiamato a rispondere del delitto di omicidio colposo per la morte di una donna deceduta a seguito di sommersione interna per reflusso di abbondante materiale alimentare; nello specifico, al medico viene rivolta l’accusa di non aver proceduto allo svuotamento gastrico mediante una sonda. I giudici affermano anzitutto che l’utilizzo della sonda, pur avendo, a giudizio dei periti, scarse possibilità di successo, poiché non è dannoso, deve comunque considerarsi obbligatorio ai fini penali. Ciò perché è comunque doveroso effettuare ogni intervento che presenti “anche una minima probabilità di salvare una vita o di evitare una lesione, quando i mezzi siano disponibili e non vi siano rischi di sorta”. Proprio il richiamo al valore della vita umana e all’idea che il medico debba fare tutto il possibile per evitare l’evento-morte del paziente sembrerebbe testimoniare la fedeltà dei giudici all’orientamento probabilistico. Tuttavia, nel passaggio immediatamente successivo, si sottolinea che dalla doverosità dell’intervento non si può far conseguire necessariamente l’imputazione dell’evento: non è detto, cioè, che l’applicazione della sonda avrebbe certamente evitato l’invasione degli alveoli polmonari da parte del materiale alimentare che ha poi causato il decesso. Pertanto, non è possibile raggiungere la certezza che l’applicazione della sonda avrebbe scongiurato ogni pericolo e la sentenza viene annullata con rinvio. Di fatto, dunque, la morte non può essere imputata al medico se non si può affermare che, con certezza, l’intervento omesso avrebbe evitato il verificarsi dell’evento lesivo: pertanto rimane priva di sanzione penale la

87 Cass. Pen., 15 maggio 1998, Barraco, in Cass. Pen., 1999, pag. 2535; in Riv. Pen., 1998, pag.

769 e in Foro It. Rep., 1998, voce Omicidio e lesioni personali colpose, n. 33, pag. 1499.

88 Ibidem, in Cass. Pen., cit..

violazione dell’obbligo del medico di intervenire anche se la terapia avrebbe poche probabilità di esito favorevole. Sono proprio queste considerazioni a far dubitare che la sentenza Barraco possa rientrare nell’orientamento avviato dalla sentenza Melis, e a farla ritenere più correttamente come un’anticipazione di quanto la Cassazione sosterrà nel 200090.

A letture differenti si è prestata anche un’altra pronuncia della Cassazione datata 199891. Il caso riguardava la morte di Antonino Cuntrò che, a causa di un malessere, si faceva visitare presso il suo studio dal dott. Casaccio, specialista in cardiologia. Il medico prescriveva una terapia farmacologica ma il Cuntrò, rientrato a casa, mostrava un aggravamento della sintomatologia e, ricoverato in ospedale, decedeva poco dopo. La difesa dell’imputato si doleva della mancata prova della sussistenza della colpa e del nesso causale e la Cassazione accoglieva il ricorso proprio perché “manca nella sentenza un ragionamento chiaramente intellegibile che, partendo dalla condotta imposta dalle regole della perizia, della diligenza e della prudenza….pervenga, attraverso una precisa indicazione delle ragioni giustificative, alla conclusione che probabilmente il paziente sarebbe sopravvissuto”. A dar luogo agli equivoci è la seconda parte di tale ragionamento, laddove si giustifica l’annullamento della sentenza di merito affermando che non vi sono elementi per ritenere che “la condotta negligente del prevenuto sia stata la causa certa della morte o si annoveri, con certezza, tra le cause concorrenti della morte…”. Tuttavia, al di là di alcune espressioni equivoche, l’iter decisionale mostra in maniera evidente che la sentenza ancora il giudizio sul rapporto di causalità a criteri probabilistici e non già di certezza.

90 Nella giurisprudenza di merito sembra accogliere in teoria un modello di causalità “forte” che

viene però praticamente disatteso anche Pret. Ascoli Piceno – San Benedetto del Tronto, 2 ottobre 1999, in Foro It., 2000, II, pag. 511, con nota di G. Fiandaca, il quale vede in questa dissonanza un evidente indicatore della “difficoltà oggettiva di applicare in campo medico, specie nei casi di causalità omissiva, coefficienti probabilistici particolarmente elevati”.

91 Cass. Pen., V, 1. settembre (20 ottobre) 1998, Casaccio, in Cass. Pen. 2000, pag. 1183 e ss, con

nota di R. Blaiotta, “Causalità e colpa nella professione medica tra probabilità e certezza”; in Riv.

it. med. leg., 2000, pag. 278, con nota di Fineschi, “Responsabilità medica per omissione:

Outline

Documenti correlati