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Le critiche all’orientamento delle “serie ed apprezzabili probabilità di successo”.

L’analisi della giurisprudenza orientata secondo il criterio delle serie ed

apprezzabili probabilità di successo ci ha permesso di individuare, seppur in

maniera sommaria, le argomentazioni adottate dalla Corte per fondare tali convinzioni.

L’argomento più forte utilizzato dai sostenitori dell’orientamento probabilistico è sicuramente quello che fa leva sulla differente natura della causalità omissiva rispetto a quella attiva: esplicitato per la prima volta in maniera

74 Pret. Torino, 9 febbraio 1995, Barbotto Beraud, in Foro It., 1996, II, pag. 107- 139 e in Riv. It.

dir. e proc. pen., 1997, pag. 1447 e ss, con nota di Piergallini, “Attività produttive e imputazione

chiara dalla sentenza Berardino75 esso si fondava sulla posizione della dottrina di gran lunga dominante76. Tuttavia, come vedremo meglio più avanti, è la stessa dottrina che, col tempo, ha messo in discussione tale diversità strutturale e ha abbracciato posizioni differenti.

Abbiamo poi sottolineato che l’abbandono della certezza viene giustificato dalla particolare complessità dell’indagine causale in medicina legale77. Infatti, nell’ambito della medicina legale, i singoli casi non possono essere verificati in via sperimentale, ossia con metodi ripetibili e standardizzabili, per cui lo studio dell’efficacia causale di un determinato fattore di rilevanza giuridica, sia esso un’azione o un’omissione, dipende dalle conoscenze generali sulla natura della causa, sulle sue modalità di azione, sulle caratteristiche delle sue conoscenze: è dunque necessario operare un confronto, caso per caso, tra le conoscenze scientifiche e i dati dell’osservazione clinica, anatomo-patologica e di laboratorio. La critica mossa a tale argomentazione è però quella di penalizzare eccessivamente la classe medica, proponendo un modello causale diverso e meno rigoroso rispetto a quello previsto in altri rami dell’ordinamento.

Tale critica viene mossa anche all’altra argomentazione adottata dalla Corte a difesa dell’opzione probabilista, ossia quella relativa alla necessità di tutelare un bene giuridico di rango elevato, come quello della vita umana che comporterebbe la necessità di abbassare la soglia delle probabilità sufficienti ai fini di un accertamento positivo del rapporto causale78. La formula stereotipata adottata dalla Corte per esplicitare tale punto di vista la si rinviene nell’espressione, più volte utilizzata, del “quando è in gioco la vita umana sono sufficienti anche poche probabilità di successo per reputare sussistente il nesso causale”. Si sottolinea tuttavia che, in tal modo, i giudici finiscono per operare una

75 Cass. Pen., IV, 30 maggio (10 agosto) 1990, Berardino, n. 11389, in Riv. Pen., 1991, pag. 558. 76 G. Fiandaca, “Reati omissivi e responsabilità penale per omissione”, in Arch. Pen., 1983, pag.

43 – 44; G. Fiandaca, “ Causalità (rapporto di)”, in Digdp, II, Torino, 1988, pag. 127; F. Mantovani, “L’equiparazione del non impedire al cagionare”, in Arch. Pen., 1987, pag. 46.

77 R. Blaiotta, “Causalità e colpa nella professione medica tra probabilità e certezza”,cit., pag.

1207.

78 R. Blaiotta, “Causalità e colpa nella professione medica tra probabilità e certezza”,cit., pag.

1205; A. Fiori, “Il criterio di probabilità nella valutazione medico legale del nesso causale”, in

scelta di politica criminale a loro preclusa e riservata invece al legislatore79. L’importanza del bene giuridico oggetto di tutela può infatti avere rilevanza solo in un momento antecedente rispetto a quello applicativo della norma, potendo condurre alla scelta legislativa di punire solo la lesione del bene o invece anche la semplice messa in pericolo (nelle differenziate forme del pericolo concreto e del pericolo astratto), così come può comportare anche peculiarità e specificità nel regime delle pene. Dopo la fase legislativa però il valore del bene non può in alcun modo condizionare l’accertamento di un elemento materiale del reato, avendo tale argomentazione una valenza prettamente ideologica ma non logico – giuridica, così come invece sarebbe indispensabile alla luce della natura dell’elemento causale80.

Deve poi sottolinearsi che non è vero che solo la classe medica è destinataria di precetti posti a tutela della salvaguardia della vita e della salute umana, basti pensare alla normativa anti - infortunistica o a quella dettata dal Codice della Strada. Pertanto, individuare più rigorosi criteri d’imputazione oggettiva a carico esclusivamente dei sanitari, pare una scelta arbitraria e in palese violazione dei principi di legalità e di certezza del diritto: tanto più che la causalità resta comunque una nozione oggettiva, in quanto tale insuscettibile di essere manipolata dall’interprete. Vi è stato peraltro chi ha individuato un’analogia con la posizione della dottrina dominante che, in riferimento all’accertamento del pericolo nei reati di pericolo concreto, sostiene che il grado di probabilità di verificazione dell’evento temuto debba essere inversamente proporzionale all’importanza del bene minacciato81. Tuttavia, nonostante l’apparente vicinanza di situazioni, una simile valorizzazione del rango dell’oggettività giuridica potrà

79 M. Donini, “La causalità omissiva e l’imputazione per l’aumento del rischio. Significato teorico

e pratico delle tendenze attuali in tema di accertamenti eziologici probabilistici e decorsi causali ipotetici”, in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, pag. 62 e ss; A. Crespi, “Medico – chirurgo”; in Dig.

Disc. Pen., VII, 1993, pag. 599; L. Renda, “Sull’accertamento della causalità omissiva nella

responsabilità medica”; in Foro It., 1986, II, pag. 352.

80 G. F. Iadecola, “La causalità dell’omissione nella responsabilità medica prima e dopo le Sezioni

Unite Franzese”, in Riv. It. dir. e proc. pen., n. 4-5/2005, pag. 725; F. Angioni, “Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale”, Sassari, 1984, pag. 96.

81 Parodi – Giusino, “I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale”, Milano, 1990, pag. 199

ss. Per la posizione di coloro che, nell’ambito della stessa teoria del pericolo, negano la possibilità di far dipendere il grado di probabilità rilevante dal rango del bene minacciato, si veda F. Angioni, “Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale”, Sassari, 1984, II, pag. 96.

risultare ammissibile soltanto ove giustificata da particolari esigenze: nel caso dei reati di pericolo, il riferimento all’importanza dei beni tutelati pare trovare un plausibile fondamento nella funzione preventiva che il sistema penale affida a tale categoria di reati, mentre appare tutt’altro che facile individuare una qualsiasi

ratio in relazione al problema causale82. Quel che si può dire, dunque, è che ci si trova in presenza di orientamenti che mettono in primo piano i valori in gioco, che esprimono la preoccupazione di lasciare impuniti dei comportamenti gravemente colposi che hanno tuttavia avuto una scarsa influenza causale sul verificarsi dell’evento lesivo: il rigore che essi esprimono trova dunque una spiegazione essenzialmente nell’istanza di responsabilizzazione della classe medica, sotto un profilo etico e morale, prima ancora che giuridico - penale. Tuttavia, come già precedentemente rimarcato, tali elaborazioni paiono ineluttabilmente contrastare con le esigenza di certezza richieste dall’art. 40 c.p..

Un’ulteriore argomentazione critica nei confronti dell’indirizzo probabilistico la si può rinvenire in un aspetto di carattere prettamente processuale, ossia nell’abbandono del principio costituzionale dell’in dubio pro

reo, in favore della regola completamente opposta dell’in dubio contra reum.

Infatti, seguendo quest’orientamento, il dubbio sull’efficacia impeditiva della condotta doverosa omessa consentirebbe comunque una sentenza di condanna, gravando l’onere della prova non più sull’accusa, ma sulla difesa che sarebbe dunque chiamata a provare l’inefficacia impeditiva della condotta stessa83.

8. L’orientamento della “certezza”: decisioni precedenti il 2000.

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