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Le pronunce di annullamento del 2007.

CAPITOLO I Osservazioni general

4. Le pronunce di annullamento del 2007.

Sono ancora una volta l’incompletezza dell’accertamento causale e l’erroneo svolgimento del giudizio controfattuale a portare la Cassazione ad annullare una sentenza della Corte d’Appello di Trieste con cui era stato condannato il dott. Caruso395. Dario Sbogar si recava al Pronto Soccorso di Gorizia a causa di un malore diagnosticato come “cardiopalmo tachiaritmico” dal dott. Caruso, il quale gli somministrava una fiala di EN da 5 mg. Il medico, al momento delle dimissioni, non informava il paziente dei possibili effetti collaterali delle benzodiazepine (tra cui il colpo di sonno) e della conseguente necessità di non mettersi alla guida per almeno 12 ore. Sbogar, messosi alla guida della propria autovettura dopo circa cinque ore, veniva colto da un colpo di sonno ed entrava in collisione con un’altra autovettura, procurandosi lesioni gravi. Sia in primo grado che in appello i giudici di merito condannavano il Caruso, ritenendo

395 Cass. Pen., IV, 17 ottobre 2006 – 17 gennaio 2007, n. 1025, Caruso, in Studium Iuris, 2007, n.

10, pag. 1147-1148. Oltre a quelle successivamente citate si concludono con l’annullamento della sentenza impugnata anche: Cass. Pen., IV, 9 novembre 2006 (25 gennaio 2007), n. 2624, Falcone, annullata limitatamente alle statuizioni civili per intervenuta prescrizione del reato; Cass. Pen., IV, 19 settembre 2006 (8 febbraio 2007), n. 5256, Curella, in F. Giunta, D. Micheletti, P. Piccialli, P.Piras, “Il diritto penale della medicina nella giurisprudenza di legittimità (2004-2008)”, Pisa, 2009.– in cui si ritiene non raggiunta la certezza processuale in ordine all’evitabilità dell’exitus; Cass. Pen., IV, 12 aprile (26 giugno) 2007, Comitini, n. 24859 e Cass. Pen., IV, 4 maggio (6 settembre) 2007, Di Legge, n. 34075, entrambe in in F. Giunta, D. Micheletti, P. Piccialli, P.Piras, “Il diritto penale della medicina nella giurisprudenza di legittimità (2004-2008)”, Pisa, 2009 – mancato svolgimento del giudizio controfattuale.

sussistente sia la colpa del medico sia il nesso causale tra tale omesso avvertimento ed il successivo colpo di sonno che aveva determinato l’incidente.

La difesa di Caruso proponeva ricorso per Cassazione deducendo, oltre a censure procedurali, illogicità manifesta della motivazione e violazione dell’art. 192 c.p.p. in ordine all’accertamento della colpa del medico e in relazione alla prova dell’esistenza di un nesso causale tra l’omesso avvertimento e l’incidente provocato da Sbogar.

La Corte, reputando correttamente accertata la prova relativa alla colpa del medico, riteneva invece fondata la censura relativa alla carenza dell’accertamento del nesso causale. Infatti, sia il Tribunale che la Corte d’Appello, avevano correttamente individuato la c.d. legge scientifica di copertura, in base alla quale si è affermato che gli effetti del farmaco somministrato possono produrre un’alterazione delle condizioni di guida, come peraltro indicato nello stesso foglietto illustrativo. Tuttavia tale osservazione non è sufficiente per poter affermare con certezza processuale che la condotta di omessa informazione del Caruso sia stata effettivamente condicio sine qua non del verificarsi del sinistro. E’ infatti necessario, individuata la c.d. causalità generale, “passare ad un secondo momento di valutazione, e cioè all’accertamento in concreto del nesso di causalità, alla verifica se nello specifico caso considerato l’evento ha avuto luogo per effetto di quella legge di copertura”396. I giudici di primo e secondo grado avrebbero dovuto tenere conto della complessiva condotta di guida dello Sbogar da cui emergeva un comportamento di guida vigile e attento, a ben vedere non del tutto compatibile con gli effetti collaterali del farmaco (alleviare lo stato d’ansia e indurre progressivamente sonnolenza). Proprio l’incompletezza dell’accertamento e il mancato svolgimento del giudizio c.d. bifasico (prima legge scientifica di copertura e poi accertamento in concreto) portava la Cassazione ad annullare la sentenza impugnata, con rinvio a un’altra

396 Cfr Cass. Pen., IV, 28 febbraio (18 maggio) 2007, n. 19353, Montalbano, in F. Giunta, D.

Micheletti, P. Piccialli, P.Piras, “Il diritto penale della medicina nella giurisprudenza di legittimità (2004-2008)”, Pisa, 2009: altro caso in cui i giudici di merito, pur richiamando la Franzese, omettono una valutazione degli elementi concreti, nella specie l’analisi dei tempi entro i quali l’intervento medico avrebbe scongiurato il decesso del paziente.

sezione della Corte d’Appello di Trieste, chiamata a riconsiderare le richieste probatorie e a chiarire se il comportamento di guida dello Sbogar fosse stato effettivamente determinato dalla somministrazione delle benzodiazepine397.

Nella trappola di limitarsi a un’indagine astratta398, smarrendo in una gran mole di dati scientifici i più concreti elementi del giudizio controfattuale, cadono anche i giudici della Corte d’Appello di Catania che si sono occupati del decesso di una bambina per la sindrome di Reye399. La piccola I. M., affetta fin dalla nascita da una malattia genetica (sindrome di Charcot Marie), all’età di nove anni viene ricoverata, dal 10 al 20 giugno 1996, presso il reparto di pediatria per la comparsa di anomalie comportamentali e movimenti incontrollati. I dott.ri Margani, Emma e Puleo diagnosticano corea reumatica con insufficienza mitralica e un soffio al cuore: prescrivono dunque, tra l’altro, la somministrazione di cortisone, che al momento delle dimissioni viene però sostituito da un prodotto a base di acido acetilsalicilico (Cemirit). Nei giorni seguenti la piccola manifesta malessere ed eruzioni cutanee: la madre la porta in ospedale ma il dott. Margani non reputa necessario anticipare il controllo fissato per il 28 giugno. Durante tale controllo i tre medici decidono di ridurre il dosaggio del Cemirit ma la bimba

397 Nel giudizio di rinvio la Corte d’appello di Trieste, rivalutando i fatti, assolveva l’imputato

ritenendo che le benzodiazepine non avessero influito in alcun modo sulla condotta di guida dello Sbogar. Contro tale sentenza presentava nuovo ricorso, ai soli fini civili, lo Sbogar, deducendo vizio di contraddittorietà e non ottemperanza della motivazione al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nella pronuncia del 2007. La Cassazione, preso atto dell’intervenuta prescrizione del reato, rinvia, ai soli fini civili, ritenendo fondato il ricorso. Infatti i giudici d’appello, limitandosi a una rilettura degli elementi già precedentemente valutati, non hanno operato quell’integrazione probatoria che avrebbe consentito di svolgere un’analisi completa sul concreto comportamento di guida dello Sbogar. Vd. Cass. Pen., III, 1 aprile (12 maggio) 2009, n. 19985, Caruso, inedita.

398 A dimostrazione delle difficoltà dei giudici di merito nel compimento del giudizio

controfattuale si veda anche Cass. Pen., IV, 24 maggio (20 settembre) 2007, Tassinaro, n. 35115, in Riv. Pen., 2008, n. 6, pag. 709, relativa al decesso di una donna a cui non veniva diagnosticata una fatale dissecazione aortica. La Cassazione annulla la sentenza impugnata, sottolineando che il giudizio di altissime possibilità di sopravvivenza, formulato dai giudici d’appello, si risolveva in un’affermazione fondata sul mero dato percentualistico (dato peraltro frainteso in quanto impropriamente riferito alle possibilità di sopravvivenza e non, come corretto, al tasso di mortalità dell’intervento chirurgico), senza alcun controllo delle peculiarità del caso concreto e senza che sia stato dato conto di un’avvenuta valutazione di tutta l’evidenza disponibile né dell’esclusione di eventuali fattori interagenti nella causazione dell’evento.

399 Cass. Pen., IV, 23 marzo (1 giugno) 2007, Margani, Emma e altri, n. 21588, in Foro It., 2008,

n. 3, II, pag. 181-183 con nota di A. R. Di Landro, “Interruzione del nesso causale e accertamento della causalità modello Franzese”.

continua ad aggravarsi. Il 3 luglio il Margani, informato telefonicamente del peggioramento, consiglia il ricovero in ospedale, dove alla piccola, assistita unicamente dal dott. Emma, viene diagnosticata la Sindrome di Reye (SDR). Disposto il trasferimento presso la più adeguata struttura ospedaliera di Palermo, la piccola vi giunge ormai in coma irreversibile e là morirà dopo circa quindici giorni.

Mentre il Tribunale di Enna condannava per omicidio colposo tutti e tre i medici coinvolti nella vicenda, la Corte d’Appello400 assolveva, per non aver commesso il fatto, i dott.ri Margani e Puleo, ed emetteva pronunzia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di Emma. I giudici di secondo grado, infatti, pur individuando diversi profili di colpa nel comportamento del primario Puleo (deceduto nel corso del processo) e del dott. Margani escludevano che tali comportamenti avessero avuto rilievo causale rispetto all’exitus. Ciò perché ritenevano che il rilievo causale di dette condotte sarebbe venuto meno per effetto dell’errore terapeutico posto in essere dal dott. Emma durante il secondo ricovero, quando essi erano invece assenti dal servizio: ciò costituirebbe un’interruzione del nesso causale ai sensi dell’art. 41 cpv c.p.. Questo profilo della decisione è fatto oggetto di ricorso per cassazione da parte del procuratore generale, il quale sottolinea che la successiva condotta colposa di un altro medico non è idonea ad interrompere il nesso causale. La Corte di Cassazione accoglie tale censura ed evidenzia che la motivazione della sentenza d’appello si fonda su un’errata lettura dell’art. 41 c.p.. Dopo un’analisi dettagliata delle origini e della struttura generale di tale norma, la Corte richiama il dibattito sviluppatosi in dottrina e giurisprudenza intorno al significato da attribuire alla locuzione “cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l’evento”, ricordando che uno dei campi in cui tale tema è stato più discusso è proprio quello dell’errore terapeutico del medico, quale concausa dell’evento letale a seguito di lesioni colpose o dolose. La Cassazione si allinea a quello che è l’orientamento più rigoroso il quale, sulla scorta della teoria della causalità umana, reputa interruttivo solo il

400 Corte App. Caltanisetta, 24.6.2004, Imp. Margani, Emma, e altri, in Foro It., 2006, II, pag. 181-

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