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Segue: i criteri di frequenza medio – bassi.

L’intervento delle Sezioni Unite

4. Segue: i criteri di frequenza medio – bassi.

Il punto della Franzese che più di ogni altro ha animato dibattiti e discussioni tuttora non sopiti246, è però quello relativo alla possibilità di ricorrere nel giudizio controfattuale a leggi statistiche dai coefficienti di probabilità medio – bassi247.

Il primo problema che ci si pone è quello di cercare di capire che cosa abbiano inteso le Sezioni Unite per “coefficienti medio – bassi” di frequenza. Per rispondere a tale interrogativo si è richiamata quella parte della sentenza in cui i giudici criticano quegli orientamenti giurisprudenziali che si accontentano di probabilità quantificate in misura inferiore al 50 %. Da tale considerazione si è

246 Le critiche più pungenti e articolate son venute da Federico Stella in “Etica e razionalità del

processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione”, in Riv. It. dir. e proc. pen., 2002, pag. 788 e ss., e in “Verità, scienza e giustizia: le frequenze medio – basse nella successione di eventi.”; in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, pag. 1231 e ss.. Si veda inoltre F. Angioni, "Note sull'imputazione dell'evento colposo con particolare riferimento all'attività medica", in Studi in onore di Giorgio Marinucci, Giuffrè, 2006, pag. 1318; F. D’Alessandro, “Voce: Rapporto di causalità – Postilla di aggiornamento”, in Enc. Giur.

Treccani, XXV, Roma, 2006, pag. 2; P. Veneziani, “Omicidio e lesioni colpose nel settore

medico-chirurgico”, in Trattato di diritto penale – Parte Speciale, diretto da Giorgio Marinucci e Emilio Dolcini, 2003, pag. 285 e ss.

247 Nella sentenza si legge che “È indubbio che coefficienti medio-bassi di probabilità c.d.

frequentista per tipi di evento, rivelati dalla legge statistica (e ancor più da generalizzazioni empiriche del senso comune o da rilevazioni epidemiologiche), impongano verifiche attente e puntuali sia della fondatezza scientifica che della specifica applicabilità nella fattispecie concreta. Ma nulla esclude che anch'essi, se corroborati dal positivo riscontro probatorio, condotto secondo le cadenze tipiche della più aggiornata criteriologia medico-legale, circa la sicura non incidenza nel caso di specie di altri fattori interagenti in via alternativa, possano essere utilizzati per il riconoscimento giudiziale del necessario nesso di condizionamento”.

pensato di poter dedurre che, per le Sezioni Unite, i coefficienti di probabilità medio - bassi sono comunque coefficienti superiori al 50 %248. Tuttavia, se si considera il significato letterale dell’ espressione utilizzata, la soluzione appena esposta non pare per nulla calzante: infatti, posto che il coefficiente medio non può che essere quello pari al 50%, è evidente che percentuali pari al 60 % o al 70 % saranno definite medio – alte, e che dunque le percentuali medio – basse sono solo quelle pari al 20-30-40 %.

Analizzando la sentenza Franzese abbiamo già individuato le ragioni che, in linea con quanto sostenuto da autorevole dottrina249, hanno portato i giudici di legittimità ad ammettere il ricorso a tale tipo di leggi statistiche e ad allontanarsi dunque da quelle tre sentenze battistiane del 2000 che, invece, consideravano presupposto indispensabile per un esito positivo del giudizio controfattuale la presenza di una legge di copertura con percentuali statistiche prossime all’unum, ossia al 100 %.

Tale soluzione si pone però in profondo contrasto con quanto sostenuto dai più autorevoli studiosi di filosofia della scienza, alle cui analisi fa riferimento Federico Stella per sostenere la propria critica. Egli sottolinea, anzitutto, che la valutazione sul nesso causale non richiede una certezza assoluta, poiché il giudizio presuppone il ricorso ad una serie di assunzioni tacite rispetto alle condizioni iniziali e alle leggi scientifiche, che ne implica una natura inevitabilmente probabilistica. Se dunque la certezza assoluta è irraggiungibile, si deve invece aspirare al massimo della certezza umanamente raggiungibile, che a suo parere si basa necessariamente o sulla ricostruzione degli anelli causali intermedi, o sulla sussunzione sotto leggi causali universali. Preso atto però dell’esistenza di discipline che, come la medicina, si basano essenzialmente sulla probabilità, si ammette il ricorso anche a leggi statistiche che devono però avere probabilità frequentiste vicinissime a 1, ossia alla certezza.

248 F. Stella, “Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle

Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione”, cit,, pag. 814; P. Veneziani, “Omicidio e lesioni colpose nel settore medico-chirurgico”, cit., pag. 285 e ss.

249 M. Donini, “La causalità omissiva e l’imputazione per l’aumento del rischio. Significato teorico

e pratico delle tendenze attuali in tema di accertamenti eziologici probabilistici e decorsi causali ipotetici”, in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, pag. 32 e ss.

Questo perché, per dirla con Carnap250, le spiegazioni ottenute col ricorso a leggi dalle frequenze medio – basse sono sì delle spiegazioni, ma sono deboli o estremamente deboli, mentre il giudice e il processo penale hanno bisogno di “spiegazioni forti”, le uniche in grado di garantire la protezione dell’innocente da un’ingiusta condanna. Un altro filosofo della scienza, Hempel, parla invece di “spiegazioni adeguate”, sottolineando l’importanza del contesto di riferimento: a suo parere, dunque, le devastanti conseguenze che potrebbero derivare da spiegazioni false nell’ambito di un processo penale rendono indispensabile il riferimento a probabilità statistiche vicinissime a 100. Ancor più chiara è la posizione di Agazzi251, il quale sottolinea che “si può parlare di causalità solo in presenza di un nesso necessario; già il fatto di far coincidere tale necessità con una universalità non è esente da problemi, ma almeno questa deve essere assicurata. Ora, una legge statistica, proprio perché ammette eccezioni, già indica di per sé l’assenza di necessità e il minimo che si possa esigere è che essa sia vicinissima all’universalità, ossia che la frequenza relativa che essa esprime sia vicinissima a 1”252.

Questa è dunque la posizione dominante nella filosofia della scienza253, espressione appunto della convinzione che le spiegazioni basate su coefficienti medio – bassi di probabilità frequentista non possono essere considerate soddisfacenti per il giudizio penale.

250 Carnap, “I fondamenti filosofici della fisica”, Milano, 1971.

251 Agazzi, “La spiegazione causale di eventi individuali (o singoli)”, in Riv. it. dir. e proc. pen.,

1999, pag. 393 - 407.

252 Agazzi riporta, a titolo di esempio, la legge statistica, peraltro dotata di un grado elevato di

probabilità, secondo cui il fumo può produrre il cancro al polmone: tuttavia, non solo ci sono accaniti fumatori che non contraggono il cancro, ma vi sono anche persone che si ammalano pur non avendo mai fumato una sigaretta. Pertanto, anche se si riscontra il cancro in un soggetto fumatore, non si può affermare con certezza che il fumo ne è stato la causa. A maggior ragione, a suo parere, “una regolarità statistica di bassa frequenza non è assolutamente in grado di stabilire l’imputazione causale dell’evento singolo”.

253 Sempre secondo F. Stella (si veda “Etica e razionalità del processo penale nella recente

sentenza sulla causalità delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione”, cit,, pag. 798) anche gli studi più recenti di medicina legale si collocano sulla stessa linea. Si citano Fiori, che plaude al superamento dell’orientamento tradizionale delle serie ed apprezzabili probabilità di successo, e Barni che afferma che, le conclusioni certe necessitano di leggi statistiche con coefficienti percentuali vicino a 100, perché solo così potrà raggiungersi una spiegazione forte.

Ciò anche perché, dietro il ricorso a tali tipi di probabilità, si celerebbe il rischio di riferirsi in realtà ad eventi che non sono stati effettivamente causati da una certa condotta, ma che semplicemente si sono verificati in una fase cronologicamente successiva rispetto alla condotta stessa. Emerge dunque la preoccupazione che, in tal modo, si finisca per attribuire rilevanza al criterio del

post hoc ergo propter hoc254, criterio ripudiato dagli studiosi della causalità poiché ritenuto privo di pregio scientifico.

Altro limite del ricorso a tali frequenze sarebbe quello di avallare il criterio della probabilità ex ante, di per sé inidoneo a fornire una spiegazione di come gli eventi si sono realmente svolti. Infatti, e in ciò si ravviserebbe un’incongruenza interna alla pronuncia delle Sezioni Unite, il giudizio sul nesso causale è un giudizio ex post, poiché solo così si è in grado di superare una mera valutazione statistica e di operare la concretizzazione del singolo caso sotto la legge scientifica di copertura.

Ma la dissonanza maggiore tra l’ammissibilità del ricorso a frequenze medio – basse e la pronuncia Franzese la si rinviene nel contrasto tra tali assunzioni e il riconoscimento del principio dell’oltre il ragionevole dubbio, quale regola probatoria e regola di giudizio. Si avverte, infatti, nella sentenza, una sorta di “salto logico”255, e si mette in dubbio che “se il supporto induttivo offerto dall’explanans non è forte, forte come quello garantito da una legge statistica con coefficiente percentualistico vicino a 100, il giudizio finale di probabilità causale

ex post” possa raggiungere quel “grado di conferma richiesto dall’oltre il

ragionevole dubbio per una sentenza di condanna”256. L’unica ipotesi in cui il ricorso a tali leggi consentirebbe comunque il rispetto della certezza processuale si ha quando l’enunciazione di leggi statistiche con coefficienti bassi o medio – bassi si accompagni alla ricostruzione degli anelli causali intermedi257. Per tutti gli altri casi, invece, il contrasto tra frequenze medio – basse e regola dell’oltre il

254 F. Stella, “Verità, scienza e giustizia: le frequenze medio – basse nella successione di eventi.”,

cit., pag. 1236 e ss.

255 P. Veneziani, “Omicidio e lesioni colpose nel settore medico-chirurgico”, cit., pag. 285 e ss. 256 F. Stella, “Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle

Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione”, cit,, pag. 814.

ragionevole dubbio pare, agli occhi di Stella, del tutto insanabile. Egli auspicava dunque un nuovo intervento giurisprudenziale capace di risolvere tale incoerenza interna alla pronuncia, precisando che comunque a dover essere accantonata non è certamente la regola dell’oltre il ragionevole dubbio, considerata un vero baluardo del moderno diritto penale democratico.

Affermare che il ragionevole dubbio può essere superato solo col ricorso a leggi statistiche dotate di una probabilità frequentista prossima a 100, nasconde però il rischio di ricadere nell’equivoco di far coincidere la credibilità espressa dalla legge scientifica di riferimento con la credibilità data dall’accertamento processuale del nesso causale258. Vi è quindi chi condivide pienamente la scelta delle Sezioni Unite, ritenendo che la regola dell’oltre il ragionevole dubbio, non impone in alcun modo una preventiva scelta sul tipo di leggi statistiche utilizzabili nel processo penale: si può e si deve, dunque, prediligere un modello che non sia legato pregiudizialmente all’impiego di una specifica tipologia di leggi. Secondo i sostenitori di quest’ultimo punto di vista, la posizione estremamente rigorosa di Stella e di coloro che appoggiano le sue teorizzazioni si fonda sul pregiudizio secondo cui, quando si ha a che fare con spiegazioni statistiche, sarebbe sempre sconosciuto e non conoscibile l’effettivo assetto della situazione empirica che vi è alla base. In realtà, invece, vi sarebbero ipotesi in cui le conoscenze scientifiche disponibili sono adeguate e idonee a consentire l’indagine sui complessi fattori causali che stanno alla base della verificazione di un evento, ed è quindi “possibile confrontarsi con i diversi coetera assunti come pares dalla spiegazione ipotizzata in astratto, per essere gli stessi noti e per essere note, altresì, le relative leggi esplicative”259. Non ci si nasconde che, ovviamente, in questi casi il compito del giudice diventa molto più arduo e complesso di quello che egli ha quando il processo funge da ambito di mero controllo di verità pre-confezionate al di fuori, assumendo invece un ruolo assolutamente centrale la fase probatoria.

258 C. Piemontese, “Il principio dell’<oltre il ragionevole dubbio>, tra accertamento processuale e

ricostruzione dei presupposti della responsabilità penale”, in Dir. Pen. e proc., 2004, pag. 761.

Qualche altro autore260, spingendosi un po’ avanti nel tempo, aveva preannunciato che in non pochi casi i giudici avrebbero ritenuto raggiunta la prova della causalità omissiva pur facendo ricorso a frequenze medio – basse di probabilità, mentre con maggiori difficoltà si sarebbe verificata l’ipotesi opposta, ossia l’assoluzione pur in presenza di una legge statistica in base alla quale il comportamento doveroso omesso avrebbe avuto probabilità di successo prossime al 100 %. Ciò potrebbe peraltro portare alla violazione di un altro dei principi fondamentali del nostro ordinamento penale, ossia quello della frammentarietà del sistema penale, che verrebbe ad essere superato in virtù della necessità di colmare presunte lacune e vuoti di tutela.

5. Segue: l’impossibilità di escludere i fattori causali alternativi nelle

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