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Segue: l’impossibilità di escludere i fattori causali alternativi nelle fattispecie omissive.

L’intervento delle Sezioni Unite

5. Segue: l’impossibilità di escludere i fattori causali alternativi nelle fattispecie omissive.

L’argomentazione adottata nella sentenza Franzese per giustificare il ricorso a frequenze medio – basse fa leva sul compimento di ulteriori verifiche, attente e puntuali, sia della fondatezza scientifica della legge, sia della sua specifica applicabilità nella fattispecie concreta: tale legge si reputa sufficiente, ai fini dell’imputazione causale, solo quando si possa escludere l’intervento di altre cause.

Anche su questo punto, però, non sono mancate critiche. Anzitutto si contesta che, con l’utilizzo di frequenze medio – basse, sia possibile escludere che l’evento dipenda da altre cause, sia perché la gran parte di queste altre cause non sono conosciute, né conoscibili, sia perché appaiono insuperabili gli ostacoli relativi alla prova261. Non manca comunque chi262, pur riconoscendo che l’accertamento pratico del procedimento volto ad escludere l’interferenza dei

260 P. Veneziani, “Omicidio e lesioni colpose nel settore medico-chirurgico”, cit., pag. 289 e ss. 261 In proposito si possono richiamare gli studi di coloro che si sono occupati dell’accertamento del

nesso causale in caso di trasmissione del virus HIV dal partner malato a quello sano: si è infatti sostenuto che, fornire la prova della causalità e dell’esclusione di cause diverse dal rapporto sessuale con il partner malato, rappresenta una vera e propria prova diabolica. Si veda: Castaldo, “AIDS e diritto penale: tra dommatica e politica criminale”, in Studi Urbinati, 1988-1989/1989- 1990, n. 41-42, pag. 73 e ss.

262 C. Piemontese, “Il principio dell’<oltre il ragionevole dubbio>, tra accertamento processuale e

numerosi fattori causali alternativi, sia particolarmente complesso in caso di leggi statistiche, ritiene comunque che quest’ostacolo di carattere pratico non possa tradursi in un ostacolo di carattere anche logico rispetto all’utilizzabilità di leggi con tali frequenze.

Più penetrante è invece l’osservazione critica di coloro che negano la stessa possibilità di operare tale verifica pur in presenza di coefficienti percentualistici sufficientemente alti, qualora si verta in ipotesi di causalità omissiva. Infatti, pur constatandosi che la sentenza Franzese è relativa ad un’ipotesi di causalità omissiva e che, il modello in essa elaborato, è stato poi esteso anche in ambito commissivo, alcuni studiosi263 sostengono che lo schema bifasico perfettamente funzionante in caso di azione, non possa essere utilizzato proprio per l’accertamento del nesso causale tra omissione ed evento, a causa dell’impossibilità in tali ipotesi di procedere all’esclusione dei fattori causali alternativi.

Si tratta, a dire il vero, di una posizione del tutto minoritaria, sia in dottrina che in giurisprudenza, largamente convinte invece della possibilità di operare l’esclusione dei decorsi causali alternativi anche in caso di omissione, alla luce della perfetta identità dell’accertamento causale in entrambe le ipotesi.

Dopo aver sottolineato che l’importanza dell’esclusione dei fattori causali alternativi era già stata evidenziata prima dell’intervento dele Sezioni Unite264, si riconosce tuttavia a tale pronuncia il merito di aver chiarito l’autonomia concettuale di tale fase rispetto a quella della sussunzione sotto leggi

263 L. Masera, “Il modello causale delle Sezioni Unite e la causalità omissiva”, in Dir. pen. e proc.,

2006, pag. 493 e ss.; F. Viganò “Problemi vecchi e nuovi in tema di responsabilità penale per medical malpractice”, in Corriere del Merito, 2006, pag. 961 e ss.

264 Si ricorda, infatti, che già nella sentenza sul disastro di Stava (cfr. Cass. Pen., IV, 6 dicembre

1990, Bonetti, in Cass. Pen., 1992, pag. 2726, n. 1411 e in Foro It. 1992, II, pag. 36) si sottolineava che “il nesso di condizionamento tra azione ed evento potrà essere riconosciuto presente soltanto con una quantità di precisazioni e purchè sia ragionevolmente – non certamente

– da escludere l’intervento di un diverso processo causale”. In dottrina, poi, l’importanza di tale

fase era stata già sottolineata da M. Donini, “La causalità omissiva e l’imputazione per l’aumento del rischio. Significato teorico e pratico delle tendenze attuali in tema di accertamenti eziologici probabilistici e decorsi causali ipotetici”, in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, pag. 32 e ss., il quale affermava che “in presenza di una legge di copertura di valore statistico…è del tutto decisivo, per la persuasività dell’accertamento, che si escluda l’intervento di altri fattori causali di rischio effettivamente interagenti in via concorrente o esclusiva (c.d. exceptio ex pluribus causis).

scientifiche, delineando quello che viene comunemente definito schema

bifasico265. In base a tale schema, dopo aver individuato la legge scientifica di

copertura (c.d. causalità generale), il giudice deve procedere a verificare che, nel caso concreto, non siano intervenuti fattori di rischio differenti rispetto alla condotta dell’imputato (c.d. causalità individuale).

Tale schema può essere applicato in caso di responsabilità commissiva, come dimostrato nell’esempio scolastico del contagio da Aids. Infatti, pur al cospetto di una legge statistica dotata di un valore probabilistico addirittura inferiore al 5 %, si sostiene che, qualora il giudice possa escludere con certezza la possibilità che il partner sano sia stato esposto a fattori di contagio differenti rispetto al rapporto sessuale con partner infetto, può ritenersi raggiunta la prova del nesso causale al di là di ogni ragionevole dubbio266.

Del tutto differenti sono invece le conclusioni che questi studiosi raggiungono in ambito di causalità omissiva. Per rendere più chiari i profili problematici posti dall’omissione si ricorre al classico esempio del medico M che, non diagnosticando la patologia (ad esempio, un’infezione tetanica), omette la corretta terapia e il paziente P muore poco dopo esser stato dimesso dall’ospedale. In questo caso, dopo aver accertato la posizione di garanzia in capo all’imputato M, la prima verifica da compiere è quella relativa all’accertamento del reale decorso fattuale: il giudice dovrà quindi chiedere ai periti di individuare quella che è stata la causa reale del decesso di P. In questa fase dunque acquista rilevanza l’esclusione di cause alternative, essendo ovvio l’esito assolutorio del giudizio qualora si constati che il paziente del succitato esempio non sia morto a causa dell’infezione tetanica ma per un infarto, del tutto indipendente dal fattore patogeno che il medico M avrebbe potuto e dovuto ostacolare.

265 Così, già prima della pronuncia delle Sezioni Unite si esprimeva O. Di Giovine, in “Lo statuto

epistemologico della causalità penale tra cause sufficienti e condizioni necessarie”, in Riv. it. dir.

proc. pen., 2002, pag. 667.

266 Su questa ipotesi, peraltro, dobbiamo ricordare le perplessità, già citate addietro, di Federico

Stella che, in un primo momento, ha sostenuto che solo in casi rarissimi, come quello della suora di clausura che contrae l’Aids in seguito ad uno stupro, sia possibile la sicura esclusione di fattori alternativi,mentre, nei suoi scritti successivi, ha negato con forza il valore euristico dell’eliminazione dei decorsi alternativi.

Accertato ciò è necessario domandarsi quale fosse la condotta che M avrebbe dovuto porre in essere, individuando, ad esempio, il momento in cui era possibile compiere l’esatta diagnosi (il giorno X all’ora Y) o quali fossero le terapie più idonee per contrastare la malattia (ad esempio, la dose D del siero antitetanico S)267.

L’ultima fase dell’accertamento causale consiste nel valutare se, constatato che il paziente P è morto proprio a causa del tetano, la morte si sarebbe potuta evitare se il medico M, il giorno X e all’ora Y, gli avesse somministrato la dose D del siero antitetanico S. Per compiere tale giudizio controfattuale il giudice dispone, ad esempio, di una legge scientifica in base alla quale la morte per tetano può essere evitata nel 60% dei casi dalla somministrazione della dose D del siero antitetanico S: si tratta, dunque, di accertare se il paziente P rientra in tale percentuale di casi oppure se invece fa parte di quel 40% di persone che sarebbero morte comunque. A questo punto il perito dovrà valutare tutti i fattori che, nel caso concreto, potevano influire sulle probabilità di guarigione: l’età del paziente, le sue condizioni generali di salute, la presenza di possibili fattori debilitanti per l’organismo, lo stadio della malattia, l’intensità dell’infezione, ecc. Non avrebbe invece alcun senso domandarsi se sono intervenuti fattori causali alternativi, ai quali la condotta dell’imputato M è rimasta estranea: infatti, sappiamo già che la causa reale della morte è l’infezione tetanica alla quale peraltro è rimasta estranea l’azione dell’imputato, che è citato in giudizio proprio per aver omesso di intervenire in un decorso causale già in atto268. Queste considerazioni sono frutto della natura doppiamente ipotetica della causalità omissiva269, che rende

267 Vi è chi (si veda F. Viganò “Problemi vecchi e nuovi in tema di responsabilità penale per

medical malpractice”, cit., pag. 967) mette in evidenza questo profilo, che potrebbe apparire quasi scontato, partendo dalla constatazione che spesso, nei capi d’imputazione, non viene indicata l’esatta condotta doverosa omessa che avrebbe potuto evitare il verificarsi dell’evento. Infatti i p.m. si limitano a effettuare contestazioni generiche (es. non aver adottato le corrette misure imposte dai protocolli terapeutici), mettendo così a repentaglio lo stesso diritto di difesa dell’imputato, che non è posto in grado di conoscere l’esatto addebito contestatogli.

268 Ibidem, pag. 969.

269 Ormai anche F. Stella (in “Causalità omissiva, probabilità, giudizi controfattuali. L’attività

medico - chirurgica.”, in Cass. pen., 2005, n. 3/2005, pag.1078) ha aderito a questo filone che considera ipotetica la natura della causalità attiva e doppiamente ipotetica quella della causalità omissiva, riconoscendo che “Paliero ha ragione e io aderisco senz’altro alla sua idea del giudizio controfattuale di secondo grado”.

impossibile l’eliminazione dei decorsi alternativi per due ragioni: “perché tale giudizio ha senso solo se il fattore di cui va vagliata la rilevanza, escludendo la sussistenza di altre possibili cause, è realmente intervenuto nel decorso causale, mentre la condotta del sanitario non si è inserita in tale decorso; e perché per definizione un elemento diverso dalla condotta del reo e capace di cagionare l’evento è sempre presente, ed è proprio quel fattore di rischio che la sussistenza della posizione di garanzia imponeva all’imputato di fronteggiare (nel caso del medico, la patologia da cui era affetto il paziente, e che la terapia omessa aveva la funzione di combattere)”270.

Pertanto, la concretizzazione della legge scientifica potrà portare solamente ad individuare una legge meno generica, ritagliata su quelle che sono le caratteristiche del paziente, che consentirà quindi di avere percentuali più alte o più basse rispetto al 60 % iniziale. Ciò che rileva però è che comunque il giudice si troverà ancora una volta di fronte a meri dati statistici e dunque la probabilità statistica assume nuovamente un rilievo decisivo nell’accertamento della causalità omissiva. Si ridimensiona quindi notevolmente il ruolo della valutazione ex post che, con l’eliminazione dei decorsi causali alternativi, avrebbe dovuto garantire la certezza processuale dell’imputazione oggettiva dell’evento al soggetto agente.

A queste considerazioni segue il rilievo che, per queste ragioni, la sentenza Franzese non può ritenersi risolutiva in ordine al problema dell’accertamento causale nei reati omissivi e che dunque ci si trova ancora una volta di fronte all’alternativa che aveva diviso la giurisprudenza prima del 2002: è necessario accertare che la condotta omessa avrebbe con certezza (e, dunque, con probabilità vicinissime al 100%) evitato il prodursi dell’evento lesivo oppure è sufficiente la prova che quella condotta avrebbe diminuito notevolmente le probabilità di verificazione dell’evento lesivo?271

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