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Amatrice anno zero: ripartire dalla scuola

di Maria Rita Piton

2.2. Amatrice anno zero: ripartire dalla scuola

La comunità “frammentata” dai cambiamenti, ferita nel profondo, si è riflessa anche nella mia comunità di riferimento: la scuola. L’Istituto Om- nicomprensivo di Amatrice comprende la scuola dell’infanzia, la scuola primaria, quella secondaria di primo e secondo grado: dagli alunni, dai docenti, dal personale Ata e dalle famiglie, un insieme di persone diverse, con ruoli diversi ed esigenze diverse; è una comunità complessa sia per i problemi che comunemente il mondo della scuola affronta, sia perché quando essa è calata in un contesto d’emergenza variabili, che interagisco- no tra loro e che interferiscono con la riuscita della missione istituzionale aumentano vertiginosamente.

Focalizzarle tutte e riadattarle ad una situazione del tutto nuova, è sta- to molto difficile e lo è ancora oggi. Quello che mi ha portato in questo contesto è stata la nomina da parte del Ministero a ricoprire il ruolo di Dirigente reggente in quest’Istituto, proprio all’indomani del terremoto. Le situazioni d’emergenza le avevo già conosciute e vissute a livello persona- le, avendo partecipato, al seguito della Croce Rossa Italiana, a 7 missioni in Albania, Kossovo, Iraq, nonché nel terremoto che ha distrutto la città dell’Aquila nel 2009. Le competenze di gestione delle emergenze e quelle relazionali utili alla gestione delle emozioni e al mantenimento degli equi- libri labilissimi, le ho acquisite dal mio vissuto trentennale di crocerossina. Viverle da Dirigente scolastico è stato, però, tutt’altra cosa.

Naturalmente quando sono arrivata ad Amatrice il primo problema è stato quello di trovare una struttura che potesse garantire l’accoglienza scolastica, moduli provvisori dove poter ospitare la scuola. Insieme al Mi- nistero si era pensato che la cosa più importante fosse dare un po’ di “nor- malità” in una situazione ancora così dolorosa (a meno di un mese dal si- sma) riaprendo proprio la scuola. La scuola è forse il nucleo più importante di una comunità. Ad Amatrice i genitori e le famiglie sono rimaste perché c’era la scuola. La grandezza della Protezione civile del Trentino, che ha donato i moduli scolastici posizionati presso la frazione di San Cipriano, non è stata solo quella di allestire moduli prefabbricati, ma anche quella di garantire alla comunità di Amatrice una sua continuità: tante famiglie sono rimaste grazie alla scuola. La sopravvivenza di una comunità è difficile quando la popolazione si disperde.

Sono state numerose le organizzazioni e le associazioni che voleva- no apportare il loro contributo alla comunità scolastica. La posizione di un Dirigente scolastico deve essere chiara, precisa ed autorevole. La mia scelta è stata: Operatori del Territorio. Operatori del Territorio perché i processi di ricostruzione educativa sono lunghi e complessi, perché la scuola tutta e le famiglie hanno bisogno di punti di riferimento stabili, di continuità nelle azioni, soprattutto in un processo in cui i punti di riferi- mento sono tutti da rimettere in piedi o costruire ex novo. Le associazioni e gli operatori non del territorio prestano attività di volontariato per perio- di di tempo troppo limitati e poi vanno via, con un ricambio continuo di persone. Questo non aiuta nei processi di ricostruzione e trasformazione ma segna solo un periodo di transito in cui ci si affida per poi ritrovarsi co- munque soli. Si è creata una rete sul territorio grazie al protocollo firmato da Velino for Children. Quindi siamo riusciti a trovare, sul territorio, l’Uni- versità dell’Aquila, il professor Alessandro Vaccarelli, pedagogista specia- lizzato nelle emergenze, gli operatori della Comunità Montana del Velino, l’Ufficio Scolastico Provinciale e noi personale della scuola. Con Velino for

insegnanti nelle giuste condizioni emotive per affrontare un anno scolasti- co che si sarebbe inaugurato con dolore, segnato tra l’altro dalla morte di ben otto alunni della scuola.

L’ultimo Collegio docenti del giugno 2016 aveva deliberato di aprire la scuola il 13 settembre. L’impegno di mantenere salda quella decisione, per dare un segnale di speranza ai bambini, alle bambine, ai ragazzi, alle loro famiglie, alla comunità nella sua interezza, è stato rispettato. Il motto era “ripartiamo dalla scuola”. Questa data voleva essere un messaggio di resi- lienza da parte di un’istituzione resiliente: il desiderio di ripartire da una fetta di comunità fondamentale, ovvero la scuola, punto di ritrovo e di ag- gregazione per le famiglie e i loro figli, ha trovato la sua realizzazione e il 13 settembre 2016, alla presenza di numerose autorità, con la commozione dell’intera comunità e di un’intera nazione, la scuola riesce ad aprire.

Ad Amatrice il primo problema è stato quello di rintracciare le fami- glie, in una fase di grande disorientamento e confusione e anche di priva- zione di numeri telefonici e contatti necessari che erano andati persi sotto le macerie dell’edificio scolastico. Ho girato tutti i campi dove le famiglie erano attendate, dialogato con loro cercando di tranquillizzarle e al con- tempo di permettere di scaricare la loro tensione. Per rintracciare i ragazzi del Liceo sono stata aiutata soprattutto dal passaparola su whatsapp; i ragazzi sono riusciti a creare un ponte tra la scuola e la comunità stessa, motivati dalla voglia di restare nei loro luoghi, seppur “feriti” e distrutti. Subito dopo, nella tenda adibita a mensa della Protezione Civile abbia- mo comunicato che la scuola si sarebbe riaperta grazie anche ai moduli provvisori che la Protezione Civile del Trentino stava compattando pro- prio per un uso di tipo scolastico. A Cittareale sono state montate delle tende-scuola che successivamente, insieme agli operatori coinvolti e ai bambini stessi, hanno assunto le sembianze di piccole aule. La comunità di Accumoli, invece, aveva deciso di trasferirsi a San Benedetto. Questa de- cisione è stato il risultato di un’interazione molto tesa con le famiglie, che non comprendevano l’utilità dell’apertura della scuola nel loro paese ormai distrutto, visto che loro non avevano dei moduli abitativi, non c’erano più strade, la popolazione si era dispersa. È stato fondamentale accogliere le loro perplessità, dialogare con rispetto e delicatezza, girare i campi per leg- gere anche i loro sguardi e le loro paure; dopo la tragedia da qualche parte bisognava riniziare.

I ragazzi non avevano più una casa, non avevano più oggetti, non aveva- no più luoghi dove incontrarsi, non avevano più i propri animali. La scuola riprende con mille difficoltà: ragazzi traferiti altrove, lutti da affrontare, organizzazione dell’organico e del personale Ata, docenti nuovi in una si- tuazione nuova, estremamente fluida e caotica. Ma i bambini sono la forza del presente e del futuro. Inizia un anno di comprensione e condivisone dei

bisogni, di progettazione di soluzioni o di risposte ad ogni bisogno indivi- duato.

Il primo giorno di scuola mancavano otto tra bambini e ragazzi. Me- tabolizzare il lutto. Mentre i bambini erano attratti da giochi e colori che avevano negli zaini, regalati dalla protezione civile del Trentino e da tanti generosi donatori, i ragazzi e gli adolescenti, lontani dalle telecamere, erano abbracciati nel ricordo dei loro compagni, parenti e amici che non c’erano più.

Nasce così l’idea del “bosco della memoria”, che si sarebbe realizzata una settimana dopo la riapertura della scuola, alla presenza del Garante nazionale per l’infanzia: con una cerimonia catartica, per ogni alunno deceduto veniva piantato un albero di melo. La tristezza e il dolore ha ac- compagnato questo rituale, unitamente anche alla consapevolezza di dover andare avanti, con forza e resilienza.

Da subito abbiamo creato una fase d’accoglienza per gli alunni che rien- travano nella loro scuola e un percorso di supporto psico-pedagogico agli in- segnanti, spaventati nel gestire la nuova situazione e le nuove dinamiche dei gruppi-classe, nonché le esperienze di lutto che accompagnavano alcuni di loro. Rientrare in classe e vedere un banco vuoto è una tragedia così grande che sembra quasi impossibile da gestire e superare. Ancora più forte è sta- to l’impatto delle insegnanti coinvolte in prima persona nell’esperienza del sisma, come quelle di Accumoli e Amatrice, che dovevano fare i conti con la loro fragilità emotiva e con quella degli alunni. I primi giorni di scuola insegnanti, alunni e personale Ata, sono stati accolti da un’équipe multidi- sciplinare di Velino for Children e da associazioni coordinate dallo stesso (in primis Aspic L’Aquila), che si sono prodigati nell’accogliere stati d’animo e bisogni di diverso tipo e nel creare delle attività in cui gli alunni potessero sentirsi bene. Perché la scuola è stare bene in una comunità. Questo ha poi permesso di dare continuità nel corso dell’anno e ancora oggi, sia alle attivi- tà psico-educative che a quelle di supporto psico-pedagogico e sociale.

Questa rete sul territorio è stata possibile anche grazie ad una formazio- ne in servizio che ha permesso l’utilizzo di linguaggi comuni, fondamenta- li per la condivisione e lettura degli eventi. L’organizzazione del corso “A scuola di resilienza: apprendere e insegnare dopo una catastrofe” (Vacca- relli, infra) è stata determinante in questo senso. Purtroppo la continuità dovrebbe essere assicurata anche per il corpo docente e questo non accade. Sarebbe necessaria una certa flessibilità nell’organizzazione burocratica, amministrativa, contabile, poiché in emergenza non si può ragionare come nelle situazioni ordinarie, perché “non siamo nella scuola dei Parioli, ma nelle scuole di emergenza, in mezzo alle macerie e alla distruzione”. Chi non viveva sul territorio non è riuscito a penetrare pienamente la realtà del- la scuola “Romolo Capranica”.

Primi giorni di scuola ad Amatrice (Scuola Primaria) - Laboratorio di costruzione giochi (a cura di Tiziana Guadagnoli) - Progetto Accoglienza - Velino for Children

Laboratorio “Circumnavigando” - Teatro Alchemico - Progetto Accoglienza Veli- no for Children

2.3. Le criticità affrontate e i punti di forza del sistema

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