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Cosa è e cosa non è la progettazione europea in (post)emergenza: cinque spunti di riflessione

di Valentina Castello

6.2. Cosa è e cosa non è la progettazione europea in (post)emergenza: cinque spunti di riflessione

Come anticipato, gli spunti di riflessione sono organizzati attorno a cinque temi che, a partire dalla confutazione di alcune interpretazioni e

resistenze tipiche alla progettazione europea, intendono fornire gli elementi chiave per attivare percorsi sostenibili e partecipati di ricostruzione e inno- vazione sociale, nell’ambito di una dialettica organica di fabbisogni, risorse e impatti attesi tra individui, comunità e istituzioni.

1. Non esiste una progettazione europea e una non. Obiettivi e metodolo- gie unitari

Tutti i programmi sono definiti, negoziati, programmati e co-finanziati nell’ambito di una dialettica unitaria tra Europa e Stati membri; dialettica che trova, semplificando, tre snodi principali di programmazione: il quadro

strategico comune e la Comunicazione Europea, che definisce strategie, obiettivi e percorsi programmatici – COM(2010); l’accordo di partena-

riato, che consente di declinare, in ciascuno Paese, i programmi operativi nazionali e regionali rispetto alle finalità strategiche e agli obiettivi tema- tici definiti nella Comunicazione. Per raggiungere gli obiettivi strategici di Europa 2020, si definisce, quindi, un sistema di “responsabilità condivisa” tra la Commissione e Stati Membri attraverso strumenti: diretti (H2020; Erasmus Plus; Easi, ecc.) e indiretti/strutturali (programmi operativi nazio- nali e regionali). Un quadro ampio di analisi delle caratteristiche dei diver- si programmi, diretti e strutturali, è fornito dal Formez (2017).

La necessità di integrare dinamicamente obiettivi, scelte e risorse ai vari livelli di programmazione è stata supportata in modo crescente negli ultimi due periodi di programmazione (2007-2013; 2014-2020) attraverso la promozione di meccanismi e strumenti di governance multilivello (e mul- tifondo). Tuttavia, la progettazione europea viene ancora percepita come un corpo di norme, attori, regole e risorse autonomo e distante rispetto al sistema nazionale, regionale e locale.

Senza alcuna pretesa di completezza o esaustività rispetto a un tema così ampio e articolato, è importante invece chiarire l’unitarietà del quadro programmatico di riferimento rispetto a:

– Finalità. Uno degli elementi principali della politica di coesione in cor- so è rappresentato proprio dalla concentrazione delle risorse sugli obiet- tivi della strategia Europa 2020 (strategia per una crescita intelligente,

sostenibile e inclusiva, che si articola poi in 11 obiettivi tematici rispet- to ai quali si articolano i programmi, diretti e indiretti, e si misurano le progettazioni a essi riferiti).

– Programmazione, che delinea congiuntamente programmi diretti e strutturali rispetto all’articolazione degli obiettivi tematici articolati e definiti in ciascun programma.

– Metodologie di progettazione e dimensioni chiave di valutazione. Il

framework metodologico, comune a tutti le programmazioni e proget- tazioni, è rappresentato dal PCM e del relativo approccio del QL, basati su una “programmazione per obiettivi”, contrapposta alla “programma-

zione per attività” (Commissione Europea, 2004; Formez, 2015; Bussi, 2002, 2017). Tale metodologia guida, in tutti i programmi, l’intero processo di programmazione, progettazione e gestione dei progetti; ne guida parimenti il processo valutativo. Tre sono i criteri di fondo di approvazione e valutazione di una proposta progettuale: rilevanza, fat-

tibilità, efficacia/impatto. Essi rappresentano i cardini imprescindibili

rispetto ai quali guidare tutte le progettazioni di (ri)costruzione struttu- rale, sociale e culturale.

2. Progettazione europea non significa fondi europei; è complessa, non complicata

La sovrapposizione dei concetti di “fondo” e di “progettazione” rappre- senta un altro tema da chiarire e da articolare, a supporto di una riflessione efficace in tema di progettazione, specie in situazioni di (post)emergenza, nelle quali tipicamente confluiscono risorse finanziarie di natura e tipolo- gia diversa (contributi a fondo perduto e accesso a schemi di finanziamento agevolati; fondi diretti e indiretti; solidarietà sociale; etc) e che richiedono procedure e modelli di gestione e rendicontazione differenziati. La con- fluenza di fondi differenziati contribuisce ulteriormente alla potenziale confusione dei piani di analisi, che non aiuta ad affrontare correttamente il tema non tanto dell’accesso ai fondi quanto quello, più complesso e rile- vante, delle scelte di allocazione di priorità e risorse.

A tal fine, è possibile tracciare un quadro, seppur sintetico, articolato in tre macro-livelli.

Il primo fa riferimento all’accesso ai fondi stanziati ed agli strumenti finanziari definiti ad hoc per le situazioni di (post)emergenza, già richia- mato in premessa, come ad esempio il Fondo di solidarietà dell’Unione

Europea, il Fondo per le emergenze nazionali2 e la Banca Europea degli

investimenti (BEI)3, differenziati tra loro per tempistiche di accesso, finalità

e natura degli interventi ammissibili.

Il secondo piano fa riferimento ai fondi europei strutturali, con partico- lare riferimento a quelli regionali, riferiti a politiche e interventi di svilup- po socioeconomico, in particolare il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e il Fondo Sociale Europeo (Formez, 2004, 2017)4. Tale secondo livello ri-

2. Fondo istituito dal D.L. 93/2013 (convertito con modifiche dalla L. 119/2013, con disposizioni in tema di Protezione Civile).

3. I finanziamenti e le altre forme di sostegno finanziario possono essere attivati anche con strumenti speciali di che la Commissione europea ha definito in collaborazione con la BEI e altri istituti finanziari. Si rimanda alla sezione dedicata: http://ec.europa.eu/regio- nal_policy/it/funding/special-support-instruments/.

4. Il FEASR – e i Piani di Sviluppo Rurale regionale – pur non essendo strumen- to della politica regionale e di coesione può contribuire sinergicamente all’azione del post(emergenza).

sponde a una esigenza di (ri)programmazione integrata dei fondi strutturali rispetto alle esigenze condivise e partecipate di (ri)costruzione di medio- lungo periodo, nei diversi ambiti di intervento (infrastrutturale, strutturale, dei servizi e del sociale, ivi inclusi i temi della prevenzione del rischio).

Questa considerazione lega il secondo livello al terzo, riferito alle po- tenzialità delle progettazioni europee – e dei relativi fondi a loro supporto – nei contesti di post(emergenza) offerte dall’intero quadro programmatico di Europa2020, ivi inclusi i fondi diretti e le Iniziative Faro, attivati rispet- to agli obiettivi prioritari europei.

Lo spostamento dal primo al terzo piano di riferimento sposta progres- sivamente il focus dal tema dell’accesso ai “fondi” a quello della proget- tazione da parte degli attori (istituzionali e sociali) del territorio di inter- venti, soluzioni e azioni finalizzate a ri-costruire e co-costruire sistemi, strutture, servizi, valori e identità. Tale spostamento rimanda ad una rifles- sione più ampia sui nodi di progettazione, come si dirà più avanti; rimanda parimenti, anche a uno spostamento parallelo sull’asse della complessità.

3. Non ci sono programmi dedicati e risposte strutturate, ma traiettorie partecipate da definire

Coerentemente a quanto fin qui condiviso, la riflessione in tema di pro- gettazione europea in contesti di (post)emergenza non richiama program- mazioni dedicate e/o risposte definite da supportare e finanziarie. Tali con- testi, piuttosto, aprono a fabbisogni complessi ed articolati, che richiamano programmazioni, fondi e opportunità diverse.

Il tema non è quindi quello di identificare ed accedere a fondi dedica- ti agli ambiti specifici di ricostruzione (post)emergenza quanto quello di definire visioni e identità rispetto alle quali attivare prima e valutare poi percorsi e traiettorie condivisi.

L’individuazione del programma – diretto o indiretto – di riferimento cui indirizzare lo sforzo progettuale richiede la definizione a monte di alcune dimensioni chiave (rispetto alle quali misurare le dimensioni di rile- vanza, fattibilità e impatto della proposta progettuale): finalità e delle stra- tegie di intervento; ambiti di innovazione sociale; target (diretti e indiretti) e livelli di intervento.

Tale passaggio rischia, tuttavia, di essere autoreferenziale e/o di vanifi- care l’efficacia delle progettazioni (e degli interventi, se approvati) se non basato su un processo di analisi e condivisione di problemi, obiettivi e stra- tegie tra gli attori rilevanti rispetto agli ambiti di innovazione. Questo, nel- le complesse situazioni di (post)emergenza, diventa cruciale per ridefinire e condividere visioni e aspettative di cambiamento, (ri)costruzione e innova- zione (strutturale, economica, sociale e valoriale). “Saltarlo” a beneficio di progettazioni verticali e verticistiche vuol dire rimandare i nodi critici del-

lo sviluppo socioeconomico e tenere “sospese” le ricostruzioni stesse delle identità, individuali e sociali, con impatti negativi in termini di benessere sia nel breve sia nel medio lungo-termine. Non si possono qui approfondire tali riflessioni ma occorre evidenziarne almeno il legame con due aspetti di grande importanza rispetto al tema della progettualità in (post)emergenza.

Il primo si riferisce all’importanza dello sviluppo di modelli – e com- petenze – di intervento psico-socio educativi in (post)emergenza che im- pattano positivamente sulle dimensioni di resilienza e di benessere degli individui, delle famiglie e della collettività. La costruzione, la validazione e la condivisione di tali modelli, pratiche e competenze rappresentano esse stesse una importante potenzialità di progettualità europea, come si dirà anche nella successiva riflessione. Tali modelli, inoltre, consentono di supportare il processo di progettazione partecipata che è alla base stessa di una progettazione europea efficace, come appena evidenziato.

Progettazione partecipata che rappresenta, infatti, il cuore metodologico del PCM, attraverso la metodologia Goal Oriented Project Planning –

GOPP (Commissione Europea, 2004; Formez 2015; Bussi, 2002, 2017). Il metodo GOPP rappresenta una metodologia di progettazione partecipativa prevista nel PCM in cui i diversi attori-chiave di un determinato contesto definiscono in modo condiviso una strategia progettuale attraverso una chiara definizione del quadro logico di azione (Formez, 2015; Bussi, 2002, 2017). La strategia d’intervento è legata alla costruzione e condivisione dell’analisi di problemi e obiettivi. Solo dopo l’analisi, viene, quindi, la progettazione, ovvero la definizione de: il logframe, ovvero della struttura di progetto e della sua logica anche in termini di obiettivi misurabili; le attività, i milestone, gli input e il budget (Formez, 2015). Ciò consente di garantire ex-ante la rilevanza del progetto, supportarne la fattibilità e ga- rantirne la sostenibilità (Commissione Europea, 2004; Formez, 2015).

I percorsi di (ri)costruzione e innovazione sociale richiedono, quindi, uno sforzo prioritario nell’analisi e “progettazione” condivisa di problemi e obiettivi prima ancora che di attività e risorse. Passaggio semplice sul piano concettuale; di grande complessità sul piano implementativo. La con- divisione di problemi, obiettivi e strategie, supportata anche dal confronto, tra gli attori del territorio, sulle “narrazioni” delle visioni future attese, consente di portare in superficie e/o anticipare le situazioni di stallo e/o le naturali “tensioni” tra visioni, priorità e obiettivi diversi dei diversi gruppi sociali. Non a caso, come si dirà più avanti, anche il processo valutativo dei progetti ha spostato progressivamente l’asse dalla “rendicontazione” di risorse e attività a quella di risultato e di impatto.

Ciò significa anche sostenere – sul piano fattuale oltre che concettuale – che l’emergenza non richiede progettazioni di emergenza. La natura parte- cipata di scelte, interventi e traiettorie che costruiscono percorsi e “futuri”

condivisi, così come la centralità dell’impatto, anche nel tempo, dei proget- ti consente di tener conto dell’esigenza di:

– non dare risposte “emergenziali” a problematiche strutturali. Pur assu- mendo un ruolo primario la messa in sicurezza e la garanzia dei ter- ritori, le soluzioni vanno pensate e implementate in ottica strutturale e sostenibile, sia sul piano delle strutture fisiche ma anche dei modelli di azione istituzionale e socioeconomica;

– ricostruire identità oltre che strutture. Il (post)emergenza fa emergere problemi e fabbisogni articolati, distribuiti per priorità, ambiti, target e orizzonti temporali differenziati. Le fragilità e le diversità esistenti sono amplificate; le infrastrutture sociali, oltre che quelle fisiche, sono messe a dura prova ed hanno bisogno di (ri)definirsi e (ri)proiettarsi;

– analizzare non solo il sistema di problemi, bisogni e obiettivi attuali ma anche futuri e prospettici; in tal senso, la progettazione europea può e dovrebbe anticipare le “emergenze” future oltre che fornire risposte efficaci nel tempo.

Non ci sono, quindi, risposte univoche (cui riferiscono programmi dedi- cati) ma traiettorie di innovazione condivise, che possono attivare una mol- teplicità di fondi e programmi, diretti e indiretti, in ragione degli ambiti, dei target e degli obiettivi di intervento condivisi.

4. Non si parte da zero e non è gioco a somma zero. Impatto e replicabilità

Gli approcci metodologici di progettazione partecipata appena delineati rispetto all’analisi prima e la pianificazione poi di obiettivi, risorse e attivi- tà consentono di riprendere il tema della rilevanza e dell’impatto sotto due profili valutativi fondamentali:

– La progettazione europea non è un gioco a somma zero. La dinamica di progettazione partecipata, l’ampiezza e la complessità degli ambiti di progettazione e le stesse dimensioni di valutazione pongono in evidenza come i progetti debbano andare a creare un valore aggiuntivo, per i

target diretti e indiretti degli interventi, nel breve così come nel medio lungo termine. La progettazione in ambito europeo, con particolare riferimento ai fondi diretti, misura tale valore aggiuntivo (rispetto alle risorse impiegate) in termini di creazione di modelli, strumenti, risul- tati e risorse che trovano nel confronto tra partner europei un punto di partenza (rispetto alle lezioni apprese, alle risorse – anche conoscitive – utilizzabili e a più ampi processi di trasferimento di innovazione) e/o un punto di arrivo (rispetto alla replicabilità di risultati e risorse e/o alla creazione di spazi europei di lavoro, crescita, mobilità).

– Le riflessioni appena riportate consentono, quindi, di evidenziare come

la progettazione europea non parte da zero ma sia tesa a valorizzare processi di replicabilità (esperienze, risorse e reti esistenti). In tal senso

il tema dell’impatto si lega all’attivazione di effetti moltiplicatori: nel tempo, in termini di sostenibilità di percorsi, risorse e risultati; nello spazio implementativo, in termini di trasferimento di percorsi, risorse e risultati in contesti, ambiti e target di riferimento diversi.

Le esperienze, i modelli e le risorse sviluppate nell’ambito degli inter- venti psico-pedagogici nelle recenti situazioni di post(emergenza) possono rappresentare le basi per lo sviluppo di progettazioni sperimentali allargate così come risorse da trasferire, condividere e ulteriormente valorizzare nel confronto nazionale ed europeo.

5. Rendicontare non è un problema di carte

La rendicontazione ha da sempre rappresentato un fattore di ostacolo e di difficoltà rispetto alla partecipazione di enti e organizzazioni, pubbliche e private, alle opportunità progettuali offerte dalla programmazione.

Resistenze che permangono su un piano di distanza percepita più che di effettivo fabbisogno di conoscenze tecniche verticali. Infatti, i sistemi per la gestione, il monitoraggio e la rendicontazione dei progetti, nel corso del- le programmazioni, sono andate significativamente semplificandosi. Uno degli elementi di innovazione della politica di coesione per il settennio 2014-2020 è rappresentato proprio dalla semplificazione delle procedure, rese più trasparenti e informatizzate e dalla riduzione degli oneri ammi- nistrativi a carico dei beneficiari. Ciò per favorire una più ampia parteci- pazione alle programmazioni da parte di tutti gli attori del partenariato sociale e civile e, al tempo stesso, alzare progressivamente l’asticella della valutazione sulle dimensioni dell’impatto e sostenibilità. Infatti, il tema della semplificazione si integra, nella programmazione 2020, con una più forte spinta all’orientamento ai risultati. In tutti i programmi, diretti e in- diretti, vengono quindi, stabiliti ex-ante obiettivi e indicatori chiari e mi- surabili a guida dei processi di progettazione, gestione e valutazione delle iniziative. Ciò da stimolo anche alla progressiva diffusione di metodologie rigorose che consentano la valutazione dell’impatto (Formez, 2015, 2017); temi centrali rispetto al potenziale della progettazione europea in scenari di (post)emergenza, come già evidenziato. Tale evoluzione riguarda l’intero ciclo programmatico e caratterizza, quindi, i rapporti di rendicontazione, audit e valutazione tra gli attori che intervengono ai vari livelli (tra Com- missione e Autorità di Gestione – centrali/nazionali/regionali/locali – e tra queste e gli enti di gestione intermedia, se esistenti, fino ad arrivare agli attuatori delle singole proposte progettuali).

“Dare conto” di risultati, risorse e impatti generati significa anche con- sentirne la replicabilità, oltre che promuovere lo scambio di risorse, prati- che e competenze, attivando processi virtuosi di programmazione, valuta- zione e riprogrammazione.

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