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Educazione di comunità

di Marco Catarc

11.3. Educazione di comunità

Alcuni approcci pedagogici strettamente legati alla dimensione territo- riale e comunitaria sono rappresentati dall’educazione di comunità, dall’e- ducazione popolare e dall’animazione territoriale.

L’educazione di comunità consiste, in particolare, in un orientamento che si rivolge a soggetti coinvolti in processi e relazioni sociali con pro- blemi e finalità comuni, in un determinato contesto locale, per identificare bisogni e criticità, e promuovere lo sviluppo di azioni per il miglioramento delle condizioni di vita (Minzey, LeTarte, 1972). In questo senso, l’educa- zione di comunità va intesa come una strategia a beneficio dell’intera co- munità, indirizzata a fornire risposte ai bisogni formativi e culturali di tutti i componenti della collettività (Minzey, LeTarte, 1972).

Si tratta, quindi, di un orientamento “basato” sul territorio (place-

based) o, anche, “consapevole” di esso (place-conscious), che impone una serie di accortezze, come l’acquisizione di una conoscenza accurata del

contesto in cui si svolgono i processi educativi, un ancoramento dell’ap- prendimento agli effettivi contesti di vita degli allievi e l’inserimento di problemi reali tra i contenuti del processo educativo (Knapp, 2008).

In ambito anglosassone, storicamente la nozione di “educazione di comunità” (community education) compare nella seconda decade del No- vecento per assegnare alla scuola del villaggio il ruolo di centro di un si- stema olistico di educazione per l’intera comunità locale, attraverso attività di tipo educativo, sociale, culturale e ricreativo, sulla base degli interessi di vita dei soggetti di diverse fasce d’età (Fieldhouse, 2000).

Si tratta, quindi, di una strategia di community care, nozione che identi- fica la capacità da parte della comunità di prendersi cura di sé, in generale, e dei propri componenti, nello specifico (Tramma, 1999). Un approccio teso allo sviluppo della comunità mette, infatti, le persone in condizione di stabilire quali sono i loro problemi e fornisce gli strumenti attraverso i quali identificare le cause di essi. L’impatto di un approccio di questo tipo può sortire effetti su tre livelli: anzitutto, conduce a un incremento della capacità di iniziativa dei soggetti e, conseguentemente, anche della loro autostima e fiducia; in secondo luogo incrementa l’influenza della comunità sui processi decisionali locali, quindi potenzialmente consegue anche il miglioramento dei servizi che possono rispondere ai bisogni della popola- zione; infine, contribuisce allo sviluppo di un quadro alternativo attraverso il quale comprendere i problemi locali da una prospettiva più ampia e so- stenibile (Tett, 2006).

In quest’ottica, l’educazione di comunità è un’attività continua, che enfatizza la partecipazione attiva del soggetto nell’apprendimento e nell’as- sunzione di decisioni, focalizza i problemi e i bisogni dei soggetti, è basata su comunità identificabili, promuove processi di cambiamento e richiede di adottare metodi informali e non formali (Mc Connell, 2002). Esiti rilevanti sono anche l’incremento della consapevolezza dei partecipanti rispetto a temi sociali, ambientali, di classe e politici, l’incoraggiamento dei cittadi- ni alla partecipazione come modalità per acquisire un maggiore controllo delle risorse e dei processi decisionali, l’aumento della capacità delle per- sone di gestire i processi di cambiamento nel modo che desiderano e di promuovere le condizioni per migliorare l’efficacia dei servizi, infine il raf- forzamento nelle persone della capacità di definire, perseguire e conseguire obiettivi comuni (Mc Connell, 2002). Tutto ciò rende particolarmente evi- dente quanto l’educazione di comunità sia importante nei contesti emergen- ziali e post-emergenziali, che sono segnati da forti elementi di squilibrio e criticità (Puglielli, infra; Vaccarelli, infra).

L’educazione di comunità incoraggia l’apprendimento, in particolare, attraverso il dialogo, che rappresenta la forma tipica di tale approccio: in qualsiasi intento educativo nei confronti della comunità è necessario, infat-

ti, partire dalle preoccupazioni e dai problemi espressi dai soggetti nei loro contesti di vita, in modo che l’apprendimento sia di immediato significato per coloro che sono coinvolti, perché è solo in un impegno reciproco nell’a- nalisi dei problemi giornalieri che può essere costruito un apprendimento rilevante per la comunità (Batsleer, 2008). In quest’attività, l’educatore in- formale si pone in un atteggiamento aperto, in un ruolo di “facilitatore” dei processi educativi, per comprendere ed effettivamente, a sua volta, impara- re dagli individui della comunità (Jeffs, Smith, 2005).

Un aspetto particolarmente rilevante dell’educazione di comunità in un’ottica di pedagogia sociale concerne il fatto, poi, che i saperi acquisiti sulla base di tale approccio sono strategici per dare avvio a processi di cambiamento territoriale e di contrasto della marginalità (Tett, 2006). In- fatti, proprio l’apprendimento può rappresentare per il soggetto una risorsa per identificare diseguaglianze, esplorare le origini di esse e analizzarle criticamente, attraverso informazioni, conoscenze e saperi acquisiti (Tett, 2006).

In questo senso, l’approccio consente anche di individuare chi è oppres- so e deprivato del potere nel contesto locale. L’educazione di comunità è stata adottata, ad esempio, in numerosi contesti dei Paesi in via di sviluppo come rilevante strumento per l’acquisizione di consapevolezza rispetto ai propri diritti, in un’ottica di giustizia sociale e in vista del mutamento delle strutture economiche (Poster, Zimmer, 1992; Mc Connell, 2002).

Un orientamento assai vicino all’educazione di comunità è quello del- l’“educazione popolare”, che consiste in una forma di educazione “non formale” (che quindi si svolge al di fuori delle istituzioni solitamente de- putate all’istruzione) che incoraggia il soggetto ad analizzare criticamente la propria vita e a mobilitarsi per il cambiamento delle condizioni sociali (Husain, 2003).

Questa strategia è radicata, inoltre, negli effettivi interessi delle persone, è apertamente critica rispetto allo status quo, rappresenta un impegno per il mutamento sociale e politico. Per questo motivo, il suo curricolo emerge dall’esperienza concreta e dai reali interessi delle persone della comunità, la sua pedagogia è collettiva, focalizzata prioritariamente sul gruppo, con l’obiettivo, ove possibile, di costruire collegamenti diretti tra l’apprendi- mento e l’iniziativa sociale (Crowther, Galloway, Martin, 2005).

Le modalità con le quali si svolge l’educazione popolare sono, dunque, fortemente basate sul contesto locale, con una continua alternanza tra ri- flessione e azione: a partire dalle esperienze del soggetto, la comunità ini- zia a identificare il problema, riflette sulla questione e la analizza, amplian- do la sua contestualizzazione dal particolare al generale, sviluppando una teoria, infine pianifica e realizza le azioni per il cambiamento. Un aspetto significativo di tale strategia è il modo con il quale l’educazione popolare

utilizza la cultura popolare, il canto, la danza, il racconto e le altre forme di produzione culturale per sviluppare una comunicazione efficace con i partecipanti, differenziandosi così radicalmente dai processi educativi at- tuati nelle istituzioni scolastiche, che spesso non consentono al soggetto di vedere riconosciuta la propria esperienza di vita e i propri valori. Alla base di tale scelta vi è l’ipotesi che l’apprendimento sia più efficace se la parte- cipazione del soggetto sia attiva, se differenti stili di apprendimento siano interpellati, se il contenuto sia rilevante per i soggetti, se vi sia reciprocità tra formatori e partecipanti, se, infine, l’intero percorso sia in grado di sti- molare la motivazione dell’individuo (Husain, 2003).

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