di Fabio Bocc
14.3. Una possibile proposta per la pedagogia emergen ziale e post emergenziale
Come abbiamo detto è possibile avvalersi del cinelinguaggio in ambi- to formativo mediante una ampia gamma di applicazioni. Alcuni esempi chiariscono meglio tali modalità applicative.
Ad esempio ci si può avvalere di un montaggio di sequenze apposita- mente realizzato per suscitare alcune sensazioni sulle quali poi proporre una riflesisone o procedere alla visione di un film che propone una storia emblematica.
In ogni caso, lo scopo è quello di mettere a disposizione uno spazio di intermediazione tale per cui ciò che si presenta sotto le fattezze dell’incon- sueto, dell’imprevedibile o dell’imperscrutabile (persone, eventi, cose…) va reso più accessibile attraverso il mediatore filmico che agisce da punto d’incontro. Si tratta, per richiamare ancora Canevaro (2002), dello sfondo che permette di ridurre l’estraneità paurosa della figura. Lo stesso oggetto (nel nostro caso traumatico), collocato in uno sfondo di senso diviene più accessibile, elicita i possibili collegamenti e intrecci.
Ciò è anche possibile in quanto i film proprio per la loro struttura di fic-
tion (quindi di verosimiglianza, imprecisione, non esaustività).
Paradossalmente, è proprio la caratteristica di non esaustività del film a offrire i maggiori spunti per un chiarimento, per una precisazione, per un dovuto approfondimento. Le persone coinvolte si identificano con maggiore facilità nei personaggi, ne analizzano le azioni e le reazioni sul piano esi- stenziale e non da esperti (ossia tecnici), attivando la giusta tensione cono- scitiva che li spinge ad un apprendimento significativo.
Le fasi tipiche con cui si snoda questo tipo di narrazione sono da questo punto di vista feconde di suggestioni operative:
1. C’è un antecedente all’evento (la vita scorre tranquilla, con il suo nor- male tran tran quotidiano).
2. Avviene l’accadimento che interrompe questa quotidianità (un terremo- to, una catastrofe di altra natura, ma anche un qualsiasi cambiamento profondo delle consuetudini di un singolo o di una comunità).
3. Tale evento genera spaesamento (si genera il trauma), tale per cui non ci si riconosce e non si riconosce più ciò che è stato e non si riesce ad intravedere quella progettualità cui si era fatto fede per proiettarsi verso il proprio futuro.
4. Si avverte il bisogno di una ridefinizione (del sé), che avviene gene- ralmente grazie a degli incontri, al riscontrare che persistono delle invarianti umane (esistenziali) anche nella catastrofe che sembra aver modificato tutto.
5. Il bisogno di ridefinizione innesca l’attivazione delle risorse personali e altrui (agentività).
6. Si giunge ad un qualche esito, spesso lasciato aperto a innumerevoli possibilità.
Nella sua essenzialità (non desideriamo in alcun modo essere prescrit- tivi, in quanto spetta al formatore adattare la procedura alle contingenze e decidere come meglio procedere) un simile iter formativo potrebbe confi- gurarsi nel modo che brevemente descriviamo qui di seguito.
Se ritenuto opportuno si può iniziare con un primo incontro o una parte introduttiva del primo incontro dedicato/a all’illustrazione alla presentazio- ne delle finalità del progetto, a come questo si struttura, ossia mediante il ricorso all’utilizzo di film, e al tema oggetto degli incontri previsti. In tal senso è opportuno lasciare aperto uno spazio di confronto, nel quale possa- no emergere già alcuni aspetti dei vissuti o delle aspettative dei partecipan- ti, nonché di proposte su come organizzare il tutto e, perché no, anche in merito al film da visionare.
Successivamente (secondo incontro o seconda parte del primo incontro) viene visionato un film proposto dal formatore oppure scelto dai parteci- panti.
La lista di film cui ci si può avvalere è pressoché infinita. Infatti per introdurre i temi sui quali si vuole elicitare l’emergere dei vissuti, delle emozioni, delle paure, ecc. si può fare riferimento sia a storie che trattano in modo diretto di catastrofi e traumi sia a narrazioni filmiche la cui trama pur non entrando nello specifico degli eventi catastrofici può risultare fun- zionale allo scopo rispettando l’evoluzione insita nelle sei precedentemente descritta.
Film che vanno bene anche per i bambini più piccoli, come Toy Story
III (L. Unkrich, 2010), Madagascar (E. Darnell e T. McGrath, 2005), Insi-
de out (P. Docter, 2015), Il Re Leone (R. Allers e R. Minkoff, 1994), Alla
ricerca di Nemo (A. Stanton, 2003), Paddington (P. King, 2014) ma, anche,
Jumanji (J. Johnston,1995), Le cronache di Narnia (A. Adamson, 2005) o la saga di Harry Potter.
Film che sono utilizzabili con i ragazzi più grandi e con gli adulti (for- matori in formazione, insegnanti, educatori, genitori, ecc…) si può pensare a film del genere fantascientifico catastrofico, come ad esempio Indepen-
dence day (R. Emmerich, 1996), La guerra dei mondi (S. Spielberg, 2005),
La quinta onda (J. Blakeson, 2016), oppure approdare a film a contenuto specifico, quali:
– Esposizione a gravi incidenti: Il signore delle mosche (Lord of the flies, P. Brook, 1963); L’inferno di cristallo (John Guillermin, 1974), Airport
’77 (J. Jameson, 1977); Alive. I sopravvisuti (F. Marshall, 1992); Fear-
less Senza paura (P. Weir, 1993).
– Esposizione a disastri naturali: Terremoto (M. Robson, 1974), E la vita
continua (A. Kiarostami, 1991), The impossible (Juan Antonio Bayona, 2012).
– Esposizione a disastri provocati dall’uomo: Metropolis (F. Lang, 1926),
Sindrome Cinese (J. Bridges, 1979); Through a Child’s Eyes: Septem-
ber 11, 2001 (A. Schatz, 2002), 9-11: The Teens’ Perspective (S. Joffe, 2002), Telling Nicholas (James R. Whitney, 2002), 11 settembre (registi vari).
– Esposizione a guerre: Germania anno zero (R. Rossellini, 1948), Il
ragazzo dai capelli verdi (J. Losey, 1949), Giochi proibiti (R. Clement, 1952), L’infanzia di Ivan (A. Tarkowskij, 1962), Il tamburo di latta (V. Schlondorff, 1979), Bashu il piccolo straniero (B. Beizai, 1989), Europa
Europa (A. Holland, 1990), Alan e Naomi (S. Vanwagenen, 1991), Pri-
ma della pioggia (M. Manchewski, 1994); La vita è bella (R. Benigni, 1997); Il bambino con il pigiama a righe (Mark Herman, 2008).
A questi si possono aggiungere film che trattano specificamente del Di-
sturbo Post Traumatico da Stress, come Rolling Thunder (J. Flynn, 1977);
Tornando a casa (H. Asby, 1978); Il cacciatore (M. Cimino, 1978), Gente
Comune (R. Redford, 1980); Agnese di Dio (N. Jewison, 1985); Suspect -
Presunto colpevole (P. Yates, 1987); Jacknife (D.H. Jones, 1989); I nuovi
eroi (R. Emmerich, 1992); Il cliente (J. Schumacher, 1994); Home room (P. F. Ryan, 2002).
Le attività post visione – a seconda dell’età dei partecipanti – come detto sono finalizzate a fare emergere i personali vissuti e i contenuti emo- zionali che derivano dall’esperienza traumatica subita e rivisitata mediante la fiction.
Se per i più piccoli, naturalmente, ci si può avvalere del disegno come mezzo espressivo d’elezione, per i più grandi si può strutturare un percorso di analisi (e autoanalisi) che potrebbe prevedere i seguenti passi (prima fa- se del processo di astrazione):
1. descrizione (scritta/orale) degli eventi, dei fatti, dei personaggi, delle azioni…;
2. descrizione dei pensieri, dei sentimenti, delle emozioni dei personaggi (cosa pensano, cosa sentono, cosa provano…);
3. descrizione dei propri pensieri, sentimenti, emozioni rispetto a quanto vissuto dai personaggi (cosa penso, cosa sento, cosa provo identifican- domi/proiettandomi su uno o più personaggi della storia);
4. descrizione di cosa ritengono avrebbero potuto fare, a quali risorse attingere (conoscenze, competenze, strategie, ecc.) per agire/reagire/ fronteggiare la situazione. Questo sia immedesimandosi nei personaggi, sia pensando a loro stessi in quelle circostanze.
Ulteriori attività possono prevedere un lavoro di ricerca e di documen- tazione che riporta alla storia vissuta dai partecipanti, come ad esempio il reperire informazioni mediante ricerche su internet o presso emeroteche, oppure ricorrendo agli archivi televisivi digitali per acquisire le sequenze dei telegiornali in cui è stata data notizia del tragico accadimento. Si trat- ta di spunti utili per un’analisi e un confronto (seconda fase del processo astrattivo) per cogliere e ricollocare in un contesto di comunicazione socia- le che li vede coinvolti, le diverse modalità con cui sono state fornite le in- formazioni, i contenuti descritti e mostrati, le tipologie di analisi compiute dai giornalisti o dagli esperti chiamati a commentare l’evento.
In conclusione, possiamo affermare che questa tipologia di esperienza formativa, può essere attivata, con i dovuti adattamenti e miglioramenti, in diversi contesti e situazioni.
La narrazione filmica configurandosi come un mediatore culturale al tempo stesso forte e tenue, in grado di aiutare i formatori ad allestire un ambiente relazionale significativo sul piano pedagogico. In particolare ciò si rende necessario e opportuno quando ci si confronta con eventi che so- prattutto i soggetti in età evolutiva possono percepire e vivere interiormen- te come fattori psicologicamente pregnanti e ingovernabili, con il rischio che esercitino (se non esplicitati, analizzati e compresi) un influsso negati- vo sulla qualità della loro vita presente e futura.
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