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Conoscere le reazioni di stress delle vittime di cala mità natural

di Carla Iorio

9.1. Conoscere le reazioni di stress delle vittime di cala mità natural

Ti manca la terra sotto i piedi, ti crolla il mondo addosso, non hai più la tua casa, la tua base sicura, non hai più la tua Università, il tuo Ospedale, i tuoi amici e i tuoi compagni di studio non ci sono più, non hai più la tua privacy, non hai più progetti per il futuro, non hai più sogni, né fiabe da raccontare ai tuoi bimbi, solo dolore e disperazione per un lutto subito o l’angoscia per un familiare disperso, alle prime luci dell’alba, quando la cruda realtà diventa tangibile agli occhi e il rumore del silenzio lacera l’anima.

Il terremoto è un vero e proprio evento traumatico per la psiche umana, è una ferita dell’anima, è un evento inaspettato, incontrollabile e aggressivo, che ci mette in contatto con il nostro senso di impotenza ed il limite umano di non poter prevedere tutto. Ha un impatto emotivo particolarmente intenso, tale da interferire con le nostre capacità di adat- tamento e le nostre strategie di difesa sia durante la scossa che in seguito. Va a lesionare l’intimità della psiche, la parte più vulnerabile dell’essere umano. La perdita della casa corrisponde alla perdita degli aspetti più in- timi e privati della vita quotidiana (la cucina, la camera da letto, il bagno, l’armadio con i propri vestiti, gli oggetti più cari), mentre fuori si intra- vede un paesaggio agghiacciante, la propria comunità trasformata in un cumulo di macerie.

Nei casi di calamità naturali (terremoti, inondazioni, maremoti, incendi, ecc) le persone che sono state coinvolte direttamente e quindi esposte ai pericoli e all’evento traumatico sono quelle che molto probabilmente ripor- teranno le conseguenze più gravi.

Il tipo di stressor e la sua forza sono dei buoni indicatori e predittori sulla tipologia di vittima che risentirà per lo più dei danni.

La reazione che un individuo può mostrare in seguito al trauma dipende da due fattori:

1. l’entità del trauma: più è grave l’evento critico, più la persona sperimen- ta l’impotenza, il terrore e l’angoscia;

2. le caratteristiche della personalità pre-traumatica (la presenza, ad esem- pio, di un particolare livello di vulnerabilità che può costituire un fatto- re predisponente all’insorgenza di un sintomo disadattivo).

Maggiormente entriamo in contatto con le immagini, gli odori, i suoni e le sensazioni corporee legate al trauma, come lesioni subite durante l’e- vento, e più aumenterà la probabilità di sviluppare un disturbo post trau-

matico da stress.

Tutto ciò che entra in contatto con i nostri sensi ha una forte potenza a livello emotivo e la capacità, quindi, di trasformare in qualche modo sia i ritmi del corpo che i processi di attivazione.

Consideriamo alcuni stimoli che inconsapevolmente possono rievocare forti emozioni nel sopravvissuto, come per esempio alcuni odori respirati durante l’evento (pensiamo alla polvere delle macerie nei terremoti, l’odore dei disinfettanti o di carne bruciata negli incendi) che possono elicitare emozioni dolorose associate al trauma e riattivare il sistema di allarme del corpo (alterazione della frequenza cardiaca e respiratoria, aumento della sudorazione, modificazione della pressione sanguigna). Questi cambiamenti fisiologici portano con sé anche il vissuto emotivo legato all’esperienza ed hanno evidentemente la finalità di predisporre il corpo a reagire alla situazione e ciò spesso accade anche in assenza di un pericolo evidente e riconoscibile.

Nell’esaminare il ruolo di vittima all’interno degli eventi traumatici consideriamo la classificazione proposta da Taylor e Frazier (1989):

1. vittime primarie: costituite dalle persone che hanno subito direttamente l’evento;

2. vittime secondarie: parenti ed amici delle vittime primarie, che denun- ciano quindi effetti secondari;

3. vittime terziarie: soccorritori, che riportano disagi di natura psicologica a causa dell’esperienza traumatica che si trovano a fronteggiare in emer- genza;

4. vittime di quarto livello: membri della comunità che non appartengono all’area colpita ma si sono ugualmente interessati o occupati dell’evento; 5. vittime di quinto livello: individui vulnerabili, seppur non coinvolti di-

rettamente che possono reagire con un disagio emozionale;

6. vittime di sesto livello: persone che avrebbero potuto essere vittime di primo tipo ma sono scampati all’evento.

È rilevante sottolineare come ogni individuo ha una propria percezio- ne dell’accaduto, anche se parliamo dello stesso evento sùbito, in quanto

porta con sé esperienze di vita diverse, storie personali ed eventi tramatici differenti e di conseguenza anche la reazione e il livello di resilienza sarà diverso.

Ogni esistenza può essere costellata da prove più o meno difficili da su- perare. Nel momento in cui l’essere umano viene colpito da un evento trau- matico come una calamità naturale, si trova a dover affrontare una nuova tappa della sua vita.

Nella reazione allo stress giocano quindi un ruolo importante i fattori di vulnerabilità del soggetto, i suoi punti di debolezza e i traumi personali antecedenti l’evento, che possono indurre allo sviluppo di stati di disagio psicologico. Sarebbe opportuno tentare di comprendere il livello di tolle- ranza individuale all’esposizione ad eventi critici che generano incertezze e insicurezze.

Per capire le motivazioni alla base di differenti reazioni di stress, a quella che sembra essere la stessa calamità, è quindi opportuno tener pre- sente sia il tipo di evento (intensità, minaccia di morte, imprevedibilità e ripetibilità, gravità dei danni), sia le variabili legate alla vittima (bassa autostima, preesistenza di disturbi psicopatologici, basso livello socio-eco- nomico, precedenti esposizioni a traumi, problematiche familiari, capacità di utilizzare le risorse interne o di farsi aiutare), sia la presenza di supporto e risorse sociali (la qualità e la tempestività degli interventi, la presenza di relazioni sociali supportive e la collaborazione della rete sociale nella fase del post-emergenza).

Tra i fattori associati allo stress da calamità abbiamo (Young et al., 2002):

– lesioni personali;

– decesso o lesioni subite dalla persona amata, figli, ecc.; – perdita di beni materiali;

– stress persistente;

– reazioni di stress di altre persone significative; – traumi precedenti;

– aspettative su di sé;

– esperienza precedente in situazione di calamità; – percezione e interpretazione delle cause; – livello di sostegno sociale.

Possiamo distinguere diverse tipologie di reazioni iniziali subito dopo il verificarsi dell’evento:

– reazioni di tolleranza, che riguarda circa il 10-20% della popolazione coinvolta, caratterizzata da una buona capacità di autocontrollo e gestio- ne delle reazioni emotive;

– reazioni iper-emotive brevi, riguarda circa il 75-80% degli individui, con il verificarsi di stati di ansia, paura, palpitazioni e smarrimento nei

giorni appena successivi l’evento, creando disagi psicologici e somatiz- zazioni al soggetto. Tende a dissolversi in un breve periodo, altrimenti può sfociare nel disturbo post traumatico da stress (DPST);

– reazioni di risposta gravemente inadeguata, solo il 10-15% degli in- teressati, contraddistinta da esplosioni di rabbia, stati deliranti e con- fusionali, forte depressione e comportamenti irrazionali. Quest’ultima categoria tende a dissolversi nel tempo.

Nonostante le reazioni siano diverse da superstite a superstite, Farberow e coll. (1981) hanno avuto modo di identificare delle fasi temporali abba- stanza predicibili, all’interno delle quali ogni individuo mostra differenti risposte (Giusti, Montanari, 2000):

1. Fase eroica: può precedere l’arrivo dei soccorsi e si manifesta quando i sopravvissuti cominciano ad occuparsi delle vittime. I superstiti mani- festano un’iperattività nei soccorsi senza alcuna attenzione alla propria sicurezza. Iniziano le prime attività di organizzazione e messa in sicu- rezza dei sopravvissuti. Può durare da alcune ore ad alcuni giorni. 2. Fase della luna di miele: è la fase dopo la prima emergenza, quando il

disastro è terminato, sono stati messi in salvo i sopravvissuti e recupe- rate le vittime. La popolazione è caratterizzata da uno stato di euforia e ottimismo collettivo, c’è molta attenzione dei media sul posto, quantità ingenti di risorse che arrivano e la credenza che tutto tornerà come pri- ma dell’evento. Iniziano a calare le energie della fase iniziale e subentra la fatica.

3. Fase della disillusione: è il momento della presa di coscienza della re- altà, diminuisce l’interesse dei media e la presenza sul posto degli aiuti, si realizza che le promesse non verranno probabilmente mantenute; è la fase del confronto tra le aspettative iniziali e la dura realtà. Sentimenti di abbandono, denunce di ingiustizie e accuse di incompetenza, dimi- nuzione della speranza e ritorno dei sintomi da stress, sono solo alcune delle reazioni riscontrabili in questa fase.

4. Fase della ristabilizzazione: iniziano a verificarsi cambiamenti osserva- bili, si riavvia la ricostruzione e molte persone ritornano al livello pre- cedente di funzionamento. I tempi di recupero previsti sono differenti da individuo ad individuo, comunque l’intervallo temporale è tra i 6 e i 36 mesi. La ricorrenza della prima annualità dell’evento risulta essere un periodo critico nel quale possono riacutizzarsi alcuni sintomi del di-

sturbo post traumatico da stress (DPST).

Anche dopo svariato tempo dall’evento traumatico, l’individuo per pro- teggersi dal dolore interiore e dal vissuto emotivo provato può arrivare a mettere in atto comportamenti inconsapevoli e automatici, come l’in- nalzamento della soglia di tolleranza verso gli avvenimenti che generano imprevedibilità e insicurezza, reazioni eccessive di attacco o fuga, o pren-

dere le distanze dal proprio mondo emotivo, vivendo le esperienze solo razionalmente. Diventa una strategia difensiva, per molti superstiti, evitare il contatto e l’autoconsapevolezza con le proprie emozioni, che risultano in- nominabili per la paura di perdersi nel dolore e nell’angoscia.

Dunque subentra una reazione emozionale intensa ad una serie di sti- moli esterni, che innesca risposte fisiologiche e psicologiche di natura adat- tiva, nominata stress. Se gli sforzi del soggetto falliscono perché lo stress supera la capacità di risposta, l’individuo è sottoposto ad una vulnerabilità nei confronti della malattia psichica, di quella somatica o di entrambe.

È possibile distinguere tre prospettive: biologica, emotiva-psicologica e sociale, che forniscono una spiegazione della natura dello stress.

Dal punto di vista biologico lo stress è stato definito da Selye (1936) una risposta aspecifica dell’organismo ad ogni richiesta proveniente dall’ambiente. La richiesta comprende una gamma molto ampia di stimoli, detti agenti stressanti, che possono essere di natura fisica (es. caldo, fred- do, sforzi muscolari ecc.) o emozionale (es. paura, ira, ansia, gelosia, riso, pianto ecc.). La risposta biologica è sempre la stessa ed è la conseguenza di una reazione difensiva dell’organismo nel quale avviene l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, determinando l’aumento nel sangue di ormoni come la noradrenalina e l’adrenalina e la produzione degli antido- lorifici naturali come le endorfine, che rendono più tollerabili le tensioni emotive o i dolori fisici, alzando la soglia relativa del dolore.

La reazione difensiva e adattiva prende il nome di reazione di Emer-

genza o sindrome generale di adattamento e ed è costituita da (Giusti, Di Fazio, 2008):

1. Fase di allarme: è una fase con modificazioni biochimiche/ormonali in cui viene messa alla prova l’efficienza dell’organismo. È una condizione che non possiamo definire patologica ma necessaria e da non evitare perché può costituire l’essenza stessa della vita.

2. Fase di resistenza: quando le persone si trovano a vivere una situazione di stress, per un intervallo di tempo piuttosto prolungato, l’organismo si attiva funzionalmente in senso difensivo. Possiamo percepire una situa- zione come stressante e non accorgerci che essa perduri nel tempo. Ciò rende la fase di resistenza allo stress più lunga e continua, tanto che il nostro sistema immunitario, come reazione agli stimoli di stress inten- so, riduce le capacità di autodifesa.

3. Fase di esaurimento: è una fase nella quale avviene il crollo delle di- fese e l’incapacità di adattarsi ulteriormente in quanto l’organismo non riesce a recuperare le energie necessarie per affrontare altre situazioni problematiche. I meccanismi naturali di regolazione organica non rie- scono ad entrare in azione ed a facilitare il rilassamento, accelerando il logoramento dell’organismo.

Secondo la prospettiva emotivo-psicologica possiamo parlare di stress psicologico (ibidem), come la risposta dipendente dalla valutazione cogniti- va del significato dello stimolo. L’esito finale di tale valutazione è costituito dalle rappresentazioni mentali. Con tale termine si fa riferimento non solo alle immagini mentali, ma anche al dialogo interno, cioè quel costrutto mentale che rappresenta i contenuti cognitivi connessi alle credenze e alle convinzioni, maturate dalla storia personale e dalle conoscenze possedute, che si presentano sotto forma di dibattiti tra i pensieri. Se il dialogo interno è positivo, logico e reale si può riuscire a sviluppare una vita più conforme a quella desiderata e funzionale alle reali esigenze. Lo stress è, quindi, la risultante dell’interazione tra variabili ambientali e variabili individuali.

Le persone non ne sono dunque vittime passive, ma sono importanti le autovalutazioni cognitive ed emotive che vengono fatte rispetto agli even- ti, insieme ai modi in cui considerano le proprie risorse psicologiche e le proprie strategie di coping di fronte a situazioni stressanti. Il profilo psico- logico dell’individuo più a rischio per incorrere in una condizione di stress è quello che presenta un’insufficienza nell’ambito dei processi di mentaliz- zazione, ossia una ridotta capacità di elaborazione dell’emozione attraverso il pensiero.

In ultimo abbiamo la prospettiva psicosociale secondo la quale una situazione esterna caratterizzata da difficoltà interpersonali, sociali o in- dividuali (solitudine, abbandono, fallimento lavorativo, eccessive richieste di rendimento), provocano una risposta interna che trova le sue espressioni nell’ansia, nella colpa, nell’ira o nella depressione. Il comportamento ester- no suscitato da quella risposta ora adeguata e realistica, ora inadeguata, può provocare la liberazione di impulsi incontrollati di natura psichica o psicosomatica.

9.2. La relazione d’aiuto come risorsa “antisismica” nei

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