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Parte II. Oggetto del lavoro: titoli energetici e quote di emissione di gas serra

Capitolo 3. Quote di emissione di gas serra (emissions trading)

3.2. Normativa europea: European Union Emissions Trading System (EU ETS)

3.2.2. Struttura del mercato

3.2.2.1. Ambito di applicazione

In via preliminare, va sottolineato come l’EU ETS rappresenti un mercato obbligatorio: ciò

dunque implica la partecipazione necessaria di tutti gli impianti ricompresi nell’ambito di

applicazione della direttiva (

413

). Cionondimeno, l’estensione del sistema viene limitato dalla

legislazione derivata sotto due profili: quello riferito ai settori industriali inclusi nel mercato

indicati nell’All. I, in coordinamento con quanto disposto dalla normativa sulle emissioni industriali

(

414

); quello riferito ai tipi di gas serra oggetto di regolazione, indicati nell’All. II (

415

).

Sotto il primo profilo, la dir. n. 2003/87/Ce prevedeva in origine l’applicazione del

meccanismo ai soli settori siderurgico, cartario e – soprattutto – energetico i quali, secondo le stime

della Commissione, all’epoca rappresentavano da soli il 46% delle emissioni totali di CO

2

sul

territorio europeo (

416

). La scelta dunque è ricaduta su pochi settori, particolarmente impattanti

sull’ambiente, evitando di appesantire eccessivamente la complessità amministrativa del sistema

(

417

). Tuttavia, l’auspicio dello stesso legislatore europeo era ab origine quello di «estendere il

mercato a tutti i settori dell’economia dell’Unione Europea» (

418

); sicché, con le modifiche

introdotte dalla Amending Directive nel 2009 per la terza fase, il novero dei soggetti coinvolti

(413) Specificamente, per “impianto” si intende «un'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I e altre attività direttamente associate che hanno un collegamento tecnico con le attività svolte in tale sito e che potrebbero incidere sulle emissioni e sull’inquinamento» (art. 3, lett. e), dir. 2003/87/Ce).

(414) La Direttiva 96/61/Ce sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, nota anche come direttiva

IPPC, è stata abrogata dalla dir. n. 2008/1/Ce, poi ulteriormente abrogata dalla dir. 2010/75/UE sulle emissioni industriali (in G.U.U.E del 17 dicembre 2010, L 334/17). Quest’ultima, in continuità rispetto a quelle precedenti,

richiede agli Stati membri di enucleare un sistema di autorizzazioni integrate fondato sulle Migliori Tecniche

Disponibili (BAT), comprendendo numerosi settori rientranti nell’ambito applicativo dell’EU ETS. Tuttavia, la dir.

2010/75/Ce esclude la possibilità per gli Stati membri di prevedere in detti provvedimenti autorizzativi – in Italia corrispondente all’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ex artt. 29 bis e ss. d. lgs. n. 125/2006– valori limite alle emissioni di gas serra già inclusi nell’EU ETS, a meno che ciò non sia necessario «per evitare un rilevante inquinamento locale» (art. 9, par.1). Sul rapporto tra le due discipline v. ex plurimis A. EPINEY, Climate Protection

Law in the European Union – Emergence of a New Regulatory System, in JEEPL, 2012, vol. 9 n. 1, 22-27 e, per la

letteratura domestica, E. CICIGOI – P. FABBRI, op. cit., 56-59.

(415) La lista dei gas serra potenzialmente inclusi nel mercato corrisponde a quella di cui all’All. A al Protocollo di Kyoto; essa quindi comprende, oltre al biossido di carbonio (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O), gli

idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC) e l’esafluoruro di zolfo (SF6).

(416) Cfr. per tutti V. JACOMETTI, op. ult. cit., 190; B. POZZO, La nuova direttiva sullo scambio di quote di

emissione, cit., 81-82 e E. CICIGOI – P. FABBRI, op. cit., 25-27. In particolare, l’All. I menziona espressamente le

seguenti attività:

- energetiche (impianti di combustione che superino i 20 MW, raffinerie, cokerie); - produzione e trasformazione di metalli ferrosi;

- industria dei prodotti minerali;

- impianti destinati alla produzione di pasta per carta o carta e cartoni.

(417) Così il Libro Verde sullo scambio di quote di emission di gas serra del 2000: «[I]mportant criteria are environmental effectiveness, economic efficiency, the potential effects on competition, administrative feasibility and the possible existence of alternative policies and measures. Starting with a relatively small number of economic sectors and sources that contribute significantly to total emissions and for which the costs of reduction efforts differ significantly would substantially satisfy these criteria». Sul punto, in particolare con riferimento all’esclusione circa il settore chimico e dell’incenerimento dei rifiuti V. JACOMETTI, op. ult. cit., 191-192. Si ricorda, infine, che tutti i settori non ricadenti nell’ambito di applicazione dell’EU ETS sono comunque oggetto di controllo da parte della decisione Effort

Sharing.

include ad oggila produzione di alluminio e ammoniaca, le attività di cattura, trasporto e stoccaggio

di gas serra, nonché – a partire dal 1 gennaio 2012 – il trasporto aereo (

419

).

Sotto il secondo profilo, il campo applicativo si è limitato inizialmente all’effettiva inclusione

della sola CO

2

. Tale opzione fu perseguita per ragioni di certezza e stabilità del mercato, nell’ottica

di raggiungere il fondamentale obiettivo di “apporre un prezzo al carbonio” (

420

), in attesa

dell’implementazione circa il sistema di monitoraggio e controllo previsto dal Protocollo di Kyoto

(

421

). Anche in questo caso, a seguito delle modifiche introdotte nel 2009, l’EU ETS include –

sebbene solo con riferimento ad alcuni settori – anche il protossido di azoto (N

2

O) e i

perfluorcarburi (PFC) (

422

).

In ossequio alla visione decentralizzata che ha permeato l’iniziale elaborazione del sistema e

per meglio conformare il mercato ad eventuali altre misure adottate a livello nazionale, la direttiva

contempla inoltre delle procedure di opt-in (

423

)e opt-out (

424

), con riferimento a entrambi i profili

in discorso.

(419) In particolare, la decisione di includere il settore dell’alluminio sia stato oggetto della prima questione pregiudiziale riferita all’EU ETS, sottoposta dal Conseil d’État francese alla Corte di Giustizia Europea nel procedimento C-127/07, Société Arcelor Atlantique e Lorraine e altri c. Commissione. Nel caso in esame infatti il ricorrente, produttore d’acciaio, contestava la mancata inclusione proprio dei settori dell’alluminio e chimico nell’ambito di applicazione dell’EU ETS, violando così il principio di equo trattamento. La Grande Sezione, con sentenza del 16 dicembre 2008, pur riconoscendo una disparità di trattamento in astratto, ha fatto salva l’impostazione della direttiva sulla base dell’impatto che l’estensione dell’EU ETS ai settori contestati avrebbe comportato, statuendo che «[L’] inclusione di questo settore [quello dei metalli non ferrosi] nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87 avrebbe quindi appesantito la gestione e gli oneri amministrativi del sistema di scambio di quote, così da non poter escludere l’eventualità di una perturbazione del funzionamento di tale sistema, causato da detta inclusione, in sede di attuazione […]» (par. 65). Per un’analisi della decisione v. M. D’AURIA, Il principio di uguaglianza e il mercato

comunitario delle emissioni inquinanti, in Giorn. Dir. Amm., 2009, n. 9, 955 ss. e J. VAN ZEBEN, The European Emissions Trading Scheme Case Law, in RECIEL, 2009, vol. 18, n. 2, 123-125.Sulla questione legata al settore dei trasporti, e quello aereo in particolare, si ritornerà infra, par. succ.

(420)Sul punto v. ex plurimis gli interessanti contributi di D.M. DRIESEN, Putting a Price on Carbon: the Metaphor, in

Environmental Law, 2014, vol. 44, 696-722 e per un’analisi critica ID., The Limits of Pricing Carbon, in Climate Law,

2014, vol. 4, 107-118. Come notano A.D. ELLERMAN – F. CONVERY – C. DE PERTHUIS (a cura di), op. cit., 156-157, non si può discutere il fatto che l’EU ETS abbia fissato un prezzo alla CO2 emessa in atmosfera, né che tale prezzo sia ormai incorporato nelle scelte strategiche imprenditoriali di breve e lungo periodo.

(421) Cfr. V. JACOMETTI, op. ult. cit., 193. Come correttamente sottolinea L’A., la volontà iniziale era quella di evitare il verificarsi dei c.d. hot spots, ossia particolari situazioni di inquinamento a livello locale legate a forti concentrazioni di specifici gas serra, le quali avrebbero necessitato di previsioni normative ad hoc. Questo problema fu peraltro già affrontato, come sottolinea sempre l’A., 73-81, negli Stati Uniti in sede di implementazione dell’Acid Rain Program ed è stata risolta – solamente per gli stati centro-occidentali – proprio mediante una normativa ad hoc, il Clean Air

Intertate Rule (CAIR, 70 Fed. Reg. 25162, 25168, 12 maggio 2005), oggetto di parziale censura da parte della Court of Appeals federale (North Carolina v. EPA, 531 F.3d 896, D.C. Circ., 11 luglio 2008 e 550 F.3d 1176, 23 dicembre 2008,

per un commento alla decisione v. E. KRUSE, Case Comment: North Carolina v. Environmental Protection Agency, in

HELR, 2009, vol. 33, 283-296), sostituito dal 1 gennaio 2015 dal Cross-State Air Pollution Rule (CSAPR, 76 Fed. Reg.

48208, 8 agosto 2011). Anche il CSAPR è stato oggetto di impugnazione e di censura da parte della Court of Appeals nel 2012 per asserita mancanza di competenza dell’EPA a legiferare sulla base del Clean Air Act; la decisione è stata però ribaltata dalla Corte Suprema nell’aprile 2014 (EPA v. EME Homer City Generation, US. Supreme Court, No. 20-1182, 29 aprile 2014).

(422) Tale estensione riguarda, in particolare: la produzione di alluminio primario per i PFC; quella di acido nitrico, adipico e gliossilico per la N2O.

(423) L’art. 24 permette agli Stati membri (a partire dal 2008), previa approvazione della Commissione, di applicare l’EU ETS «ad attività e a gas ad effetto serra che non figurano nell’All. I», tenendo conto però delle ripercussioni che tale estensione potrebbe avere sul mercato interno, sulla concorrenza, sull’integrità ambientale e sul sistema di

Nonostante risulti decisamente aperto il dibattito sull’opportunità di includere settori come

l’agricoltura, nessuna ulteriore revisione sul punto è stata finora inserita nella proposta di modifica

per la fase post 2020 (

425

).

Segue. Il settore del trasporto aereo

A margine della disamina operata in merito all’ambito applicativo dell’EU ETS, qualche

cenno ulteriore va dedicato all’estensione del sistema al trasporto aereo, che rappresenta una delle

principali fonti di emissioni antropiche di gas serra, ancorché esso non sia incluso nella disciplina

internazionale di cui all’UNFCCC e al Protocollo di Kyoto (

426

).

Proprio in ragione del forte impatto che tale attività produce con riferimento tanto

all’equilibrio climatico, quanto all’effettività degli sforzi in termini di mitigazione perseguiti in altri

settori (

427

), dal 2012 sono inclusi nell’EU ETS tutti i voli di natura civile in partenza o in arrivo

presso aeroporti situati nel territorio di uno Stato membro (

428

), anche se provenienti da Paesi terzi;

viene fatta salva ad ogni modo la possibilità di rivedere tale previsione, qualora un Paese terzo

abbia altresì implementato misure finalizzate a ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici dei voli

in partenza dal proprio territorio (

429

).

Ad oggi, dunque, le compagnie aeree sono tenute a partecipare al mercato commerciando in

quote previste ad hoc (le European Union Aviation Allowances, EUAA), anche se è loro permesso

monitoraggio e controllo. L’art. 30, par. 1 d’altra parte, permette alla Commissione Europea di presentare una proposta volta ai medesimi fini, oltreché all’estensione della lista di gas serra ex All. II.

(424) L’art. 27 prevede la possibilità (a partire dal 2013) per gli Stati membri di escludere – anche temporaneamente – dal mercato gli impianti che abbiano comunicato un quantitativo di emissioni inferiore a 25.000 tonnellate di CO2 equivalente o che abbiamo una potenza termica inferiore a 35 Mwh, purché ad essi si applichino «misure finalizzate ad ottenere un contributo equivalente alle riduzioni delle emissioni» a livello nazionale.

(425) Sull’inclusione del settore agricolo – una delle maggiori fonti di emissioni di gas serra a livello europeo – v. V.H. PETERS, A Legal Obligation to Mitigate Greenhouse Gas Emissions from Agriculture: A Challenge to the European

Union’s Emissions Trading System and the EU Member States with the Largest Agricultural Impact, in UCLA Journal of International Law Foreign Affairs, vol. 19, 213 ss.

(426) V. la dir. n. 2008/101/Ce (detta anche Aviation Directive), in G.U.C.E. del 13 gennaio 2009, L 8/3. Secondo le stime della Commissione, le emissioni provenienti dai trasporti, pur in leggero declino dal 2007, persevera nel rimanere al di sopra rispetto ai livelli registrati nel 1990 e rappresenta un quarto delle emissioni complessive in Europa (v. la Comunicazione della Commissione del 20 luglio 2016, Strategia europea per una mobilità a basse emissioni, COM (2016) 501 def.); complessivamente, l’aviazione ricopre circa il 13% delle emissioni totali nel settore, e ha conosciuto un aumentato del 16% nel 2013 rispetto all’anno 2000 (v. EEA report n. 7/2015, Evaluating 15 years of transport and

environmental policy integration, al link file:///C:/Users/matteo/Downloads/TERM%20Report%202015.pdf

(disponibile il 22 settembre 2016). Sul procedimento di elaborazione della direttiva cfr. G. KAMINSKAITE-SALTERS, Expansion of the EU ETS: the case of emissions trading for aviation, in M. FAURE – M. PEETERS (a cura di), Climate Change and European Emissions Trading: Lessons from Theory and Practice, Cheltenham-Northampton, Edward Elgar, 2008, 322-341.

(427) Cfr. la – fondamentale – Comunicazione della Commissione del 27 settembre 2005, Ridurre l’impatto del trasporto

aereo sui cambiamenti climatici COM (2005) 459 def.

(428) V. l’All. I alla dir. 2003/87/Ce, come modificato dalla dir. 2008/101/Ce. Le previsioni ivi contenute sono state oggetto di ulteriore specificazione mediante apposite Linee Guida, pubblicate dalla Commissione con Decisione dell’8 giugno 2009. Sparute esclusioni sono previste per voli militari, effettuati a fini di ricerca e soccorso o se effettuati da operatori aerei commerciali di piccole dimensioni.

(429) Art. 25 bis dir. n. 2003/87/Ce. In tal caso, la Commissione può escludere dal Sistema i voli provenienti dal Paese terzo, previa consultazione con quest’ultimo.

di ricorrere a quelle assegnate per gli impianti fissi (EUA) (

430

). Autonomi rispetto a quelli previsti

per gli impianti fissi sono inoltre il cap alle emissioni e il sistema di assegnazione delle quote (

431

);

medesimo, sebbene con sottili differenze, è invece il meccanismo di compliance (cfr. infra, 3.2.2.4

e 3.2.2.5). Anche gli operatori aerei, infine, possono ricorrere all’utilizzo di CER ed ERU ai sensi

dell’art. 11 bis della direttiva (cfr. supra, 3.2.2).

L’approccio tenuto dall’Unione Europea con la disciplina in esame è stata oggetto di aspra

critica da parte di molti Paesi, soprattutto con riferimento alla sua compatibilità rispetto al diritto

internazionale (

432

). La questione si è dunque inevitabilmente trasferita in sede di contenzioso

innanzi la Corte di Giustizia Europea, la cui Grande Sezione – con una decisione invero molto

criticata – ha sancito la validità dello schema stabilito dalla dir. 2008/101/Ce (

433

). Ciononostante, la

Commissione ha optato per sospendere l’applicazione dell’EU ETS ai voli da o per Paesi terzi fino

al 31 dicembre 2016, nelle more di un accordo sul punto a livello mondiale in sede ICAO entro il

2020 (

434

).

(430) Al contrario, non è permesso agli operatori di impianti fissi l’utilizzo delle EUAA al fine di adempiere agli obblighi loro imposti dalla dir. n. 2003/87/Ce. Come nota correttamente K. KULOVESI, “Make your own special song,

even if nobody else sings along”: International aviation emissions and the EU Emissions Trading Scheme, in Climate Law, 2011, vol. 2, n. 4, tale opzione è stata perseguita principalmente per il fatto che le emissioni provenienti dal settore

aereo esorbitano dal totale assegnato agli Stati dall’All. I al Protocollo di Kyoto; sicché la previsione circa la reciprocità delle quote assegnate a impianti fissi e operatori aerei avrebbe minato l’integrità del sistema.

(431) In particolare, il cap è stato fissato (dal 2012) al 95% delle emissioni medie annuali rilevate nel triennio 2004-2006, e non prevede ad ora un tasso di diminuzione annuale, come per quello applicato agli impianti fissi (cfr. infra, par. succ.); dal 2012, inoltre il 15% delle EUAA assegnate viene messo all’asta, il 3% viene destinato a riserva e il resto viene distribuito gratuitamente (artt. 3 bis ss. dir. 2003/87/Ce).

(432) Nel 2011 numerosi Paesi – tra cui Stati Uniti, India, Russia, Cina e Giappone – si sono prodotti in numerose iniziative – sia unilaterali sia congiunte – per censurare l’estensione dell’EU ETS all’aviazione internazionale, considerandola discriminatoria e in violazione, tra le altre, della Convenzione di Chicago sull’aviazione civile internazionale, nonché della normativa WTO. Gli Stati Uniti sono giunti all’adozione, il 24 ottobre 2011, dello EU ETS

Prohibition Act 2011 (HR) 2492, che vieta alle compagnie aeree nazionali la partecipazione al mercato europeo. Sul

punto cfr. per tutti J. HARTMANN, A Battle for the Skies: Applying the European Union Emissions Trading System to

International Aviation, in NJIL, 2013, vol. 82, 187-220.

(433) CORTE GIUST. UE, 21.12.2011, Air Transport Association of America e altri c. Secretary of State for Energy and

Climate Change, causa C-366/10. Sarebbe troppo complesso in questa sede ricostruire l’articolato iter logico della

decisione. Di particolare interesse tuttavia è il rilievo svolto dalla Corte, secondo il quale la normativa europea impugnata non viola i principi di diritto internazionale consuetudinario (specificamente, quello di sovranità invocato dai ricorrenti), nella misura in cui tale previsione mira a garantire l’alto livello di protezione ambientale previsto dall’art. 191, par. 2 TFUE e a realizzare gli obiettivi che l’Unione stessa si è assegnata in materia di tutela dell’ambiente, nel caso in cui quest’ultimi «si collochino nel solco di accordi internazionali cui l’Unione ha aderito, quali la Convenzione quadro e il Protocollo di Kyoto» (punto 128). Per un commento approfondito alla decisione si rimanda a S. BOGOJEVIĆ, Legalising Environmental Leadership: A Comment on the CJEU’s Ruling in C-366/10 on the Inclusion

of Aviation in the EU Emissions Trading Scheme, in JEL, 2012, vol. 24, n. 2, 345- 356 e a B. MAYER, Case C-366/10, Air Transport Association of America and Others v. Secretary of State for Energy and Climate Change, Judgment of the Court of Justice (Grand Chamber) of 21 December 2011, in Common Market Law Review, 2012, vol. 49, 1113-1140 e

per un contributo italiano F. FRANCESCHELLI, Il rapporto fra diritto internazionale e diritto dell’UE nella sentenza

Air Transport Association of America della Corte di giustizia dell’UE, in Giur. it., 2013, n. 1, 183-187.

(434) Art. 28 bis dir. n. 2003/87/Ce, introdotto dal regolamento n. 2014/421/UE, in G.U.U.E. del 30 aprile 2014, L 129/1-4. La scelta è stata operata al seguito di forti pressioni – soprattutto da parte di Cina e Stati Uniti – e sulla base della Decisione n. 2013/377/UE. Sul punto si rimanda per tutti a P. MANZINI – A. MASUTTI, The Application of the

EU ETS System to the Aviation Sector: From Legal Disputes to International Relations?, in Air and Space Law, 2012,

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